Fintanto
che sono nel mondo sono la luce del mondo.
Gv 9 Vs 5 Primo tema.
Titolo: Si passa dall'avere all'essere attraverso la conoscenza.
Argomenti: Cristo è il giorno. La luce ci rivela il suo Principio. La fede o il caso. Dio è trascendente. Quando Cristo è nel mondo. Il compimento è la
contemplazione di ciò che Dio opera in Dio stesso. Arriva il giorno in cui Dio
parla solo nel suo Pensiero. Quello che è dato a noi senza
di noi determina l'avere.
7/Febbraio/ 1987 Casa di Preghiera Fossano
- Esposizione di Luigi Bracco -
Siano
al versetto 5 in cui Gesù dice: "Mentre sono nel mondo sono la luce del
mondo".
Anche
qui dobbiamo chiederci quale lezione, quale significato per la nostra vita
personale abbiano queste parole di Gesù e sopratutto che cosa Dio ci vuol manifestare
di Sé, del suo volto, attraverso queste parole.
Perché
in tutte le parole del Figlio, c'è una rivelazione per noi di qualcosa del
Padre, di qualcosa di Dio.
Prima Gesù aveva detto: "Io debbo compiere le opere
di Colui che mi ha mandato finché è giorno"...finchè è giorno.
Adesso
dice che Lui è il giorno: "Io sono la luce del mondo", quindi Lui è
questo giorno.
Però dice
: "Fintanto che sono nel mondo".
Anche
qui se dice questo "Fintanto che" ci esprime una categoria di tempo e
ci fa pensare che arrivi il tempo in cui Lui non è più nel mondo.
Sono
Parole di Dio, quindi sono parole che hanno un senso Assoluto e in quanto hanno
un senso Assoluto, hanno un senso universale, parole valide per ogni luogo e
per ogni tempo, quindi valide per ogni persona.
Il
che vuol dire che a ogni persona, ad ogni uomo che nasce in questo mondo, Gesù
dice: "Finchè Io sono nel mondo Io sono la luce del mondo".
Quindi
dice ad ogni uomo che arriva un tempo nella sua vita in cui Gesù non è più nel
suo mondo, non è più nel mondo.
Allora
dobbiamo chiederci quale significato, cosa vuol dire per noi personalmente,
questo "finchè Lui è nel mondo"?
Cosa
vuol dire "Io sono la luce del mondo", ma "sono luce del mondo
solo quando e in quanto sono nel mondo".
La
frase principale qui è : "Io sono la luce del mondo".
Questo "la luce"
l'abbiamo già visto
quando abbiamo parlato del tempo della luce, la luce è caratterizzata dal fatto
che ci rivela, ci annuncia sempre la sua fonte, la sua sorgente cioè il suo
principio, è la caratteristica della luce.
Ora
evidentemente se annuncia questo Principio lo annuncia un mondo che non vede
questo Principio.
Se
Gesù dice: "Io sono la luce del mondo" evidentemente è perché il
mondo non vede questo Principio e se non vede questo Principio il mondo non è
luce.
Infatti
il mondo è tenebra.
Il
mondo è immerso nelle tenebre perché ogni uomo vede, guarda, osserva, ascolta
ma tutto è mistero.
Il
mondo è immerso nel mistero, immerso nella notte, il che vuol dire che nel
mondo non si vede il Principio, non si vede la sorgente, non si vede la fonte.
Quando
diciamo Principio diciamo la causa in cui è la ragione di ciò che esiste.
Di
fronte a questo non vedere il Principio di tutte le cose, il Principio di ciò
che sta attorno a noi, di ciò che noi vediamo e tocchiamo, al fatto di trovarsi
di fronte a questo mistero, gli uomini rispondono in due modi.
Sono
i due volti della loro notte.
Rispondono con la fede: Dio è il Principio, Dio è il
Creatore oppure rispondono con il caso.
Cosa
significa caso?
Dio
nella fede si presenta come il Creatore di tutte le cose, come Principio,
quindi si presenta come Colui nel quale è la ragione di tutte le cose.
Senza
Dio tutte le cose per noi non sono giustificate.
Già
il fatto che per noi tutte le cose siano avvolte nel mistero, cioè non siano
giustificate, già questo ci testimonia l'annuncio e la presenza del Creatore.
Se
noi non portassimo in noi Colui che nessuno può ignorare, cioè il Creatore di
tutte le cose noi non ci accorgeremmo del mistero.
Ma
se noi ci accorgiamo del mistero e diciamo:"Io non capisco niente", è
perché noi già portiamo la luce in noi, la sorgente in cui tutte le cose sono
giustificate.
Se
non l'avessimo presente non potremmo costatare di non sapere, non potremmo costatare
la notte e il mistero.
Se
noi constatiamo la notte nell'universo nel mondo è perché la luce brilla dentro
di noi, quella luce che illumina ogni uomo che viene a nascere in questo mondo.
Ma
questo è un problema della fede perché partiamo dal mondo che è mistero.
Quando
non c'è la fede si risponde con il termine, la parola caso.
Cosa
si intende per caso?
Perché
ogni parola ha un significato.
Il
caso è semplicemente la negazione dell'esistenza di un Principio in cui c'è la
ragione di tutte le cose.
Quindi
abbiamo la fede che afferma, dice "Si, esiste un Principio in cui c'è la
ragione di tutte le cose".
Il
caso dice "No, non c'è un Principio in cui c'è la ragione di tutte le
cose" e allora tutto accade a caso, a caso si nasce a caso si muore a caso
si vive, a caso succedono tutte le cose, a caso esiste l'universo a caso
l'universo muore.
Ma
dico il caso è una negazione, negazione dell'esistenza di un Principio in cui
tutte le cose hanno una loro giustificazione.
Ora
il fatto di negare nel campo della verità è già un affermare, per cui c'è una
contraddizione intima perché l'uomo non può negare senza avere presente, non
può negare se non ciò che ha presente.
L'uomo
sia per affermare che per negare, sia per dire si che per dire no deve aver
presente ciò che afferma o ciò che nega.
E
se lo ha presente, proprio in quanto nega non fa che testimoniare la presenza,
quindi l'esistenza di quello che lui nega.
Perché
dico se non ci fosse non potrebbe negarlo.
Allora
quando l'uomo dice caso, cioè "non esiste il Principio che ha in se la
ragione di tutte le cose", dice "esiste il Principio che ha in se la
ragione di tutte le cose".
L'uomo
è una contraddizione e più si allontana da Dio e più si trova in queste
contraddizioni.
Ora
qui Gesù dice: "Fintanto che io sono nel mondo", questo mondo abbiamo
detto, è tutto ciò che l'uomo esperimenta, l'uomo esperimenta il mondo, ma non
esperimenta Dio, l'uomo vede il mondo ma non vede Dio, cioè non vede quel
Principio in cui è la ragione di tutte le cose.
È
logico, perché il Principio
in cui c'è la ragione di tutte le cose trascende le cose stesse, avendo in Sé
la ragione di tutte le cose, deve essere superiore a quelle cose.
E
se è superiore alle cose, l'uomo non può vederlo in relazione alle cose.
Il
mondo rappresenta ciò che è relativo al nostro io.
Ciò
che noi nel pensiero del nostro io tocchiamo vediamo esperimentiamo.
Dio
invece Principio, causa, Colui che ha in Sé la ragione di tutte le cose,
non è relativo al nostro io, non è relativo alle sue opere, non è relativo alle
cose e non essendo relativo le trascende e se le trascende non può essere visto
con i nostri occhi o toccato con i nostri sensi che sono, che vedono e toccano
solo le cose che sono relative al nostro io.
Dio
è un Assoluto non è relativo, essendo Principio è un Assoluto, per questo dico
è trascendente e per questo, dico, non può essere esperimentato in ciò che è
relativo al nostro io.
Però
Dio parla anche nel mondo, si annuncia anche nel mondo.
Dio
non può essere visto nel mondo però parla nel mondo: "Fintanto che Io sono
nel mondo", cosa significa questo: "Io sono nel mondo?"
E
cosa significa questo: "Fintanto che"?
Abbiamo
detto che questo "fintanto" è una categoria di tempo.
Ora
Dio certamente, siccome trascende tutto, non appartiene alle categorie di tempo
e di luogo e allora non è soggetto al tempo, non è soggetto a mutamenti.
Dio
non si sposta da un luogo all'altro, ma se non si sposta da un luogo all'altro non
si sposta neppure da un tempo all'altro.
Allora
perché qui troviamo Cristo, Figlio di Dio che dice: "Fintanto che Io sono
nel mondo?"
Ora
questa relatività "fintanto", tempo, è rapportata all'uomo non a Dio.
Dio
è sempre presente.
Dio
non conosce il "fintanto".
Il
"fintanto" lo conosciamo noi, il "fintanto" lo conoscono
gli uomini, le creature.
Allora
vuol dire che nella creatura, in ognuno di noi si realizza un tempo un tempo in
cui Cristo non è più nel mondo, non parla più nel mondo cioè nel nostro
mondo.
Non
è che non parli più in Sé, Dio è l'eterno, "Passeranno i cieli e la terra
ma le mie parole non passeranno".
Dio
parla in tutto, eternamente parlerà in tutto, tutte le cose sono parole sue.
L'uomo
però esperimenta un tempo in cui Dio parla (l'Emanuele, il Dio tra noi) e
esperimenta un tempo in cui Dio non parla, l'uomo lo esperimenta.
Quindi
abbiamo il passaggio, lo abbiamo visto le volte scorse, dal giorno alla notte.
Il
tempo in cui Dio parla nel nostro mondo noi abbiamo il giorno, il tempo in cui
Dio non parla nel nostro mondo, relativo a noi, noi abbiamo la notte.
Ed
abbiamo visto che la notte è la condizione necessaria per passare da un giorno
all'altro, per passare dal giorno con la sera al giorno senza sera.
Abbiamo
detto che tutta l'opera di Dio contempla due giorni, giorni che hanno un
tramonto, una sera e un giorno che non ha più sera.
Tutti
noi siamo stati creati attraverso giorni che hanno sera, tutta la creazione di
Dio è operata a periodi che tramontano.
Ma
tutto questo è ordinato a un fine e il fine è entrare nel giorno senza sera che
è il sabato, che rappresenta il giorno del riposo di Dio, il giorno della pace,
della sua pace, quel giorno in cui ognuno di noi è chiamato ad entrare, entrare
nella pace di Dio e abbiamo visto che questa pace rappresenta la contemplazione
di ogni cosa in Dio.
L'uomo
entra nella pace solo in quanto giunge a contemplare tutte le opere di Dio,
tutte le creature di Dio, tutte le Parole di Dio in Dio stesso.
Ed
è opera del Figlio, perché abbiamo visto precedentemente che il Figlio dice:
"Io debbo compiere le opere di Colui che mi ha mandato".
Il
compimento rappresenta la pace, rappresenta questa contemplazione di ciò che Dio opera in
Dio stesso e qui noi troviamo il Figlio, noi abbiamo Principio, effetto e fine.
Fintanto
che noi assistiamo soltanto a Principio ed effetto le cose per noi sono
incompiute, il compimento lo troviamo nel fine e il fine sta nel contemplare
ogni cosa nel suo Principio, cioè vedere la giustificazione delle cose, la
ragione delle cose.
Ecco
il grande errore che si commette dicendo che è tutto opera del caso poichè si
esclude da noi la ricerca della giustificazione di tutto ciò che esiste nel suo
Principio, non si cerca il perché, non si cerca il fine.
Siccome
questo rappresenta la nostra vita (la nostra vita è nascosta nel seno di Dio),
escludendo il fine noi escludiamo la luce da noi e escludiamo la vita,
certamente noi esperimentiamo di non essere più vivi, di non avere più la luce
in noi.
Quando
non sentiamo più interesse per Dio, quando Dio non ci attrae più qui stiamo già
esperimentando la non vita.
La
vita sta nel tendere in un fine, nell'essere attratti da-.
Ora
Gesù dice: "Fintanto che Io sono nel mondo", allora cosa vuol dire
questo "fintanto"?
E
quando scade questo suo essere nel mondo?
Abbiamo detto che il mondo rappresenta tutto ciò che noi esperimentiamo
e vediamo con i nostri occhi, che noi tocchiamo con i nostri sensi, che noi
ascoltiamo con le nostre orecchie e allora quando è che Cristo, la Parola di
Dio è in questo mondo?
È
quando parla a noi attraverso le cose del mondo, cioè attraverso gli argomenti
del nostro mondo, quando parla a noi attraverso le cose che noi tocchiamo e che
noi vediamo.
Quindi
fintanto che la Parola di Dio giunge a noi, parlando a noi i nostri argomenti,
le nostre questioni, ma non parla per giustificare le nostre questioni, perché
qui dice: "Io sono la luce del mondo", ora se è luce del mondo ci
annuncia il Principio, perché la luce abbiamo detto è quella che ci annuncia la
sua fonte, la sua causa.
Il
Figlio di Dio se è luce nel mondo, vuol dire che ci conduce a vedere,
attraverso il mondo, il Principio, il Creatore, il Padre, Colui che opera in
tutto.
Ora
Cristo è nel mondo in quanto parla a noi attraverso le cose del mondo ma,
proprio parlandoci delle cose del mondo ci conduce a pensare al Creatore,
ricollega le cose del mondo al Creatore, raccoglie ogni cosa nel Creatore.
Noi
perdiamo il contatto con il Creatore perché perdiamo il contatto con il
Principio.
Noi
vivendo ci fermiamo alle creature, ci fermiamo alle cose, ci fermiamo agli
avvenimenti, ci fermiamo al caso, diciamo: "Per caso è successo questo,
per caso è successo quell'altro", ci fermiamo lì, anzichè collegare con il
Principio, noi perdiamo il contatto con il Principio.
Noi
tutti i giorni dovremmo recuperare il Principio perché questa è la condizione
per poter restare nella luce.
Cristo
è venuto per operare questo collegamento di tutto, del nostro mondo con il Principio.
Infatti
quando chiedono a Lui chi è, Lui risponde: "Io sono Colui che parla a voi
il Principio".
Parlare
vuol dire collegare.
Però
dice anche: "Io parlo a voi il Principio, sono cioè Colui che raccoglie
ogni cosa nel Principio".
Però
dice anche: "Chi con me non raccoglie disperde".
Però
dice anche: "Fintanto che Io sono con voi", il che vuol dire che a un
certo momento Lui non ci parla più del Principio.
"Fintanto
che io sono nel mondo".
Il
che vuol dire che arriva un momento in cui Lui non ci parla più del Principio
attraverso le cose del mondo.
Si
perché arriva un momento in cui Lui non parla più in parabole, ma apertamente
ci presenta il Padre e qui inizia la crisi.
Fintanto
che Lui parla a noi attraverso le parabole, parla a noi attraverso le cose che
noi vediamo e che noi tocchiamo, cioè parla a noi attraverso le cose del nostro
mondo.
Qui
si rende accessibile a noi però dice "Affrettatevi a camminare nella luce,
fintanto che la luce è con voi", cioè fintanto che la luce sta parlando a
voi con gli argomenti del vostro mondo, cioè affrettatevi a capire,
affrettatevi ad entrare.
Ad
entrare dove?
Ad
entrare nella visione delle cose da Dio, perché fintanto che Cristo è nel mondo,
parla a noi attraverso le cose del mondo per portarci a Dio, ma noi dobbiamo
imparare a vedere le cose da Dio.
Arriva
un momento in cui Dio parla di Sé non attraverso le cose del mondo.
Perché
le cose del mondo non ci fanno conoscere Dio, ci annunciano Dio, ci mettono il
problema della giustizia, che noi dobbiamo collegare tutte le cose con il
Creatore, questo si, però non possono farci conoscere Dio.
Perché
abbiamo detto che tutte le cose del mondo, sono relative al pensiero del nostro
io.
Nel pensiero del nostro io noi non possiamo conoscere
Dio, Dio si
conosce soltanto in Sé.
Il
che vuol dire che arriva un giorno in cui Dio ci parla solo nel suo pensiero:
lì noi possiamo trovarci fuori, per questo il Signore dice
"Affrettatevi", perché per mezzo di Lui, attraverso Lui:
"Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me", solo attraverso
Lui, noi possiamo arrivare a vedere le cose dal Padre.
Allora
vedendole dal Padre, quando Dio ci parlerà nel suo Pensiero, non più nelle cose
del mondo, ma ci parlerà di Sé in Sé, lì noi avremo la possibilità.
Ma
è nella misura in cui noi saremo nel suo pensiero.
Tutte
le cose del mondo arrivano in noi senza di noi.
Dio
stesso abita in noi senza di noi, questa sua abitazione, questa abitazione di Dio in noi,
è l'abitazione in noi del Creatore: "Il Padre vi ama".
Il
che vuol dire che è presente, ci pensa, questa abitazione di Dio in noi, è data
a noi senza di noi, quindi noi non possiamo ignorarla però non sappiamo.
Tutto
quello che arriva a noi senza di noi non è conosciuto da noi, è per questo che
tutto l'universo che arriva a noi senza di noi non è conosciuto da noi, è con
noi, abbiamo visto che questo essere nel mondo, questo primo giorno è
concessione da parte di Dio, è Dio che è con noi, è con noi prima di noi e
questo è proprio il primo giorno, concessione da parte di Dio.
Tutto
quello che è con noi senza di noi, non determina in noi la conoscenza,
determina in noi l'avere.
Noi
abbiamo o possediamo, noi possediamo le cose ma non le conosciamo mica.
Non
le possiamo conoscere.
La
conoscenza viene da Dio, il Principio luce è Dio, il possesso delle cose
si ha in quanto Dio ce le concede, ma quello che Dio concede a noi senza di
noi, non può essere conosciuto da noi, determina l'avere ma l'avere non ci fa
mica vivere.
Tutto
quello che noi abbiamo non ci fa vivere.
Gesù
dice che non è il possesso delle cose, fosse anche il possesso del mondo che ci
fa vivere, la vita non viene dal possedere le cose, la vita non viene dalle
cose che abbiamo, la vita non viene neppure dalla presenza di Dio in noi.
Non
basta che Dio sia in noi, cioè tutto quello che abbiamo come opera di Dio ma,
lo abbiamo senza di noi non è sufficiente per darci la vita: La vostra vita è
nascosta in Dio e a Dio non si giunge senza il superamento di noi stessi cioè
senza la dedizione, "camminate fintanto che avete la luce" .
Ecco
qui troviamo il tema che abbiamo già accennato domenica scorsa: "Conoscere
è essere".
Ecco
si passa dall'avere che non dà vita, all'essere che è partecipazione a Colui
che è vivo.
Cioè
partecipazione a Dio che è vita.
Ma
si passa dall'avere all'essere, attraverso la conoscenza.
A
questa conoscenza si giunge fintanto che la Parola di Dio è nel nostro mondo.
E
noi dobbiamo affrettarci a passare dalla Parola di Dio che parla nel
nostro mondo, alla Parola di Dio che non parla più nel nostro mondo.
Perché
Dio non è conoscibile attraverso le parole del mondo o le parole stesse che Dio
dice nel nostro mondo.
Dio
è conoscibile soltanto nel suo Pensiero.
Noi
dobbiamo affrettarci a passare dalla conoscenza
del parlare di Dio nel nostro mondo, alla conoscenza della Parola che esce
dalla bocca di Dio, "Ogni uomo vive di ogni Parola che esce dalla bocca di
Dio", quindi alla conoscenza di ciò che è nel Pensiero di Dio, di ciò che
è generato da Dio, di ciò che viene da Dio, se non passiamo a questa conoscenza
qui che è "prima che il mondo fosse", perché Dio esiste, Dio è
trascendente il mondo, esiste indipendentemente dal mondo.........
Quindi
fintanto che non arriviamo a conoscere Dio nel suo Pensiero, noi siamo in
questa situazione di rischio in cui quando Dio non parlerà più nel nostro
mondo, noi non potremo più intendere, noi non potremo più conoscere Dio e non
potremo fare il passaggio dalla nostra situazione di avere alla situazione di
essere.
Mentre
solo nell'essere c'è la vita.
Conversazione
X: Quindi nella prima parte della nostra vita Lui
si concede.
Luigi:
Si ma tutto quello che Lui ci concede non è conoscenza.
Non
possiamo ignorarlo però non possiamo conoscerlo.
Il
capire, il conoscere richiede la nostra dedizione al Creatore.
La
conoscenza quindi è una sintesi, tra Dio che si dona a noi e noi che ci doniamo
a Lui, se noi non ci doniamo, noi siamo esclusi dalla conoscenza.
Ma
esclusi dalla conoscenza siamo esclusi anche dall'essere e quindi dalla vita
eterna.
Perché
la vita eterna è conoscere Dio, non si entra nella vita eterna senza conoscere
Dio.
Ritorniamo
sempre a : Colui che ti crea senza di te non ti salva senza di te, cioè non ti
porta alla conoscenza senza di te.
Cioè
la conoscenza è un fatto personale, Dio si dona perché è la condizione per
farsi desiderare, ma il desiderio richiede già dedizione da parte nostra.
Perché
uno per desiderare, dedicarsi a-,deve lasciare, quindi entra in un campo
personale.
La
conoscenza è la sintesi di due doni: il dono di Dio alla creatura e il dono
della creatura a Dio.
Altrimenti
non si può arrivare a conoscere Dio, non lo si può negare, non lo si può
annullare, non si può cancellare Dio perché Lui si è donato a noi.
Io
non posso quando ho visto un albero dire che non l'ho visto, posso dirlo a
parole, ma dentro di me sorge la coscienza di essere menzognero, perché io l'ho
visto.
Così
con Dio, "tu sapevi", noi non possiamo.......però non
conosco...........tutto quello che è dato a noi senza di noi costituisce
l'avere, l'essere con, per cui Dio donandosi è con noi, ma abbiamo detto che ci
sono due "con".
Siccome
il con rappresenta il rapporto di due fattori, di due elementi, abbiamo quindi
il primo che si dona al secondo oppure il secondo che si dona al primo.
Ora
fintanto che Dio si dona alla creatura, noi non entriamo nella conoscenza, noi
abbiamo Dio (quello che si è donato) ma non lo conosciamo, è come se uno mi
facesse un dono ma io non conosco ciò che mi ha donato, non so che cosa sia.
Quindi
tutte le cose che noi possediamo, le possediamo, crediamo di possederle, ma non
le possediamo affatto, non le conosciamo affatto e quindi non conoscendole non
c'è vita.
Quindi,
praticamente tutto quello che noi possediamo ci gonfia ma non ci dà vita, la
vita mi viene dalla conoscenza ma la conoscenza richiede la dedizione, cioè
quel rapporto che mi fa entrare nella pace di Dio.
Qui
non è più Dio che si dona alla creatura ma è la creatura che si dona a Dio, si
dona, ora si dona a in quanto non è più quella quella creatura che cerca Dio
perché Dio piaccia a se stessa, alla creatura.
Io
posso invocare Dio e pregarlo perché faccia le cose che piacciono a me, qui
siamo nel `primo rapporto, chiedo che Dio si conceda, qui non ho la conoscenza,
invece la creatura si concede a Dio in quanto di interessa di ciò che piace a
Dio, si interessa di quello che Dio vuole.
