Io debbo compiere
le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può
più operare. Gv 9 Vs 4 Primo tema.
TITOLO: Conoscere è essere
ARGOMENTI: L'interrogazione.
Compiuto & incompiuto. Compimento
e principio. Disperdere & raccogliere. Il
compimento dell'interrogazione. Conoscere
è essere. Il Figlio porta a compimento le opere del Padre. Come portare a compimento.
11/Gennaio/1987 Casa di preghiera
Fossano
- Esposizione di Luigi Bracco -
Siamo
giunti al versetto quattro del capitolo nove in cui Gesù dice: "Io debbo
compiere le opere di Colui che mi ha mandato, finché è giorno, viene la notte
quando nessuno può lavorare".
In
questo versetto ci sono parecchi argomenti, il primo è questo:" Io debbo
compiere le opere di Colui che mi ha mandato".
Poi
abbiamo l'aggiunta di: "Finché è giorno" e poi: "Viene la notte
quando nessuno può lavorare".
Stasera
ci fermiamo sul primo argomento: "Io debbo compiere le opere di Colui che
mi ha mandato".
Abbiamo
visto che di fronte a quell'uomo cieco dalla nascita, i discepoli avevano
interrogato Gesù su di chi fosse la colpa per quella cecità, se del cieco o dei
suoi genitori e Gesù aveva risposto loro dicendo che la colpa non era di
nessuno: "Né lui ha peccato né i suoi genitori".
Ma
l'aveva collegato al fine: "É così affinché siano manifeste in lui
le opere di Dio".
Abbiamo
visto come in queste parole ci sia rivelato il significato, il senso di tutte
le cose che accadono.
In
tutte le cose che accadono, in tutte le cose che Dio fa (e Dio il Creatore di
tutte le cose), noi dobbiamo sempre sentire questa Parola di Dio che dice a
noi: "É così affinché siano manifeste in lui le opere di Dio".
Quindi
abbiamo la chiave di lettura.
Poi
dopo aver detto questo Gesù aggiunge:"Io debbo compiere le opere di Colui
che mi ha mandato", questo va collegato con quella finalità che ha detto
prima: "É così affinché siano manifeste in lui le opere di Dio".
Evidentemente
questo "compiere", "Io debbo compiere le opere" è in relazione
a quel "affinché siano manifestate".
Quindi
in quel tempo non erano ancora manifestate, Gesù dice "Io debbo compiere
le opere di Colui che mi ha mandato"
Evidentemente
questo compiere, questo compimento è in relazione a quel manifestare in quel
tempo le opere di Dio.
Noi
vedremo che qui Gesù darà la luce a quegli occhi ciechi, darà la possibilità di
vedere, ma dobbiamo ritenere che questo sia il compimento delle opere di Colui
che lo ha mandato?
Cioè
delle opere del Padre?
Dare
la luce a colui che è cieco?
Ora
dare la luce a un cieco nato, cioè aprirli gli occhi, darli la
possibilità di vedere, appartiene ancora al campo dei segni.
Perché
questo uomo nato cieco, che inizierà a vedere per opera di Gesù morirà anche
lui e proprio in quanto passa e muore ci rivela che l'opera non è compiuta.
Poichè
tutto ciò che è soggetto al tempo non è compimento, tutto ciò che è relativo,
che è temporaneo non è compimento ma Gesù ha detto che deve portare a
compimento.
Ora
in quanto dice compimento, presuppone che ci sia dell'incompiuto, in quell'uomo
cieco, che suscita una interrogazione nei discepoli.
C'è un incompiuto e abbiamo visto che l'uomo di fronte
all'incompiuto interroga.
E
perché interroga?
Interroga
perché non sopporta.
L'interrogazione
è un movimento, è un movimento di insoddisfazione.
Ecco,
non si sopporta il relativo, non si sopporta il finito, non si sopporta il
temporaneo le cose che mutano, le cose che passano, l'uomo non le sopporta.
Abbiamo
visto che tutto questo, relativo, temporaneo, tutto ciò che non è Assoluto, qui
ci viene dichiarato che è incompiuto.
Ma
anche qui dobbiamo chiederci perché l'uomo non sopporta l'incompiuto.
L'uomo
non sopporta l'incompiuto perché evidentemente dentro di sé porta il
compiuto.
L'uomo
abbiamo visto la volta scorsa, interroga tutte le volte che si trova di
fronte a cose che passano perché ha presente l'eterno.
L'uomo
di fronte al relativo interroga perché porta con sé l'Assoluto.
