I
vicini dunque e quelli che erano abituati a vederlo prima, poiché era un
mendicante, dicevano: "Non è quello stesso che stava seduto e
mendicava?".
Gv 9 Vs 8 Primo tema.
Titolo:
Il piano di Dio.
Argomenti: Il
messaggio della Madonna. Vivere di
abitudine. Privarsi del
pensiero. La
positività dell'abitudine. Dio
rompe le nostre abitudini. Ripiegarsi
su ciò che non è più realtà.
12/Aprile/1987 Casa di preghiera Fossano.
Siamo
nel versetto otto del capitolo nono di San Giovanni.
Qui
si dice: "I vicini e quelli che erano abituati a vederlo prima, poiché era
un mendicante, dicevano: non è quello stesso che stava seduto e
mendicava?"
Qui
ci troviamo con una scena di gente che era abituata a vedere quel cieco
mendicare e invece lo vedono adesso che ha riacquistato la vista, perché Gesù
gli aveva spalmato il fango sugli occhi e poi gli aveva detto: "Va a
lavarti nella piscina di Siloe" e lui era andato, si era lavato ed era
ritornato che ci vedeva e lo diceva.
Lo
diceva tutti: "Sono andato, mi sono lavato, sono tornato e ci vedo".
Ma
questa gente che era abituata a vederlo cieco adesso incomincia a entrare
nell'incertezza, nel dubbio.
Ecco
ci troviamo con una scena con un cieco dalla nascita che adesso vede e con
gente che vedeva dalla nascita e che adesso incomincia a vedere meno o a non
vedere più, non capiscono più.
Già
in questa contrapposizione: uomini ciechi che incominciano a vedere sull'opera
di Dio e che per la stessa opera di Dio uomini che vedono, incominciano a
diventare ciechi, già in questa scena s’intravede il piano dell'opera di Dio.
È
l'argomento di oggi: il piano di Dio.
Il 25 gennaio di quest'anno a Medjugorje, la Madonna ha lasciato un
messaggio molto importante.
Ha
detto: "Pregate, affinché (è da sottolineare questo affinché) nella
preghiera possiate capire il piano di Dio attraverso voi".
E
poi ha aggiunto: "Io sono con voi, per aiutarvi a realizzarlo.
È
un messaggio molto importante, perché ci rivela l'importanza nella nostra vita
di capire il piano di Dio: "Pregate affinché nella preghiera possiate
capire".
Non
solo ma indica anche che questo capire il piano di Dio (intelligenza,
conoscenza) può avvenire solo nella preghiera, e aggiunge: "Attraverso
voi".
Il
che vuol dire che questo piano, non si può giungere a capirlo (capire è
realizzare) senza di noi, attraverso la preghiera personale, la preghiera del
silenzio, elevazione della mente a Dio.
E
poi ha aggiunto: "Io sono con voi, per aiutarvi a realizzarlo".
Ha
rivelato la sua grande funzione.
Dio
ci ha dato Maria, affinché noi possiamo essere aiutati a realizzare il piano di
Dio, poiché il piano di Dio non si realizza, cioè non si capisce senza di noi,
non si realizza se non nella preghiera, Dio ci ha dato Maria per essere aiutati
a raggiungere questa conoscenza.
Evidentemente
se si dice questo è perché c'è il rischio per ognuno di noi, di non giungere a
capire il piano di Dio.
L'uomo
per la passione di assoluto che porta con sé, effetto della presenza
dell'assoluto che ha in sé, corre il rischio di ritenere assoluto tutto ciò che
vede, tutto ciò che tocca, tutto ciò di cui fra esperienza, tutto ciò che
conosce, e questo rischio lo può portare a trascurare la ricerca e la
conoscenza di Dio.
Perché
quando si ritiene di vedere, quando si ritiene che ciò che si è esperimentato,
ciò che si è toccato o visto, ciò che si è capito sia la realtà, sia quindi
l'assoluto, non si cerca altro cioè, non si pensa più.
Se
teniamo presente che tutto ciò che non è Dio, non è assoluto, non può essere
immutabile, Dio solo è immutabile, ne deriva che tutto ciò che non è Dio, è
soggetto a mutazione, cambia.
Ma
proprio perché cambia, coloro che ritengono assoluto ciò che assoluto non è,
trasformano la loro vita non più in ricerca di verità, ricerca di conoscenza
dell'assoluto poiché ritengono che lo sia ma, trasformano la loro vita in
abitudine cioè, in una ripetizione.
Poiché
ciò in cui essi credono, essendo
soggetto a mutamento, presenta in loro l'esigenza di ripetere in continuazione
l'esperienza, la vita con ciò (perché sono dominati dalla passione di assoluto)
che ritengono che sia assoluto.
Per
cui la vita si trasforma non più in ricerca di conoscenza ma, si trasforma in
abitudine, si trasforma in regola, si trasforma in rito, si trasforma in
recitazione, si trasforma in legge.
Il
trasformare la nostra vita
in abitudine, ha un aspetto molto negativo, poiché prima di tutto ci priva
dell'interesse per pensare, ci priva del pensiero.
Il
pensiero è l'unico mezzo attraverso cui noi, possiamo prendere contatto con
Dio.
Se
escludiamo il pensiero, escludiamo da noi la possibilità di questo contatto e
poiché la nostra vera vita sta in Dio, escludere da noi il pensiero, quindi
escludere da noi il contatto con Dio, vuol dire privarsi della vita.
Il
che vuol dire che quando noi incominciamo a ridurre la nostra vita a
un’abitudine, a una regola, noi incominciamo a seminare nella nostra vita la
morte.
Privandoci
del pensiero noi ci priviamo della vita.
E
quando noi riduciamo la nostra vita a un’abitudine, a una regola, a un dovere o
a un rito, noi sostanzialmente ci priviamo della vita, cioè cresce in noi
soltanto l'aspetto superficiale, cresce in noi la scorza, cresce in noi il
guscio, la conchiglia ma, dentro cresce in noi il vuoto, si fa il vuoto.
C'è anche un aspetto positivo nell'abitudine.
Noi
per conoscere qualche cosa o per imparare qualche cosa, dobbiamo dedicare il
nostro pensiero.
Se
uno deve imparare a battere a macchina, prima di tutto deve applicare il
pensiero per cercare di capire ma, man mano che noi applichiamo il nostro
pensiero, ci accorgiamo che le cose diventano più facili e a un certo momento
le cose le facciamo senza più pensare, non c'è più necessità di pensare.
C'è
questo automatismo nella vita, creazione di Dio, opera di Dio e dobbiamo
chiederci qual è il significato di questo.
Perché
tutte le cose che noi vediamo per la prima volta richiedono il pensiero ma, la
seconda volta richiedono già meno pensiero, la terza volta meno pensiero ancora
e poi a un certo momento non c'è più bisogno di pensiero e arriviamo al punto
in cui si scrive a macchina senza più pensare a quello che si fa, si suona il
pianoforte senza più pensare quello che si fa, si parla, si parla (!) senza più
pensare, senza più pensiero in quello che si dice.
C'è
questo distacco, c'è un processo di automazione.
Il
nostro corpo è un registratore.
C'è
un processo di automazione attraverso cui tutto viene assorbito e tutto ci
separa dal pensiero, non c'è più bisogno di pensare ed è per questo che gli
uomini è un certo momento perdono la capacità di pensare, non pensano più,
vivono soltanto di abitudini in tutto, anche quando parlano.