Ora
cercare quello che piace a Dio vuol dire cercare quello che viene da Dio, non è
più quindi piegare Dio a quello che viene da me, per cui io ho bisogno di
trovare un posto di lavoro e prego Dio che mi faccia trovare un posto di
lavoro.
Allora
sottometto Dio a quello che viene da me, qui sono in un rapporto sbagliato.
Soltanto
in quanto cerco Dio per quello che viene da Dio....finora ho cercato Dio perché
facesse quello che piaceva a me.....ma io devo fare quello che piace a
Te...cosa è che piace a Te?
Qui
abbiamo la creatura che inizia a svegliarsi.
La
conoscenza si ha soltanto in questo rapporto, in questo dipendere da Dio,
cercare quello che piace a Dio, quello che viene da Dio, lì si entra nella
conoscenza.
X.: Lei ha detto che viene un momento in cui
Cristo non parla più e ci presenta il Padre.....
Luigi: Si ma lì allora inizia la crisi, può essere crisi, perché
noi non possiamo sopportare se non abbiamo il Pensiero di Dio.
Perché
il Padre si conosce soltanto nel suo Pensiero.
Perché
fintanto che Lui parla attraverso gli alberi, il seminatore, l'acqua eccetera,
sono argomenti che noi capiamo, ma Lui non parla dell'acqua per farmi conoscere
l'acqua, Lui parla dell'acqua in termini di mondo ....io esperimento l'acqua,
il seminatore, il seme, le stagioni, esperimento i pesci, Lui mi parla di
questi argomenti qui ma, questi argomenti Lui me li collega sempre al
Principio, cioè mi presenta il Regno di Dio, mi collega tutte le cose con Dio.
X.: E quando è che non parla più in parabole?
Luigi:
Quando mi parla del Padre ma non più in parabole, cioè non mi parla più
attraverso la creazione.
Fintanto
che mi parla di alberi, di creazione, di creature, mi annuncia Dio ma non mi fa
conoscere Dio.
Dio
si conosce soltanto in Sé e richiede da parte nostra il superamento di tutto.
Per
cui tutta la creazione in noi deve entrare in un silenzio, deve tacere.
A
questo punto quando tutta la creazione entra in questo silenzio (ha detto ormai
quello che doveva dire), quando tutta la creazione dice a me, o meglio, quando
Dio dice a me attraverso la creazione: "Cerca Dio prima di tutto",
tutta la creazione ha concluso il suo compito.
La
creazione ci dice sempre: "Non fermarti a noi, cerca Dio".
Ora
noi finiamo in un cerchio chiuso perché noi continuiamo a interrogare le
creature.
Le
creature a un certo momento muoiono tutte, finiscono tutte dicendo: "Non
ci siamo fatte da sole, cerca Dio, cerca Dio, cerca Dio".
Muoiono
dicendoci "Cerca Dio, Dio non siamo noi!".
Ora
qui finisce tutto, la creazione è finita in quanto finisce l'argomento che mi
annuncia, oltre non mi può dire altro.
Cioè
quello che Dio mi dice di Sé, non c'è nessuna creatura, nessuna creatura che me
lo possa dire.
Tutte
le creature mi dicono:"Noi non ci siamo fatte da sole, c'è un
Creatore" ma detto questo hanno detto tutto.
E noi
nel mondo non facciamo che dire: "Tutto finisce, tutto muore...a cosa
serve vivere per questo?", noi finiamo sempre col dire questo: non hai
ancora detto nulla: svegliati!
Cioè
devi fare il passaggio.
Quando
hai capito che tutto nel mondo è vano, affrettati a cercare quello che tutta la
creazione passando ti annuncia. Se ti annuncia Dio, adesso alza gli occhi a
Dio, non fermarti più alla creazione.
E
a questo punto che bisogna fare il passaggio.
Per
cui Dio non mi parla più nella creazione, mi invita adesso ad alzare gli occhi
a Lui, perché Lui ha da dirmi adesso una cosa (rivelarmi Se Stesso) che non c'è
nessuna creatura che mi possa dire.
È
un fatto personale, è un rapporto personale.
X.: La concessione di Dio può portarci anche
sulla via del delitto...pensavo ai soldati tedeschi che avevano
scritto:"Dio è con noi"..
Luigi: Ma certo, quello che ci fa essere è il conoscere ma, il
conoscere richiede la nostra dedizione e il superamento dell'io, altrimenti non
si entra.
L'avere
mi può illudere:"Dio è con me".
Mi
fa credere di essere giusto, di essere a posto.
Perché
il con (concessione) costituisce l'avere ma non è che attraverso l'avere che si
giunge alla vita.
Si
giunge attraverso l'essere cioè la conoscenza, conoscere è essere.
Non
è attraverso il possesso, perché nel possesso c'è il pensiero del nostro io, è
Dio che si concede al mio io.
Ora
la concessione di Dio non è un rapporto giusto, perché nella concessione Dio
serve la creatura.
Ora
Dio che serve la creatura non è un rapporto di verità, il rapporto di verità è
quando la creatura serve il Creatore.
Rimane
solo ciò che è vero, ciò che non è vero non rimane.
La
concessione di Dio è transizione, è mezzo per risvegliare la creatura al vero
rapporto, ma quello non rimane, passa appunto perché è mezzo.
Solo
in quanto noi ci sottomettiamo a Dio, cioè cerchiamo quello che piace a Dio,
qui stabiliamo un rapporto di verità quindi eterno.
X.:Non capisco perché deve venire questo silenzio
di Dio.
Luigi: Deve venire perché c'è una conoscenza superiore che non
può venire attraverso le cose, questa conoscenza richiede un rapporto
personale, ora quando c'è un rapporto personale....è la Parola che viene da Dio
che mi fa entrare nella vera conoscenza di Dio, ma viene da Dio, ora Dio non si
confonde con nessuna creatura, Dio non sarà mai l'albero, Dio parla dell'albero
ma non sarà mai l'albero, nemmeno le creature più importanti.
"Non
dare a nessuno il nome di maestro", il che vuol dire che anche la creatura
più importante, più sapiente di questo mondo, più sacra anche di questo
mondo non mi può dire quello che Dio mi dice di Sé.
Mi
annunciano tutte Dio, perché Dio parla attraverso tutto, però nessuna creatura
può dire :"Io sono Dio", non c'è nessuna creatura che può sostituire
Dio.
Cioè
c'è una comunicazione che Dio riserva a Se stesso, un rapporto intimo,
personale.
Ora
fintanto che noi interroghiamo le creature o cerchiamo quello che Dio ci dice
attraverso le creature non arriveremo mai, per cui a un certo momento è
necessario questo rapporto.
Entra
nel segreto della tua stanza, chiudi l'uscio", perché devo chiudere
l'uscio? Per ascoltare quello che le creature non ti possono più dire, non
andare più dalle creature, non ti possono dire ciò di cui tu hai bisogno.
A
un certo punto si entra in questo rapporto diretto e personale.
X.:Ma se io non sono stata attenta quando Dio
parlava in parabole.
Luigi:
Non posso sopportarlo, non capisco più niente.
Perché
il capire richiede sempre un punto di riferimento.
Se
io ho come punto di riferimento l'albero e l'acqua, e Dio viene a me parlandomi
di albero e acqua io capisco qualcosa e attraverso l'albero Lui, ma solo Lui,
perché solo Lui ha presente il Padre, mi collega l'albero con il Creatore, mi
fa vedere il significato che ha il segno.
Non
me lo attribuisce al caso.
Noi
non sentiremo mai il Cristo dire: "Per caso ho incontrato il tale" o:
"Per caso mi avete incontrato".
Il
caso non esiste, il caso è frutto della nostra ignoranza.
Io
non conosco le cause e dico: "Per caso ho incontrato Rosanna per
strada", no il caso non esiste.
Dio
mi ha fatto incontrare Rosanna per strada, ha combinato tutti i tempi, tutto
l'universo per farmi incontrare Rosanna in quel punto lì.
Ma
è tutto disegno di Dio, opera di Dio, c'è una causa.
Quando
noi ci fermiamo soltanto alla creatura e crediamo che sia iniziativa della
creatura non arriviamo al Principio.
È
Dio che opera tutto, ecco qui abbiamo il parlare attraverso il mondo.
Solo
fintanto che Lui è nel mondo, cioè fintanto che Lui parla a noi con argomenti
del mondo, non ci conferma nella nostra ignoranza perché ci collega con il
Principio.
Io
vedo le cose e mi fermo.
Io
vedo un albero ed è un albero, chiuso.
La
montagna è la montagna e l'acqua è l'acqua, mi fermo lì.
Lui
mi dice: "No, guarda che l'acqua significa qualche cosa di Dio, l'albero
significa qualcosa di Dio, il Regno di Dio è come un seminatore, il Regno di
Dio è come l'acqua".
Mi
collega tutte le cose sempre con Dio, Dio, Dio, qui parla nel mondo.
Però
io devo affrettarmi man mano che Lui parla nel mondo ad arrivare a cercare
quello che piace a Dio, quello che viene da Dio.
Perché
tutto è ordinato per prepararmi, per rendermi capace di intendere quello che
Dio dice nel Pensiero di Sé, non più nel pensiero del mio io.
Per
cui se io vivo nel pensiero del mio io, arriva un momento in cui Dio nel
pensiero del mio io non mi dice più niente, Lui adesso parla nel suo Pensiero,
non più nel pensiero del mio io e io mi sento fuori, cioè mi sento non
più conosciuto da Dio, mi sento non più pensato da Dio.
Io
magari prego da mattina a sera ma Dio non mi risponde più, c'è il silenzio di
Dio, c'è la morte di Dio che la creatura esperimenta, ecco è Dio che è uscito
dal mio mondo.
X: Quindi io pensavo che noi non siamo qui per
caso.
Luigi: Certo, infatti noi ci stiamo incamminando verso un
giorno in cui trovandoci di fronte a Dio, Dio ci dirà:"Ero Io che parlavo
con te, ero Io che ti stavo guidando, ero Io che operavo tutto" e noi
saremo stupíti.
X.:Quindi la caratteristica del tempo è che Dio
parla a noi nel nostro io, attraverso la creazione.
Luigi: Tutto ciò che è relativo al nostro io, tutto il mondo è
relativo al mio io.
Perché
le cose le vediamo così, perché le esperimentiamo così ma, sempre nel pensiero
dell'io.
Quindi
tutto quello che parla al pensiero del nostro io è solo concessione ma, è
concessione per sollecitare noi a quest'apertura verso Dio.
Per
risvegliarci, ecco se non avviene questa nostra apertura a Dio, questa nostra
dedizione a Dio, noi restiamo chiusi fuori, perché tutto quello che si concede
a noi, cioè Dio con noi, "Dio con" costituisce il mio avere.
Ora
nella parabola dei talenti, Dio non premia mica i talenti, non premia ciò che
il padrone ha dato ai servi.
Il
che vuol dire che non sono i talenti che ci fanno entrare nella vita eterna (a
uno a dato 5, all'altro 10, all'altro 1).
Sarebbe
una ingiustizia se premiasse i talenti.
Dio
non premia i talenti, Dio premia l'interesse.
Ciò
che ognuno ha saputo trarre dai talenti: l'interesse.
Ecco
l'interesse e la dedizione cioè, quanto interesse per Dio tu hai saputo trarre?
Interesse
per Dio, cioè interesse per conoscere Dio.
Quanto
interesse per Dio tu hai saputo trarre da ciò che Dio ti faceva avere?
Dai
talenti, cioè da tutto quello che Dio ti faceva avere?
Il
mondo, la creazione, tutto quanto quello che arriva a te senza di te, è per
svegliare in te l'interesse per conoscere Dio, l'interesse per Dio, il premio è
poi Se Stesso, la conoscenza di Sé.
Dio
arriva premiando l'interesse, cioè ciò che noi avremmo saputo trarre di
interesse da quello che Lui ci faceva avere.
F.: Mi è difficile vedere questo momento in cui
Dio non ci parla più, se non ci affrettiamo a superare il nostro io.
Luigi: Se non ci svegliamo all'interesse per conoscere Dio,
perché tutti i talenti allora noi li seppelliamo nella nostra terra,
seppelliamo tutte le cose che Dio ci manda, non ci apriamo all'interesse per
Dio.
Infatti
chi non si apre all'interesse: "Servo infingardo"....eccetera...
Noi
saremo giudicati da Dio: "Sapevi che Io traggo interesse da tutte le cose
e perché tu non hai tratto interesse dai talenti che Io ti ho dato?".
Per
cui noi veniamo a morire nel pensiero del nostro io e Dio non parla più, perché
come le cose noi le rivestiamo del pensiero del nostro io, cioè le seppelliamo
sotto la nostra terra, cioè seppelliamo sotto la pietra la Parola di Dio che
arriva a noi, sotto i nostri argomenti, sotto le nostre ragioni....
F.:Non so come immaginarmi
questo momento...quando tutte le cose non mi dicono più niente....
Luigi:
Non mi dicono più niente di Dio.
Quando
tutta la creazione mi ha detto:"Cerca Dio", la creazione ha esaurito
la sua funzione.
Ritorniamo
ai segnali stradali, mi spiego?
Lei
vuole andare a Torino, quando lei ha visto la segnalazione: "Questa strada
ti conduce a Torino", lei è inutile che giri attorno alla segnalazione, la
segnalazione le dirà sempre: "Questa strada conduce a Torino".
Ora
quando la segnalazione le ha detto: "Questa strada conduce a Torino",
lei deve camminare, deve andare avanti, deve andare a Torino, non si mette mica
a guardare sempre la segnalazione.
Noi
invece facciamo l'errore qui, tutta la creazione, tutti i fatti, tutto quello
che avviene nella nostra vita, quindi Dio che parla nel mio mondo si conclude
dicendo: "Questa strada ti conduce a.....ti annuncia Dio", ma detto
questo, ha detto tutto e se ha detto tutto si è esaurita.
Quando
una persona mi ha detto tutto quello che voleva dirmi, non ha più niente da
dirmi.
La
creazione, Dio nel mondo mi annuncia, mi dice: "Tutto questo mondo ti
annuncia che Io ci sono, Io sono il Creatore, sono Io che parlo in tutto".
Quando
mi ha detto questo mi ha detto tutto, è inutile che io continui a girare a
consultare il paletto, il paletto ti dirà sempre:"Questa strada ti conduce
a Torino".
Ora
noi facciamo questo errore qui, noi continuiamo a interrogare le creature.
Le
creature non possono dirci altro che questo: "Noi non siamo Dio, ti
annunciamo Dio ma, non siamo Dio, sopratutto non possiamo farti conoscere
Dio".
Perché
Dio solo è Colui che si fa conoscere da Sé, perché Dio si conosce soltanto nel
suo Pensiero.
Allora
noi (creazione) ti diciamo: "Alza gli occhi a Dio", "Va a
Torino", e basta, ha detto tutto.
Qui
è finita, a questo punto Dio non mi parla più, nel ripetuto Dio non mi parla
più.
Dio
è novità.
Ora
quando io consulto 50 volte la stessa voce a un certo momento ha esaurito il
suo compito, è finito.
Ora
invece Dio è infinito, qui adesso io mi separo, qui resto separato, non
concludo più.
F.:Quindi devo arrivare a questo rapporto a tu
per tu con Dio senza più nulla in mezzo?
Luigi: Senza più nient'altro.
"Entra
nel silenzio della tua stanza e qui rivolgiti al Padre tuo che è presente nel
segreto di questo intimo".
Lui
solo può dirti...la Parola è unigenita.
Lui
solo può dirti la Parola che Lui genera, Lui solo, nessun altro.
Cristo
stesso dice: "È necessario che Io me ne vada altrimenti lo Spirito non può
venire".
Vede
quanto noi trascuriamo le Parole di Dio, Lui che è Figlio di Dio dice: "È
necessario che Io me ne vada", e ci consegna al Padre.
"Fintanto
che Io ero nel mondo li custodivo Io, adesso li affido a Te".
Quindi
vede che è Lui il vero Maestro, non si mette in mezzo, ci affida al Padre
affinché noi abbiamo a ricevere dal Padre quello che solo il Padre genera.
Lì
abbiamo la vera conoscenza nel Principio, in caso diverso no, noi viviamo di
sentito dire.
Il
sentito dire non è conoscenza.
Il
sentito dire è avere non è essere.
L'essere
procede dall'essere.
L'avere
arriva a noi senza di noi.
Quindi
noi non possiamo partecipare dell'Essere se non discendendo da Dio cioè se non
iniziando da Dio.
Siccome
Dio non si confonde con nessuna creatura si richiede il superamento di tutta la
creazione.
C'è
un io nuovo che deve nascere da Dio.
S.:Se si attribuisce al caso non si entra neppure
nella dimensione di persona.
Luigi:
Escludo una cosa che non posso ignorare, escludo Dio che ha in Sé la ragione di
tutte le cose, mi fermo alle creature che fanno e non conosco la causa.
S.:Nella fede invece io accolgo le cose da Dio
Creatore, se però non cerco il Pensiero di Dio in queste cose, cioè cosa Dio mi
dice di Sé in questo momento che la cosa non mi dice più niente...io la accolgo
da Dio però me ne approprio, diventa mia...
Luigi:
Però non è sufficiente che io cerchi il Pensiero di Dio. Il Verbo di Dio che
parla attraverso il mondo, parla attraverso (una preposizione nuova),
l'attraverso, Dio che parla per, per mezzo di, ecco abbiamo il Verbo di Dio che
è nel mondo.
Ora
questo Verbo di Dio che è nel mondo, mi annuncia, mi ricollega le cose con il
Principio ma me le collega per condurmi al Principio, per cui io debbo superare
tutto.
S.:Se mi raccolgo nel Pensiero di Dio non lo supero?
Luigi:
Debbo raccogliermi nel Pensiero di Dio per ricevere da Dio quello che le creature,
quello che il Figlio stesso attraverso il mondo non mi dice.
Me
lo annuncia ma non me lo fa conoscere.
Perché
la conoscenza è riservata al Padre.
"Qualunque
cosa di cui abbiate bisogno: sapienza, luce chiedetela al Padre il quale la dà,
senza rimproverare nulla".
Al
Padre.
Al
Padre perché la luce viene dal Padre.
Anche
la luce sul Figlio.
"Nessuno
conosce il Figlio se non il Padre".
Se
noi ci fermiamo al Figlio senza arrivare al Padre noi ci fermiamo al sentito
dire quindi non abbiamo il Principio luce, siamo bloccati.
"Nessuno
può venire al Padre se non per mezzo di Me" e il Figlio è il Pensiero di
Dio.
Evidentemente
noi non possiamo pensare Dio senza il Pensiero di Dio.
S.: Però in questo caso il Figlio nel senso di
Spirito, non è più il Figlio come segno.
Luigi: Si capisce, si capisce, non parla più nel mio mondo.
Esiste
il Pensiero di Dio in Sé e per Sé, quello che Gesù dice: "Padre glorifica
tuo Figlio di quella Gloria che ebbe prima che il mondo fosse".
Cosa
è questo prima che il mondo fosse?
Trascende
tutto il mondo, quindi chiede al Padre (il Padre mica per Sé, per noi), che ci
faccia conoscere il Figlio indipendentemente da tutta la creazione, da tutto il
mondo.
Qui
non abbiamo più il Figlio che parla nel mondo evidentemente, perché è il Figlio
stesso che invoca dal Padre questa rivelazione del rapporto tra Padre e Figlio.
Qui
il mondo non centra per niente, perché Dio esiste indipendentemente dal mondo.
Dio
non esiste perché c'è il mondo.
Fintanto
che noi conosciamo Dio perché c'è il mondo o perché ci sono io, perché ci siamo
noi creature, fintanto che noi lo conosciamo così, noi conosciamo Dio per fede,
non è vera conoscenza questa, noi facciamo dipendere l'esistenza di Dio dal
mondo: "Qualcuno l'ha fatto quindi"....
No,
la vera conoscenza è conoscenza di quello che Dio è in Sé, si ha in quanto si
trascende tutto il mondo.
Nell'Apocalisse
abbiamo la grande rivelazione, c'è la mezz'ora di silenzio in tutto l'universo,
tutta la creazione che non mi dice più niente, tace, perché evidentemente c'è
un'altro che deve parlare: il Creatore.
Per
cui le creature non parlano più e questo avviene nella vita di ognuno di noi,
personalmente per ognuno di noi, non sono fatti cosmici, è un fatto personale
per ognuno di noi.
La
conoscenza è un fatto personale, si entra nella vita eterna personalmente.
Fintanto
che Dio mi parla dei segni, i segni sono relativi a me.
Ma
se non sono passato a Dio, quindi superato il pensiero del mio io, quando mi parla
non più con i segni, io perdo il collegamento, diventa astratto, è un
linguaggio che non capisco più, non lo sopporto più, perché non ho più un punto
fisso di riferimento, mi manca.
Cioè
se Lui mi parla delle pietre, della montagna, dell'acqua, della samaritana, in
parabole io lo capisco.
Perché
ho un punto di riferimento e il punto di riferimento è la mia terra, è quello
che io esperimento, quello che vedo, quello che tocco.
Un
bambino che gioca a birilli mi capisce se io gli parlo di birilli, se parlo di
una cosa che lui non ha presente, in cui non ha un punto di riferimento
non capisce più nulla, sente delle parole.
Le
parole, si capisce che le sente ma, non le può capire...il capire richiede un
punto di riferimento personale, una presenza, se io non ho presente quello
che mi si dice, dentro di me, non capisco la parola.
È
l'interno che mi illumina la parola, non è la parola che mi illumina l'interno.
S.:Questo tipo di comunicazione non passa più
attraverso la parola...è un linguaggio ma non passa attraverso la parola....
Luigi: No, fintanto che parla di parole sono segni, sono segni
sì.
Arriva
il momento in cui Dio, attraverso i segni ci conduce a trovare la
Presenza di Colui che è presente.
Una
volta trovata la presenza, Dio non parla più con parole, con parole umane.
La
sua parola è Presenza di-, non è parola, non è segno perché il segno ha sempre
bisogno di una presenza che me lo illumini.
Dio
non ha bisogno di qualcosa che lo illumini.
Noi
dobbiamo arrivare lì.
Arrivare
a quell'esistente che non ha bisogno di altro per essere illuminato.
Tutte
le parole che arrivano a noi, hanno bisogno di qualcosa altro che le illumini.
Se
io dico casa, ho bisogno della realtà casa che mi illumini il segno, la parola
casa.
Se
ho presente la realtà casa in me, quello mi fa capire la parola casa,
altrimenti non capisco.
Arrivo
a un momento in cui non c'è più nessun segno che mi illumini la realtà di Dio.
Dio
se avesse bisogno di qualcos'altro che lo illuminasse non sarebbe più Dio.
Dio
è luce su Se stesso.
La
verità non ha bisogno di altro.
Gesù
stesso, cioè la verità che parla tra noi dice: "Non ricevo testimonianza
dagli uomini".
Non
dobbiamo fare appello ad altro, fintanto che noi facciamo appello per credere a
una verità, ad altro, ad altri, evidentemente noi non possiamo attingere alla
verità.
La
Verità ha in Se stessa la dimostrazione di Sé.
Y.: Non siamo noi che facciamo è Dio che ci porta
nel luogo giusto .....