Di
fronte a tutto ciò che è finito interroga, evidentemente perché porta dentro di
sé l'infinito.
Se
uno non avesse in sé l'Assoluto, l'infinito, l'eterno di fronte alle cose che
passano non interrogherebbe.
Ora
in queste parole qui ci viene dichiarato che tutto ciò che è finito, che noi
chiamiamo finito, che noi vediamo temporaneo, tutto ciò che noi vediamo
relativo è un incompiuto.
Allora
questa incompiutezza suscita nell'uomo l'interrogazione appunto perché l'uomo
porta in sé il compiuto, le cose infinite, non finite, in quanto le cose sono
veramente finite in quanto sono infinite.
L'uomo
porta in sé l'Assoluto e
quindi quando si scosta da quest'Assoluto, l'uomo è inquieto, è insoddisfatto,
e proprio segno di questa insoddisfazione è questa interrogazione dei
discepoli.
Ora
Gesù qui dice "Io debbo compiere le opere di Colui che mi ha mandato, Io
debbo compiere le opere del Padre". Ecco ci annuncia che tutte le cose che
noi osserviamo e guardiamo sono incompiute.
Cioè
il Padre inizia un opera, Dio incomincia un opera ma questa opera è incompiuta
e il compimento è affidato al Figlio.
Solo
il Figlio porta a compimento le opere del Padre.
Dobbiamo
allora chiederci in cosa consiste questo compimento e perché solo il Figlio può
portare a compimento le opere del Padre, perché le opere del Padre sono
incompiute in sé e sopratutto quale significato ha per la nostra vita personale
tutto questo e cosa Dio ci vuole manifestare di Se attraverso quest'opera che
il Padre inizia e che solo il Figlio può portare a compimento.
Il
Figlio è il Pensiero di Dio ed abbiamo visto che se l'uomo di fronte a ciò che
non è compiuto sente il bisogno di interrogare è perché non sopporta le cose
incompiute e non le sopporta perché ha presente le cose compiute.
Le
cose compiute stanno in quell'infinito, in quell'Assoluto che lui porta in sé.
Allora
tutta l'interrogazione e tutta la problematica dell'uomo è quella di cercare di
portare a compimento le cose.
Perché
se l'uomo non sopporta le cose incompiute, è perché porta in sé il desiderio di
arrivare al compimento e il compimento è il fine.
Ma
questo fine non è altro che riportare nel Principio le cose che sono lontane da
questo Principio.
Tutto
ciò che è finito, incompiuto, è lontano dal Principio, però nell'uomo questa
lontananza provoca in lui stesso il desiderio di riportare nel Principio per
vederle nel principio.
Possiamo dire allora che una cosa è compiuta in quanto è contemplata nel suo
Principio.
Ma
cosa vuol dire contemplare le cose nel Principio?
A
questo punto già capiamo che se l'uomo è una passione per riportare le cose nel
Principio, il Principio diventa il fine, il fine dell'uomo.
Cioè
il contemplare le cose nel Principio diventa il fine.
Ma
il fine vuol dire conoscere l'intenzione cioè conoscere il pensiero.
Il
che vuol dire che è possibile riportare le cose al principio solo in
quanto uno conosce il pensiero, l'Intenzione del Principio cioè del Padre, di
Dio, di Colui che opera.
Ora
il Padre opera tutte le cose per suscitare in noi il desiderio,
l'interesse di riportare tutte le cose che Lui fa, in Lui.
E
perché questo movimento?
Dio inizia un opera, Dio forma in noi la passione, il desiderio di riportare
quest'opera di nuovo in Lui, tutte le cose vengono da Dio, tutte le cose
ritornano in Dio, ma non ritornano in Dio senza di noi.
Cioè
tutte le cose vengono da Dio, vengono a noi, si presentano a noi sotto un
aspetto incompiuto, per cui suscitano in noi una insoddisfazione, una
insopportabilità e quindi il desiderio di riportarle nel loro principio,
quindi portarle nel compimento.
Abbiamo
detto che soltanto col Pensiero di Dio, nell'Intenzione di Dio si possono
riportare le cose nel loro Principio e il Pensiero di Dio è il Figlio di Dio,
per questo dico solo il Figlio di Dio può riportare le cose nel Padre. Fintanto
che noi non conosciamo il Pensiero di Dio, non abbiamo in noi il Principio, Dio
Creatore.
Noi
abbiamo davanti a noi le cose incompiute cioè, le opere di Dio ma non possiamo
riportarle nel Principio e soffriamo e patiamo per questo, perché noi non
possiamo sopportare le cose finite, le cose incompiute.