Eppure
se c'è questo, c'è un aspetto positivo.
Perché
Dio ha fatto l'uomo così?
In
tutto ciò in cui noi ci applichiamo, Dio tende a rendercelo automatico per
liberare in noi il pensiero, per renderlo disponibile sempre più per cose
profonde, fino a un certo punto per renderlo solo disponibile per l'essenziale,
a renderlo disponibile solo per conoscere Lui.
Ecco
per cui tutto ciò che non è Dio, a un certo momento per noi rientra
nell'abitudine, viene automatizzato è Dio che opera per renderci disponibili
per Lui.
Anche
nelle cose più difficili, anche nella scienza, anche nel risolvere dei
problemi, in un primo tempo si richiede molto pensiero poi, a un certo momento
uno si accorge che le cose si fanno senza più necessità di pensiero.
Si
rivela il piano, il disegno di Dio, attraverso cui Lui libera la nostra
capacità di pensare, per dare a noi la disponibilità per pensare solo a Lui.
A
un certo momento soltanto nel Pensiero di Dio, nel pensare a Dio si trova la
vita, tutto il resto diventa meccanismo, diventa automazione, tutto viene
registrato e viene quindi ripetuto per liberare in noi questa capacità di
pensare.
Ma
cosa succede nell'uomo?
Nell'uomo
succede che un certo momento l'uomo vive senza pensare, anziché capire il
significato di tutte le cose.
Per
capire il significato, in tutte le cose bisogna sempre tenere presente Dio.
Se
l'uomo non tiene presente Dio Creatore, arriva un certo momento in cui l'uomo
vive senza più pensare, perché non c'è più bisogno di pensare, per cui lui
s'accorge che tutte le cose le può fare senza bisogno di pensare e non
s'accorge della tomba che lui si sta scavando, che si scava nella sua vita
rinunciando a pensare, cioè rinunciando a impegnarsi per conoscere, per capire
Dio.
Dio
non è che abbandoni l'uomo in questa situazione.
Dio
a un certo momento interviene, facendo quello che abbiamo visto qui fare: rompe le
abitudini.
Qui
ci troviamo con della gente che era abituata a vedere quell'uomo cieco a
elemosinare sui gradini del tempio di Gerusalemme.
Poi
arriva il giorno in cui c'è il cambiamento.
Il
cambiamento è sempre una rottura.
Una
rottura nei nostri schemi di assoluto, una rottura in quel punto fisso di
riferimento che noi avendo la passione dell'assoluto, abbiamo fatto oggetto di
sicurezza per la nostra vita.
Noi
fondamentalmente viviamo di sicurezze che sono determinate dalla durata delle
cose, una durata che dura quello che dura.
Come
le cose mutano, noi siamo posti in crisi, appunto perché noi portiamo questa
passione di assoluto e la passione di assoluto è passione d’immutabilità.
Fintanto
che noi ci troviamo con delle persone stabili, che non mutano, queste diventano
per noi un sostegno, un punto fisso di riferimento.
Noi
abbiamo scienziati, abbiamo politici, abbiamo maestri nella nostra vita che per
noi sono dei punti fissi di riferimento, poi a un certo momento c'è il
cambiamento, mutano, c'è la contraddizione.
Ogni
mutamento è una contraddizione.
L'uomo
è messo in crisi, è messo in crisi perché non si sostiene, quando nell'uomo
viene meno il punto fisso di riferimento, l'uomo non sta più su, rivelazione
del fatto che l'uomo è fatto per contemplare tutto in un punto fisso di
riferimento ma, l'unico punto fisso di riferimento è Dio.
Tutte
le cose essendo segno di Dio hanno una certa significazione anche lì, di causa
ed effetto, certi rapporti e allora abbiamo le diverse scienze che vengono
costruite sui punti fissi di riferimento che non sono Dio e abbiamo le diverse
costruzioni: denaro, lavoro, sesso, la famiglia, la casa, eccetera.
Con
ciò si rivela prima di tutto che noi viviamo in quanto abbiamo un punto fisso
di riferimento.
La
fine di questi punti fissi di riferimento dobbiamo aspettarcela necessariamente
perché è Dio che opera, è il piano di Dio, è Dio che annulla facendoli
cambiare, facendoli mutare questi punti fissi di riferimento che per noi erano
motivo di vita (ecco l'aspetto positivo) per condurci a scoprire il vero punto
fisso di riferimento al quale noi dobbiamo guardare, quindi per rivelarci la
vocazione nostra.
Proprio
in quanto Dio c'annulla o ci delude in tutti i punti fissi di riferimento su
cui noi abbiamo sostenuto la nostra vita c'annuncia che Lui solo è l'immutabile
punto di riferimento nel quale noi dobbiamo raccogliere tutta la nostra vita e
rapportare tutte le nostre conoscenze.
Qui
dice proprio che quei vicini e quella gente erano abituati a vederlo, c'era
l'abitudine, quell'abitudine per loro era un punto di riferimento, adesso
questo cieco è stato guarito e loro non capiscono più, hanno il dubbio e
vedremo quanto sviluppo avrà questa crisi.
Si
arriverà a ritenere che quest'uomo non sia mai stato cieco, per non dover dire
che c'è stato l'intervento di Dio ma, l'importante è vedere quest'opera di Dio
che sta cambiando i nostri punti fissi di riferimento fossero anche questi
ridotti soltanto alla vista di un uomo cieco che sta elemosinando.
L'aspetto
positivo di quest'opera che Dio sta svolgendo nella vita di ogni uomo, per
distoglierlo da quella realtà che l'uomo riteneva realtà, mettendolo in
movimento verso la scoperta di un'altra Realtà.
Può
darsi che l'uomo, a questo punto, come vedremo qui fare da molti, non si metta
in movimento verso la ricerca di un'altra Realtà, cioè non si metta a pensare.
Perché
di fronte alla rottura di quel punto di riferimento, di quella realtà nella
quale noi abbiamo sistemato la nostra vita, l'uomo viene a trovarsi di fronte a
due vie o si metta pensare, per cercare un altro punto di riferimento fino ad
arrivare all'assoluto, cioè a individuare l'assoluto per sistemare la sua vita
lì, oppure ripiegarsi su ciò che lui ha creduto sempre prima ma, qui succede un
fatto che quello cui lui ha creduto prima e ha determinato la sua abitudine di
vita, prima era una realtà, perché aveva l'appoggio di una certa realtà, era un
punto di riferimento, sarà durato quello che è durato, però era un punto di
riferimento per cui l'uomo si giustificava.
Abbiamo
visto quante volte come punti fissi di riferimento per taluni furono i campi,
furono i buoi, furono la moglie e sono poi i punti di riferimento che
sostengono la vita di molti anche oggi ma, campi, buoni e moglie sono delle
realtà, non delle realtà assolute, realtà relative.
L'errore
dell'uomo sta nell'uomo nel che è un certo momento, le ritiene assolute.
E
allora è per quello che Dio rompe, Dio annulla, Dio muta e quindi delude.
L'uomo corre il rischio che quando Dio gli ha rotto questo schema fisso
per cui lui è vissuto, lui si ripieghi ancora unicamente su queste che non sono
più una realtà, che lui costata che non sono più una realtà ma, dalle quali lui
non si può separare se non cerca Dio prima di tutto, cioè se non si mette in
movimento col pensiero.
Allora
questi diventano fantasmi, diventano spettri.
Spettri
in quanto per lui sono validi, però non hanno più una base razionale.