Luigi: L'uomo fa niente
Y.: Quindi l'essenziale è affidarsi al suo Pensiero,
a Dio stesso perché è Lui che ci porta....
Luigi: Però è anche Lui che dice: "Affrettati perché ancora
per poco la luce è con te...affinché non ti sorprendano le tenebre", c'è
sempre questo rischio
Y.: Già nel cammino uno sente l'esigenza del silenzio
di tutta la creazione....
A.:Quando di fronte a un fatto della creazione io mi
chiedo Dio cosa mi vuoi dire...cosa avviene?
Luigi: Avviene che Lui mi dice: "Non temere sono Io",
ma Lui è il Creatore che fa le cose e significa Se stesso come Principio, come
causa di tutto, ma non mi fa conoscere Se Stesso se non in Se Stesso.
Quindi
mi invita attraverso il segno ad alzare gli occhi a Lui: "Sono Io che ti
ho mandato questo segno questa parola, adesso alza gli occhi a me
affinché Io ti dica il mio pensiero".
Lui
non si fa conoscere se noi non alziamo gli occhi a Lui
Y.:Se siamo nel nostro pensiero abbiamo il nostro
modo di vedere le cose, il nostro modo di ragionare, se invece iniziamo a
interessarci di Lui, iniziamo a vedere le cose dal suo punto di vista, certo
certe cose non si capiscono....
Luigi:
Si, praticamente siamo invitati a vedere le cose dal punto di vista di Dio.
Soltanto
guardando le cose dal punto di vista di Dio, posso capire quello che piace a
Dio, altrimenti io, anche se cerco Dio lo cerco per quello che piace a me.
Non
basta dire che Dio è il Creatore di tutte le cose.
Devo
chiedermi perché Dio mi fa arrivare tutte queste cose, perché fa questi
avvenimenti, perché magari manda questa disgrazia, perché manda questa pena,
questo dolore, queste contraddizioni?
Le
cose mi mettono un punto interrogativo.
La
risposta a questo punto interrogativo è in Dio.
Le
creature non possono far altro che ripetere sempre le stesse cose:" Non ci
siamo fatte da sole, non ci hai fatto tu, ci ha fatto un'Altro, cerca
l'Altro".
Y.: Affrettati vuol dire cercare e allora uno deve
cercare tutta la vita? Cercare, cercare vuol dire non fermarsi mai...
Luigi: Si, non fermarsi mai, ci si avvicina a Dio non conoscendo
più che conoscendo e man mano che cerchiamo cresce in noi la conoscenza ma è
una ricerca infinita.
Y.: Non sarebbe meglio prima purificarsi del male che
portiamo...
Luigi: No, è un errore dire "Prima mi purifico".
Tu
non arriverai mai a purificarti.
È
Dio che ti purifica.
Lui
è il medico che ti cura.
Non
puoi dire prima guarisco e poi vado dal medico, sarebbe ridicolo.
E
noi diciamo lo stesso nei riguardi di Dio: "Prima mi faccio puro e poi
vado da Dio".
No,
è Dio la purezza, ma noi più guardiamo noi stessi più noi ci inquiniamo.
Y.: Ma cercare vuol dire non trovare subito, non
trovare mai insomma...
Luigi: Arriva un certo momento nella tua ricerca in cui Dio dice
una parola meravigliosa e stupenda.
"Tu
non mi cercheresti se non Mi avessi già trovato".
Quella
fa una luce enorme quando la capiamo.
"Tu
non Mi negheresti se non Mi avessi già in te".
Se
l'uomo nega Dio è perché lo ha già presente in Sé.
Se
no non potrebbe negarlo.
La
volontà non può volere una cosa che non abbia presente.
Quando
noi diciamo: "Dio non esiste" è perché abbiamo presente Dio.
È
per mezzo di Dio che noi neghiamo Dio.
Quel
tale (Luis Buñuel regista spagnolo autore tra l'altro de "La via
lattea") diceva :"Sono ateo grazie a Dio".
È
realtà!
È
grazie a Dio che noi possiamo dire che Dio non esiste.
Perché
la nostra volontà non può volere una cosa che non abbia visto.
Non
possiamo volere una cosa che non vediamo.
Quindi
è un fatto di volontà il dire che Dio non esiste.
Quindi
io dico una cosa che ho presente, so l'ho presente la confermo.
Dio
trae frutto da ogni campo, sia dove ha seminato, sia dove non ha seminato.
Perché
anche la negazione di Dio diventa una glorificazione di Dio.
Per
cui Dio assorbe anche il negativo.
Per
cui tutte le parole contrarie a Dio vengono assorbite nel cielo di Dio, quindi
capovolte in glorificazione di Dio.
F.: Questo passaggio che dobbiamo fare....è da
fare quando tutta la creazione non ci dice più nulla perché in tutta la
creazione vediamo solo più noi....
Luigi: Si, o noi cerchiamo Dio o altrimenti non facciamo altro
che specchiare noi stessi in tutte le cose intorno a noi e quindi non facciamo
altro che vedere il pensiero del nostro io.
Tutto
si spegne.
L'universo
muore nel fuoco ma sotto il fuoco rimane la cenere.
Non
ti dice più niente.
Per
cui la vita non ti dice più niente e quando la vita non ti dice più niente non
ha più significato.
Allora
qui la vita diventa insopportabile, si è spenta e quanti uomini esperimentano
che tutto è spento: "Non mi dice più niente", puoi andare in America
o alle Canarie o in Brasile ma non ti dice più niente.
Come
mai non ti dice più niente?
Perché
non ti dice più niente?
Arriva
un momento in cui l'uomo dice questo:"Non c'è più niente che mi
interessi", come mai?
Perché
questo?
..........Intanto
se si parte cercando è già aiuto di Dio grazia di Dio.
Cercare
vuol dire essere attratti e nello stesso tempo però se cerchi, è perché non hai
ancora trovato.
Allora
tu sei attratta da una cosa che non conosci.
Evidentemente
è opera dell'altro.
Ora
in quanto tu cerchi è già la grazia di Dio che ti ha raggiunto, ti ha messo in
movimento.
Ora
se Dio ha cominciato a metterti in movimento, quindi ha cominciato un opera e
Lui la vuol portare a compimento e Lui sa come si porta a compimento, noi non
lo sappiamo ma Lui lo sa.
Quindi
certamente Lui non ci prende in giro, se mette in movimento noi e ci attrae
vuol dire che vuol portare a compimento.
Gesù
stesso dice:"Io son venuto a portare a compimento tutto".
C'è
una incompiuta che sta sfociando verso un compimento.
Quindi
Dio opera questo, dobbiamo far conto su Dio, fidarci di Dio.
"Signore
tu hai incominciato l'opera e io faccio conto su di Te".
Hai
cominciato l'opera in quanto hai iniziato a sollecitare in me un desiderio, una
ricerca.
N.L'annuncio di Dio arriva a noi in tutte le cose,
se noi lo accettiamo risveglia un interesse e tutto il nostro cammino lo
possiamo fare solo attraverso il Pensiero di Dio.
Il Pensiero di Dio ci porta a conoscere che il
Pensiero di Dio in noi è qualcosa di diverso dal nostro pensiero, è una cosa
presente indipendentemente da noi.
Il Pensiero di Dio arriva a darci il significato
delle cose in Dio, sveglia in noi un interesse crescente perché vediamo la
finalità delle cose, a un certo punto vediamo però, che le cose hanno finito di
istruirci, è necessaria e indispensabile questa istruzione, abbiamo detto che è
la grammatica, a un certo punto però, la parola non ha più bisogno del mezzo
materiale, la parola ritorna quello che era fin dal Principio, il verbo,
l'eterno fuori del tempo e fuori dello spazio.
Il nostro rapporto con Dio è solo più nel
Pensiero di Dio sempre e ancora, questo però è un filo diretto, non è più una
parola mediata da segni, a quel punto li tu hai l'attesa della rivelazione di
Dio, hai l'attesa della rivelazione dello Spirito Santo che è poi quella
contemplazione diretta del Padre nel Padre e del Figlio nel Padre.
Il Figlio è il mezzo per arrivare ed è il mezzo
per ritornare a tutte le cose: è il Pontefice, andare e venire,
Lo Spirito è quello che a un certo punto
scopriamo che in noi c'è sempre stato e che però noi non eravamo in grado di
vedere ed è quello che a un certo punto ci rende giustizia di tutte le cose
nell'indipendenza da tutte le cose.
Luigi:
Certamente.
P.:Se uno interroga sempre la creazione e sente
sempre la stessa risposta prolunga il passaggio, prolungando ancora questo
passaggio può perdere la capacità di farlo? E come avviene questa perdita?
Luigi: Con la ripetizione, perché nella ripetizione vedo
il mio io:"L'ho ascoltato già ieri".
P.:E se invece lo ascolto in un modo più nuovo?
Luigi:
L'ascolto nuovo è grazia, è la novità, la Parola di Dio arriva come novità, ma
se sento la ripetizione....questa parola l'ho già sentita ieri, questa pagina
qui l'ho già letta ieri, non mi aggancia più, il pensiero del mio io è più
forte dell'attrazione di Dio
P.:Perché per esempio anche stasera il
linguaggio che abbiamo sentito è quello di sempre ma in un modo nuovo, che ci aggancia,
perché ci fa vedere in un modo sempre più approfondito l'urgenza del passaggio.
Luigi:
Deve vedere la novità non deve vedere quello che ha sentito prima, Dio è
vecchio e nuovo, deve vedere la novità.
P.Allora finchè mi fa giungere una novità ho la
possibilità di questo passaggio, perché non vedo il mio io.
Luigi:
Si, invece dove non c'è novità c'è il pensiero del mio io, è il mio io che fa
vecchie tutte le cose.
Vecchio
vuol dire l'ho già visto, l'ho già sentito e ripete sempre la stessa cosa, non
mi aggancia più.
N.:Affrettarsi a conoscere il Pensiero di Dio in
tutte le cose per essere pronti al cessare delle cose
Luigi:
Prima che le cose cessino, prima del tramonto delle cose, perché certamente il
tramonto avviene
G.:La stessa cosa.....
Luigi: Certamente....marito
e moglie!
F.:Bisogna partire sulla strada che ci indica la
freccia....bisogna andare
Luigi:
Si, si, non metterti li a verniciare sempre il paletto con l'indicazione.....
P.: Affrettarmi a cercare, però mi dà pace il sapere
che è Dio che mi nuove....
Luigi: Sì, e se è Dio che mi muove devo avere questa fiducia
grande.
X.: Iniziamo a conoscere Dio quando sappiamo che
tutto è creato da Lui.
Luigi:
Si che è tutto creato da Lui per invitare noi a cercare Lui in se stesso, da
Lui
X.: Io a volte chiedo la luce....ma a volte non so
bene cosa chiedere a Dio...e allora affido il mio spirito a Dio.
A.:Dio vuole essere essere conosciuto per quello
che Lui è.....e vuole condurci lì...
Luigi:
Tutto ha un significato, anche la notte l'assenza, il silenzio, l'attesa, anche
la morte di Dio che esperimentiamo ha un significato,è tutto grazia.
P.: Che è nel silenzio del tutto che c'è la
possibilità di conoscere il tutto.
Y.: C'è un momento in cui il Figlio ci parla
apertamente del Padre a seconda di quello che abbiamo interiorizzato del Padre.
Luigi:
Perché Dio Padre illumina ciò che di noi portiamo del Figlio, illumina solo
quello, quindi più noi abbiamo incamerato, mi passi la parola, Parole del
Figlio e più il Padre illuminerà queste Parole, se non portiamo niente del
Figlio resta notte.
S.:Tutto ci è dato per portarci nella conoscenza del
Padre, però questo può non avvenire per causa nostra.
Luigi: Sì, la creatura che arriva al compimento riconosce che è stata
tutta opera, dono, grazia di Dio.
G.:Affrettarci a interiorizzatre
quando ci parla in parabole per poter restare quando non ci parlerà più in
parabole.
Luigi: Si perché altrimenti non saremo in grado di restare:
"Ho tante cose da dirvi ma non le potete sopportare"
W.: Dio comunica il suo essere alla creatura senza
intermediari, S. Paolo dice che siamo condotti di luce in luce.
Z.: Non basta accettare tutto da Dio, dobbiamo
interrogare.
Luigi:
Si, interrogare è lì che si rivela l'interesse, Dio premia l'interesse, noi nei
nostri affari non ci accontentiamo di contemplare le cose.....
P.:La capacità di fare questo passaggio ci viene
dalla capacità di interiorizzare le parabole....
Luigi:
Il Vangelo di San Giovanni ha pochissimo di parabole ma tutto il parlare di San
Giovanni è tutto un parlare in parabole, tutto l'universo è una parabola, gli
avvenimenti sono parabole.
Ieri
sera nel Festival di S.Remo quando muore Claudio Villa nella conclusione, è una
parabola di Dio evidentemente.
Quindi
riconosci che tutto è parabola di Dio, cerca di capire il significato.
Ogni
segno che arriva a noi è per farci fare un passaggio, una Pasqua.
- Fine -
Fintanto
che sono nel mondo sono la luce del mondo Gv 9 Vs 5 Primo tema.
Titolo: Si passa dall'avere
all'essere attraverso la conoscenza.Riassunto Lunedì.
Argomenti: Il caso – La
motivazione – Il silenzio – Morire prima di morire – Dio opera convincendo – Le
nozze di Cana – Il tempo di Dio – Il peso del mondo – Restare con Dio –
Possesso dell’anima – Le tenebre esteriori – Pensare Dio -
8/ Febbraio/1987
-
Interventi di Luigi nel riassunto -
Luigi:
Dio non ha altra ragione di Sé fuori di Sé.
Per cui Dio
non ha bisogno di altre ragioni per essere giustificato.
Dio ha in
Sé stesso la ragione di Sé.
Luigi:
Noi dovremmo collegare sempre tutti i fatti e tutti gli avvenimenti con Dio che
è il Principio di tutte le cose.
Invece noi
“naturalmente” ci fermiamo a quello che appare ai nostri occhi, per cui
cominciamo ad attribuire i fatti al gatto, al cane, all’uomo, alla natura, al
caso e non colleghiamo più le cose con il loro vero principio Dio e quindi non
cerchiamo più il significato delle cose.
Separo la
creatura dal Creatore, subisco le cose, perché le cose mi appaiono così, mi
fermo all’apparenza e quindi attribuisco l’iniziativa a ciò che vedo, non vado
a cercare il pensiero di Dio, il significato presso Dio.
Mi fermo
alle cose e allora qui mi disperdo nella molteplicità.
Luigi:
Cristo è nel mondo, in quanto parla a noi attraverso le cose del mondo che noi
abbiamo presenti.
Se voglio
parlare con un bambino che gioca a birille, io scendo a parlare delle birille, allora
cerco di comunicare con questo bambino attraverso le birille.
Siccome
noi abbiamo presente solo il mondo, Cristo viene a parlare a noi attraverso il
mondo.
Ma
parlandoci attraverso il mondo, ci ricollega con il Principio.
Ma
arriverà un momento in cui non ci parlerà più attraverso le cose del mondo ma
ci parlerà di Sé apertamente.
A quel
punto lì, se noi non abbiamo fatto il passaggio a Dio, noi non capiamo più.
Noi
attualmente capiamo le cose del mondo ma non capiamo le cose di Dio.
Per noi le
cose di Dio sono astratte.
Luigi:
Noi capiamo in quanto abbiamo sempre qualche punto di riferimento.
Se io ho
presente un albero, posso capire certe cose ma in quanto faccio riferimento
all’albero, se qualcuno mi parla di qualcosa senza riferirlo all’albero non
capisco, allora se qualcuno vuole comunicare con me, deve parlare un linguaggio
sempre riferito all’albero.
Quando Dio
mi parla di Sé e io non ho presente Dio, non capisco più il suo linguaggio, se
ho presente il Pensiero di Dio, allora lo capisco perché posso riferirlo a
questa presenza.
Ma se io
ho presente solo il mondo e Dio mi parla di Sé, c’è un salto e allora non
capisco, sono cose astratte perché non posso fare il collegamento con qualcosa
che ho presente.
Fintanto che sono nel mondo sono la luce del mondo. Gv 9 Vs 5 Secondo tema.
Titolo: Il
rischio e il significato delle tenebre.
Argomenti:
I due parlare di Dio. Parlava loro la Parola. La capacità
di intendere è data da ciò che l'uomo ha presente. Le tenebre sono incapacità di capire Dio. Le cose del cielo. La perdita della realtà oggettiva del
Pensiero di Dio in noi. Quando la parola è
efficace.
15/Febbraio/ 1987 Casa di Preghiera Fossano
-
Esposizione di Luigi -
Stiamo
ancora nel versetto cinque.
Qui Gesù dice: "Fintanto che Io sono nel mondo, sono la luce del
mondo".
Già ci siamo soffermati su questa dichiarazione di Gesù, soprattutto su questo
rapporto che passa tra il suo essere nel mondo ed essere la luce del mondo.
Abbiamo visto che quel "mentre", oppure quel "fintanto" che
appartengono a una categoria del tempo rappresentano una situazione che muta.
Gesù
dicendo: "Fintanto che Io sono nel mondo", già ci annuncia che arriva
certamente un momento, un tempo, ed è un tempo della vita di ognuno di noi, in cui
Lui non sarà più nel mondo.
E
allora dobbiamo chiederci che cosa significhi questo suo essere nel mondo, e
come è e quando, Lui non viene più a trovarsi nel mondo.
Già
abbiamo accennato al fatto che Dio, essendo trascendente
tutto, non appartiene né al tempo né allo spazio. Quindi non è Lui che si
muova da luogo a un altro, né da un tempo all'altro.
Quindi
questo suo essere temporaneo, nel mondo, evidentemente si riferisce alla
creatura, non a Lui.
Il
che vuol dire che la creatura passa attraverso due esperienze, che sono poi i
due parlare di Dio con gli uomini o meglio, i due momenti del parlare di Dio:
l'esperienza del Dio presente con l'uomo, nel mondo e l'esperienza del Dio
assente dall'uomo, nel mondo.
Ora,
ci siamo chiesti quando è che Cristo, Figlio di Dio, è nel mondo?
Lui
è nel mondo in quanto parla agli uomini attraverso le cose del mondo.
Non
in quanto parla del mondo, ma in quanto parla di Dio attraverso le cose del
mondo perché, essendo Figlio di Dio, Lui parla sempre di Dio, Lui parla sempre
del Padre.
Lui
non fa niente, e quindi nemmeno dice niente se non lo vede nel Padre.
Quindi
tutto il suo parlare, anche quando Lui è nel mondo, ed è nel mondo in quanto
parla le cose del mondo, è sempre un parlare del Padre: parla le cose del mondo
ma le parla sempre riferite a Dio.
Quindi
è per questo che dico che parla attraverso le cose del mondo e abbiamo il
parlare in parabole.
È
in parabole, in parabole in quanto è un e parlare che è intelleggibile,
accessibile agli uomini che sono nel mondo.
Proprio
in questi giorni si letto quel passo del Vangelo di San Marco in cui è detto che: "Gesù parlava loro la Parola a seconda della
loro capacità di intendere".
Questa
espressione: "Parlare la Parola" è una caratteristica del Vangelo di
San Marco, gli altri Vangeli non dicono così.
Cosa
vuol dire "parlare loro la Parola"?
La
Parola è la Parola di Dio, quindi è il Pensiero di Dio, poiché il Verbo (che
vuole dire Parola) è il Pensiero di Dio.
Quindi
parlava loro il Pensiero di Dio secondo la capacità che avevano di intendere.
Ora
dobbiamo chiederci, questo: "Secondo la capacità che avevano di
intendere", che cosa significa?
Da
che cosa è formata questa capacità?
Ecco
Gesù dice: "Fintanto che Io sono nel mondo sono la luce del mondo".
Perché?
Perché
ci parla di Dio attraverso le cose del mondo (parabole) che sono a noi
accessibili, comprensibili: secondo la capacità che abbiamo di intendere.
Però
Gesù dice anche: "Ancora per poco la luce e con voi: camminate mentre
avete la luce per non essere sorpresi dalle tenebre". C'è questo rischio
per l'uomo che è nel mondo: essere sorpreso dalle tenebre.
Che
cosa significhino queste tenebre è l'argomento di questa sera: le tenebre e il
loro significato.
Ora,
ci siamo chiesti che cosa è questa capacità di cui parla il Vangelo di San
Marco?
"Parlava
loro la Parola secondo la capacità che avevano di intendere".
Da
che cosa è data la capacità di credere, la capacità di ascoltare, la capacità
di intendere?
La
capacità di intendere è data da ciò che l'uomo ha presente.
Quando
si dicono cose che l'uomo non ha presente o che non può avere presente, qui
l'uomo non ha la capacità di intendere ciò che gli si dice.
Dio
dà all'uomo i segni di Sé, ed è tutta la creazione, la nostra vita, la nostra stessa
esistenza, i fatti della nostra vita: sono tutte cose che Dio dà all'uomo, in
quanto le dà all'uomo, l'uomo le ha quindi presenti.
L'uomo
invece non ha presente Dio, perché per avere presente Dio, per fare esperienza
di Presenza di Dio, l'uomo deve superare se stesso, poiché Dio è trascendente.
Ciò
che è trascendente l'uomo non l'ha presente.
L'uomo
ha presente ciò che non è trascendente, ciò che è relativo a lui.
Allora
noi qui possiamo capire il significato di tutta questa opera che Dio fa, attraverso
cui Lui presenta, rende presenti all'uomo i segni di Sé.
Se
l'uomo ha la possibilità di intendere in relazione a ciò che ha presente, ecco
che Dio, ed è tutta concessione di Dio, Dio dà all'uomo tutti quei segni di Sé
che ha creato e poi viene a parlare all'uomo in tutti questi suoi segni, perché
l'uomo ha la possibilità di intendere attraverso questi segni che ha presente.
Ma
abbiamo anche detto che tutto ciò che l'uomo riceve senza di lui non è
Verità.
La
Verità è possibile conoscerla soltanto attraverso la dedizione di sé a Dio.
Fintanto
che Dio si concede all'uomo, Lui si annuncia all'uomo, ma non si fa conoscere
all'uomo.
Si
fa conoscere solo quando l'uomo si concede a Lui.
Quindi
abbiamo questi due grandi tempi: Dio che si conceda l'uomo e l'uomo che si
concede a Dio.
Alla
Verità si accede non attraverso il Dio che si concede agli uomini, ma soltanto
attraverso gli uomini che si concedono a Dio. Fintanto che Dio si concede
all'uomo, abbiamo sempre un parlare in parabole: è Dio che significa Se stesso,
parla di Sé, ma attraverso quello che l'uomo ha presente.
Quello
che l'uomo ha presente non è Dio, sono le realtà materiali, le creature.
Fintanto
che Dio si dona, fa concessione di Sé, dà i segni di Sé, l'uomo riceve doni: li
ha, li possiede.
Ecco
nella parabola dei talenti, cui già abbiamo accennato, questa concessione di
Dio è rappresentata da tutti quei doni che Dio fa attraverso i talenti che
affida all'uomo, da tutto ciò che Dio dà all'uomo.
E
quindi abbiamo qui l'uomo che ha, cioè abbiamo il problema dell'avere.