Però
solo il Pensiero di Dio può riportare le cose in Dio, perché le cose sono
contemplabili in Dio solo nel suo Pensiero cioè, solo vedendo il fine per cui
Dio opera tutte le cose che fa, quindi tutte le cose incompiute che ci
presenta.
Quindi
solo vedendo il Fine, il Pensiero, la sua Intenzione noi abbiamo la
possibilità di riportare le cose in Dio e quindi di contemplarle in Dio e
quindi di vedere, di portarle a compimento, di portarle nel loro compimento.
Ecco
per cui Gesù dice che Lui è venuto a portare a compimento le opere di Colui che
lo ha mandato.
In
un altro luogo Gesù aggiunge: "Chi con Me non raccoglie disperde...chi invece
raccoglie riceve mercede di vita eterna".
Qui
abbiamo la chiave per capire perché Dio opera delle cose incompiute e suscita
in noi l'interrogazione il desiderio di riportare queste cose incompiute
nel loro compimento.
Gesù
dice "Chi con Me raccoglie riceve mercede di vita eterna", vita
eterna vuol dire conoscere Dio.
Ricevere
mercede di vita eterna, vuol dire avere possibilità di conoscere Dio, però
dice :"Chi con Me", il che vuol dire che l'uomo da solo non può,
l'uomo da solo sente il bisogno, non sopporta l'incompiuto, l'uomo da solo non
sopporta le cose che mutano, non sopporta le cose temporanee, non sopporta le
cose relative, l'uomo da solo non sopporta, interroga però non può portarle a
compimento.
Il
compimento non può avvenire senza il Pensiero di Dio, senza il Figlio e
Gesù infatti dice "Chi con Me non raccoglie disperde, ma chi con Me
raccoglie riceve mercede di vita eterna".
Questo
ci fa capire che non basta che noi sentiamo il desiderio o che facciamo
l'interrogazione.
Sentiamo
il desiderio di portare le cose al loro compimento,ma da soli non possiamo,
sentiamo bisogno ma non possiamo portarle nel loro compimento.
Però
non portandole al loro compimento le disperdiamo, infatti tutto ciò che noi non
riportiamo al fine lo perdiamo.
La
Parola di Dio, tutto è Parola di Dio, la Parola in sé è incompiuta, quindi
tutto ciò che arriva a noi incompiuto, se non viene portato da noi nel fine,
viene perduto.
Soltanto
che tutto ciò che noi perdiamo, a nostra volta ci perde, quindi tutto quello che
noi non raccogliamo in Dio noi, sì lo disperdiamo ma, a sua volta restiamo
dispersi e tutto quello che noi raccogliamo a nostra volta ci raccoglie e ci
raccoglie nella contemplazione di Dio, del Finito di Dio che è un Infinito, il
compimento.
Ora
Dio dimostra al Figlio tutte le cose che fa, perché il Padre ama il Figlio e
amando il Figlio gli dimostra tutto quello che fa.
Dimostrare
vuol dire far capire.
Abbiamo
detto che l'uomo interroga perché desidera capire.
Quindi il compimento dell' interrogazione sta nel capire.
Dio
dimostra al Figlio tutto quello che fa.
Cioè
fa capire al Figlio tutte le cose che fa e facendo capire al Figlio tutte le
cose che fa, il Padre comunica Se Stesso al Figlio .
Ecco
questo è il fatto importante: nel far capire c'è la comunicazione dell'essere.
Cioè
diciamo: conoscere è essere.
Infatti
Dio è verità e la verità si trova solo conoscendola.
Ora
se la verità si trova solo conoscendola, vuol dire che la verità si comunica
attraverso la conoscenza.
Dio
è verità.
Dio
si comunica soltanto attraverso la conoscenza.
Conoscere
Dio è partecipare a ciò che Dio è.
Dio comunica Se Stesso al Figlio in quanto dimostra, gli fa capire (e il Figlio
comprendendo) le cose del Padre, le opere del Padre, quindi il Padre fa
un'opera sola: genera suo Figlio, ma dimostra al Figlio quello che fa.
Ecco,
dimostrando al Figlio quello che Lui fa, comunica Se Stesso e il Figlio conosce
il Padre e il Figlio, quindi il Figlio ricevendo la dimostrazione di
quello che il Padre fa, contempla Se nel Padre.
Ora
è proprio in questa contemplazione dell'opera del Padre, nel Padre che forma
una cosa sola tra il Figlio ed il Padre.