Prima
avevano una base di ragione, lui diceva: "Io ho questi doveri, io ho
questi impegni, io ho questo e quell'altro" ed erano della realtà, lui
avrebbe dovuto ragionarle sempre con Dio, d'accordo, però per lui erano realtà.
Poi
a un certo momento questa realtà qui finisce, muta, cambia, l'uomo corre questo
rischio qui, per cui a un certo momento anche la sua razionalità non lo
sostiene più, eppure lui è dominato (campo delle ossessioni), lui è
ossessionato da fatti che sa che non sono veri, che non sono reali, ma dei
quali non può separarsi.
È
la conclusione ultima di tutto il piano di Dio, attraverso il quale Dio ci
libera da tutti i nostri punti fissi di riferimento, per portarci alla scoperta
di quell'unico punto fisso di riferimento, per portarci alla scoperta di
quell'unico punto fisso di riferimento al quale però si arriva solo attraverso
il pensiero.
Se
noi escludiamo il pensiero, noi restiamo dominati dai sentimenti, dalle
sensazioni, da tutte quelle cose che noi abbiamo messo prima nella nostra vita
e che un certo momento diventano fantasmi, fantasmi dei quali però non possiamo
liberarci, perché noi non possiamo annullare la realtà, non possiamo annullare
tutto quello che Dio ci ha dato, è che noi abbiamo fatto punto fisso di
riferimento.
Noi
possiamo soltanto passare, assorbire quello che è avvenuto, in una realtà
superiore ma, non possiamo annullare niente in quanto proprio perché non
possiamo annullarlo ecco per cui un certo momento noi corriamo questo rischio:
senza alcun punto fisso di riferimento di essere dominati, ossessionati da
qualche cosa che oggettivamente non c'è, ma soggettivamente ci rende schiavi ci
rende succubi, ci annulla.
Il
passaggio principale di oggi è questa rottura che Dio opera di tutti quegli
schemi assoluti che noi ci facciamo, per quella passione di assoluto che
portiamo dentro di noi, per reinserirci nella vita nel pensiero.
L'importante
è proprio questo: è il pensiero.
Se
teniamo presente che tutti questi punti fissi di riferimento appartengono tutti
alla creazione di Dio e che tutta questa creazione di Dio proprio perché è
realtà per noi e s'impone a noi, viene da noi scambiata come Realtà (erre
maiuscola) e che Dio a un certo momento deve annullare per salvarci, tenendo
presente che Cristo è la conclusione e la sintesi di tutta l'opera di Dio,
quest'opera di Dio che è data noi perché noi impariamo a pensare, a cercare il
significato, opera che noi tradiamo perché la facciamo come punto fisso di
riferimento.
Ci
riduciamo al segno, senza più cercare il significato.
Se
teniamo presente che Dio, per salvarci deve rompere, deve annullare tutta
questa realtà e che questa realtà ha come centro, come conclusione Cristo, noi
capiamo perché Cristo viene a morire tra noi.
L'argomento
di oggi è il piano di Dio ma è anche il pianto di Gesù.
Il
pianto di Gesù verso questa Gerusalemme che è la nostra anima, ognuno di noi
che non capisce il piano di Dio.
E
allora capiamo anche la funzione della madre, di Maria che in questo morire del
Cristo tra noi, dice a noi: "Pregate affinché nella preghiera possiate
capire il piano di Dio".
I
vicini dunque e quelli che erano abituati a vederlo prima, poiché era un
mendicante, dicevano: "Non è quello stesso che stava seduto e
mendicava?".
Gv 9 Vs 8 Secondo tema.
Titolo:
La pietra ribaltata.
Argomenti: La
vita sta nel raccogliere nel Pensiero di Dio. L'abitudine. La
perdita della capacità di pensare.
Giustificarsi
dal disimpegno per conoscere Dio. Seppellire
il Figlio di Dio sotto la pietra.
L'annullamento
di Dio della realtà dell'uomo. Pensare o perire. Proiettato nell'assoluto il negativo è positivo. La materia diventa testimonianza dello spirito. È la Parola di Dio che illumina il piano di Dio.
19/Aprile/1987 Casa di preghiera Fossano.
Siamo nel
versetto otto del capitolo nono.
Qui
abbiamo visto la volta scorsa un cieco che riacquista la vista e abbiamo visto
in quale modo attraverso quali vie, questo cieco abbia acquistato la vista ed
era un cieco dalla nascita: è tutto simbolo, segno, per indicare a noi le tappe
attraverso le quali si giunge a vedere la luce della nostra vita.
Mentre coloro
che erano vedenti dalla nascita a un certo momento diventano ciechi, perché non
capiscono più.
Abbiamo
visto che dal confronto di queste due scene, sorge la visione di un disegno, un
disegno che è chiamato piano di Dio e abbiamo anche accennato al messaggio
della Madonna di Medjugorje che invita nella preghiera a capire questo piano di
Dio per ognuno di noi, assicurando che lei rimane con noi per dare a noi la
possibilità di realizzarlo.
Restiamo
ancora in quest’argomento perché il problema che sorge dopo aver visto questo
piano di Dio la volta scorsa nelle sue diverse tappe, sorge il problema come
fare per attuarlo, per realizzarlo nella nostra vita personale.
È
sufficiente conoscere questo piano per realizzarlo?
Basta
capire, avere la visione di questo piano di Dio per poterlo realizzare?
Ecco è
l'argomento di oggi.
Tutto questo piano si svolge
attraverso diverse
tappe cui abbiamo accennato domenica scorsa, a fondo delle quali c'è il
pensiero.
Il
pensiero perché Dio è verità e la verità si trova solo conoscendola e la
conoscenza non avviene attraverso i sensi, i sentimenti, non avviene attraverso
le nostre esperienze, che fanno sempre riferimento al pensiero del nostro io,
il quale non è il punto fisso di riferimento, non è un punto luce e richiede il
superamento quindi di tutto quello che noi vediamo e tocchiamo e questo è
possibile soltanto attraverso il pensiero.
Però
proprio nel campo del pensiero abbiamo anche visto quante deviazioni siano
possibili.
Dio vuole
che tutti si salvino e giungano a conoscere la verità, questo è il Fine ed è in
questo Fine che Dio opera tutto il suo piano.
La luce si
acquista quanto più la nostra vita è semplificata, poiché dalla vita semplice
nasce la trasparenza e nella trasparenza tutto s'illumina.
Se il
nostro occhio fosse puro (è puro quando guarda a una cosa sola) tutto si
realizzerebbe in quest’unico Pensiero, cioè noi capiremmo che la nostra vita è
un'avventura che sta essenzialmente nel pensiero.
L'uomo
vive in quanto pensa e in quanto pensa a conoscere Dio.
Qui sta
l'essenza della vita e dal momento che Dio ha posto questo Fine vuole che tutti
si salvino e giungano a conoscere la verità, questa è la luce, questo è il
fine, questo è lo scopo di tutto il suo operare.
Il fine
che è quello che illumina è che anche la luce che illumina tutto il nostro
vivere, si sostanzia in questo: raccogliere tutto nell'unità di Dio, attraverso
il Pensiero di Dio.
Il grande
disegno che San Paolo dice che Dio ha tenuto nascosto dalla fondazione del
mondo, è stato quello di ricapitolare tutto in suo Figlio, suo Figlio, il suo
Verbo, il suo Pensiero, ricapitolare tutto nel suo Pensiero.