Tutto
ciò che l'uomo ha o tutto ciò che l'uomo può possedere, certamente non
costituisce la Verità, non dà all'uomo la conoscenza della Verità.
L'uomo
non conosce la Verità possedendo le cose.
Una
cosa è il possesso e altra cosa è la conoscenza.
L'uomo
accede alla Verità solo attraverso la conoscenza, ma alla conoscenza non giunge
se non attraverso la dedizione di sé a Dio, quindi attraverso il superamento di
sé, per guardare a Dio.
Attraverso
il superamento di sé, l'uomo passa dal problema dell'avere al problema
dell'essere, e qui entra nella vita eterna perché abbiamo detto, l'uomo
concedendosi qui a Dio, dedicandosi a Dio stabilisce con Dio un rapporto vero,
giusto.
Ora
ciò che vero appartiene all'eternità.
La
Verità è trascendente, ed essendo trascendente é fuori di ogni dimensione del
tempo e di spazio.
La
Verità non è soggetta né al tempo né allo spazio, quindi la Verità è eterna,
indipendente perciò da spazio e tempo, per cui l'uomo, stabilendo un rapporto
di giustizia, e quindi un rapporto vero con Dio, incomincia ad entrare nella
vita eterna, nella Verità.
Questo
rapporto vero con Dio si stabilisce, non in quanto Dio si concede all'uomo,
infatti questo è un rapporto non vero, perché quando Dio si sottomette all'uomo
non è un rapporto di giustizia, ma si stabilisce quando invece è l'uomo che si
sottomette a Dio: qui abbiamo un rapporto di giustizia, un rapporto di Verità
quindi, in questo rapporto qui, essendo rapporto di Verità, noi abbiamo un
principio di vita eterna, principio di eternità, di Verità.
Qui
possiamo capire quale è la funzione del Dio con noi, del suo parlare a noi
attraverso le cose del mondo e in che cosa consiste questo invito a camminare
fintanto che il Figlio di Dio è con noi, cioè fintanto che Dio parla a noi
attraverso le cose del mondo. Possiamo cioè capire quale è la funzione e quale
è il significato di questo:"Camminate fintanto che avete la luce",
perché c'è il rischio delle tenebre.
Dio
parla attraverso le cose del mondo per formare di noi questa dedizione a Lui:
infatti fintanto che Lui è con noi, possiamo dedicarci a Lui, perché Lui ci
parla secondo la nostra capacità di intendere.
È
questa la funzione del suo concedersi, del suo parlare attraverso le cose del
mondo.
Ma
se quando Lui parla noi attraverso le cose del mondo, noi non crediamo Lui, non
ci dedichiamo a Lui, cioè non capiamo la funzione di questo suo parlare che è
una concessione che Lui fa a noi, noi precipitiamo nelle tenebre.
Per
questo Gesù ci dice così: "Camminate, camminate fin tanto che la luce è
con voi", fintanto cioè che Lui ci parla attraverso le cose del mondo.
Quando
Lui parla noi attraverso le cose del mondo ci fa una proposta: ci propone Dio.
Il
suo parlare è sempre una proposta ed è una proposta di Dio quindi, attraverso
le cose che noi abbiamo presente e che quindi noi possiamo
intendere, Lui ci propone di occuparci di Dio, perché il Figlio di Dio parla a
noi di Dio, anche attraverso le cose del mondo, tant'è vero che Lui dice:
"Io sono nel mondo ma non sono del mondo".
Se
fosse del mondo, Lui parlerebbe a noi delle cose del mondo ma, non parlerebbe a
noi di Dio attraverso le cose del mondo.
Lui
darebbe ragione agli argomenti del mondo, alle questioni del mondo.
Lui
parla a noi attraverso le cose del mondo ma, parla sempre di Dio e del suo
Regno.
Parlare
vuol sempre dire presentare, quindi quando Lui parla, ci convoca alla Presenza
di Dio e del suo Regno.
Quindi
ce lo rende presente quando Lui parla.
Però
ci invita a camminare; la funzione del Cristo che è nel mondo e che parla noi
delle cose del mondo, è proprio quella di darci la possibilità di camminare.
Camminare
abbiamo visto vuol dire dedicarci.
Quindi
mentre Lui parla e presenta a noi Dio e il suo modo di regnare nelle cose
del mondo, invita noi a dedicarci a Dio, a ciò che Egli ci presenta.
E
fintanto che Lui parlando a noi ci presenta Dio e il suo Regno, ci dà la
possibilità di dedicarci a Lui.
Quindi
camminare vuol dire dedicarci, se invece noi non ci dedichiamo a Dio, Gesù dice
che corriamo rischio di essere sorpresi dalle tenebre.
In
che cosa consistono queste tenebre?
Le
tenebre consistono nella incapacità di capire, non capiamo più.
Ho
detto che la capacità di capire è data da ciò che noi abbiamo presente.
Ma
noi non abbiamo presente Dio, noi abbiamo presente il mondo.
Il
mondo è relativo noi, per cui quello, l'abbiamo presente.
Quando
il Figlio di Dio viene a parlare a noi attraverso le cose del mondo, proprio
attraverso ciò che noi abbiamo presente ci conduce ad avere presente quello che
Lui ha presente cioè il Padre.
Ma
proprio in quanto ci presenta questo, dà a noi la possibilità di dedicarci, a
questo punto se noi non ci dedichiamo, noi perdiamo questa Presenza, noi
infatti non possiamo essere presenti se non a ciò cui ci dedichiamo: noi
perdiamo la Presenza di Dio e perdendo la Presenza di Dio, perché abbiamo
presente altro, qui siamo fatti incapaci di credere, di ascoltare, di intendere
le Parole di Dio.
Non
siamo più capaci di intendere.
Cosa
succede a questo punto?
Qui
c'è una frattura fra la realtà cui ci troviamo e le Parole di Dio.
Qui
abbiamo il distacco, lo scollamento.
Infatti
arriva un momento in cui il Cristo non è più nel mondo.
Perché
se abbiamo detto che questo suo essere nel mondo è concessione e che in questa
concessione Dio parla a noi attraverso le cose del mondo, e parla per formare
in noi la dedizione a Lui, vuol dire che arriva un momento in cui Lui non ci
parla più attraverso le cose del mondo ma, parla a noi solo di Dio.
Se
noi non abbiamo fatto il passaggio, quando Lui ci ha dato la possibilità di
fare il passaggio da ciò che noi avevamo presente a ciò che Lui ha presente,
noi perdiamo la possibilità (poiché perdiamo la Presenza), di intendere il
parlare di Dio da Dio e delle cose di Dio, quando cioè non ci parlerà più delle
cose della terra, ma ci parlerà delle cose di Dio.
E
ci parlerà delle cose di Dio non più secondo il mondo o attraverso le cose del
mondo, ma parlerà di quello che Dio è in Sé.
Quindi
abbiamo questi due grandi parlare di Dio, ai quali accenna Gesù quando parlando
con Nicodemo gli dice: "Se vi ho parlato delle cose della terra e voi non
credete, come potrete credere quando vi parlerò di cose del cielo?".
Qui
ci rivela che abbiamo questi due grandi momenti nel parlare di Dio.
Lui
viene a noi parlando a noi di cose della terra, ma se noi non crediamo
quando Lui parla a noi delle cose della terra, non potremmo credere a Lui
quando ci parlerà delle cose del cielo; Gesù qui lo esclude, noi non avremo la
possibilità di credere quando Lui ci parlerà delle cose del cielo.
Ora
quali sono queste cose del cielo?
Le
cose del cielo sono le cose che discendono da Dio, poiché il cielo è costituito
da ciò che discende da Dio.
Il
cielo di Dio, la città di Dio, discende dall'alto, discende da Dio, e se noi
non ci siamo dedicati a Dio, quando Cristo è venuto a parlare a noi attraverso
le cose del mondo, se non abbiamo creduto quando parlava noi della terra, noi
ci troveremo in un parlare che per noi sarà astratto, che non avrà più un punto
di presenza per noi: la realtà per noi sarà un'altra: sarà quella in nome della
quale noi abbiamo rinunciato a dedicarci a Dio.
E
proprio per questo nostro
rifiuto di dedicarci alle cose di Dio, quando ne abbiamo avuto la possibilità e
questa possibilità ci è dato soltanto quando Dio viene a parlare a noi
attraverso le cose del mondo, attraverso cioè quello che noi abbiamo presente,
noi avremmo perso la Presenza, quel dato oggettivo, quella Realtà oggettiva del
Pensiero di Dio in noi.
Perdendo
questa Presenza, perdiamo una Realtà, per cui non abbiamo più la capacità di
intendere: sentiamo le Parole di Dio, le Parole di Dio che ci parlano di Dio,
cioè il suo parlare del cielo, questo noi lo sentiamo, però per noi sono solo
parole: parole che non possono muoverci e non ci muovono più.
Perché
affinché la Parola ci muova, dev'essere una Parola che colleghi la realtà in
cui ci troviamo, con una realtà alla quale la Parola vuole condurci.
È perfettamente
inutile dire a un uomo tu devi volere.
Quante
volte noi diciamo parole che sono soltanto parole.
Sarebbe
come dire a un malato di cancro: tu devi guarire.
Ora c'è sempre una frattura fra le Parole che
arrivano noi e la situazione in cui noi ci troviamo e fintanto che la Parola
non collega la realtà in cui uno si trova, con la Meta alla quale ci
vuole condurre, quella Parola lì è solo parola e la parola non è efficace.
Quindi la Parola è efficace in quanto ci collega la realtà in cui uno si trova,
con la Realtà alla quale la Parola vuole condurlo.
Ma
se non ce questo collegamento, la Parola restò solo parola.
Non
è che la Parola di Dio sia soltanto Parola di Dio presso Dio, é presso la
creatura che è soltanto parola, per cui non diventa più efficace e allora qui
abbiamo le tenebre.
Noi
diciamo allora che le tenebre sono date dalle Parole sono solo parole, parole
cioè che non fanno presa con la realtà in cui uno si trova.
Ora,
è mai possibile che si perda questo contatto con la realtà di cui parla
la Parola, per cui la Parola diventa soltanto una parola per noi?
Questo
ci dice il Signore è possibile.
È
possibile perché dice: "Fintanto che", "Fintanto che Io sono nel
mondo, sono la luce del mondo".
Abbiamo
detto che la luce è quella che ci collega con il suo principio.
Dunque
allora: "Fintanto che Io sono nel mondo", vuol dire che fintanto che
Gesù, Figlio di Dio, parla a noi attraverso le cose del mondo, dà a noi la
possibilità di collegarci con il suo Principio, con il Padre.
Ma
fintanto che Lui parla a noi attraverso le cose del mondo, dopo non più.
Dice
"fintanto", ci fa capire che la cosa muta, che non resta sempre cioè,
non sempre parlerà a noi attraverso le cose della terra ed è logico che non
resti sempre perché è una concessione, non è la Verità.
Quindi
dobbiamo affrettarci, affrettarci a passare da ciò che noi abbiamo presente a
ciò che la Parola di Dio ci presenta.
Ecco
l'urgenza, perché se noi non facciamo ora questo passaggio, avviene lo
scollamento dal trascendente, per cui non potremo più farlo questo passaggio.
È
soltanto attraverso questo passaggio che noi entriamo nel Regno della
conoscenza, nel Regno della Verità, e quindi entriamo nel Regno della stabilità
dell'essere.
Fintanto
invece che noi viviamo per ciò che abbiamo o per ciò che possiamo possedere,
noi siamo sempre in questo rischio: rischio di essere sorpresi dalle tenebre.
Quindi
il problema non è quello di possedere, ma è quello di capire.
È
soltanto capendo che si entra nel Regno della Verità, perché la Verità si
trova solo conoscendola.
È
soltanto capendo che si fa il passaggio dalla conoscenza e nella conoscenza il
passaggio all'Essere, perché l'Essere si trova conoscendolo.
Qui
abbiamo la stabilità.
Nell'Essere
noi abbiamo la stabilità, nell'avere noi abbiamo l'instabilità, abbiamo il
mutamento.
L'avere
è soggetto al tempo.
La
Verità, l'Essere, è invece soltanto eterno ed è qui che avviene quindi il
passaggio alla vita eterna, passaggio che noi dobbiamo sforzarci di fare tanto
che Dio si annuncia noi attraverso le cose del nostro mondo.
Questo
passaggio qui è l'unica pressione, l'unica urgenza, perché è ciò che è
richiesto all'uomo per essere liberato dal rischio di cadere nelle tenebre.
Appendice.
L'Essere
si trova soltanto attraverso la conoscenza, perché l'Essere è Verità.
La
Verità si trova soltanto conoscendola, per cui noi entriamo nell'eternità, cioè
nella stabilità, soltanto attraverso la conoscenza di Dio, non attraverso il
possesso o attraverso l'avere.
Alcuni pensieri tratti dalla conversazione.
Luigi: Tutti
i segni sono proposte.
Se
non aderisce, l'uomo si scolla dal Trascendente, per cui le Parole di Dio
diventano solo più parole, non più realtà.
Siccome
l'intelligenza ha sempre bisogno di un supporto di presenza, di realtà, quando
l'uomo sente un parlare che non può riferire a una presenza, quel parlare
diventa solo "parole".
Lì
avviene lo scollamento: portando una presenza diversa, l'uomo non capisce il parlare
di Dio, per cui c'è la sorpresa delle tenebre.
Domanda: Possiamo quindi dire che Cristo,
Pensiero del Padre è sempre tra noi e parla a noi tutto, ma che siamo noi che a
un certo momento perdiamo la possibilità di mantenere il collegamento con questa
Presenza che ci darebbe la possibilità superare i segni ed entrare nel mondo
della Verità?
Luigi: Certo.
Possiamo dire che abbiamo queste tre grandi realtà o presenze:
1-
La presenza del mondo, presenza relativa al nostro io.
2-
Il Pensiero di Dio che viene parlato dal Figlio: "Parlava loro il Pensiero
di Dio, la Parola di Dio secondo la capacità che avevano di intendere".
3-
Poi abbiamo una conoscenza del Padre, l'Essere del Figlio.
Se
noi quando Cristo parla a noi del Pensiero di Dio, attraverso le cose del
mondo, non facciamo il passaggio dai segni del mondo al Pensiero di Dio, quando
ci parlerà direttamente del Padre, non avremo la possibilità di passare alla
conoscenza del Padre, perché soltanto il Pensiero di Dio ha la capacità di
intendere il suo Principio, il Padre.
È
un po' quello che succede nel riguardo al problema delle lingue estere che
significa bene questi tre momenti, queste tre presenze.
1-La
mia lingua.
2-La
grammatica straniera.
3-La
lingua straniera.
La
grammatica mi ricollega la realtà in cui mi trovo cioè la mia lingua, con una
lingua straniera poi, arriva un momento in cui la lingua straniera viene dallo
straniero, cioè abbiamo il giornale straniero e soltanto nella misura in cui io
ho fatto il passaggio, quando si studiava la grammatica, dalla realtà della mia
lingua a ciò che mi faceva da ponte con l'altra lingua, io ho la capacità
adesso di intendere il giornale straniero.
Ma
il giornale straniero non parla più, come la grammatica, la mia lingua: è
tutto una lingua straniera: una lingua che viene da-. Così abbiamo un momento
in cui il Figlio di Dio ci parla da-, cioè ci parla del Padre, cioè soltanto di
quello che discende da Dio ma, prima c'è il momento in cui Lui mi fa da ponte,
cioè mi collega la situazione in cui io mi trovo, cioè la mia lingua, con la
sua lingua, e abbiamo qui il parlare in parabole.
Nella
misura in cui ho la possibilità di passare dal seminatore al seminatore
maiuscolo, ho la possibilità di passare a Dio ma, poi arriva un certo momento
in cui Lui non mi parla più di Dio in termini di seminatore, Lui mi parla della
sua Verità e delle cose che vengono dalla sua Verità, che discendono puramente
da Dio.
Se
io non ho fatto il primo passaggio, sono nella impossibilità di capire, sono
scollato.
Il
poter fare questo passaggio richiede una continuità di dedizione alle sue
Parole (cioè attraverso la grammatica, il Vangelo è la grammatica), fino a che
Lui mi porterà ad inserirmi tutto nella contemplazione delle cose che vengono
da Dio e questo è importantissimo, essenziale, perché si partecipa dell'Essere
nella misura in cui si vedono le cose da Dio: non in cui si sale a Dio, (perché
fintanto che si sale a Dio, si sale attraverso ciò che si ha), ma nella misura
in cui si discende da Dio.
Infatti
preghiamo così: "Senza la sapienza da te mandata nulla vale", cioè
senza quella sapienza che viene da Dio, noi restiamo sperduti nella notte.
Se
viene meno in noi questa Presenza viene la notte, perché la capacità di
intendere mi viene in quanto ho una presenza.
Se
mi si dice una Parola che non posso collegare con un qualcosa che ho presente,
non la capisco quella parola.
Allora
quella Parola per me diventa astratta, diventa soltanto parola, la Parola che
mi è arrivata non posso ignorarla perché l'ho udita, però non l'ho capita.
Perché
non capita?
Perché
non ho potuto riferirla a qualcosa che avevo dentro di me, per cui non posso
passare al Pensiero e non passo al Pensiero, perché non ho interiorizzato, cioè
non ho collegato quella Parola con una Presenza che porto in me.
Allora
è essenziale, è urgente interiorizzare, cioè collegare tutto con il Pensiero di
Dio che porto in me, perché io cammino, e quindi progrediscono nella
conoscenza, nella comprensione, in quanto interiorizzo, in quanto quindi mi
dedico a quanto mi viene proposto: dedicandomi interiorizzo.
Interiorizzato,
quando mi si presenta quella Parola che si riferisce a quello che ho
interiorizzato, potendola riferire a qualcosa che ho presente, la
capisco.
Luigi:
Il Figlio, parlandoci, ci conduce ad avere presente ciò che Lui ha presente,
per cui avendo presente in noi quello che Lui ha presente, abbiamo qui la
capacità di intendere il parlare delle cose del cielo, appunto perché la
capacità di intendere, è condizionata da quello che abbiamo presente.
Fintanto
che noi abbiamo presente le cose del mondo, soltanto se il Figlio di Dio viene
a parlare noi, attraverso le cose del mondo (ma questa è una concessione), ci
dà la possibilità del passaggio al suo cielo e quindi ci dà la possibilità di
collegare le cose che abbiamo presenti con il suo Pensiero, cioè di giungere ad
avere presente ciò che Lui ha presente.
Ma
se non faccio questo passaggio, e quindi non interiorizzo, quando Dio mi
parlerà di Sé io, non avendolo presente non potrò capirlo.
Luigi: Quello che ho presente mi rende capace di intendere ma, mi rende
anche incapace di intendere, mi rende capace di intendere se ciò che ho
presente è Dio, ma mi rende anche incapace di intendere le Parole di Dio, se ho
presente altro, per cui debbo fare in fretta il passaggio da quello che ho
presente a quello che Dio mi dà la possibilità, parlando con me di avere
presente: questa possibilità me la dà il Figlio di Dio fintanto che è nel mondo
e che parla a noi in termini di mondo.
Luigi: Il Figlio di Dio parla in termini accessibili a me, perché mi
parla di cose che vedo (seminatore, acqua eccetera), ma Lui non si ferma a
questa realtà: Lui mi fa passare da questa realtà al significato spirituale,
quindi al significato divino di questa realtà.
Per
questo è detto nel Vangelo: "Gesù predicava il Regno di Dio", cioè
quello che Dio significa di Sé attraverso quello che noi abbiamo davanti agli
occhi e che è tutta opera di Dio.
Allora
se io mi preoccupo di capire, passo alla conoscenza delle cose del cielo. In
caso diverso no.
Se
quando Lui parla nel nostro mondo, non ci preoccupiamo di capire, non lo
potremo più capire, è impossibile.
Perché
dice Gesù: "Dove Io vado voi non potete venire".
Il
che vuol dire che la possibilità di andare dove Lui è, è soltanto data da
questa occasione del Dio che viene a parlare a me attraverso le cose della
terra.
Ma
se quando Lui mi parla delle cose della terra io ho altro da fare, cioè non mi
dedico per cercare di capire, certamente non potrò capire quando Lui mi parlerà
delle cose del cielo, perché non avrò un punto di riferimento.
Luigi: Ciò che ci inserisce nell'eternità e ci fa partecipi dell'Essere
non è ciò che si ha, ma la conoscenza, conoscere è essere.
Quello
che ci salva e che ci inserisce nella Vita della conoscenza di Dio, è la
conoscenza della Verità, la quale essendo Trascendente ci inserisce
nell'eternità, ci fa essere.
Quindi
noi partecipiamo all'Essere attraverso la conoscenza dell'Essere non attraverso
altre vie.
Ora
però alla conoscenza dell'Essere non si giunge senza di noi.
Luigi:
Il Figlio tra noi ci parla sempre del cielo attraverso le cose della terra.
È
da sottolineare questo attraverso, perché se Lui parlasse solo della terra
apparterrebbe alla terra.
Invece
Lui usa la terra perché questa è accessibile allora, se ci parla dell'albero
capiamo di che cosa parla ma, lui usa questo come mezzo per farmi passare ad
altro, al suo cielo.
Ma
è solo mentre Lui mi parla che ho questa possibilità: se Lui cessa di parlare
io resto con la mia realtà se non ho fatto il passaggio, cioè se non sono
approdato, attraverso di Lui che mi parlava, all'altra realtà, alla presenza
dell'altro.
Ho
perso quindi un'occasione.
Il
linguaggio straniero mi arriverà, però ormai non capirò più, perché ho perso
l'occasione in cui c'era il ponte, in cui mi si traduceva la parola straniera
in una parola accessibile, conosciuta da me.
Luigi: È nel Pensiero di Dio che si rivela l'essere divino.
È
il Pensiero che coglie il suo Essere, e qui non ci sono più parole, ma questa è
generazione dal Padre, ed è generazione di Presenza, per cui nel Pensiero di
Dio c'è il Padre, c'è Dio Stesso.
Questa
sola è la vera conoscenza: quella che discende dal Padre, non quella che sale
al Padre, per cui discendendo si rimane invece ascendendo non si rimane, ma si
passa da una costa all'altra.
Però
come si potrà discendere se prima non si ascende?
E
come si potrà ascendere e non c'è uno che discende e che ci fa ascendere?
Si
può ascendere solo nella misura in cui si ascolta Dio, ma questo è possibile
nella misura in cui Dio discende, perché non si può salire se Colui che in alto
non discende.
Dio
che discende cosa vuol dire?
Vuol
dire che viene a parlare a me nel punto in cui mi trovo.
Facciamo
l'esempio del Monte Bianco: se uno mi parla della cima del Monte Bianco e io
sono valle, ha un bel da dire:"Vieni su", per me sono soltanto
parole.
Soltanto
se lui dalla cima del monte Bianco discende e viene incontrarmi dove io sono
quindi, solo se si collega con la mia realtà in cui mi trovo, non solo ma se
poi da questa mia realtà adesso mi conduce sulla cima del monte Bianco, qui
allora la parola non è più solo parola ma anzi diventa in me movimento,
partecipazione ma in quanto l'altro è disceso fino a trovarmi nella realtà in
cui io mi trovavo.
Ed
è così che Dio discende a parlarci di Sé nella nostra realtà.