Ma
questo ci fa capire anche che Dio fa tutte le cose incompiute per dare a noi la
possibilita, (riportandole attraverso il Figlio nel Padre) di avere la
dimostrazione di quello che il Padre fa e attraverso la dimostrazione, capire
perché il Padre fa queste opere incompiute di fronte alla creatura, la
creatura è fatta partecipe di quello che Dio è, il Figlio contemplando l'opera
del Padre dà luogo allo Spirito Santo che è Spirito di verità.
Qui
Gesù dicendoci: "Io debbo compiere le opere di Colui che mi ha mandato,
debbo portare a compimento le opere del Padre", rivela a noi quello che
noi dobbiamo fare.
Perché
tutto quello che Gesù, Verbo di Dio incarnato, Pensiero di Dio tra noi
dice, lo dice per noi.
Lo dice affinché anche noi ci rendiamo consapevoli che, anche noi dobbiamo portare a
compimento le opere che Dio fa.
Non
basta che noi accogliamo le opere da Dio.
Non
basta che noi diciamo che tutto è opera di Dio, tutto è creazione di Dio.
Non
basta che noi accettiamo tutto da Dio, non basta che noi crediamo in Dio.
Noi
dobbiamo portare a compimento le opere che il Padre ci ha dato e soltanto
portando a compimento, quindi facendo quest'opera, qui abbiamo la possibilità
di restare uniti al Figlio.
Anzi
noi restiamo uniti al Figlio solo in quanto noi facciamo ciò che il Figlio fa.
Qui
abbiamo anche la capacità, la possibilità di capire perché noi ci disuniamo dal
Pensiero di Dio.
Ci
disuniamo ogni volta che facciamo qualcosa di diverso da quello che il Figlio
fa.
Il
Figlio porta a compimento le opere del Padre, rivela a noi la condizione per
restare con Lui, noi restiamo con il Figlio solo in quanto portiamo a
compimento le opere che Dio fa.
Ma
tutte le volte che noi non portiamo a compimento le opere che il Padre
fa, noi ci disuniamo dal Padre e dal Figlio.
Ecco
per cui c'è sempre nella nostra vita questo rischio di trovarci fuori, di
trovarci separati, disuniti, non più in comunione né con il Padre, né con il
Figlio.
-
Conversazione -
E.: Direi che l'uomo quando prende
consapevolezza della sua esistenza, si trova in un mondo di realtà con la erre
minuscola che sono viziate, nessuna delle quali conosciuta ed è per questo che
soffre ed è per questo che s'interroga.
La risposta a questa interrogazione,
evidentemente la dà Gesù, dice: "Io sono venuto per compiere le opere del
Padre mio" e lì dobbiamo interrogarci sul significato del compimento, cosa
significa compimento.
Il compimento è il fine per cui una opera è
posta in esistenza e messa in relazione a noi, alla nostra anima e ci dice
personalmente qualcosa del principio, da cui questa opera viene a
noi.
Il fine è il principio in cui l'uomo deve
contemplare le cose e la difficoltà qui della contemplazione nel principio è
quella di scorgere l'intenzione, il pensiero...ecco perché a un certo punto,
solo con il Pensiero dello stesso Principio da cui la cosa viene all'uomo è
possibile riportarla al Principio, questo è chiarissimo ed è comprensibile
nella sua accezione esteriore. Però vorrei chiederti questo: l'uomo porta a
compimento col pensiero, senza conoscere personalmente la realtà cui il
compimento si dirige, perché personalmente non conosce il Pensiero del
Principio che porta in sé, di cui sente gli effetti, perché l'esigenza
dell'Assoluto che l'uomo porta in sé è un effetto......
Luigi: Il
Pensiero di Dio è Pensiero del Padre che è Pensiero del Principio.
E.: Lui riporta nel Principio, contempla nel
Principio l'opera.....
Luigi: Praticamente
chi fa quell'opera lì, non è l'uomo è il Pensiero di Dio.
E.: Come è possibile che ciò avvenga senza che,
scusa è la solita domanda ma posta in termini diversi, senza che abbia
conoscenza, con le sue facoltà naturali che pur il principio ha dato all'uomo,
senza che abbia conoscenza di come avvenga questa operazione, senza che abbia
conoscenza del fine a cui il Pensiero di Dio indirizza l'opera?
Luigi: Se
l'uomo è solo questo non può farlo, appunto perché non conosce quindi non può
farlo.
E.: No, no, no non solo, col Pensiero di Dio.
Luigi: L'uomo
ha in sé il Pensiero di Dio, non il suo pensiero, il pensiero dell'uomo.
L'uomo
ha in sé il Pensiero di Dio.