Se noi
fossimo semplici, la nostra vita essenziale la faremmo consistere in
quest’unificazione, in questo raccogliere tutto nel Pensiero di Dio.
"Chi
con Me non raccoglie disperde".
Succede
invece che noi, anziché raccogliere, unificare tutto nel Pensiero di Dio, noi
il più delle volte lasciamo tutto incompiuto, le cose arrivano a noi ma noi,
non le portiamo al loro compimento, non le raccogliamo nel Pensiero di Dio e
tutte queste cose in noi rimangono incompiute, e questo è peccato, perché non
diamo Dio quello che è di Dio, proprio perché in noi rimangono incompiute, ci
rendono schiavi, dipendenti da-.
Dipendenti
da ciò che non abbiamo portato a compimento, cioè dipendenti da una cosa
incompiuta cosa significa questo? Significa che tutto ciò cui noi dedichiamo il
nostro pensiero, senza portarlo a compimento in Dio, si trasforma in noi in
problema che si ripresenta in continuazione, quindi in esigenza, in abitudine,
in ripetitività, in schiavitù.
Schiavo
vuol dire che uno non può liberarsi da-.
Il
problema non risolto è un problema che si rinnova, è un problema che si
ripresenta e sempre in modo più pesante.
Per cui
l'uomo diventa schiavo, schiavo di quello che non ha raccolto e se non ha
raccolto in Dio quando aveva la possibilità di raccogliere, certamente a questo
punto qui, in cui lui è schiavo, quindi attratto non più da Dio ma da ciò che
non ha raccolto in Dio, questo gli rende impossibile raccogliere in Dio.
Però
abbiamo detto che il fondamento di tutto il piano di Dio sta nel suo Pensiero,
nel raccogliere tutto nel suo Pensiero.
E il
raccoglimento nel suo Pensiero avviene attraverso la dedizione del nostro
pensiero a Lui.
Per cui
Dio opera in tutto, per recuperare il nostro pensiero al suo Fine.
E allora
abbiamo visto che c'è una funzione positiva in quest’abitudine che si forma in
noi, poiché quanto più in noi si forma un'abitudine, quindi una schiavitù a ciò
che non abbiamo raccolto in Dio, tanto più il nostro pensiero viene liberato.
Cioè non
si richiede più la dedizione del nostro pensiero, le cose che per noi diventano
abitudinarie non esigono più da parte nostra dedizione del pensiero.
Il
pensiero resta libero e qui c'è una funzione positiva da parte di Dio.
È la
seconda operazione di Dio verso di noi che abbiamo tradito la sua volontà
iniziale.
La sua
volontà iniziale era: "Da a Dio tutto quello che è di Dio", raccogli
tutto in Dio.
Noi non
abbiamo raccolto, quindi siamo diventati schiavi ma, Dio utilizza questa
schiavitù qui, per recuperare il nostro pensiero, il nostro pensiero resta
libero, non ha più bisogno di pensare alle cose che ormai ci siamo abituati a
fare, quindi resta disponibile.
Disponibile
per che cosa?
Disponibile
per l'essenziale.
È come se
a un certo momento della nostra vita, Dio ci alleggerisse da tutte le
preoccupazioni che hanno costituito la struttura stessa della nostra vita, ci
lascia tanto tempo libero, perché noi lo possiamo utilizzare finalmente per
pensare a Lui.
Il fatto grave dell'uomo è che non si accorge di questo piano di
Dio, per questo la Madonna dice: "Pregate affinché possiate conoscere il
piano di Dio", cioè conoscere l'aspetto positivo dell'opera che Dio sta
facendo con noi.
L'uomo
quando si accorge che non ha più bisogno di pensare per agire e quindi per
risolvere i suoi problemi di vita, ecco che l'uomo perde il pensiero stesso,
non s’impegna più a pensare e qui abbiamo un secondo tradimento dell'opera di
Dio.
Non
impegnandosi più a pensare, arriva al punto in cui perde la capacità di
pensare, quindi diventa un essere che soltanto agisce per reazione a stimoli
del mondo, non ha più un pensiero, soprattutto non ha più la capacità di
pensare.
Un ultimo errore grave che l'uomo fa a questo punto, è quello
addirittura di giustificare le sue abitudini, il suo modo di vivere, cioè di trovare
delle ragioni per giustificare il modo con cui lui vive, cioè per meglio dire
per giustificare la sua mancanza di tempo per occuparsi di Dio, la sua
distrazione da Dio, la sua impossibilità a dedicarsi per conoscere Dio, arriva
al punto in cui chiama volontà di Dio le sue abitudini di vita e i suoi
impegni.
Ecco qui
arriviamo all'errore estremo, all'uomo che ritiene di aver ragione, all'uomo
che ritiene di avere delle ragioni per giustificare la sua assenza da Dio, a
questo punto Gesù stesso dice: "Non assaggeranno la mia cena".
Chi sono
"coloro che non assaggeranno la mia cena"?
Sono
coloro che si giustificano, che hanno i buoi, che hanno i campi, che hanno la
moglie: "Io non posso venire abbimi per giustificato" ritengono di
avere delle ragioni a sostegno del loro rifiuto.
Ecco qui siamo al punto in cui l'uomo
seppellisce il Figlio di Dio sotto la pietra.
Le sue
ragioni sono significate proprio da questa pietra (la nostra materia, i nostri
interessi, la nostra gloria), sotto la quale l'uomo seppellisce il Pensiero di
Dio, seppellisce la preoccupazione, l'impegno, il fine della sua stessa vita,
il suo destino, seppellisce il suo destino, la sua vocazione, la sua eredità in
questa tomba e la sigilla con questa pietra cioè con le sue ragioni.
Ora queste
ragioni hanno valore per l'uomo, fintanto che c'è una realtà a cui lui si
riferisce, perché la sua realtà, nel campo nella parabola del Signore, la
realtà sono diventati i campi, sono diventati i buoni, sono diventati la
moglie.
Fintanto
che c'è questa realtà, l'uomo si ritiene giustificato perché ha questa realtà,
per lui è una realtà e la realtà diventa l'elemento giustificante.
Dio non
abbandona l'uomo in questa situazione.
Teniamo
presente che l'elemento fondamentale è sempre il pensiero, non si può
recuperare l'animale o l'uomo ridotto a un animale, l'uomo morto non può essere
più recuperato, è tutta scorza, non c'è più anima.
Dio in tutto il suo operare, fino alla fine del mondo, in tutto il
suo operare, vuole che l'uomo si salvi e l'unico modo, a questo punto per
salvare l'uomo e quindi per recuperarlo nel pensiero è annullargli la realtà,
quello che per lui è realtà.
Perché in
realtà, nel piano di Dio, tutto quello che l'uomo chiama "realtà" è
segno, segno di Dio, quindi anche i campi, anche i buoi, anche la moglie sono
dei segni di Dio.
In quanto
sono segni dovrebbero essere dei mezzi per l'uomo per pensare Dio, non devono
diventare dei fini per cui vivere.
I mezzi
non devono mai essere messi al posto del fine.
L'uomo
giustificandosi dicendo: "Io ho i buoi, i campi, la moglie", fa dei
buoni, dei campi e della moglie il fine della propria vita e invece quelli sono
mezzi, mezzi per conoscere Dio, attraverso cui l'uomo raccoglie soprattutto il
suo pensiero nel Pensiero di Dio.
Dio per
recuperare l'uomo, visto che l'uomo ha fatto di questi segni, la sua realtà di
vita, glieli annulla.