La
sua Parola qui è efficace in quanto parla a me della realtà in cui mi trovo e
quindi mi dà la possibilità di collegare la mia realtà con la sua Realtà.
Infatti
dice:: "Io sono luce", ed è luce proprio in quanto collega la realtà
in cui io mi trovo con Dio, mi collega con Dio la realtà in cui mi trovo, non
quella in cui Lui si trova.
Ed
è così che ti collega con Dio e ti dà la possibilità di fare il passaggio.
Questa
è la funzione del Cristo.
Quindi
ti mette in movimento ascensionale fino a condurti ad essere tutto Pensiero di
Dio.
Nel
tutto Pensiero di Dio si rivela l'Essere di Dio da Dio.
Domanda: Se non è raccogliendo i frammenti con
tutte le Parole del Cristo che io posso conoscere il Padre, ma solo dal Padre,
a cosa servono le Parole precedenti del Cristo?
Luigi:
Tutte le parole precedenti, servono per raccoglierci unicamente nel Pensiero di
Dio.
Se
non raccogliamo con Lui disperdiamo.
Lui
può raccogliere i frammenti perché ha presente il disegn0 totale, il Tutto, per
cui venendo, mi dà la possibilità di inserire il frammento che io sono e i
frammenti del mondo che ho presente nel suo Tutto, fino a condurmi ad essere
tutto Pensiero di Dio. Ma la cosa non avviene meccanicamente: richiede la mia
dedizione di pensiero.
Per
cui la Parola che arriva me è una proposta di pensare Dio, perché mi collega
tutto con Dio, con il Principio, proprio perché è luce: "Mentre Io sono
nel mondo sono la luce del mondo".
Io
posso non dedicarmi: posso preferire altro.
Posso
preferire il mio frammento al suo tutto.
Se
invece aderisco, Lui mi conduce a partecipare del suo tutto, nella misura in cui
partecipo al suo tutto, adesso ho la possibilità di contemplare le cose nel
tutto, ma nella misura in cui Lui mi ha portato nel suo tutto, che è poi il
Padre.
Per
cui è dal Tutto che io ho la possibilità adesso di raccogliere nel Tutto.
Luigi: Dio ci parla sempre direttamente in quanto ci parla
personalmente: usa la creatura, la natura, perché io ho presente la creatura o
la natura, però ci parla sempre direttamente, personalmente.
La
tua anima non l'hai ricevuta dai genitori, ma da Dio.
Dicendo
ricevuta sembra una cosa passata, ma in Dio non c'è la cosa passata, il che
vuol dire che tutti i giorni, tutti i momenti tu ricevi la tua anima da Dio.
E
cosa vuol dire che ricevi la tua anima da Dio?
Vuol
dire che sei pensato da Dio tutti i momenti.
Dio pensa a te continuamente.
Non
ha pensato a te, ma pensa a te.
Dio
è in rapporto diretto, quindi parla con te personalmente.
Proprio
perché parla con te personalmente, se tu hai presente la natura o la creatura,
usa la natura o la creatura come mezzo, per comunicare con te.
Ma
non pretendere che Dio ti parli sempre attraverso la natura o la creatura,
perché Lui sì parla attraverso la natura, per condurti a quel rapporto
personale in cui Lui parla personalmente con te di Sé.
Quindi
Lui vuol condurti al passaggio da-, a-: dalla natura o dalla creatura a questo
rapporto personale, perché vuole che tu sia in rapporto con Lui come Lui è con
te, allora qui c'è la pace: Lui è con te non attraverso la natura.
Lui
è con te direttamente: la tua anima non è creata attraverso la natura.
La
tua anima essendo un pensato da Dio, è un pensato non nel tempo, non nello
spazio, quindi fuori della natura, quindi rapporto diretto.
La
pace in noi c'è quando noi pensiamo di Dio come Lui ci pensa, quando noi amiamo
Lui come lui ci ama, quando noi abbiamo presente Lui come Lui ha presente non:
allora qui abbiamo la pace.
Luigi: Cristo fa da ponte tra il nostro linguaggio è il linguaggio del
cielo: parla il nostro linguaggio per farci accedere al linguaggio di Dio, fa
da interprete, svolge la funzione della grammatica nei confronti di una lingua
straniera.
Dobbiamo
imparare in fretta l'altro linguaggio, perché a un certo momento si parlerà
solo più quello e non si parlerà più il mio linguaggio.
Quindi
fintanto che Dio parla il mio linguaggio, mi dà la possibilità di imparare il
linguaggio di Dio ma, a un certo momento in tutto l'universo, in tutto il mio
mondo si parlerà solo più il linguaggio di Dio, per cui a quel punto lì, se io
non ho fatto il passaggio prima, non capisco più niente.
Allora
lì le Parole per me, sono solo parole, perché per me sono scollate dalla realtà
che ho presente: ecco le tenebre esteriori: "Gettatelo nelle tenebre
esteriori" dice Gesù.
Le
tenebre sono Parole di Dio, ma solo parole che per me non hanno realtà: sono
scollate dalla mia realtà, per cui non fanno presa su di me, perché non le
posso capire.
Luigi: Le tenebre sono date da Parole sono solo parole e sono solo
parole perché non sono più riferibili a una presenza.
Quindi
prima che giunga questo momento in cui Dio mi parlerà solo più di Sé, di ciò
che Lui è, devo già avere interiorizzato la Presenza di Dio e
l'interiorizzazione avviene quando Lui mi parla nel mondo.
Attraverso
il suo parlare in parabole, Cristo mi porta a scoprire il Pensiero di Dio
oggettivo che e Presenza, Realtà in me, il Pensiero oggettivo di Dio in me è il
passaggio obbligato.
Ma
nel Pensiero del mio io non posso arrivare a questa Presenza oggettiva, perché
dico: "Sono io che penso Dio", quindi non posso prendere consapevolezza
che il Pensiero di Dio è una presenza in me, indipendente da me, è di Dio.
Ora,
siccome il Pensiero di Dio è Persona, perché presso Dio tutto è persona, nel
Pensiero di Dio c'è quindi il Figlio di Dio.
Questa
scoperta è un passaggio obbligato, ed è questo che mi rende capace di una
Presenza, per cui quando Dio mi parlerà solo più di Dio, questa Presenza mi
darà la possibilità di intendere.
Per
cui tutta l'intelligenza sta nel Pensiero di Dio.
Ma
devo aver fatto il passaggio a questo pensiero oggettivo.
Per
cui quando a un certo momento ci dovrà essere un momento di silenzio totale, la
veglia infinita, in cui tutta la creazione sarà messa a tacere, porterò in me
questa Presenza oggettiva del Pensiero di Dio, che mi renderà sopportabile
questo silenzio, questa veglia.
In
quel momento non ci sarà più il Cristo fuori ma ci sarà il Pensiero di Dio in
me, scoperto come una presenza oggettiva.
Luigi: Siccome siamo fatti per giungere a conoscere Dio, siamo fatti per
diventare figli di Dio.
Però
noi corriamo il rischio di diventare figli delle nostre opere.
Se
Dio diventa opera nostra, noi diventiamo figli suoi, altrimenti diventiamo
figli di altro.
Ora
una cosa diventa opera nostra in quanto e per quanto ci dedichiamo ad essa.
Se
mi dedico a Dio, divento Figlio di Dio, se mi dedico ad altro da Dio divento
figlio di altro, proprio per questa natura che Dio mi ha dato, per questa anima
che mi ha dato.
Domanda: Perché Dio ha accettato i sacrifici di
Abele e non quelli di Caino?
Luigi:
Il Signore è libero di accettare e di non accettare.
Accetta
quello che vuole.
È
sbagliato pensare che Caino offrisse gli scarti e Abele le primizie.
Questa
è una interpretazione nostra: giudichiamo Caino, credendo di giustificare il
rifiuto di Dio.
Se
Dio gradisce la tua offerta lodano, ma se non la gradisce lodàlo lo stesso il
Signore: questa accettazione diventa un sacrificio gradito, e si rimane nella
giustizia.
È
sbagliato offendersi.
Così
come gli operai della prima ora non dovevano offendersi per essere stati pagati
dal Padrone della vigna come gli operai dell'ultima ora.
Dio
non è obbligato dalle tue offerte.
Dio
è libero.
E
tutto è dono di Dio.
Tu
ringrazia il Signore per tutto e cerca in tutto il Pensiero di Dio, poiché
tutto è segno di Dio.
Se
Caino si è offeso, è segno che c'era il pensiero dell'io.
Anche
l'invidia è la gelosia nei confronti del fratello sono una evidenziazione
dell'io.
Bisogna
ringraziare Dio di tutto.
Se
noi pretendiamo un segno ad esempio che accetti la nostra offerta, e
pretendiamo che Dio risponda secondo il segno richiesto: "Nessun segno
verrà dato".
Siamo
noi che dobbiamo essere attenti ai segni che già ci dà Dio, perché in ogni cosa
che Lui fa c'è qualcosa di personale per noi, sia che Lui gradisca, sia che non
gradisca.
Santa
Teresina del bambino Gesù, era disposta ad andare all'inferno pur di fare la
volontà di Dio: allora qui abbiamo la creatura che è disponibile per Dio.
Non
si può imporre un proprio dopo: bisogna lasciare libero Dio di accettarlo o no.
Non
possiamo imporre a Dio, che è essenzialmente libero, che ci faccia il
sorrisetto.
La
pretesa è una imposizione.
Luigi: La verità che porto in me, per essere punto di riferimento, non
deve essere "verità mia", perché altrimenti dico: "Sono io che
penso Dio", per cui dubito che Dio esista.
E
se quando il Figlio di Dio mi parlava, ho preferito pensare a me stesso e alle
mie cose e quindi non ho fatto il passaggio, adesso io non ho la possibilità di
costatare una Realtà oggettiva in me. Il che vuole dire tutto ciò che
appartiene a me, anche il Pensiero di Dio, per me è una realtà soggettiva mia,
in relazione al mio io.
Ora,
tutto quello che è soggettivo non mi salva mica, non mi libera dal mio io.
Luigi: Tutte le cose che vedo: gli avvenimenti eccetera, Cristo li
riferisce al Padre.
E
quando si accorge che io scantono e tendo ad attribuire le cose ad altro, Lui
mi raccoglie, mi riprende e mi dice: "No devi riferire tutto al
Padre".
Questa
è l'opera del Cristo, luce del mondo: ci porta a scoprire questa Presenza del
Dio in noi.
Essa
c'è già, ma noi non possiamo vedere.
Luigi: Quando Cristo mi porta a scoprire il Pensiero di Dio di me,
dedicarmi ad esso vuol dire che in tutte le cose devo cercare il Pensiero di
Dio.
Sapendo
che c'è in me questo Pensiero, devo riferirmi in tutto a Lui.
Cioè
in tutte le cose non sono più io che penso a questo Pensiero, ma ho in me la
Presenza di questo Pensiero che è indipendente da me, per cui in tutte le cose
posso rivolgermi a Lui come a una Persona, mi rivolgo a questo Pensiero di Dio,
che è la Persona Divina in me, il Figlio di Dio in me: mi rivolgo perché mi
faccia vedere il suo Pensiero in tutte le cose che mi manda, in modo da
sottomettere tutte le cose a quel Pensiero li.
Luigi: La mediazione fra il nostro mondo e il Padre l'abbiamo nel
Pensiero di Dio, fintanto che ci parla del Principio, del Padre, attraverso le
cose del mondo.
Questa
mediazione certamente non durerà sempre.
Lui
parla delle cose che io ho presente non per parlarmi di esse, ma per riferirle
a Dio.
Se
lo ascolto ho la possibilità di passare al Pensiero di Dio, nel Pensiero di Dio
adesso ho la possibilità di intendere le cose del cielo, perché le cose del
cielo si intendono solo nel Pensiero di Dio, non nelle cose della terra.
Per
questo dico, il Pensiero di Dio diventa proprio il ponte, ma in quanto ho
trovato la sua Presenza.
Luigi: È urgente sottometterci, superando il pensiero dell'io, a Colui
che si è sottomesso a noi, dedicandoci a ciò di cui Lui ci parla. Il Figlio di
Dio parlandomi, mi conduce a vedere le cose come sono nel cielo del Padre.
Lui
ci fa dire: "Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra".
È
importante quel come: soltanto contemplando le cose nel cielo di Dio (altrimenti
non vedo il come), ho la possibilità di vivere con Dio in terra, altrimenti no,
sono scollato.
Luigi: Il passaggio al parlare delle cose del cielo lo posso fare solo
se c'è l'attrazione per il Padre, perché l'attrazione è data da una Presenza, è
quella Presenza mi dà la possibilità di una comunicazione, perché mi
mette in sintonia.
L'attrazione
è questa sintonia che dà possibilità di comunicare, così come succede alla
radio trasmittente e ricevente se c'è sintonia.
Se
non c'è sintonia non c'è comunicazione.
Il
Figlio di Dio viene a parlare a noi per suscitare in noi questa dedizione al
Pensiero di Dio, e quindi per creare questa sintonia.
In
questa sintonia allora posso ricevere tutte le comunicazioni della Stazione
trasmittente del cielo, che è una Persona, il Padre.
Luigi: "Nessuno va al Padre se non per mezzo di Me".
Questo
"per mezzo di Me" sarebbero questi due modi di parlare a noi del
Padre da parte del Figlio di Dio.
Il
primo parlare è attraverso i segni e ci parla del Padre collegandoceli con il
Padre e quindi parlandoci del Padre, Lui ci conduce a trovare la Presenza del
Pensiero di Dio in noi.
Questo
Pensiero di Dio diventa una Presenza attraverso la quale io intendo le cose del
cielo.
Non
posso da solo arrivare a questa Presenza del Pensiero di Dio.
È
Lui che mi conduce a trovarla, altrimenti il Pensiero di Dio è un
"pensiero mio", e fintanto che è pensiero mio, io non posso
assolutamente capire le cose di Dio.
È
solo il Figlio di Dio che mi conduce a toccare con mano che il Pensiero di Dio
è Pensiero DI Dio.
E
allora poi, attraverso questa Realtà, che in me è diventata presenza ma, che è
diventata presenza per opera del Figlio di Dio, attraverso di essa, adesso ho
la possibilità di ricevere le comunicazioni delle cose nel cielo di Dio.
Luigi: Noi non possiamo affermare o negare una cosa che non abbiamo
presente.
L'ateo
nega Dio, perché c'è la presente.
La
nostra volontà non può né volere, né negare una cosa se non ce la presente.
Domanda: Ma quale riscontro oggettivo c'è
per esempio, in ciò che un bambino nega o afferma con la fantasia o giochi
immaginari, nei quali ha presente ciò che non esiste?
Luigi:
Noi non ci rendiamo conto dell'importanza enorme della fantasia nel bambino: è
proprio per la Presenza di Dio che porta in sé che, il bambino lavora di
fantasia.
La
sua fantasia o immaginazione non è altro che la proiezione della passione di
Assoluto, per cui il bambino sta dialogando con tutto ciò che vede e tocca.
Per
cui lui trasforma in Dio tutto ciò che vede e tocca, perché lui ha presente
Dio.
È
proprio per la Presenza di Dio che lui lavora di fantasia.
Questa
fantasia non è altro che la proiezione del Pensiero di Dio che porta in sé, per
cui lui attribuisce la Realtà di Dio a uno pezzo di legno: per lui il pezzo di
legno parla come Dio, e lui parla con il pezzo di legno come se fosse Dio, lo
ama come Dio e lo guarda sempre con quella passione di Assoluto che ci muove in
tutto.
Luigi: Se l'uomo non tiene conto di Dio, ha presente un'altra realtà,
cioè la sua realtà diventa la sua fantasia.
Staccati
da Dio la nostra fantasia diventa la nostra realtà, per cui abbiamo l'ammalato
immaginario, l'uomo angosciato da cose che per un altro sono cose banali,
perché per lui quello diventa la sua realtà, il suo mondo.
E
non basta dirgli che è una fantasia.
È
come un drogato che non può uscire dalla droga perché è dipendente da-.
È
solo con Dio che abbiamo la vera Realtà
Luigi: Tu sbagli in quanto non tieni conto di una cosa che conosci come
vera.
"Ho
sbagliato perché non ho pensato" diciamo.
Cosa
vuol dire che quel "non ho pensato"?
Vuol
dire non ho tenuto presente, cioè non sono rimasto presente a quello.
Se
tu non pensi sbagli, pensare vuol dire tenere presente.
Quindi
quando tu non tieni presente una cosa sbagli, perché ti lasci attrarre dalle
impressioni o dai sentimenti.
- Fine
-
Fintanto che io sono nel mondo sono la luce del mondo Gv 9 Vs 5 Secondo
tema.
Titolo: Il rischio e il significato
delle tenebre. Riassunto Lunedì
Argomenti: L’offerta di Caino –
La capacità di capire – Raccogliere nel Padre – Segno e presenza - Il Pensiero di Dio in noi – La trascendenza
della Verità – Il principe di questo mondo – La funzione di Cristo – La
comunicazione – Le tenebre -
16/ Febbraio/1987
- Interventi di Luigi nel Riassunto
-
Luigi: Dio parla a noi attraverso le cose del mondo
e allo stesso tempo ci dice che Lui parlerà per poco con noi attraverso le cose
del mondo.
“Ancora per poco la Luce è con voi” e ci invita a camminare: “Affrettatevi
fintanto che la Luce è con voi, per non essere sorpresi dalle tenebre”.
Allora il problema è questo, cosa vuole dire “camminare”.
Per capire cosa vuole dire camminare, dobbiamo capire la funzione del
parlare di Dio attraverso le cose del mondo.
Perché dobbiamo arrivare a capire cosa vuole dire “camminate!”
Camminare mica materialmente: “Ancora per poco la Luce è con voi”.
Per capire cosa vuol dire questo “camminate”, dobbiamo capire la funzione
del Dio che viene a parlare con noi attraverso le cose del mondo.
La funzione è quella di formare in noi la dedizione a Dio.
Luigi: In quanto Lui ci parla del Padre, ci propone
il Padre.
Proponendoci, invita noi a dedicarci a ciò che Lui ci propone.
Se uno mi fa un regalo mi propone a dedicarmi, a occuparmi di quel regalo.
Ogni dono, richiede una risposta da chi lo riceve.
Cristo in quanto viene nel mondo parlandoci del Padre, propone a noi di
dedicarci al Padre.
Perché soltanto dedicandoci al Padre, possiamo restare alla sua presenza.
Altrimenti ricadiamo nelle cose del mondo che sono relative al nostro io.
Lui è Luce, in quanto mi fa vedere il suo principio, il suo principio è il
Padre, la luce è caratterizzata da quello.
Lui mentre mi parla delle cose del mondo, me le riferisce tutte a Dio
Creatore.
Riferendomele, mi dà la possibilità di guardare a ciò che Lui mi presenta.
Ma questa presenza me la dà, fintanto che Lui mi parla.
Mi dà la possibilità di dedicarmi a questa presenza, se non mi dedico, io
resto con le presenze che ho nel pensiero del mio io.
E queste presenze non sono Dio.
Luigi: Ci sono due parlari di Dio: il parlare di
cose della terra e il parlare di cose del cielo.
Non solo ma possiamo anche capire che uno dipende dall’altro.
La possibilità di aderire e quindi di capire le cose del cielo, è
subordinata al credere alla parola di Cristo che ci parla attraverso le cose
della terra.
“Se non credete quando vi parlo di cose della terra, come potrete credere
quando vi parlerò di cose del cielo?”.
Soltanto se noi crediamo a Lui quando Lui ci parla di cose della terra,
abbiamo la possibilità di credere a Lui quando ci parla di cose del cielo.
Altrimenti siamo staccati, non possiamo credere.
Se io vedo che il pane mi viene dal panettiere e non da Dio, se uno mi dice
che il pane viene da Dio, io non posso credere.
Perché la presenza in me a cui collego il pane è il panettiere e non Dio.
Non avremo quindi la possibilità di capire le cose del cielo, perché non avremo
un termine di raffronto, di confronto.
Noi non siamo mica liberi di credere a quello che vogliamo.
Per potere credere a qualcosa, bisogna che io abbia un aggancio.
Per poter dire che una cosa è vera, debbo avere un punto di riferimento in
me.
La verità che è in me, non deve essere “verità” mia, perché a questo punto
qui dico che sono io che penso Dio, ma io dubito che Dio esista.
Perché siccome ho preferito pensare a me stesso e alle cose mie e non ho
fatto il passaggio a Dio, adesso non ho la possibilità di costatare una realtà
oggettiva in me, il che vuole dire che tutto quello che appartiene a me, anche
il Pensiero di Dio è una realtà soggettiva mia, in relazione al mio io.
Tutto quello che è soggettivo non mi salva mica.
Fintanto che non vedo che le cose discendono da Dio, io credo alle cose che
vedo e che tocco, cioè credo al panettiere.
La capacità di capire, deriva da ciò che abbiamo presente.
Se quindi mi si parla di una cosa che io non ho presente, io non posso
capire.
Se uno mi dice una parola straniera e io non ho presente la realtà cui si
riferisce quella parola, io non ho la capacità di capire quella parola
straniera.
Quindi è quello che ho dentro di me che mi dà la possibilità di capire
quello che arriva a me.
In caso diverso non posso capire.
Luigi: L’avere è caratterizzato dall’arrivare a noi
senza di noi.
Tutto quello che arriva a noi senza di noi costituisce concessione di Dio
quindi avere.
È una cosa che è con noi ma noi non sappiamo cosa sia.
Perché la conoscenza richiede la dedizione da parte nostra.
Tutto quello che arriva a me, senza dedizione da parte mi, quello l’ho.
La creazione la vedo e la tocco ma non so che cosa sia, perché arriva a me
senza di me, è mistero perché non la conosco.
Quindi tutto quello che è dato a noi senza di noi, lo vediamo, lo abbiamo
presente ma non sappiamo che cosa sia.
Per conoscere si richiede la dedizione da parte nostra.
È solo la dedizione che ci porta all’essere facendoci superare l’avere.
La Verità si trova solo conoscendola, quindi conoscendo si entra
nell’eternità.
È conoscendo che si entra nell’eternità, non possedendo e tutto quello che
noi crediamo di possedere ci sarà tolto.
Tutto quello che noi attualmente possediamo materialmente, culturalmente o
sentimentalmente, ci è dato soltanto come occasione per aprirci all’interesse
per Dio.
Tutti i talenti che ci vengono dati, se non formano in noi l’interesse per
conoscere Dio, ci vengono tolti.
Fintanto che io sono nel mondo sono
la luce del mondo. Gv 9 Vs 5 Terzo tema.
Titolo: I
confini della vita.
Argomenti: Il capire le cose del cielo è subordinato
al capire le cose della terra. Il parlare di Cristo secondo la nostra capacità di capire. Passaggio dalle cose visibili alle cose invisibili. Cristo è l'occasione per il Passaggio.
22/Febbraio/ 1987 Casa di Preghiera Fossano
Dobbiamo restare
ancora una volta su questo versetto cinque del capitolo nono in cui Gesù dice:
"Mentre (cioè fintanto) Io sono nel mondo, sono la luce del mondo”.