Ora
avendo il Pensiero di Dio, è il Pensiero di Dio che forma quest'opera qui, cioè
è il Pensiero di Dio che riporta in Dio cioè nel Padre quello che l'uomo ha
presente in sé come opera di Dio.
E.: Ecco, vorre chiederti questo, allora
questa operazione....
Luigi: Cioè
l'uomo ha la possibilita, è una possibilita, il pensiero che porta l'uomo in
sé, che non è Pensiero di Dio, è il pensiero dell'uomo, che è il pensiero delle
cose finite, non compiute.
Diciamo
che tutto l'universo si conclude in un pensiero dell'uomo, pensiero dell'uomo,
non ancora Pensiero di Dio, pensiero dell'uomo che ha presente le opere di Dio,
la creazione.
Però
l'uomo è insodisfatto di questa creazione perché non vede il compimento non
vede il significato, non vede il fine, perché insoddisfatto?
Evidentemente
perché porta già in sé la dimensione della compiutezza .
Questa
dimensione della compiutezza da che cosa gli è data?
Gli
è data da un Pensiero che l'uomo ha in sé e che non conosce cosa sia, però
siccome l'ha in sé subisce la presenza, quindi subisce la passione.
L'uomo
non sa perché è insoddifatto, l'uomo non sa perché la pecora è tranquilla e
soddisfatta quando ha mangiato e perché invece l'uomo è insoddisfatto, l'uomo non
capisce, perché non capisce?
Perché
per capire deve contemplare le cose nel principio, non le capisce, però lui
portando in sé l'infinito, quindi la cosa compiuta, patisce il vedere la cosa
incompiuta, quindi in quanto patisce dico passione, dico cosa che l'uomo
subisce senza conoscere, perché se l'uomo conosce non è più passione.
L'uomo
subisce una cosa che è al di sopra della sua volontà, per cui la sopporta.
Allora
l'uomo interroga.
L'interrogazione
dell'uomo è una passione.
Ma
perché l'uomo interroga e l'animale non interroga?
Evidentemente
perché l'uomo porta in sé il Pensiero di Dio e non sa che cosa sia.
Per
questa presenza del Pensiero di Dio, l'uomo è insoddisfatto tutte le volte che
vede le cose diverse dal Pensiero di Dio.
Se
l'uomo ha la possibilità di unirsi al Pensiero di Dio ("Chi con me"),
allora vuol dire che questo Pensiero di Dio fa una opera indipendente
dall'uomo, riporta tutte le cose che fa Dio le riporta in Dio.
L'uomo
sente questo bisogno, sente il bisogno di fare quello che fa il Pensiero di
Dio, se si unisce al Pensiero di Dio, qui abbiamo il Pensiero di Dio che
lavora per l'uomo.
E.: Ecco, abbiamo detto che l'uomo porta in sé
il Pensiero di Dio, non lo conosce....
Luigi: Non
lo conosce....
E.: Allora come può unirsi a una facoltà, a
una potenza, a una esigenza interiore che non conosce?
E sopratutto come fa a sapere di essere nel
giusto, di essere secondo verità?
Posso anche illudermi di essere nell'idea del
Pensiero di Dio.
Luigi: In
quanto io penso Dio, penso una cosa che non conosco.
Come
faccio a pensare una cosa che non conosco?
Evidentemente
perché questa cosa è presente in me, indipendentemente da me.
Ora
la presenza di una cosa in me indipendentemente da me, dà a me la possibilità, è
una possibilità è una potenza, infatti Gesù venendo tra noi dà la possibilità a
tutti coloro che credono in Lui, a tutti coloro che lo ascoltano di diventare
figli di Dio.
Il
che vuol dire che noi abbiamo già in noi il Pensiero di Dio indipendentemente da
noi, l'uomo si caratterizza in questo, è un portatore del Pensiero di Dio, in
quanto è portatore del Pensiero di Dio, non sa cosa sia questo Pensiero di Dio,
però in quanto lo porta con sé, ha la possibilità di guardarlo, ha la
possibilità di unirsi ad esso.
E.:Se guarda a qualcosa che non conosce, qui
il rischio è grosso: ha la possibilita di delinearlo diverso da quello che è.
Luigi: Certamente,
però se io guardo una cosa che non conosco, se la cosa è in sé io posso illudermi,
ma il Pensiero di Dio non è mica una cosa, è una persona e in quanto persona,
questa persona sta facendo un lavoro suo.
Se
io la guardo, se io guardo una persona che sta facendo una cosa, io ho la
possibilità, a poco per volta, seguendo quello che fa quella persona, di
incominciare a conoscere qualcosa di quella persona, se guardo.