Ecco,
annullando questa realtà, l'uomo non ha più sostegno per giustificare le sue
ragioni.
Prima si
giustificava con questo, adesso non può più.
Il
mutamento nel campo dell'assoluto è sempre un annullamento non può più
sostenersi, è una contraddizione.
Questo Dio
lo fa per salvare però, si richiede sempre da parte dell'uomo la fede in Dio.
Se Dio gli
annulla la realtà che sta a fondamento delle ragioni, quindi delle giustificazioni
dell'uomo, l'uomo qui non trova più un significato per la sua vita e qui si
apre al campo dell'angoscia, del non più significato della vita, quindi la vita
non è più sostenibile, si apre la via del suicidio.
E abbiamo due soluzioni di fronte a quest'opera di Dio, o
l'uomo ragiona con Dio quest’annullamento di realtà e quindi incomincia a
pensare Dio, oppure si apre la strada al suicidio, alla morte.
Però
teniamo presente che il disegno da parte di Dio, non è per condurre l'uomo alla
morte ma per condurre l'uomo alla vita. Quindi se Dio gli annulla questa
realtà, quindi gli annulla i valori, gli annulla le giustificazioni, gli
annulla i motivi per cui lui viveva e si giustificava e si riteneva
giustificato, lo fa per recuperarlo alla vita, lo fa per recuperarlo al
pensiero, al Pensiero di Dio.
Teniamo
presente che il vuoto, l'assenza, la morte, il non più significato delle cose,
proiettati nel campo dell'assoluto, nel campo della verità, sono una
testimonianza di presenza.
L'assenza
nel campo dell'assoluto è una testimonianza di presenza.
Tu non
scopriresti l'assente, se non avessi presente colui che tu constati che è
assente.
E così il
vuoto, tu non scopriresti il vuoto, se non avessi in te la presenza della
pienezza.
Tutto
quello che è negativo, proiettato nel campo dell'assoluto, diventa positivo.
Ma se la
morte stessa, diventa in noi esigenza di vita, poiché ci fa toccare con mano
che vivendo per altro noi abbiamo esperimentato la morte, questo è una prova
che abbiamo sbagliato luogo, ma è una testimonianza che noi siamo fatti per la
Vita.
Tant'è
vero che noi non sopportiamo la morte, noi non sopportiamo il vuoto, noi non
sopportiamo l'assenza, non sopportiamo la materia.
Quella
pietra che noi abbiamo messo per seppellire il Pensiero di Dio, a un certo
momento scoppia.
La pietra non può seppellire il
Pensiero di Dio.
Il
Pensiero di Dio è più forte della pietra, è più forte di tutti i nostri
argomenti.
A un certo
momento la pietra diventa una testimonianza dello Spirito.
Anche la
stessa materia diventa in noi una testimonianza dello Spirito.
Come
l'assenza diventa una testimonianza della presenza e la morte diventa una
testimonianza della vita.
Allora c'è
una contraddizione, perché se la pietra diventa una testimonianza dello Spirito,
qui è in contraddizione con se stessa, a questo punto la pietra è ribaltata, il
vuoto diventa una testimonianza di presenza.
Però
abbiamo visto anche che non basta toccare il fondo, non basta costatare questa
pietra che viene ribaltata, non basta costatare questa tomba vuota per iniziare
a vivere, per scoprire la Vita.
Perché noi
possiamo costatare la tomba vuota, possiamo costatare la pietra ribaltata e
possiamo dare interpretazioni di angoscia, di fallimento.
La prima
risposta alla scoperta della tomba vuota del Cristo e della pietra ribaltata
non fu mica "Cristo è risorto".
La prima
interpretazione fu "hanno portato via il Signore".
"L'hanno
portato via" quindi la prima interpretazione fu "opera di
uomini".
Questo per
dire a noi che non basta toccare il fondo per risalire.
L'uomo
tocca fondo e ci sta l'uomo esperimenta il vuoto e ci resta.
Non basta
esperimentare il vuoto per fare deviazioni di marcia e incominciare a pensare a
Dio.
Non è
sufficiente, l'uomo può disperare.
Perché il
vuoto per lui è insostenibile, perché porta la passione dell'assoluto, porta la
passione per l'unita e porta la passione per la conoscenza di Dio.
L'esperienza
del vuoto, per lui, nel pensiero di sé, diventa in lui disperazione, diventa in
lui suicidio, diventa in lui vita senza significato quindi vita insostenibile.
Non basta
assistere a questo piano di Dio che per recuperare il nostro pensiero annulla
tutti quei motivi devianti dal pensare a Lui, li annulla ma questo non basta.
È
necessaria la parola di Dio
È la
Parola di Dio che illumina a noi il piano, l'opera di Dio.
Quindi non
basta la pietra ribaltata, non basta la tomba vuota, bisogna che ci sia la
Parola di Dio che dice a noi: "Non è più qui".
La grande
interpretazione è questa, è la Parola di Dio che ci interpreta: "Lui non è
più qui, non cercate tra i morti (quindi tra le cose morte) Colui che è vivo,
non è più qui".
Ma cosa
intende per questo qui? Cosa è questo qui?
Qui
rappresenta sempre ciò che è vicino a colui che osserva.
E cosa è
che vicino a noi che stiamo osservando?
È tutto il
nostro mondo.
"Non
cercare Dio nel tuo mondo, non è qui", non cercare Dio in tutto quello che
ti è vicino, non è qui.
Dove?
È la
parola di Dio che illumina noi il piano di Dio e ci fa capire il significato di
quello che Dio fa.
Dio fa
tutto per recuperare a non il pensare, perché la vita essenziale sta nel
pensiero, per farci pensare a Lui.
Quindi:
"Non è più qui, è nel tuo pensiero".
Cristo è
risorto ed è rimasto con te, ma non è più qui, lo devi cercare nel pensiero.
È nel tuo
pensiero che c'è il Pensiero di Dio, lo devi cercare nel Pensiero di Dio che
abita nel tuo pensiero.
Qui
abbiamo la Parola che illumina, che ci fa capire il significato.
A questo
punto è chiarissimo come questi argomenti: la pietra ribaltata, la tomba vuota,
la Parola di Dio siano la Pasqua, rappresenta il nostro passaggio dal qui al
Pensiero di Dio.
E la
Madonna che dice: "Io sono con voi, per aiutarvi a realizzarlo", è
proprio quella che dice a Dio: "Si faccia di me secondo la tua
Parola" e quindi è la creatura che avendo ascoltato la Parola di Dio
(quella scioglie il problema) adesso fa la Parola di Dio.
E la
Parola di Dio che dice: "Non è più qui", coincide con quella che dice
San Paolo: "Se siete morti con Cristo non cercate più la vostra vita tra
le cose che si vedono", cioè tra tutto ciò che non è Dio: "Cercate la
vostra vita in Dio, perché la vostra vita è nascosta in Dio".
E la
parola di San Paolo e la stessa parola della Madonna: la vita nostra e nascosta
in Dio e va cercata non più in ciò che non è Dio, ma, va cercata in Dio, cioè
nel Pensiero di Dio.
I
vicini dunque e quelli che erano abituati a vederlo prima, poiché era un
mendicante, dicevano: "Non è quello stesso che stava seduto e
mendicava?".
Gv 9 Vs 8 Terzo tema.
Titolo:
Le vie del pensiero.