Abbiamo
già visto come Gesù qui, con queste parole, esprima un fatto transitorio,
quindi un'occasione per gli uomini: "Fintanto che Io sono nel mondo",
un'occasione quindi che è soggetta al tramonto, al passaggio, poiché dice
"fintanto che".
Il che
vuol dire, che l'uomo può venirsi a trovare, a un certo momento nelle tenebre e
le tenebre sono date dal fatto che le Parole di Dio diventano per noi solo
parole astratte, Parole che sono soltanto parole, che non ci comunicano più una
Realtà.
L'uomo può
venirsi a trovare in questa situazione: di fronte cioè a parole che non gli
comunicano più niente.
Questo versetto
va integrato con quello del capitolo terzo di San Giovanni che già abbiamo
considerato precedentemente, dove Gesù dice a Nicodemo: " Se vi ho parlato
di cose della terra e voi non credete, come potrete credere quando vi parlerò
delle cose del cielo?".
Allora qui capiamo cosa vuole dire questo "fintanto che",
capiamo il significato, la portata di questo: "Fintanto che Io sono nel
mondo", cioè: "Fintanto che Io vi parlo di Dio attraverso le cose del
mondo", "Io sono la luce del mondo": perché proprio quando Gesù
dice: "Se vi ho parlato delle cose della terra e voi non credete, come
potrete credere quando vi parlerò delle cose del cielo?", ci fa capire che
il credere e il capire le cose del cielo, dipende dal credere e dal capire la
Parola di Dio quando parla a noi di cose della terra.
Se noi non
crediamo e non ci preoccupiamo di capire il significato, il senso di quelle
cose che la Parola di Dio parla a noi, quando parla di Dio, attraverso le cose
della terra e attraverso cui noi possiamo capire, noi veniamo a trovarci
nell’impossibilità, quindi nell’incapacità di credere e di capire le cose del
cielo.
Sembra
strano che le cose del cielo siano subordinate alle cose della terra, ma è
proprio parlando a noi delle cose della terra che, Dio forma in noi la capacità
di portare, la capacità di capire le cose del cielo.
Le cose
del cielo sono essenziali per la nostra vita, poiché la nostra vita è fatta per
conoscere Dio.
Ora però
dobbiamo capire bene che quando la Parola di Dio parla di cose della terra non è
che parli a noi di cose della terra. Parla a noi di Dio, attraverso le cose
della terra, quelle cose attraverso cui noi possiamo capire, perché le abbiamo
presenti.
Per questo
Lui dice che è luce del mondo fintanto che ci parla attraverso le cose del mondo.
Perché
parlandoci attraverso le cose del mondo, noi possiamo capire.
E perché
possiamo capire?
Ora è
proprio quanto diciamo possiamo capire, che siamo condotti a renderci conto in
che cosa consista la capacità di capire, anche perché il Vangelo di San Marco
dice che Gesù: "Parlava agli uomini del Verbo,
quindi del Pensiero di Dio, secondo la loro capacità di capire".
Ecco,
questo: "Fintanto che Io sono nel mondo", vuole dire: "Fintanto
che Io parlo a voi secondo la capacità che voi avete di capire".
Questa
capacità di capire è data a noi da che cosa?
È data a
noi da ciò che noi abbiamo presente.
Se Dio
parla a noi di cose della terra, è appunto perché noi abbiamo presenti le cose della
terra, ma Lui adopera le cose della terra per condurci ad intendere le cose
dello spirito.
Questo suo
adoperare le cose della terra non è ancora un parlare dello spirito, non è
ancora parlare del cielo però, la Parola di Dio che parla a noi sempre di Dio,
può parlare a noi di Dio attraverso le cose della terra, cioè le cose che noi
attualmente abbiamo presenti nel pensiero del nostro io: le cose che vediamo,
le cose che tocchiamo, per cui abbiamo un punto di appoggio.
Ma
attraverso queste cose che noi vediamo e che noi tocchiamo, la Parola di Dio,
Cristo, conduce noi a capire qualche cosa delle cose del cielo.
Poi
arriverà il giorno in cui non parlerà più attraverso le cose della terra:
"Verrà il giorno cui non vi parlerò più in parabole, ma, apertamente vi
parlerò del Padre" dice Gesù, cioè apertamente ci farà conoscere il Padre.
Solo che
quando arriverà quel momento cui apertamente il Figlio di Dio, il Verbo, il
Pensiero di Dio in noi, parlerà personalmente, direttamente delle cose del
Padre, quindi delle cose del cielo, non potremo venirci a trovare
nell’impossibilità di sostenere questo suo parlare, questo suo rivelarci la
Presenza di Dio.
Potremo
venirci a trovare nell’impossibilità di sostenere questo suo parlare del cielo.
Infatti
dice il Signore: "Ho molte cose da dirvi però per adesso non le potete
portare", quel "molte cose", già fa capire quell'infinito che
Lui ha da comunicare a noi: "Però per adesso non le potete portare".
Vuole dire
che nella nostra vita si sta formando, se noi ascoltiamo il Figlio di Dio, si
sta formando in noi una capacità che noi attualmente non abbiamo, capacità che
Lui forma in noi.
Questo già
ci fa intuire quali sono i confini entro cui si svolge la nostra vita.
L'universo
ha per confine la luce e la nostra vita ha per confini due termini ben precisi.
I due
termini della nostra vita sono dati:
A-Dalla
presenza in noi di cose che noi vediamo, e noi tocchiamo ma che non conosciamo.
B-Dalla
presenza in noi di cose che non possiamo trovare come presenti, senza conoscerle
pur essendo queste cose presenti. Quindi noi troviamo nella nostra vita:
A-Cose che
esperimentiamo presenti, cioè che vediamo, che tocchiamo, ma che non
conosciamo.
B-Cose che
ci sono annunciate, cose che non possiamo trovare senza conoscere, e queste
sono le cose del cielo, questo è Dio stesso.
Dio è
Verità.
La Verità
non si può trovare senza conoscerla, mentre tutto ciò che non è Dio, noi
possiamo trovarlo senza conoscerlo. Questi sono gli estremi, i confini entro
cui si svolge tutta la nostra vita.
Ma una
cosa dipende dall'altra.
Le prime
cose, le cose che possiamo trovare pur senza conoscerle, sono quelle che noi
chiamiamo visibili.
Le cose
che invece non possiamo trovare senza conoscerle, sono le cose invisibili, le
cose che non vediamo, le cose che appartengono al mondo trascendente.
La Verità
trascende noi, perché esiste indipendentemente da noi.
Quindi
diciamo: le cose invisibili sono tutte quelle cose che esistono
indipendentemente da noi.
Le cose
visibili sono quelle che esistono relativamente a noi.
Dio non
esiste relativamente a noi.
Dio non
esiste perché noi lo pensiamo.
Dio non
esiste perché magari noi lo tocchiamo.
Dio non
esiste perché noi lo cerchiamo.
Dio esiste
indipendentemente dall'uomo, sia che l'uomo creda, sia che l'uomo non creda,
sia che l'uomo cerchi Dio, sia che l'uomo non cerchi Dio, sia che l'uomo lo ami
o che non lo ami.
Dio esiste
indipendentemente dall'uomo, indipendentemente dal mondo, indipendentemente da
tutta la sua creazione.
Quindi tutte
le cose che esistono indipendentemente da noi, sono per noi invisibili, appunto
perché ci trascendono.
Tutte le
cose che invece esistono relativamente a noi, queste noi le vediamo, le
tocchiamo, le è esperimentiamo però, non sappiamo che cosa siano.
Allora si
stabilisce un rapporto tra di esse.
Poiché
siamo fatti per la conoscenza, ecco il rapporto è determinato dal passaggio
dalle cose visibili alle cose invisibili.
Perché
soltanto (soltanto!) conoscendo le cose invisibili, noi le possiamo veramente
trovare, e trovando queste, noi abbiamo la possibilità adesso di capire
veramente le cose che sono dette nel cielo di Dio.
È il
passaggio dalla terra al cielo.
La
presenza della terra e del cielo determina i confini entro cui si svolge tutta
la nostra vita.
Ma qual è
la condizione per questo passaggio?
Poiché
quello che dà a noi la capacità di conoscere, di capire, e quindi di passare
a-, è ciò che noi abbiamo presente.
Come
potremo conoscere ciò che non abbiamo presente?
Come potremo
passare al cielo?
Perché per
fare un passaggio noi, dobbiamo avere presente il luogo verso cui noi stiamo
andando.
L'uomo da
solo non può salire al cielo.
San
Giovanni ci annuncia che nessuno può salire al cielo se non Colui che è in
cielo, se non Colui che li scende dal cielo, il Figlio di Dio.
Cioè noi
abbiamo presente le cose della terra perché sono relative a noi, ma non abbiamo
presente le cose del cielo che ci trascendono e che esistono indipendentemente
da noi.
Noi
capiamo le cose che ci vengono dette se qualcuno ci parla di quello che noi
abbiamo presente, ma non capiamo le cose che ci vengono dette se qualcuno ci
parla di quello che non abbiamo presente.
Dio è
presente a noi, però noi non lo esperimentiamo, noi non lo troviamo, perché la
condizione per trovarlo presente è quella di conoscerlo.
Ma chi ce
lo farà conoscere?
E come
potremo noi riconoscerlo cioè non lo abbiamo presente?
Noi non
capiamo chi ci parla di ciò che non abbiamo presente.
Dio è
presente a noi, ma noi non lo abbiamo presente: noi abbiamo presente la
creazione.
Per noi,
la nostra realtà è il mondo che vediamo e tocchiamo e se qualcuno parla noi in
termini nel mondo che noi vediamo e tocchiamo, noi possiamo capire, cioè
fintanto che il Cristo parla noi delle cose che noi vediamo e che tocchiamo,
possiamo capire. Ma se ci parla delle cose del cielo noi, non possiamo capire:
sono cose astratte per noi.
La nostra
realtà è un'altra.
Né a noi è
dato passare dalla terra al cielo.
Ma allora
com’è possibile?
Abbiamo
detto che le cose invisibili non è che perché sono invisibili siano assenti:
Dio trascende noi, è invisibile a noi, però è presente in noi.
Però la
sua presenza in noi, per il semplice fatto che è Presente in noi, non dà a noi
la possibilità di passare dalla terra al cielo. Nessun uomo può passare a Dio:
anche se ha presente Dio, anche se pensa Dio, non può passare dalla terra al
cielo, cioè non può passare dalla realtà che ha presente alla Realtà di Dio.
Allora
qual è la condizione per poter passare?
È quella
che Gesù dice cui: "Fintanto che Io sono nel mondo sono la luce del
mondo".
La luce è
luce proprio in quanto ci conduce a vedere la sua sorgente, il Padre.
Fintanto
che Lui parla a noi delle cose della terra, sì parla a noi delle cose della
terra, ma è il Figlio di Dio che parla a noi delle cose della terra.
Il che
vuole dire che parlando a noi delle cose della terra, collega le cose della
terra, cioè le cose che noi abbiamo presenti, quella realtà che noi abbiamo
presente, collega questa realtà con la sua Sorgente.
La
sorgente che non vediamo.
Però
quella Presenza di Dio in noi, se non dà a noi la possibilità di passare noi
personalmente dalla terra al cielo, dà noi la possibilità di ascoltare Colui
che viene a noi dal cielo e che ci collega le cose della terra al cielo.
E se noi
l'ascoltiamo, nella misura in cui lo ascoltiamo, Lui ci conduce alla Presenza
di Dio, alla Presenza di quello che Lui ha presente, ma dico nella misura in
cui ascoltiamo Lui.
Quindi la
Presenza di Dio in noi indipendentemente da noi, senza di noi, per cui noi non
lo vediamo, non lo tocchiamo, ci dà la possibilità di ascoltare Colui che ci
parla di Dio attraverso ciò che per noi è la realtà.
Noi siamo
condizionati da questa nostra realtà che vediamo e tocchiamo e siamo limitati
nella nostra capacità di capire da essa, poiché quello che dà a noi la
possibilità di capire è quello che noi abbiamo presente.
Colui che
ha presente Dio, viene a parlare a noi di ciò che noi abbiamo presente, dà noi
la possibilità, nella misura in cui noi crediamo Lui e quindi ascoltiamo Lui,
di giungere alla Presenza di Colui che Lui ha presente: Dio.
Ma Gesù
dice: "Se non credete quando Io vi parlo delle cose della terra, come
crederete quando vi parlerò delle cose del cielo?".
Il che
vuol dire che proprio in quanto ci parla delle cose della terra, Lui dà a noi
la possibilità, ma è una possibilità, di passare dalle cose della terra alle
cose del cielo.
Passare
delle cose della terra alle cose del cielo che cosa significa?
Significa
passare dalla presenza delle cose che noi troviamo senza conoscere, alla
Presenza di Colui che soltanto conoscendo possiamo trovare, quindi alla
conoscenza di Colui che solo conoscendo possiamo trovare: il Figlio di Dio.
Gesù,
parlando con noi, ci conduce a conoscere il Padre e conoscendo il Padre, dà noi
la possibilità adesso di trovare il Padre: ci porta nel cielo.
Portare
nel cielo vuol dire portare alla presenza del Padre, perché il cielo è
caratterizzato da questo: il cielo e il luogo in cui Dio è presente.
La terra
invece è il luogo in cui Dio non è veduto presente, cioè sulla terra noi
vediamo presenti le cose, le creature, vediamo presenti gli uomini, non vediamo
presente Dio.
Nel cielo
invece si vede la presenza di Dio.
Però noi
non possiamo arrivare al cielo, cioè a vedere la Presenza di
Dio, se non crediamo, se non seguiamo la Parola del Figlio di Dio che
viene, che scende nel nostro mondo, che scende in cioè ciò che noi attualmente
abbiamo presente e ci conduce a vedere la Presenza oggettiva di Dio in noi,
proprio attraverso le cose che noi attualmente abbiamo presente.
Sarà
questa Presenza oggettiva del Pensiero di Dio in noi, che ci farà intendere le
cose del cielo.
Soltanto
Colui che è in cielo e che viene a noi dal cielo, può condurre noi in cielo.
Ma questa
è un'occasione perché dice: " Fintanto che", è un'occasione che noi
possiamo perdere.
E se noi
la perdiamo e quindi non lo seguiamo quando Lui parla a noi di cose della
terra, le stesse cose della terra vengono rivestite da noi, non più del Pensiero
di Dio ma, del pensiero del nostro io.
E come
sono rivestite del pensiero del nostro io, noi siamo tagliati fuori, cioè noi
veniamo a trovarci nell’incapacità di ascoltare le Parole di Dio.
Le Parole
di Dio a questo punto diventano solo parole per noi, poiché non colgono più la
nostra realtà: le Parole di Dio ci parlano di Dio ma, Dio per noi, a quel punto
lì, è un'astrazione, è una cosa che noi non tocchiamo e che non possiamo
toccare.
L'uomo può
passare da un livello ad altro, quindi dalla terra al cielo, soltanto
attraverso delle presenze, ma quando perde il contatto con una presenza, non
può più fare il passaggio.
Se perde
il contatto con il Cristo che gli parla attraverso le cose che Lui ha presente,
l'uomo resta nel suo mondo e non può più fare il passaggio al cielo e quindi
c'è una scissione tra il mondo dell'uomo e il mondo di Dio: ciò che l'uomo ha
presente e il cielo stesso di Dio in cui Dio è tutto Presente.
Le Parole
di Dio a questo punto diventano per noi solo parole, non fanno più presa con
noi, perché non ci dicono più niente, perché la nostra realtà è un'altra, è la
situazione delle tenebre nella quale abbiamo visto domenica scorsa, corriamo il
rischio di cadere, se non ci affrettiamo a camminare fintanto che la luce è con
noi.
Questo
"fintanto che Io sono nel mondo", è quest’occasione soggetta al
tramonto: è la creazione di Dio che è soggetta a una sera. Si passa dalla
creazione di Dio al giorno di Dio senza sera, attraverso il Cristo che parla a
noi delle cose che attualmente noi abbiamo presenti.
Solo in
quanto ascoltando Lui giungiamo alla Presenza di Dio e la Presenza di Dio è una
conseguenza della conoscenza di Dio, noi possiamo a questo punto entrare nel
cielo di Dio.
Soltanto colui
che è in Dio, che è nel cielo di Dio, può a questo punto ascoltare e capire le
cose che sono dette nel cielo di Dio.
Alcuni pensieri tratti dalla conversazione.
Luigi: Ciò che noi abbiamo presente
non lo conosciamo perché è segno.
Il segno
infatti è caratterizzato dal fatto che riceve luce da-, cioè è illuminato dalla
sua causa, è segno di-, segno di chi lo fa, quindi è comprensibile solo alla
presenza di chi lo fa.
Per capire
il segno dobbiamo portarlo quindi alla presenza della sua causa, ma noi non
possiamo portarlo.
Chi lo
porta è il Figlio, perché soltanto Colui che è in cielo, può contemplare il
cielo e la terra nello stesso tempo.
Luigi: È il Figlio di Dio che parlandomi mi dà la possibilità, se
l'ascolto, se credo, se cerco di capire quello che Lui mi dice, di formare in
me, ecco l'interiorizzazione quella presenza, che mi dà la capacità adesso di
intendere le Parole del cielo che per noi sono come le parole di una lingua
straniera.
Ognuno di
noi ha la capacità di intendere, nella misura in cui ha interiorizzato: capirò
le parole che ho interiorizzato, cioè quelle che sono state collegate dal
Figlio alla loro Causa, al Padre.
Luigi: Noi portiamo in noi il Pensiero di Dio ed è il cielo di Dio,
perché Dio abita nel suo Pensiero, quindi nel Pensiero di Dio noi siamo già in
cielo ma non lo vediamo.
La
Presenza del Pensiero di Dio in noi infatti non è sufficiente per farci
fare il passaggio al cielo, perché lo conosciamo come un pensiero nostro,
non ancora come Presenza oggettiva: lo confondiamo con un nostro pensiero,
perché essendo dato a noi senza di noi, non lo conosciamo.
Però ne
subiamo la passione: passione dell'Assoluto, della verità, della conoscenza.
Questa
passione la subisco per effetto della Presenza di Dio in me, però non conosco
questa Presenza come una realtà oggettiva: per me infatti la realtà è un'altra,
quella che vedo e tocco.
Questa
Presenza non mi dà la possibilità allora di passare al cielo, ma mi dà la
possibilità di ascoltare Colui che viene dal cielo a parlare con me.
Cosa vuol
dire che parla con me?
Vuol dire
che collega quello che io presente con quello che Lui ha presente come
Presenza, per cui Lui, il Padre lo esperimenta. Invece noi il Padre non lo
esperimentiamo, perché per esperimentarlo bisogna conoscerlo.
Chi mi
darà allora la possibilità di conoscerlo?
Perché
tutte le volte che cerco di conoscerlo, resto bloccato da quello che ho
presente perché lo vedo e lo tocco.
Solo il
Figlio di Dio mi dà questa possibilità, in quanto Lui discende da Dio e ha la
possibilità di collegare la mia realtà, ciò che ho presente, con Dio.
Allora
avviene l'interiorizzazione: mi porta alla Presenza di Dio, perché mi fa
conoscere qualcosa di Dio.
E per quel
tanto che mi ha fatto conoscere di Dio, in quanto mi ha raccolto e ha unito un
segno con il suo principio, adesso ha fatto me intelligente delle cose che
vengono da Dio.
Luigi: Il Figlio di Dio non fa altro che raccoglierci dalla nostra
dispersione, per portarci alla Presenza di quello che noi abbiamo presente in
noi e che non conosciamo ancora.
Lui mi
conduce a vedere questa Presenza, cioè mi conduce come primo passaggio a vedere
il Pensiero di Dio in me come una presenza oggettiva in me, indipendente da me,
cioè mi conduce trovare una Presenza in me.
Questa
Presenza adesso mi rende capace di capire le cose del cielo: appunto perché ho
una Presenza del cielo.
Infatti io
sono in grado di capire una cosa nella misura in cui l'ho presente.
Quindi fin
tanto che io ho presente la terra, ho la capacità di intendere soltanto linguaggio
della terra.
Ma se il
Figlio di Dio viene a me attraverso le cose della terra, mi conduce a scoprire
in me la Presenza oggettiva e quindi indipendentemente da me del Pensiero di
Dio, per cui adesso ho la possibilità di intendere le cose del cielo, perché ho
una Presenza nel cielo: quindi soltanto per mezzo di Lui.
Però
questo presuppone che in me ci sia già Dio altrimenti io non ricevo niente di
Dio.
Per cui
più ascolto il Figlio di Dio, più in me si interiorizza questa Presenza di Dio
e più sono affatto capace di portare le cose di Dio.
Luigi: Il Figlio di Dio venendo a parlarmi di Dio attraverso le cose
visibili, mi libera dall'avere come fine le cose visibili e mi fa vedere la
situazione in cui mi trovo, come Parola di Dio, mi dice il perché di questa
situazione quanto me la mette in relazione con la Presenza che io non ho
presente, ma che Lui mi fa vedere presente: me la fa costatare, ma nella misura
in cui ho creduto in Lui.
Luigi: Lui mi parla delle cose del cielo e io le intendo solo quando
vedo la sua generazione dal Padre, prima no.
Lui mi
parla delle cose del cielo in quanto mi fa vedere le cose che vengono da Dio.
Quindi in
un primo tempo Lui viene nella mia terra e mi conduce dalla mia terra a Dio, alla
scoperta della Presenza oggettiva di Dio.
Poi in Dio
e da Dio mi dà la possibilità di vedere le cose da Dio, soprattutto il rapporto
che passa tra Padre e Figlio, la generazione del Figlio: qui mi parla non più
in parabole perché mi rende partecipe di quello che Dio fa.
Quando mi
rende partecipe di quello che Dio fa, qui non mi parla più con dei segni ma io
stesso constato una Realtà: la realtà di quello che opera il Padre: la
generazione di suo figlio.
Luigi: Ho bisogno del Figlio di Dio che, conoscendo la mia realtà, me la
colleghi con Dio e mi faccia vedere il Regno di Dio: "Vedi tu ti trovi in
questa realtà perché Dio è così".
Infatti
Gesù predicava il Regno di Dio, cioè faceva vedere, toccare con mano che la realtà
in cui gli uomini si trovavano era effetto dell'opera di Dio, della Presenza di
Dio, cioè leggeva, interpretava i segni dei tempi.
Per cui
collegava con Dio quella loro realtà e quindi insegnava a leggere: "Questa
cosa, quest'avvenimento è così perché Dio è così, ora essendo Dio così tu ti
trovi così".
Allora la
creatura che lo ascolta collega la situazione in cui si trova, cioè la sua
realtà, con la Presenza di Dio ma, collegandola con la Presenza di Dio adesso
costata un'altra realtà: la Realtà della Presenza di Dio.
Luigi: Bisogna partire dalla giustizia essenziale che è dare a Dio ciò
che di Dio, cioè riconoscere che tutto è opera di Dio.
Questo ci
fa desiderare di vedere il Pensiero di Dio in tutte le cose e tutti gli
avvenimenti, però da solo l'uomo non può giungervi. "Abramo desiderò
vedere il mio giorno e lo vide": lo vide senza incontrare esteriormente il
Cristo, però non per iniziativa sua, perché Abramo apparteneva alla fede:
questa fede è Presenza del Pensiero di Dio.