Il
Pensiero di Dio è dato a noi perché noi possiamo eleveare il nostro pensiero
finito a Lui, possiamo quindi guardare Lui, se guardiamo, più lo guardiamo e
più abbiamo la possibilità di partecipare di quello che Lui fa, e cosa fa Lui?
Lui
riporta tutto nel Padre, quindi basta guardare per sentire in noi, aver la
possibilita di vedere quello che Lui fa e a nostra volta..."Chi con
me".....cosa vuol dire questo "con"?
Evidentemente
ho la possibilità ma soltanto in quanto guardo a Lui, imparo da Lui a fare
quello che fa Lui e che io non posso fare da solo, quindi nella misura in cui
guardo quello che fa Lui.
Ecco
perché qui mi dà una possibilità di unione dicendo: "Io debbo compiere le
opere che il Padre mi dà", m'insegna quello che fa il Figlio.
Il
Figlio non fa altro che riportare tutto nel Padre, ma se io vedo e sto dietro a
quello che Lui sta facendo, imparo anch'io a riportare tutto nel Padre e il
merito è suo diciamo così.
È
Lui che fa le cose, se io non vedessi fare le cose da Lui, io non potrei fare
queste cose, ma se io guardo a Lui e guardo a Lui in quanto Lui è in me a costo
di essere morto, Lui resta in me anche se il lo trascuro, lo uccido, lo
bestemmio, perché solo restando con me, dà a me la possibilità di restare con
Lui.
Se
resto con Lui vedo quello che Lui fa, vedendo imparo, allora porto a compimento
con Lui e quindi ho l'unione.
Quindi
io resto unito nella misura in cui faccio quello che fa Lui, ma per fare quello
che fa Lui, devo vedere quello che fa Lui.
E.: Non resta ancora una unione di conoscenza,
qui siamo ancora nella fase in cui subisco la passione.
Luigi: Facendo
quello che fa Lui, arrivo poi alla conoscenza, dice: "Il Padre dimostra al
Figlio tutto ciò che fa", lo porta a capire, gli mostra, e dimostrando,
comunica al Figlio la sua essenza.
Se
io resto col Figlio, conosco queste cose e conoscendo queste cose partecipo.
E.: Partecipo di questa comunicazione....
Luigi: Ecco,
che avviene attraverso la conoscenza, per cui la conoscenza avviene tra Padre e
Figlio ma, se io resto col Figlio ricevo quello che il Padre dimostra al Figlio
e ricevendo quello che il Padre dimostra al Figlio sono fatto partecipe
dell'essenza del Padre.
E.: Ma la possibilità di capire la
dimostrazione, avviene quando già si è conosciuto il Padre, perché non posso
conoscere l'intenzione di una persona se non conosco quella persona.
Luigi: Certo,
infatti il Figlio guarda soltanto il Padre ed è per questo che il Padre
dimostra al Figlio quello che il Padre fa.
Il
Padre non potrebbe dimostrare al Figlio, se il Figlio non fosse tutto Pensiero
del Padre.
E.: Quindi mentre noi con l'aiuto di Dio e col
Pensiero di Dio, riportiamo a Dio, cioè portiamo a compimento le opere che Dio
fa in mezzo a noi e tutte le opere son da portare a compimento, noi non siamo
ancora nella condizione di figli...potenzialmente
Luigi: Potenzialmente
sì, noi stiamo guardando quello che il Figlio fa evidentemente io non posso
portare a compimento le cose se non vedo come il Figlio porta a compimento le
cose nel Padre, ma io ho la possibilità di vedere come il Padre porta a
compimento.
E.:Come il Figlio.
Luigi: Si
come il Figlio porta a compimento.
Se
guardo al Figlio, ma ho la possibilità di guardare al Figlio perché il Figlio è
con me, il Pensiero di Dio è con me.
Quindi
il Gesù che nasce a Betlemme, è rivelazione del Dio con noi, è un segno fuori
per dire che tu sei portatore di Dio, per dirti: "Guarda che Dio abita in
te", ma per quale motivo abita in te?
Abita
in te per dare a te la possibilità di guardarlo, perché guardandolo tu vedi
quello che Lui fa e vedendo quello che Lui fa anche tu puoi farlo, con Lui, lo
fai con Lui.
Facendolo
con Lui la conoscenza di quello che avviene attraverso la dimostrazione, cioè
il riportare le cose al loro compimento ti dà la comunicazione di quello
che il Padre è, ti comunica l'essenza, perché Dio comunica l'essenza
dimostrando le opere che fa.