Argomenti: Il piano di Dio. L'annullamento dei valori. Dio si ritira nel pensiero dell'uomo. Le
parole inconcepibili di Dio. I problemi
si risolvono solo nel pensiero. La realtà
sensibile/spirituale/divina. Come può l'infinito
abitare nel finito? Cosa
è il nostro pensiero? Il
finito mi testimonia l'infinito. La
fede di Abramo. Il nostro
pensiero diventa figlio di ciò cui si dedica. Eleggere il genitore.
26/Aprile/1987 Casa di preghiera Fossano.
Ci
fermiamo su questo versetto otto, in cui il Vangelo dice: "I vicini e
quelli che erano abituati a vederlo prima, dicevano: non è quello stesso che
stava seduto mendicando?".
Le
domeniche precedenti abbiamo visto questo confronto che il Vangelo ci presenta
tra un cieco dalla nascita che viene guarito da Gesù (e nel modo con cui viene
guarito da Gesù) e questi farisei che erano abituati a vedere quel cieco
mendicare sui gradini del tempio.
Questi
farisei vedevano dalla nascita e improvvisamente vengono accecati.
E
abbiamo visto che attraverso
questa vicenda si delinea il piano di Dio che Egli svolge, sta svolgendo con
l'uomo, quindi anche nella vita di ognuno di noi.
Un
piano attraverso il quale Lui reca la luce a coloro che sono ciechi e acceca
coloro che vedono, coloro che credono di vedere.
Eppure
sia in un modo che nell'altro, sia verso gli uni che versi gli altri, sia
illuminando che accecando, Dio persegue la finalità del suo piano, quella di
salvare tutti gli uomini e di condurre tutti a vedere la verità.
Perché
la salvezza sta nel vedere la verità e vedere la verità è liberazione per
l'uomo (il che vuol dire che l'uomo è schiavo) ed è vita vera, quindi eterna,
poiché ciò che è vero è eterno.
Dio attraverso questo piano porta all'annullamento di tutti quei valori, di tutte
quelle realtà, di tutte quelle abitudini, sulle quali noi generalmente
sosteniamo il nostro vivere, anche di tutte quelle ragioni con le quali noi
tendiamo a giustificare il nostro modo di vivere e la nostra assenza o
distrazione dalla ricerca di Dio prima di tutto.
"Non
resterà pietra su pietra".
Su
tutti quei valori che gli uomini esaltano, che noi stessi esaltiamo, dice Gesù
che non resterà pietra su pietra.
Abbiamo
visto che la pietra capovolta del sepolcro di Cristo, rappresenta, significa
proprio lo svuotamento di realtà di quelle ragioni con le quali noi sosteniamo
la nostra, vita seppelliamo il Cristo nelle nostre tombe.
I
segni di questo passaggio, di questo piano che si sta svolgendo nella nostra
vita, sono proprio questa pietra ribaltata, cioè l'annullamento della realtà
che sta a fondamento delle nostre giustificazioni, sono la tomba vuota, il
vuoto che ogni uomo a poco per volta esperimenta in tutto il suo mondo esteriore
e in tutte le creature e poi è la Parola di Dio che dice a tutti: "Io non
sono più qui".
E
abbiamo visto come questo "non essere più qui", significhi che un
tempo c'è stato, un tempo è stata qui la mano di Dio, qui la presenza di Dio,
qui lo Spirito di Dio e poi arriva un momento nella vita di ognuno di noi, in
cui non è più qui, è passato.
E
rimane il problema, dove?
Intanto
questo qui rappresenta non soltanto il mondo esterno, il mondo che noi vediamo
con i nostri occhi, che noi tocchiamo con i nostri sensi, che noi
esperimentiamo: "Non è più qui" ma, anche quel mondo che è
rappresentato da tutto ciò che non è Dio, è un: "Non è più qui", che
Dio, attraverso la sua Parola, a poco per volta ci ripete su tutti quei motivi,
su tutte quelle ragioni, su tutte quelle giustificazioni che noi poniamo a
fondamento della nostra vita.
Cioè
in tutto ciò che non è Dio, Dio a un certo momento fa arrivare la sua Parola
che dice: "Io non sono più qui".
Tutto
questo si svolge secondo un piano ben chiaro e ben definito: quello di condurre
ogni uomo a cercare e a trovare, a individuare il luogo in cui Dio è.
Il
luogo cioè in cui soltanto può essere conosciuto.
Poiché
la meta, il fine di tutto il piano di Dio è quello di condurre l'uomo a
conoscere la verità, cioè a conoscere Dio.
E
siccome Dio è conoscibile solo in Se stesso, l'opera di Dio è quella di
condurre l'uomo a riconoscere, a individuare il luogo in cui Dio è conoscibile,
cioè Dio stesso.
E abbiamo visto come tutto questo ritirarsi di Dio, attraverso il "Non è
più qui" è ritirarsi nel pensiero o meglio nel pensiero dell'uomo.
Quel
Dio che in un primo tempo noi esperimentiamo nelle cose del mondo, nelle opere
del mondo, nei fatti, negli avvenimenti (se crediamo in Dio Creatore), a un
certo momento non dice a noi più nulla di Dio.
Tutto il mondo si svuota, non solo ma nello stesso mondo
noi troviamo delle parole che a poco per volta diventano per noi inconcepibili,
secondo la realtà, quindi secondo la nostra ragione (basata su dati che
esperimentiamo), parole che per noi sono inconcepibili.
Gesù
dice: "Prima che Abramo fosse Io sono" è una parola che noi possiamo
rifiutare di netto dicendo che è una sciocchezza, un assurdità ma, ci dobbiamo
assumere la responsabilità di questo rifiuto, oppure, oppure che cosa?
Oppure
dobbiamo impegnarci in un campo diverso da quello da quello nel quale
generalmente noi giustifichiamo e capiamo le cose.
Quando
il Signore dice: "Prima che Abramo fosse, Io sono", oppure dice:
"Dove Io sono voi non potete venire", oppure dice: "Io e il Padre
siamo una cosa sola" sono parole dette nel nostro mondo ma, sono parole
assurde per il nostro mondo, sono parole inconcepibili per il nostro mondo.
Eppure
se Dio dice, se Dio parla, parla per essere capito, ma sono assurde per le
nostre categorie mentali.
È
assurdo secondo la categoria del tempo in base alla quale giudichiamo,
conosciamo, giustifichiamo tante cose, è assurdo sentir dire da uno è che nato
2000 anni dopo Abramo: "Prima che Abramo fosse, Io sono".
Per
noi è inconcepibile nello schema del tempo.
Eppure
se Dio parla, parla per farsi capire.
E
allora evidentemente parla per farci superare le nostre categorie di tempo, di
luogo.
Perché
fintanto che non superiamo queste categorie di tempo e di luogo noi, non
possiamo più capire certe parole di Dio.
Eppure
queste parole di Dio ci sono dette.
Ecco
che queste parole ci mettono in movimento.
Rientra
fra queste parole, quella parola che il Signore dice: "Io non sono più
qui".
In
quanto dice: "Io non sono più qui" mi dice: "Sono in un altro
luogo", ma dove?
Abbiamo
tutto questo complesso di segni che ci mette in movimento dal mondo che vediamo
a un altro mondo.
Non
solo, ma a un certo momento tutto il nostro mondo esterno, diventa per noi una
parola inconcepibile.
Il
mondo esterno, le creature stesse, gli avvenimenti noi li possiamo giustificare
in base a una certa realtà, ma quando questa si svuota, quando questa ci
delude, quando questa c'inganna, quando questa muta?