Infatti
Gesù dice:"Se non credete quando Io vi parlo delle cose della terra quando
Io vi parlo": ecco l'oggettività dell'io: è un Altro che parla.
L'iniziativa
è dell'Altro, quindi Abramo accoglieva tutto da Dio, quindi ascoltava Dio che
parlava in tutte le cose che egli faceva accadere.
Ascoltando
la sua Parola è partito, poi a un certo momento è venuto a trovarsi nei
pasticci, nelle contraddizioni, per cui sentiva il bisogno di capire: "Dio
qual è il tuo pensiero?".
Ecco
cercava il Pensiero di Dio ma, questa ricerca del Pensiero di Dio era una
conseguenza dell'ascolto del Figlio di Dio.
Cioè il
Figlio di Dio parlava ad Abramo, per cui Abramo era portato da-, condotto da-,
non era nella sua iniziativa: era portato dall'ascolto di Colui (il Verbo, il
Figlio di Dio) che gli stava parlando di cose della terra e Abramo credeva.
Credendo
desiderò.
Ma questo
desiderio era una conseguenza dell'ascolto e della fede nelle cose di cui gli
parlava il Figlio. Ma chi collegava l'anima di Abramo con Dio era il Figlio di
Dio cioè il Cristo che viene a parlarci delle cose della terra.
Non
dobbiamo identificarlo, infatti con la sua presenza fisica nel mondo.
Cioè
questo:"Fintanto che Io sono nel mondo" non dobbiamo identificarlo
con la Presenza fisica di Cristo nel mondo, infatti quante persone l’hanno
visto fisicamente nel mondo e l'hanno crocifisso? Non hanno visto la luce di
Dio.
Quindi non
si deve identificare quel "Fintanto che Io sono nel mondo" con la sua
Presenza corporea nel mondo.
:Non è
questo.
Il
"fintanto che Io sono nel mondo" vuole dire: "Fintanto che Io
Figlio di Dio, parlo a voi delle cose del mondo, delle cose che voi avete
presenti".
Luigi: La temporaneità dell'opera di Dio: il passaggio è in noi, non in
Dio.
Per cui è
in noi che a un certo momento avviene o non avviene questo passaggio al suo
mondo, in quanto ascoltando Lui a un certo momento noi possiamo passare nel suo
mondo oppure separarci dal suo mondo.
E come ci
separiamo dal suo mondo, Lui non ci parla più delle cose della terra, ma non
perché non voglia più parlarci delle cose della terra ma perché, resto schiavo
della mia realtà, questa dopo il rifiuto m’impedisce di cogliere la Realtà di
Dio nelle cose della terra, per cui tutto continua a essere Parola di Dio, ma
per me diventa solo parola, perché per me la mia realtà è un'altra. Cioè io
resto dominato, come realtà, dal rifiuto di ascoltare quello che Lui mi ha
detto, divento figlio, dipendente, schiavo di quello che non ho raccolto in
Lui. Per questo Gesù dice: "Chi con Me non raccoglie disperde e quindi resta
disperso e muore", perché la morte e dispersione.
Domanda: Perché se la realtà dello spirito è la più importante, Dio ciò dato i
sensi che percepiscono quello che si vede e si tocca ma non ha dato la
possibilità di percepire la realtà delle cose invisibili con la stessa forza?
Luigi: L'argomento di questa sera è
proprio la risposta a questo perché?
Cioè le
cose di Dio non possono essere trovate se non conoscendole, mentre le cose dei
sensi sono trovate senza essere conosciute.
Cosa vuole
dire questo?
Vuole dire
che Dio mi tocca attraverso le cose relative ai miei sensi, ed è lui che me le
crea.
È Dio che
entra nel mio io, si fa sentire al mio io.
Però nel
Pensiero del mio Dio non posso conoscere Dio, perché Dio si conosce solo nel Pensiero
di Dio.
Nel
pensiero del mio Dio posso però essere toccato da Dio, quindi vedo, sento,
esperimento le cose relative ai sensi, le cose visibili.
Perché Dio
mi tocca?
Mi tocca
per farmi superare il mio io, per mettermi in movimento verso di Lui, per farmi
alzare lo sguardo a Lui che mi tocca e che toccandomi si annuncia a me.
Perché
soltanto alzando gli occhi a Lui che mi sta toccando, in Lui e da Lui adesso
posso conoscere Lui.
Luigi: La condizione per conoscere Dio è superare pensiero dell'io.
Ma chi mi
fa superare il pensiero del mio io?
Solo colui
che mi sta parlando.
Se nessuno
mi parla, sono costretto a stare a me stesso, non posso uscire, resto chiuso
nelle mie angosce e nei miei pensieri.
Solo se uno
mi parla attraverso ciò in cui io sono chiuso (angosce, preoccupazioni) e a
poco per volta mi conduce a vedere le cose da Dio, mi fa superare il pensiero
del mio io.
Ma è
passaggio attraverso a delle presenze, perché per poco che Lui mi parli di un
altro argomento che non ho presente, io mi stacco.
Proprio
perché Lui mi può toccare, mi può condurre, ma mi può condurre sempre
attraverso a delle presenze.
Cioè la
strada deve essere continua: se s’interrompe, io resto fermo.
E la
strada è continua in quanto io vedo sempre qualche cosa di presente: di
presenza in presenza, attraverso sempre ciò che ho presente, a poco per volta
mi conduce alla Presenza di Dio.
E tutto
questo è solo opera del pensiero, perché Dio è Spirito.
È solo
attraverso il Pensiero che Dio mi conduce a costatare quella Presenza che io
subivo, però non conoscevo.
Ma se non
credo, prevale il pensiero del mio io, Lui non può condurmi: mi ha dato la
possibilità ma non mi può costringere, perché per costringermi, dovrebbe
togliere il mio io, ma il mio io è Lui che l'ha creato, per cui Lui mi vuole
eternamente.
In Dio non
c'è il sì e il no.
Solo io
per atto di amore, per atto di giustizia, posso superare me stesso per pensare
a Lui.
Lui
m’invita, mi dà la possibilità, ma non mi costringe, perché se mi costringesse,
andrebbe contro Se stesso.
Perché è
Lui che mi ha voluto, quindi non mi può annullare.
Luigi: Per vedere Dio nella mia terra, debbo accogliere il Figlio di Dio
che mi conduce a vedere la terra dall'alto e mi dice: "Tutta la terra è
opera mia" e mi fa vedere il Pensiero di Dio nelle cose della terra.
Ma è solo
Lui che mi può raccogliere il frammento nel Tutto, io no.
Nella
terra io vedo regnare tante cose, non Dio.
Solo il
Figlio di Dio mi fa vedere che Dio che regna.
Ma non
potrei capire questo suo linguaggio se non portassi già Dio dentro di me, ma
questo Dio lo troverò solo conoscendo.
Ma per
conoscerlo devo cercarlo.
Infatti i
doni maggiori, cioè la conoscenza delle cose del cielo, non possono essere
ricevuti se non sono desiderati, cercati.
Per cui
Dio opera terra per formare in noi questo desiderio dei doni maggiori.
Chi mi fa
desiderare i doni maggiori è il Figlio di Dio che parlando con me, mi fa vedere
che è la mia realtà che vedo e tocco, e opera Dio per formare in me questo
desiderio di doni maggiori, perché soltanto desiderandoli, li posso ricevere.
Luigi: È Figlio di Dio, il Verbo incarnato, che ci dà la possibilità di
fare il passaggio, non il Pensiero di Dio in me.
Il
Pensiero di Dio in me mi dà la possibilità di ascoltare, di mettermi in
sintonia con il Figlio di Dio, quindi è la condizione essenziale per poter
ricevere la comunicazione del Figlio di Dio.
Il Figlio
di Dio che parla con me, mi collega ogni cosa con Dio.
Il Figlio di
Dio che parla con me è esterno, oggettivo, un altro distinto da me, ma non è
presenza fisica, perché Cristo è sì una presenza fisica ma, in Lui chi mi parla
è il Figlio di Dio.
Quindi c'è
una distinzione enorme fra la sua presenza fisica e il Figlio di Dio: la
Persona è unica in Cristo pur essendo anche uomo, e la persona è il Figlio di
Dio e chi parla, non è l'uomo, ma è il Figlio di Dio.
Posso
capire il suo parlare se ciò che è presente in Lui è presente anche in me,
perché allora c'è la sintonia.
Quindi la
presenza di Dio in noi senza di noi, dà a noi la possibilità di ascoltare il
Figlio di Dio, ma non è conoscenza.
Il Figlio
di Dio che ci parla fuori è il Figlio di Dio che ci viene a parlare nelle cose
che abbiamo presente con gli occhi, fuori. Parlando, ci collega con Dio queste
cose che vediamo ed esperimentiamo.
Possiamo
capire questo suo collegamento perché abbiamo Dio presente in noi senza di noi.
Se
seguiamo questo suo linguaggio, questo suo collegamento, Lui ci conduce a
conoscere Colui che portavamo in noi senza di noi, a questo punto noi lo
portiamo in noi con noi: qui incomincia la conoscenza, cioè la capacità di
capire le cose del cielo.
Infatti io
posso capire nella misura in cui ho presente in me la cosa, per cui fintanto
che io non arrivo a scoprire e a conoscere la Presenza di Dio, la Realtà di Dio
dentro di me, io sono tagliato fuori, non posso capire il linguaggio delle cose
del cielo.
Domanda: Sapendo
che è Dio, che mi parla in tutto, allora il mio compito è di stare attenta e di
riferire tutto a Lui.
Luigi: Non sono io che devo riferire.
Se lui mi
parla, è perché me le riferisce, altrimenti non mi parla mica.
Parlare
vuol dire riferire le cose ad altra cosa, quindi parlando, raccoglie me, dalla situazione
in cui mi trovo, conducendomi a vedere quello che Lui vede e che io ancora non
vedo.
Infatti
parlare e comunicare.
Comunicare
vuol dire prendere uno dalla situazione in cui si trova e condurlo a vedere
quello che io vedo e che lui non vede ancora: allora questo è parlare.
Lui dalla
sua vetta conduce me, se lo ascolto, se credo, a poco per volta fino alla vetta
dove Lui è, indicandomene il sentiero.
Dal punto
in cui mi trovo, mi conduce passo dietro passo, a vedere quello che lui vede.
Come vedo
quello che Lui vede, io ho fatto un salto di qualità, perché adesso ho trovato
una Presenza.
Presenza
che mi fa vedere la vita sotto tutto un altro aspetto e che è la vita dal punto
di vista di Dio.
Prima
invece ero portato via dalle altre presenze.
Luigi: I tempi per giungere alla luce sono di Dio.
Noi
dobbiamo stare attenti alle Parole che Dio ci fa arrivare, cioè al Dio che
parla con noi, cioè dobbiamo vegliare.
I tempi si
accorciano nella misura in cui vegliamo, però l'opera e di Dio, per cui, anche
se veglio, l'iniziativa è di Dio.
Non posso
dire: "Vegliando abbrevio", perché magari Dio mi fa ancora aspettare,
i tempi sono suoi.
L'iniziativa
deve essere di Dio, perché non entriamo per iniziativa nostra.
Per cui
per poco che io dica: "Sono stato io che ho vegliato, sono io che sono
stato in gamba, sono io che sono stato attento, sono io che mi sono
superato", resto completamente fuori.
Entro in
quanto ascolto Lui che mi conduce ma, l'iniziativa è sua: è Lui che parla, non
io.
La Madonna
concepisce ascoltando, non parlando.
Anche noi
concepiamo il Dio tra noi, quindi la presenza di Dio in noi, ascoltando.
Quindi
l'iniziativa è dello Spirito.
È Dio che
manda l'angelo, però Maria era disponibile.
Però se io
dico: "Più presto sono disponibile e più presto concepisco" mi metto
fuori perché attribuisco la cosa a me.
Luigi: Dio scende al nostro livello perché nel pensiero del mio io, io
non posso conoscere Dio.
Dio si
conosce solo in Dio.
Allora c'è
bisogno di questo salto.
Allora Dio
per farmi fare questo passaggio dal pensiero del mio io al Pensiero suo, viene
a parlarmi di Dio in quello che io, nel pensiero del mio io ho presente, quindi
nelle cose visibili.
È lì che
abbiamo l'opera del Figlio.
Non in
quanto ha un corpo, perché uno pur avendo un corpo può parlare non come Dio, ma
in termini di doveri, di giustizia, di morale, ma non di Dio.
Invece in
Cristo è il Figlio di Dio che parla e che collega tutto con Dio.
Luigi: Dio e fedele, non ci abbandona mai nonostante i nostri rifiuti.
Non cessa
di parlarci.
L'abbandono
è opera nostra, perché Dio non ci abbandona mai.
Non è che
a un certo momento Dio dica: "Adesso basta, chiuso, ti ho parlato, adesso
non ti parlo più".
No, no,
Lui parla sempre.
L'importante
è non chiuderci in noi stessi e nei nostri rifiuti.
Luigi: I confini della vita sono determinati dalla presenza, da ciò che
ho presente.
Noi non
possiamo uscire da una presenza: o la presenza è la realtà mia, riferita al mio
io o la Presenza è Dio.
Se per me
la realtà è la presenza che vede e tocco, io sono dominato da questa e non esco
da questi confini.
Questi
confini sono finiti ed io resto schiavo di questo finito.
Il Figlio
di Dio allora mi può portare all'altra Presenza, quella di Dio.
Comunque sia,
io resto sempre condizionato da una presenza, anche se quella di Dio è una
Presenza infinita, perché l'unità è infinita.
Ma se non
passo a essa, posso essere limitato da una realtà finita cioè molteplice.
Luigi: È l'incontro con il Cristo che ci conduce a vedere le cose del
cielo.
Ma non il
Cristo fisico, perché noi confondiamo sempre, per cui pensiamo che quella
presenza fisica di 2000 anni fa non operi più.
No, il
Cristo opera e parla ancora oggi, perché Cristo è Colui che mi collega la realtà
io cui mi trovo con la realtà di Dio: Cristo e lì, dove c'è questo
collegamento.
Solo Lui
lo può fare: è il ponte.
Quindi
dove incontro quella Parola, quel Pensiero che collega la mia realtà con la
Realtà a me invisibile, lì ho l'opera del Figlio. Tutto quello che vediamo è
pietra e noi possiamo essere sepolti sotto di essa, se non crediamo al Figlio
che viene a noi collegandoci questa pietra con Dio, trasformandola in Spirito.
Luigi: Non dobbiamo rassegnarci alla nostra terra, perché Dio fa tutte
le cose perché tu capisca il significato di ciò che Lui ti fa: "Capisci
quello che ti ho fatto?".
Non è il
piangere su questo che mi cambia, ma il capirne il significato: "Perché
Signore?", è tornare bambini.
Il bambino
è in continuo cambiamento, appunto perché sta sempre cercando il perché: è
questo che lo cambia e gli fa fare dei salti da una situazione all'altra, e man
mano che conosce qualche cosa di nuovo, si apre a una vita nuova.
Dio vuole
che offriamo a Lui ciò che Lui ci presenta, affinché Lui ci spieghi il
significato.
Quindi
accogliere e riportare a Dio per capire.
Non basta
accettare e ringraziare o lodare Dio.
Ciò che mi
cambia è: "Signore cosa vuoi dirmi di Te, attraverso questo fatto che mi
hai fatto arrivare?".
Cioè
dentro di noi dobbiamo fare quello che c’è significato nella messa: è pedagogia
per la nostra messa interiore, affinché Dio su quanto noi gli offriamo, ci
riveli il suo Pensiero, formando così la comunione con Lui, una vita nuova.
Questa messa
interiore non avviene senza di noi.
Se non
riportiamo a Dio la cosa, il fatto, l'avvenimento non ne vediamo il Pensiero,
perché il Pensiero di Dio viene solo da Dio. Quindi tutte le cose che ci
arrivano sono delle occasioni che Dio ci mette nelle mani affinché noi possiamo
salire fino a Lui con queste cose, perché Lui le illumini, ci faccia capire il
suo Pensiero.
Luigi: È il Figlio di Dio che ci fa fare il passaggio dalla nostra
realtà, dalle nostre presenze, cioè dai nostri confini finiti, alla Realtà del
cielo, alla Presenza dello Spirito, cioè ai confini infiniti se, però lo
ascoltiamo.
Perché è
ascoltando che Lui ci fa concepire, cioè ci fa trovare quella Presenza che noi
non possiamo trovare se non conoscendola.
Per fare
questo passaggio ci porta a scoprire la Presenza oggettiva del Pensiero di Dio
in noi, perché è solo nel Pensiero di Dio che si conosce il Padre.
Luigi: I confini dell'universo sono determinati dalla luce.
La luce è
finita perché va a 300.000 km al secondo, quindi l'universo è finito, è tutto
racchiuso nella luce ed è fatto di luce.
Tutto è
determinato dalla luce.
23
febbraio 1987
Luigi: Nell'episodio della torre di
Babele Dio dice: "Scendiamo perché questo non sarà loro impossibile".
Cosa
significa?
È una
versione sbagliata.
Il
concetto è questo: perché hanno incominciato a fare un'opera che non
abbandoneranno più, allora Dio deve scendere a metterci il bastone fra le
ruote, per buttarci in aria la cosa, perché altrimenti noi non la smettiamo più
e non ci occupiamo più di Lui.
E allora
Lui deve interrompere, deve rompere ciò che ci sta prendendo l'anima.
Luigi: Il Figlio di Dio parlando a noi attraverso le cose della terra,
ci conduce a conoscere il Padre prima ancora che lo troviamo, perché dalla
conoscenza del Padre noi poi dopo troviamo la Presenza del Padre del Figlio e
dello Spirito Santo.
Il trovare
è una conseguenza del conoscere le cose del cielo.
Prima
conosci poi trovi.
Invece nel
mondo prima trovi poi conosci.
Nel cielo
invece prima conosci poi trovi.
Ma come
fai a conoscere?
Solo
attraverso il Figlio: "Nessuno viene al Padre se non per mezzo di
Me", per cui Dio prima ti porta alla conoscenza e nella conoscenza, tu
trovi.
Tu trovi
la Verità conoscendola.
Dio è
qualcosa di più profondo della Verità.
Ed è
facilmente concepibile: tu la Verità di una cosa, fintanto che non la conosci,
non l'hai trovata.
La verità
la trovi solo conoscendola.
C'è quindi
coincidenza tra il conoscere e il trovare.
In Dio
invece c'è prima la conoscenza e poi dopo c'è il trovare, l'esperimentare la
sua Presenza.
Luigi: Il Figlio viene a parlarmi di Dio nel pensiero del mio io, cioè
in ciò che attualmente ho presente.
Sei io
attualmente mi trovo a coltivare un campo, Lui viene a parlarmi nel campo in
cui sto lavorando.
Questo vuol
dire che arriva nel mio mondo: mi parla del campo che ho presente, per condurmi
a vedere come Dio regna, m’insegna a vedere la presenza di Dio in quello che ho
presente, perché me lo collega con Dio.
Questa è l'opera
del Figlio: infatti parlava del Regno di Dio, cioè faceva vedere quello che noi
non vediamo.
Quindi mi
fa vedere che cosa Dio mi vuol dire attraverso quel campo che sto lavorando,
quel lavoro che sto facendo.
Quindi mi
fa vedere che cosa Dio mi vuol dire attraverso quel campo che sto lavorando,
quel lavoro che sto facendo.
Man mano
che lo ascolto, interiorizzo e interiorizzando incomincio a capire, così come
succede nell'apprendimento delle lingue estere.
S’impara
ascoltando uno che collega ciò che ho presente, con una parola che prima non
capivo.
La parola
esterna se non trova in me un riscontro con qualcosa di conosciuto dentro di
me, non è capita da me.
Ma se uno
me la traduce con termini che io ho presente, qui capisco, ecco qui è Gesù che parla
di Dio attraverso le cose della terra che ho presente, me le collega con Dio e
mi porta a Dio facendomi capire il linguaggio di Dio.
Facendomi
vedere il Pensiero di Dio in quello che ho presente.
È solo il
Figlio che lo può comunicare: io interiorizza in quanto avviene un'opera di
associazione, di raccolta di ciò che ho presente con qualcosa di nuovo che
l'Altro mi comunica.
Per cui
dico questo è uguale a quello.
Dopo di
che, tutte le volte che sento quello lo capisco.
Dopo che
Gesù mi ha collegato con Dio il seminatore, il terreno, il seme, ora tutte le
volte che vedo queste cose capisco che c'è una Parola di Dio in quello.
Man mano
che interiorizzo, Cristo forma in me la capacità di conoscere le cose di Dio,
sino a portarmi a conoscere Dio.
Prima di
ascoltare Cristo, terra e cielo sono scollati in me, per cui mi fermavo alle
realtà visibili e pensavo che Dio fosse lontano dalla nostra terra mentre noi
dobbiamo vivere in terra con i nostri problemi, senza riuscire a mettere
d'accordo la mia terra con il cielo di Dio.
Quindi
prima di ascoltare Cristo, la mia vita è divisa, perché non riesco a capire
cosa ci stanno a fare tutti i miei problemi quotidiani con Dio e non riesco a
collegare le due cose.
Mentre noi
abbiamo bisogno di collegarle.
Cristo come
me le collega e collegandole, mi rende capace di conoscere Dio, se lo ascolto.
Ascoltando
interiorizzo, in quanto in me si produce questa associazione tra le due cose:
ad ogni associazione si forma in me una capacità nuova, ho fatto un passaggio,
ho conosciuto qualcosa di nuovo, per cui ora potrò capire le parole
interiorizzate: non sono più come prima.
Infatti
sono fatto capace, dopo ogni ascolto, di leggere e di capire cose nuove.
Più lo
ascolto, e più Lui mi trasferisce nelle cose di Dio, fino a rendermi capace di
conoscere Dio.
Luigi: Il discorso di Cristo sulle cose della terra e sulle cose del
cielo è un discorso continuato, se ascolto.
Ma se io
non continuo nell'ascolto si crea in me un distacco, il salto, per cui Lui
continua a parlare ma io non lo seguo più, lo trovo astratto, lontano perché ho
perso il filo.
Mi sono
lasciato portare via da altri pensieri o dal pensiero di me stesso, per cui non
riesco più a collegarmi.
Lui cerca
di recuperarmi, però siccome tutti i segni sono finiti, perché il tempo
finisce, non mi raccoglie all'infinito.
Se lo
seguo, Lui mi porta nell'infinito, ma se non lo seguo, Lui mi riprenderà su un
altro punto, poi su un altro ancora, poi su un altro punto, eccetera, ma a un
certo momento tutto finisce.
Luigi: È l'ascolto che mi fa concepire.
Ora il
primo gradino è credere in Dio Creatore che si annuncia a me attraverso tutta
la creazione.
Tutta la
creazione e già Dio che entra in me.
Nasco in
un mondo che è già fatto, nasco in casa da altri e già questo mi annuncia che
non sono io il padrone, e già questo mi rende attento al padrone.
Quest’attenzione
al padrone, mi apre all'ascolto e sarà la Parola ascoltata che mi farà
concepire il Figlio di Dio come Maria.