Portando
nell'infinito, il Padre fa una opera sola: il Padre fa il Figlio, genera il
Figlio, il Figlio contemplando il Padre, dal Padre ha la dimostrazione di
quello che il Padre fa, cioè la dimostrazione di Se Stesso.
Conosce
Se Stesso come generato dal Padre, quindi si contempla sì nel Padre ma, contemplando
Sé nel Padre, vede il rapporto tra Sé ed il Padre e qui dà luogo allo Spirito
Santo, alla processione dello Spirito Santo che viene proprio dal Padre e dal
Figlio, dal Figlio che contempla Se Stesso nel Padre.
Ora
il fine in tutte le cose incompiute, sta nel portare noi a contemplare le opere
incompiute da Dio in Dio, perché solo contemplandole in Dio si forma in noi lo
Spirito di verità, ecco la consapevolezza della verità, lì si forma la
certezza, il campo di certezza, prima no.
Lo
Spirito Santo che è Spirito di verità, di certezza, procede dal Padre e dal
Figlio in quanto il Figlio si contempla nel Padre ma si contempla nel Padre in
quanto guardando il Padre (il Figlio è solo Pensiero del Padre), il Padre gli
dimostra quello che fa, cioè gli dimostra la generazione del Figlio.
Da
questa contemplazione qui, nasce l'area di certezza per noi e ci fa
capire.
Noi
siamo fatti per essere inseriti in questa Trinità Divina.
Che
è poi la vita eterna, è qui che si forma l'area di certezza.
E.: Tu hai proiettato tutto nell'empireo ma
noi terra terra!
Luigi: Si
terra ma terra partendo dal cielo
Infatti
Gesù dice:"Non raccogliete tesori in terra", è molto più profondo di
quello che noi comunemente intediamo.
Noi
pensiamo che non dobbiamo preoccuparci a guadagnar ricchezze, guadagnare il
mondo, possedere il mondo, noi generalmente riteniamo questo, ma è molto più
profonda questa frase qui.
"Non
raccogliete tesori in terra ma raccogliete tesori in cielo", questo
raccogliere tesori in cielo vuol dire fare quello che fa il Figlio, nel cielo
di Dio.
Cioè
contemplato tutto nel Padre, perché tutto quello che vi è dato in terra è un
incompiuto che vi è dato per darvi la possibilità di raccogliere nel Padre.
Certamente
arriva un giorno in cui questa terra qui diventa cielo, il che vuol dire che
questo incompiuto sparisce e diventa tutto compiuto, ma se io non l'ho
portato a compimento, io resto fuori, perché il momento per partecipare, sta in
quanto per me c'è ancora un incompiuto da riportare nel Padre, allora son fatto
partecipe e ho la comunione.
E.:Riportare nel Padre non vuol dire
necessariamente conosciuto.
Luigi: No,perché
la conoscenza viene da-.
L'abbiamo
già detto molte volte, la vera conoscenza viene da-.
Quindi
il Figlio contemplando il Padre, ottiene la dimostrazione, cioè quello che il
Padre genera viene da- e allora conosce Se Stesso.
Conosce
Se Stesso ma conosce Se Stesso come?
Se
Stesso nel Padre e dal Padre.
Non
ci sono le due cose disunite.
E.: Il Figlio si conosce come generato dal
Padre, quei figli che siamo chiamati ad essere noi....non siamo però generati
dal Padre..
Luigi: No
ma noi siamo chiamati ad essere partecipi di questa generazione e soltanto
quando saremo fatti partecipi per opera del Figlio, perché da soli non
possiamo, noi parteciperemo anche allo Spirito Santo.
Che
è l'area di certezza, qui abbiamo la certezza della verità.
E.: Portare queste cose terra terra.....nei
momenti della nostra vita...
Luigi: Gesù
dice a noi: "Io debbo compiere le opere di Colui che mi ha mandato",
il che vuol dire che Lui deve compiere ma, anch'io devo compiere..
E.: Devo capire cosa Gesù mi vuol dire ...devo
portare a compimento, dice a me....
Luigi: Apparentemente
dice :"Devo compiere" e illumina quel cieco ed è finito, no!
Questo
cieco illuminato non è mica ancora opera compiuta, il cieco illuminato non è
mica ancora finito, questo cieco a un certo punto muore, cosa serve allora?
Tutto
quello che passa è relativo e se è relativo è incompiuto, in attesa di compimento,
quindi questa è una parabola, è un segno ancora e quindi una incompiutezza e
allora dove sta la compiutezza?