Notiamo
che noi siamo creati, siano fondati su un piano di assoluto.
Noi
siamo portatori della passione di assoluto e vedere una cosa che muta, è come
vederla annullata, è vedere una cosa che per noi diventa impossibile da
digerire.
Noi
per la passione di assoluto che portiamo in noi, non possiamo sopportare la
volubilità, il cambiamento.
Noi
diciamo che le cose ci deludono, profondamente ci rattristano, profondamente ci
rendono la vita insopportabile, perché rendono la vita insopportabile a chi ha
la passione dell'assoluto.
Per
questo dico che a un certo momento tutto il nostro mondo esterno diventa parola
di Dio inconcepibile per noi a livello dei nostri schemi mentali.
Qui
ci troviamo con due soluzioni: la prima è la soluzione del vuoto e
dell'angoscia.
L'uomo
che non riesce più a capire niente e quando non si capisce, non si può
sopportare e quando non si sopporta la vita, diventa insopportabile e qui si
apre la via del suicidio.
Oppure
abbiamo un'altra via.
Poiché
si annulla tutto ciò che noi vediamo
con gli occhi e tocchiamo con le nostre mani, tutto quello che esperimentiamo e
tutto questo anzi diventa per noi una parola che è insopportabile, si apre
un'altra via, quella del pensiero.
Solo
più del pensiero.
Noi
stiamo osservando che stiamo vivendo in un'epoca in cui si va di delusione in
delusione, dagli ideali di un tempo della patria, della famiglia, dell'onore
che sostennero tante creature, fino all'annullamento delle sicurezze e delle
certezze che potevano dare fino a ieri le scienze.
Quanti
giurarono sulle scienze, sul progresso, sulla tecnica?
Dio
sta ponendo tutto in crisi.
È
Dio che opera per metterci in movimento verso un punto ben preciso: i problemi
si risolvono solo nel pensiero, non c'è altra soluzione che nel pensiero, nel
pensare.
Tutti
gli avvenimenti, tutti i fatti della nostra vita, a un certo momento ci mettono
di fronte a questo muro: il pensiero.
Così
noi ci troviamo di fronte possiamo dire a tre realtà.
Abbiamo
la realtà sensibile,
la realtà del mondo esterno, abbiamo la realtà intellettuale e spirituale e
abbiamo la realtà divina.
Però
non possiamo fare il passaggio dall'una all'altra, senza il Pensiero di Dio.
Non
possiamo fare il passaggio dalla realtà sensibile, il mondo esterno alla realtà
spirituale cioè alla scoperta della presenza del Pensiero di Dio in noi, senza
il superamento del pensiero del nostro io.
Fintanto
che noi siamo nel pensiero del nostro io, noi restiamo dominati dalla realtà
sensibile, perché tutta la realtà sensibile fa capo al pensiero del nostro io:
le cose sono perché noi le vediamo, perché noi le tocchiamo, perché noi le
sperimentiamo così.
Quindi
tutto fa capo al pensiero del nostro io e non si può passare da questa verità,
da questa realtà sensibile alla realtà del pensiero se non superiamo il
pensiero del nostro io e quindi se non passiamo attraverso la morte del Cristo.
La
morte del Cristo che ci impegna a superare, quindi a morire al pensiero del
nostro io come condizione essenziale per scoprire la presenza del Pensiero
oggettivo di Dio in noi.
Poi
abbiamo detto che c'è ancora un'altra realtà che è la realtà divina.
E
la realtà divina e quella che si trova soltanto dal Padre, da Dio, anche sul
Pensiero stesso di Dio e anche questo passaggio non si può fare se non per
mezzo di Dio.
A
fondamento di tutte queste tre realtà, abbiamo tre presenze, perché anima di
tutto, è la presenza, l'uomo quando si trova nell'assenza o quando deve
esperimentare l'assenza, il vuoto, l'uomo è sconcertato, l'uomo viene portato
in un campo d’insopportabilità, l'uomo non può nemmeno più sopportarsi e
abbiamo le crisi d’identità, le crisi sul significato, l'impossibilità di
sopportare la vita.
Abbiamo
detto che al centro del nostro mondo esterno, del mondo sensibile c'è il
pensiero del nostro io.
Al
centro del mondo del Pensiero di Dio c'è la presenza oggettiva del Pensiero di
Dio è in noi.
Al
centro della realtà divina c'è la presenza del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo.
Però
ho detto prima non c'è il passaggio da una realtà all'altra se non per mezzo di
Dio, cioè non c'è possibilità di passare da una presenza all'altra se non per
mezzo del Pensiero di Dio in noi.
Noi
non siamo mai soli, c'è tutta quest’opera di Dio, con noi per farci passare da
una cosa all'altra, sino a condurci al Padre. Perché Gesù stesso dice che
andando al Padre, manderà dal Padre lo Spirito di Verità, lo manderà in noi:
"Noi verremo e faremo la nostra abitazione in ognuno di voi".
Teniamo
sempre presente che quando Gesù parla di futuro, non parla di movimenti che
avvengono in Dio, parla di movimenti che avvengono in noi, parla di movimenti
che avvengono nell'uomo, non avvengono in Dio.
Quindi
in quanto Lui ci dice, ci promette una venuta: "Noi verremo e faremo
abitazione", parla di una realtà che abita già in noi, ma di cui noi non
siamo consapevoli.
Il che vuol dire che tutta l'opera che Dio fa con noi, è per
condurre noi a farci prendere coscienza dell'abitazione in noi del Padre e del
Figlio.
Siccome
questa coscienza Gesù dice che ce la fa prendere dal Padre, Dio opera in tutto
per condurci alla presenza di Dio, del Padre, perché solo lì, noi possiamo
prendere coscienza, scoprire quindi questa presenza divina che abita in noi.
Che
abita in noi, noi dove?
Abita
nel nostro pensiero.
Domenica
scorsa abbiamo posto il problema di come sia possibile per il Pensiero di Dio
che è il luogo di Dio, l'infinito, per Dio stesso che è infinito, abitare nel
nostro pensiero che è finito.
Eppure
Gesù stesso dice: "Noi verremo e faremo abitazione", se dice
"faremo abitazione", vuol dire che già abitano.
Ascoltando
Gesù, noi siamo condotti a scoprire che Dio abita in noi, nel nostro pensiero,
che l'infinito di Dio, che l'assoluto di Dio, che l'eternità di Dio, abitano
nel nostro pensiero.
E allora c'è da chiedersi che cosa è questo pensiero, il nostro pensiero?
Teniamo
presente che se noi vediamo il finito, le cose finite, non è perché noi abbiamo
il pensiero finito.
Per
vedere il finito dobbiamo avere presente l'infinito, altrimenti non vedremmo il
finito.
Per
vedere le cose che passano, quindi per vedere il tempo che passa, il tempo fa
passare tutte le cose, io devo avere presente l'eterno se non ho presente
l'eterno, non vedo mica il passare del tempo.
Per
vedere un frammento e per essere cosciente che è un frammento, per vederlo, io
devo essere cosciente che è un frammento, per vederlo, io devo avere presente
il tutto e per vedere il vuoto per vedere l'assenza, quel vuoto e quell'assenza
che rendono tragica la nostra vita, perché rendono insopportabile la nostra
vita, per vedere il vuoto e vedere l'assenza, è necessario avere la presenza.
Se
non c'è il pensiero di questa presenza da qualche parte di noi, noi non
potremmo esperimentare l'assenza, non potremmo esperimentare il vuoto.