In questo
silenzio si concepisce la Presenza di Dio in noi, la quale mi darà la
possibilità di vedere il Verbo di Dio nella realtà visibile, per cui a quel
punto capisco che non è quella creatura o quell'uomo che mi parla, ma è Dio che
mi parla.
Se vedendo
la creatura, in me si forma il pensiero: non è una creatura ma è Dio che mi
parla, allora vuol dire che sono alla Presenza del Verbo incarnato, cioè del
Cristo che parla con me, perché il Cristo si rivela in questo: che in ciò che
mi fa arrivare, mi presenta Dio, cioè mi fa pensare Dio, quindi mi collega la
cosa con Dio.
Se il
segno mi fa pensare a Dio, vuol dire che è il Figlio di Dio che mi sta
parlando, perché il Figlio si caratterizza in questo: unisce tutti i segni con
Dio Creatore.
E come li
unisce?
In quanto
mi fa pensare a Dio Creatore.
Allora se
mi fa pensare a Dio Creatore, è segno che sono con il Figlio.
Sapendo
questo sto molto attento a Dio, per cui a poco per volta si forma
l'intelligenza, la luce e capisco ciò che Dio mi vuole significare.
Ma già in
quanto sento questo bisogno di cercare il significato presso Dio, vuol dire che
c'è in me la presenza del Pensiero di Dio.
Luigi: L'ascolto di Dio deve essere continuo, perché il discorso del
Signore è continuato fino a condurmi a scoprire la sua Presenza, cioè il suo
Pensiero in me, ed è poi questa presenza di Dio, che mi farà poi vedere il
Pensiero di Dio in tutto.
Ma prima
di arrivare a vedere il suo Pensiero in tutto, la scoperta di questo Pensiero
in me mi conduce a vedere la sorgente di questo Pensiero in me ciò il Padre,
che è il Principio del suo stesso Pensiero e poi la generazione di questo
Pensiero e poi il rapporto che passa tra il Padre e il suo Pensiero.
Luigi: La scoperta della presenza oggettiva del Pensiero di Dio in me,
non mi dà la conoscenza di questo Pensiero: so che esiste indipendente da me,
ma non so il rapporto che passa tra questo Pensiero e il Padre, perché non
posso salire da una Presenza alla conoscenza.
È solo
conoscendo la causa che io posso conoscere l'effetto.
Anche il
rapporto tra il Pensiero di Dio scoperto come oggettivo in me e il Cristo fuori
che mi parla, lo posso conoscere solo per deduzione.
Tutti
rapporti si conoscono a senso unico, cioè dall'alto, per deduzione, non dal
basso in alto.
Luigi: Il Figlio di Dio non viene per farci conoscere le cose della
terra, non viene a spiegarcele, a farci una cultura, ma a insegnarci il
Pensiero di Dio che c'è in esse.
Non hai
bisogno di conoscere com’è fatto un albero, perché basta guardarlo e già alzi
gli occhi per cercare cosa ti dice Dio.
Già in
quanto stai cercando Dio, Dio è più attraente dell'albero.
L'albero è
soltanto un'occasione per farti dialogare con Dio.
E il
Figlio viene appunto per formare in me questa capacità di conoscere il Pensiero
di Dio, dopo aver sottomesso tutto a questo Pensiero, a un certo momento
l'anima deve sottomettere anche il pensiero del proprio io.
Ma offro
il mio pensiero a Dio solo in quanto metto a tacere tutto di me, perché è il
mio io che fa rumore.
Infatti se
penso ad altre cose, è perché il mio io ne è interessato, per cui se metto
tacere il mio io, tutto il mondo tace.
Ma se non
lo metto a tacere, fossi anche in un luogo di silenzio, tutto in me parla e
urla e m'impedisce l'ascolto di Dio.
Luigi: Se Dio ci manda tanti segni, non è per farci passare da una costa
all'altra, ma per aiutarci a continuare nell'approfondimento di una Parola che
ci ha dato prima.
Se siamo
fedeli nell'ascolto di ciò che ci fa arrivare, si cerca nel nuovo segno che
arriva un aiuto per comprendere quello di prima. Tu credi che Dio ti sta
aiutando, che non ti lascia mai solo, per cui tu continui sempre sullo stesso
sentiero.
Infatti le
Parole di Dio si commentano con le Parole di Dio: è Lui stesso che le commenta,
per cui è Lui che mi fa pensare, che mi fa capire.
A un certo
momento ti accorgi come una nuova Parola ti ha illuminato la prima, ma tu però
la devi portare dentro, altrimenti non fai più il collegamento con la nuova
Parola che chi arriva e allora la nuova Parola diventa un nuovo problema.
Bisogna
quindi essere fedeli alla Parola che Dio ti ha proposto: non è questione di
memoria, ma di amore, di giustizia.
Infatti se
tu ci tiene molto a una persona, sei molto attento e custodisci molto le parole
che lei chi dice e le mediti.
La Madonna
meditava, rifletteva, custodiva tutte le cose che riguardavano suo figlio, non
lasciava perdere nulla.
Questa
costanza allora ti fa rendere attento a ciò che Dio ti manda, tenendo sempre
presente quel problema che Lui prima ti ha proposto, per cui a poco a poco
questo, s’illumina, si chiarisce.
Luigi: L'universo è finito e i confini dell'universo sono determinati
dalla luce.
Solo Dio è
infinito.
La luce è
finita perché viaggia a 300.000 km al secondo, per cui la luce del sole, la
vedi 8 minuti dopo, perché dista 150 milioni di chilometri da noi, mentre la
luce della stella più vicina impiega 4 anni luce, quella della galassia più
vicina la Andromeda dista 2 milioni di anni luce, per cui quando la vedo non la
vedo come è adesso e la si vede a occhio nudo, ma come era 2 milioni di
anni fa.
Le
galassie più lontane che attualmente hanno scoperto sono a 15 miliardi di anni
luce.
Invece la
luce della luna impiega un secondo ad arrivare a noi.
E tutto questo
Dio fa per un pensiero nostro verso di Lui.
Non solo,
ma c'è tutto un movimento di espansione dell'universo: si è scoperto che più le
galassie sono lontane e più la loro velocità è maggiore fino ad avvicinarsi
alla velocità della luce.
La stessa
materia è luce, energia, onda, onda luminosa.
La nostra
terra è fatta di luce, i nostri corpi sono fatti di luce, tutta la creazione è
luce, luce che si differenzia.
È solo
questione di differenza, di rapporto di luce, i colori sono luce differenziata.
Luigi: Tutti i segni sono finiti.
Solo Dio è
infinito.
I segni
per noi finiscono nel senso che non possiamo proiettare su di essi il pensiero
del nostro io e quindi scollarli e scollarci da Dio.
È il
passaggio dal finito all'infinito che per noi è determinante ed è possibile
perché in noi c'è un punto di infinito ed è il Pensiero di Dio in noi.
Tutto il
resto è finito.
Anche il
nostro cervello, che è più grande dell'universo intero perché lo può
comprendere, è finito.
La
capacità dell'infinito è data in me dal Pensiero di Dio, cioè l'infinito è dato
dall'unità di Dio.
Tutto ciò
che è creazione invece è molteplicità e la molteplicità crea la finitezza.
L'infinito
è dato dall'uno.
Ora se noi
raccogliamo nell'unità di Dio, inauguriamo una vita che è infinita, perché
avremo sempre da raccogliere nell'unità. Invece la comunicazione tra di noi è
finita, nonostante la complessità quasi infinita del nostro cervello.
A un certo
momento non c'è più niente da dire, anche se si vive assieme, si è esauriti ma
se invece mi accompagno con una persona finita ma che, è in collegamento con
l'infinito, con Dio, allora attraverso Dio qui ho la possibilità di una
comunicazione inesauribile.
Con Dio
abbiamo l'infinito.
In Lui ho
la possibilità dell'amicizia non solo con Lui, ma con tutte le creature, se
dialogo con Dio.
Ma se non
dialogo con Dio resto finito, per cui a un certo momento mi scollo, perché non
ho più niente da dire.
Nell'eternità
c'è vita infinita perché tutte le creature sono collegate con Dio: Dio parla attraverso
tutte le creature, per cui non c'è nessuna creatura che stanchi, perché è Dio
che parla in tutte.
Noi
nell'eternità ascoltiamo e possiamo anche parlare, ma sempre attraverso Dio.
Se andiamo
a fondo, scopriamo che già ora è così: senza un punto in comune tra noi c'è
incomunicabilità.
Non posso
comunicare direttamente con una creatura, perché ogni creatura ha una sua
situazione di mondo,una sua presenza.
Ma se tu
pensi Dio ed io penso Dio, attraverso Dio posso comunicare con te.
Già tutto
questo è un segno della vita in cielo, se siamo in cielo, abbiamo tutti un
unico punto di riferimento, per cui attraverso Dio ci capiamo tutti.
Domenica 1
marzo 1987 Riassunto dei tre temi.
Luigi: Siccome noi capiamo solo ciò che
abbiamo personalmente presente, fintanto che noi non giungiamo a
interiorizzare, cioè ad avere presente nel nostro spirito il Pensiero di Dio
come presenza oggettiva, noi non possiamo capire le cose che riguardano Dio.
Perché queste
si capiscono solo nel Pensiero di Dio se, però ce l'ha presente.
Ma se tu
hai presente altro (natura, creazione, creature), puoi capire solo le cose che
si riferiscono a quest'altro che ha il presente.
Luigi: Fintanto che io sono nel mondo, il tempo scade, in quanto passo
da ciò che mi parla il Figlio a ciò che sono io, per cui dico qui non posso.
È finito.
Il tempo è
scaduto.
L'argomento
del mio io macchia l'argomento di Dio e la Parola di Dio macchiata non serve
più per il nostro passaggio, non può più essere offerta: l'agnello deve essere
immacolato.
Luigi: Quando per opera del Figlio tutto è sottomesso al Pensiero di
Dio, allora il Figlio stesso ci consegna al Padre affinché noi possiamo
attingere alla sorgente, cioè vedere il rapporto fra Padre e Figlio.
Infatti
quando ho tutto unificato nel Pensiero di Dio mi resta ancora l'interrogativo:
che cos'è in me questo Pensiero di Dio?
È solo dal
Padre che lo posso conoscere, perché solo il Padre conosce il Figlio. Ecco
tutta l'opera che il Cristo fa sulla nostra terra per portarci a questa meta.
Altrimenti
ci troviamo con delle pagine del Vangelo che non capiamo assolutamente:
"Erano tuoi e Tu li hai dati a me, adesso li affido a Te, adesso che sono
tutti raccolti in Me, li affido a Te, perché adesso hanno la capacità di
ricevere da Te, perché hanno capito che Tu mi hai mandato".
Sono tutte
Parole che vanno assimilate, capite.
A un certo
momento gli apostoli gli dicono: "Mostraci il Padre e ci basta",
perché il Cristo ha fatto loro capire che tutto viene dal Padre, e che quindi
hanno bisogno di attingere personalmente dal Padre.
Per cui il
Figlio di Dio non si sostituisce mica al Padre: a un certo momento si ritira,
affinché anche noi possiamo nascere da Dio come lui nasce.
Perché
altrimenti se noi non potessimo nascere dal Padre, come Lui è generato dal
Padre, noi non potremo mica fare una cosa sola con Lui.
E Lui
invece prega il Padre: "Affinché siano tutti una cosa sola".
Infatti è
la conoscenza che viene dal Padre che ci fa una cosa sola con il Figlio, non è
la nostra volontà o le nostre intenzioni.
Gesù prega
così: "Padre fa che siano una cosa sola come noi".
Quest’unità
è data dalla generazione dal Padre, cioè dalla possibilità di nascere dal Padre
come il Figlio nasce, quindi con partecipazione consapevole.
Luigi: Cristo a un certo momento si ritira come presenza fisica ma è con
il suo Pensiero che attingiamo alla sorgente, perché Lui ci ha trasformati in
suo Pensiero.
Luigi: Il compimento dell'interiorizzazione è sintetizzato con queste
Parole di San Paolo: "Non sono più io che vivo ma è Cristo che vive in
me", perché Cristo lì ci ha trasformati tutto in Pensiero di Dio.
Ma posso
dire questo, solo se ho Presente questa Presenza del Pensiero di Dio,
oggettivamente presente in me, allora è Dio che me lo fa dire.
Luigi: Il Cristo parlandomi mi raccoglie nel suo Pensiero, perché tutte
le cose sono come dei frammenti del Pensiero di Dio, e Lui me li riporta nel
Tutto, nel Pensiero di Dio: sottomette tutto al Pensiero di Dio.
Ascoltando
il Cristo lui mi conduce: prima di tutto a scoprire la presenza in me del
Pensiero di Dio, come Pensiero oggettivo. Perché in un primo tempo crediamo che
il Pensiero di Dio sia nostro, ritenendo di essere noi a pensarlo e non ci
accorgiamo della contraddizione, perché infatti se è nostro, non è di Dio.
Poi dopo
questa scoperta, allora possiamo sottomettere tutto a questo Pensiero di Dio,
scoperto come oggettivo, cioè che esiste indipendentemente da noi.
Prima di
questa scoperta, l'unica cosa che possiamo fare è quella di piangere, perché
non riusciamo ad avere ciò per cui siamo fatti.
Tutta la
funzione dell'antico testamento è quella di condurci a questo pianto, che
diventa poi un'invocazione, preghiera, ed è questo che ci fa maturare per
l'incontro con Cristo.
Noi non
incontriamo il Cristo quando ridiamo o stiamo bene, ma quando il vino ci viene
a mancare.
Prima no.
Prima Lui
c'è ma è uno fra tanti.
Cioè la
nostra festa s’incentra sugli sposi, non sul Cristo.
Poi
durante la festa a un certo momento il vino ci viene a mancare.
Allora
tutto s’incentra su Cristo.
Cioè,
quando è che il Cristo diventa il centro, il punto determinante?
Quando la
vita ci viene a mancare.
È proprio
quel punto lì che, ai nostri occhi sembra un fallimento, è il punto di raccordo:
lì il tempo è maturo, compiuto per incontrare il Cristo, perché a questo punto
tutto il resto non m'interessa più, perché m’interessa soltanto più questo:
finalmente ho trovato Colui di cui avevo bisogno, perché io stavo morendo e ho
trovato uno che mi sta dando la vita.
Ma è
necessario passare attraverso questo punto, perché fintanto che io trovo la
vita nelle creature, nel mondo, negli affari, non sono maturo per l'incontro
con il Cristo e anche se l’incontro, l’incontro male, perché faccio poi
consistere la vita in una certa recitazione o magari lo invitò alle mie feste
ma come uno fra tanti.
Fintanto
che Lui non diventa l'unico, da cui dipende tutto di me, non sono preparato a
incontrarlo.
Quando l'incontro,
ecco che Lui fa in me, tutto quel lavoro di sottomissione al suo Pensiero
facendomi tutto Pensiero di Dio, ed è essenziale questo, perché il Padre si
conosce solo nel Figlio, nel Pensiero di Dio.
Cioè gli
estremi all'ultimo sono poi questi: Dio e il suo pensiero, e fuori del suo
Pensiero è assolutamente impossibile conoscere Dio: il che vuol dire che noi
dobbiamo essere tutti raccolti in quel Pensiero lì.
È
passaggio obbligato per giungere a conoscere il Padre.
Luigi: Siccome Gesù nel mondo ci parla già del Fine, cioè del Padre,
anche se siamo lontanissimi, già vedendo il fine, abbiamo una grande speranza e
le cose acquistano un significato perché so che debbo arrivare là.
Soprattutto
ci dà una possibilità di scelta a ogni bivio: sono fatto per quello devo
arrivare là è quindi una possibilità di scartare.
In caso
diverso resto in balia di tutto: tutto mi può fare paura, tutto può essere
buono e valido.
Ecco
perché la conoscenza del fine è molto importante.
Luigi: Il Figlio, che è sapienza di Dio, ricollega tutto al Creatore:
"Non affannarti, nulla dipende da te, tutto viene da Dio".
E tu
questo linguaggio lo capisci perché il Dio Creatore non lo puoi mica smentire:
basta un filo d'erba, non sei tu e nessun uomo che l'ha creato.
Basta
questo e basta uno che mi colleghi le cose con il Creatore ed io ho la
possibilità di capire.
Luigi: I segni finiscono in quanto io posso proiettare su tutti il mio
io, su tutto posso dire: "Questo è mio", e questo mi rende
impossibile il passaggio a Dio.
Perché il
passaggio a Dio, lo posso fare soltanto in quanto posso dire: "Questo è di
Dio".
Cioè posso
fare questo passaggio non con le mie parole ma, con le sue Parole.
È la sua
Parola che è ponte non la mia.
Ma come
proietto il mio pensiero su un segno che Dio mi ha dato, sulla Parola stessa
che Dio mi ha fatto arrivare, già mi taglio il ponte non posso più passare.
Perché io
posso passare in quanto mi trovo di fronte a una Parola di Dio.
Quindi
anche l'angoscia può essere una Parola di Dio, una novità per me, ma se è
novità per me, è una possibilità del ponte, e allora passo se l'accetto da Dio.
Ma se
invece mi chiudo nel pensiero del mio io, macchio anche questo segno, perché
tutti i segni di Dio sono macchiati dal pensiero del mio io, perché il pensiero
dell'io è superiore a tutti i segni che Dio mi dà, addirittura è
superiore a Cristo, in quanto il mio io può prevalere su Cristo e mandarlo a
morte.
Luigi: Noi scopriamo il tutto di Dio in quanto scopriamo il niente
nostro e che tutto in noi è opera sua.
Quel
sforzarci di entrare di cui parla Gesù, vuol proprio dire sforzarci di scoprire
questo nostro niente e il tutto di Dio.
Noi ci
tagliamo fuori proprio credendo di essere qualcosa o di dover fare qualcosa,
non si entra senza di noi, ma quel senza di noi è proprio questo: tu non
mettere le mani, lascia fare a Dio, e lasciar fare a Dio è la cosa più
difficile.
Luigi: È il pensiero puro, unico che concepisce.
Come Maria
che è puro ascolto di Dio e ci dice: "Fate tutto quello che Lui vi
dirà".
Quel fate,
vuol dire lasciate fare a lui.
È in un
rapporto personale, di amore, che Dio ci inonda di luce e quindi di gioia,
anche se malati.
Luigi: Abbiamo già tutto in noi, manchiamo solo noi, perché facciamo
troppo rumore, parliamo troppo, ci agitiamo troppo e allora non percepiamo quel
Tutto che già è con noi.
Luigi: Solo il pensiero puro può concepire la Presenza di Dio.
Il
pensiero inquinato non può smentire Dio, perché Dio è trascendente, però non lo
può conoscere.
Ed è solo
attraverso il Cristo, luce del mondo che possiamo arrivare al pensiero puro
Luigi: È tanto importante l'ascolto, che anche l'incapacità, l'impotenza
di ascoltare va accolta e riportata Dio, perché anche questa impotenza è una
sua Parola.
Fintanto che sono nel mondo sono la luce del mondo Gv 9 Vs 5 Terzo
tema
Titolo: I confini della
vita.Riassunti Lunedì
Argomenti: La torre di Babele –
Le tenebre – La capacità di capire – Cielo e terra, collegamento – L’opera del Figlio
– Interiorizzare – Cristo incarnato – La Parola e l’ascolto – Il pensiero e
l’universo – La conoscenza della causa – L’io di Adamo -
23/ Febbraio/1987
- Interventi di Luigi nel Riassunto
-
Luigi: Le
cose del mondo, noi le troviamo senza conoscerle.
Le
esperimentiamo, le vediamo, le tocchiamo ma non sappiamo cosa siano.
Tutte le
creature noi le troviamo senza conoscerle.
Dio non
possiamo trovarlo senza conoscerlo.
La Verità
tu la trovi solo conoscendola.
Fintanto
che tu non l’hai conosciuta, tu non hai trovato la Verità.
Quindi c’è
una coincidenza nel campo della Verità, tra la conoscenza e il trovare.
Invece tu
un albero lo trovi anche senza conoscerlo.
Non sai
cosa sia un albero, però l’albero lo trovi.
Poi man
mano che lo studi conoscerai qualcosa di più dell’albero ma comunque la
conoscenza segue il trovare, non lo precede.
Invece Dio
non puoi trovarlo se non conoscendolo.
La Verità
non puoi trovarla se non conoscendola.
Quando tu
conosci la Verita, vuol dire che l’ahai trovata.
Tutte le
cose del cielo si trovano solo conoscendole.
Tutto ciò
che non è Dio è segno e allora il segno arriva a noi senza di noi e noi non lo
conosciamo.
La
creazione e la nostra vita giunge a noi senza di noi ma noi non sappiamo né
cosa sia la creazione, né cosa siamo noi.
Anche il
Pensiero di Dio s’impone su di noi, infatti non sappiamo cosa sia, addirittura
pensiamo di essere noi a pensare Dio.
Le cose
invisibili non è che siano inconoscibili, sono invisibili perché si possono
trovare solo conoscendole.
Per cui
fintanto che non le conosco, per me sono invisibili.
La terra
invece non è invisibile, perché posso trovarla anche senza conoscerla.
Le cose
invisibili, sono quelle che si possono trovare solo conoscendole.
Le cose
visibili, sono invece quelle che trovo anche senza conoscerle.
Luigi:
Se non viene uno dal cielo a parlarci del cielo, noi da soli non possiamo fare
il passaggio dalla terra al cielo.
Ecco la
torre di Babele, non si arriva al cielo partendo dalla terra, anzi, la terra si
comprende partendo dal cielo.
Se tu ti
porti in cielo capisci cosa è la terra ma se tu stai in terra non capisci né
cosa è la terra, né cosa è il cielo, tu sfasi tutte le cose.
Così è lo
stesso, se tu parti dal pensiero del tuo io, tu non puoi conoscere né te, né
Dio, se invece ti porti in Dio, da Dio puoi conoscere Dio e anche il pensiero
del tuo io.
Luigi:
Quando Dio viene in quello che noi abbiamo presente e parla a noi attraverso
quello che abbiamo presente, ci può portare in cielo.
Ma solo
Lui, essendo in cielo, può raccogliere la mia terra nel suo cielo.
Rasccogliendo
la mia terra raccoglie me, perché io sono con la mia terra.
Quindi
solo Colui che è in cielo, può raccogliere la terra nel cielo.
Ma chi è
in terra, non può salire al cielo.
Luigi:
Il Figlio di Dio, parlando a noi attraverso le cose della terra, ci conduce a
conoscere il Padre, prima ancora che noi lo troviamo.
Perché
dalla conoscenza del Padre, noi poi dopo troviamo la presenza del Padre, del
Figlio e dello Spirito Santo.
Il
Trovare, è una conseguenza del Conoscere.
Non è
simultaneo, è successivo.
Prima
conosci e poi trovi.
Invece nel
mondo prima trovi e poi conosci.
La Verità
conoscendola la trovi, Dio è qualcosa di più profondo della Verità.
Fintanto
che sono nel mondo sono la luce del
mondo Gv 9 Vs 5
Riassunto Domenica – Lunedì.
Argomenti: Interiorizzare –
La capacità di conoscere Dio – Il Pensiero di Dio oggettivo in noi – Il Padre
si rivela solo al Figlio – La stoltezza – Il Signore della storia è Dio – La
conoscenza ci cambia -
1-2/ Marzo/1987