Noi
esperimentiamo l'assenza di qualcuno in quanto l'abbiamo presente, se io non ho
presente quel qualcuno io, non esperimento l'assenza di quel qualcuno.
Quindi
anche il vuoto, anche l'assenza sono una testimonianza della presenza in noi di
Colui che noi esperimentiamo assente.
La
presenza in noi dove?
Nel nostro pensiero.
Quindi già questa una testimonianza che se io esperimento il finito c'è
l'infinito in me, nel mio pensiero.
È
proprio questo portare l'infinito, l'eterno, l'assoluto in noi che è segno
della vocazione nostra e del luogo in cui questa vocazione si realizza, poiché
se l'infinito, se l'assoluto è presente nel nostro pensiero, noi possiamo
raggiungere l'infinito solo attraverso il pensiero.
Solo
attraverso il pensiero!
D'altronde
se tutto il mondo esterno, il mondo sensibile, il mondo che vediamo, il mondo
che tocchiamo, il mondo che esperimentiamo, se tutto questo mondo a certo
momento in noi, diventa istanza di pensare, cioè istanza di pensiero,
evidentemente è perfettamente inutile che noi cerchiamo la soluzione nel mondo
esterno, perché il mondo esterno diventa in noi istanza di pensiero.
Istanza
di pensiero vuol dire istanza di verità.
Il
che vuol dire che la verità si trova solo nel pensiero, quindi è perfettamente
inutile che noi ci mettiamo a cercare la verità attorno a noi, fuori di noi.
Non
c'è nessun luogo del nostro mondo esterno che possa dare a noi quella verità,
perché tutto il mondo esterno si conclude in noi in un’istanza del pensiero.
Quindi
tutto il mondo esterno, segnala a noi che quella verità per la quale siamo
fatti, noi la possiamo trovare solo nel nostro pensiero e abita nel nostro
pensiero.
Però
che l'infinito, che l'assoluto che l'eterno, che Dio sia nel nostro pensiero,
non è detto che il nostro pensiero sia con Dio.
È
qui che si apre la falla che poi dopo determina tutti i terremoti della nostra
vita.
Dio
è nel nostro pensiero, l'infinito è nel nostro pensiero, non è detto che il
nostro pensiero sia con Dio.
Il
nostro pensiero è là, dove si dedica.
"Abramo
desiderò vedere il mio giorno".
Abbiamo
visto, quando abbiamo parlato di questo che Abramo desiderò vedere il Pensiero
di Dio, cioè, pensando al Pensiero di Dio, Abramo ebbe come fine della sua vita
conoscere il Pensiero di Dio.
Abramo
Gesù stesso lo definisce, lo caratterizza, gli da il nome come "uno che
desiderò vedere il Pensiero di Dio", cioè che ebbe il Pensiero di Dio come
scopo, come fine della sua vita.
Per
cui ha avuto il nome da questo: "Colui che desiderò vedere il Pensiero di
Dio".
Abbiamo
detto che Abramo è il padre della fede e ci rivela che la fede sta nel
desiderare di vedere il Pensiero di Dio.
Ma
desiderando vedere il Pensiero di Dio, quindi dedicando il suo pensiero al
Pensiero di Dio, Abramo ebbe il Pensiero di Dio come fine ma, l'ho ebbe come
motivo, come movente del suo pensare, quindi del suo vivere.
Questo
ci fa scoprire una cosa meravigliosa
ma terribile nello stesso tempo.
Il
nostro pensiero diventa figlio di ciò a cui si dedica.
Dedicandosi
a-, si dedica a un fine, pensando a-, si dedica a un fine ma, quel fine diventa
il movente del suo stesso pensiero.
Per
cui il pensiero trova la ragione di sé, quindi il principio di sé in ciò cui si
dedica.
In
termini poveri, possiamo dire che il nostro pensiero ha questa terribile
possibilità (dicevo quasi di generare ma va rettificato) di generare il suo
genitore.
È
una meravigliosa ed è una cosa terribile, tragica.
Va
rettificato in questo senso: ha la possibilità di eleggere il suo genitore,
poiché dedicandosi a-, diventa figlio di-.
È
una cosa meravigliosa e con ciò si rivela che il nostro pensiero alla
possibilità se pensa Dio (è Dio che abita nel nostro pensiero) di partecipare
alla figliolanza, di partecipare cioè alla generazione del Figlio di Dio da
Dio.
Ma
se pensa altro da Dio, è terribile perché il nostro pensiero, diventa figlio di
ciò a cui si dedica.
E
qui inaugura tutte le schiavitù da cui lui non può uscire, perché diventa
figlio, realmente figlio.
Questa
è una conseguenza del fatto che
l'infinito, l'assoluto abita nel nostro pensiero, abita senza di noi, prima di
noi e quindi determina tutte le passioni del nostro pensiero che sono passioni
di assoluto, però non è per il fatto che Dio abiti in noi, che noi abitiamo con
Dio.
Solo
se noi abitiamo con Dio, eleggiamo Dio come nostro genitore.
Il
che vuol dire che nel nostro pensiero abbiamo Dio presente anche senza di noi,
ma abbiamo presente anche tutta la creazione di Dio, tutte le creature, tutto è
presente nel nostro pensiero, cioè abbiamo presente Dio e tutte le opere di
Dio, cioè tutti i segni di Dio.
Per
cui l'elezione del nostro genitore non sta, da parte del nostro pensiero in una
creazione, ma sta da parte del nostro pensiero in un’elezione, cioè del
preferire tra ciò che ha presente qualcosa.
Infatti,
il nostro pensiero non può pensare una cosa che non abbia presente.
Se
il nostro pensiero può pensare Dio, è perché Dio è presente nel nostro
pensiero.
Se
il nostro pensiero può pensare l'assoluto, l'eterno, l'infinito, è perché
l'assoluto è presente nel nostro pensiero.
Ma
il nostro pensiero può anche pensare perché l'ha presente, anche tutta la
creazione di Dio, tutte le creature, cioè il nostro pensiero può dedicarsi
anche alle creature, a tutto il mondo.
Quindi
il problema di Dio diventa in noi, nel nostro pensiero un problema di elezione,
di scelta.
Il
nostro pensiero elegge in quanto si dedica.
Soltanto
dedicandoci a Dio, noi facciamo di Dio, il genitore del nostro pensiero.
Il
nostro pensiero è come la gemma floreale delle piante, ogni pianta e costruita
dalla gemma floreale che assorbe la luce e la introduce in pianta, così il
nostro pensiero è il costruttore della nostra vita.
Se
il nostro pensiero si dedica Dio, elegge di Dio come suo genitore e quindi
diventa figlio di Dio e allora tutta la nostra diventa opera di Dio.
I vicini dunque e quelli che erano abituati a vederlo prima, poiché era un mendicante, dicevano: "Non è quello
stesso che stava seduto e mendicava?". Gv 9 Vs 8 Riassunto
RIASSUNTI
Argomenti: Le tre presenze e le
tre realtà – Il Pensiero oggettivo di Dio in noi –Le ragioni di Cristo –Il pensiero, il
sentimento e la volontà – L’Immacolata concezione – Il concetto di Verità – La libertà del
pensiero – L’abitudine e il pensiero – La responsabilità personale – Restare nella Parole
– La capacità di pensare – I genitori che scegliamo – La possibilità di scegliere Dio -
3-4/ Maggio/1987