"Io
debbo portare a compimento" è molto più profondo di illuminare un cieco,
cioè la vera illuminazione l'abbiamo nel vedere il Figlio che raccoglie tutto
nel Padre per vedere tutte le cose dal Padre, perché vedendole dal Padre
partecipa alla conoscenza e quindi partecipa dell'essenza del Padre e forma una
cosa sola con il Padre.
E.: Per dirci la via che dobbiamo
percorrere....
Luigi: Ecco,
attraverso questo c'è una comunicazione, quindi Dio si comunica attraverso la
conoscenza
E.: Che tipo di dimostrazione da il Padre al
Figlio?
Luigi: Fa
capire.
Il
Padre, siccome il Figlio è Pensiero del Padre conosce l'essenza del Padre, allora
siccome il Padre conosce Se Stesso, comunica l'essenza di Sé, genera il
Pensiero di Sé.
D.L'uomo deve superare il proprio io.
Luigi: Deve
superarsi perché deve aderire al Pensiero di Dio, altrimenti tutte le
giustificazioni che dà, sono giustificazioni fasulle, perché a un certo momento
lei si trova di fronte alla morte, e che giustificazione dà?
Tutti
muoiono?
É
una legge universale?
Tutti
nasciamo e tutti dobbiamo morire, ma che giustificazione è questa?
Ora
l'uomo per arrivare alla vera luce deve aderire al Pensiero di Dio, quindi deve
superare il suo stesso pensiero
D.Bisogna sempre stare raccolti nel suo
Pensiero per vedere sempre il suo fine?
Luigi: Si
capisce, sopratutto dobbiamo ricevere tutto da Dio Creatore e sapendo che tutto
viene a noi da Dio Creatore, cercare sempre in tutto il Pensiero di Dio, perché
se Dio fa le cose, perché Dio fa le cose?
Ecco,
già siamo nel Pensiero di Dio, perché Dio fa le cose?
Perché
Dio mi fai nascere, perché mi fai morire, perché mi fai vivere?
Perché
mi dai gioia? É sempre questo.
Se
noi teniamo presente Dio Creatore noi siamo in una posizione di causa ed
effetto, ma quando conosciamo causa ed effetto c'è un grande punto
interrogativo, perché la causa effetto è un incompiuto, noi abbiamo il compiuto
quando abbiamo causa, effetto, fine.
Allora
qui abbiamo il compimento, qui capiamo perché tutte le scienze umane sono
incompiute, perché tutte le scienze umane giustificano tutte le cose in causa
ed effetto, ma causa ed effetto è un incompiuto, proprio perché noi
abbiamo presente Dio che è un infinito.
Fintanto
che noi non le giustifichiamo in Dio fine ci troveremo sempre sospesi a
mezz'aria, causa ed effetto ma perché?
Gia
qui c'è una insistenza sulla Trinità di Dio, non mi basta Padre e Figlio, io ho
bisogno dello Spirito Santo, causa effetto e fine.
D.L'unione nella Trinita.
Luigi: Appunto
noi siamo appunto chiamati, e soltanto in quanto arriviamo a questa unione, a
questa Trinità, noi arriviamo al compimento delle cose
E.Questo forma la capacità di fare nel suo
Pensiero.
Luigi: Certamente,
di fare tutto e di vivere nel suo Pensiero e di contemplare tutto nel suo
pensiero.
Noi
arriviamo alle cose compiute, nel fine, in quanto vediamo, la causa
(principio), l'effetto e la finalità, ora questo lo possiamo vedere soltanto in
Dio, ma se siamo staccati da Dio noi non possiamo vedere il fine, noi vediamo
causa ed effetto.
-Come
mai sei malato?- Eh ho preso un microbo- Vedi, causa ed effetto ma il
significato?
F.: Conoscere Dio è partecipare di quello
che Dio è.
Luigi: Sì
perché attraverso la conoscenza, Dio ti comunica l'essere, per cui dico,
conoscere è essere.
In
Dio, conoscere è essere, quindi non conoscendo Dio, io non partecipo di quello
che Dio è, Dio è la verità e la verità si trova solo conoscendola, il che vuol
dire che la verità si comunica attraverso la conoscenza.
- Fine -
Io debbo
compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la
notte, quando nessuno può più operare. Gv 9 Vs 4 Primo
tema.
TITOLO: Conoscere è essere. RIASSUNTO - LUNEDI’.
ARGOMENTI: Cristo storico è
rivelatore – Il seme e il frutto – Il bisogno della Luce è la vera preghiera –
Farsi guidare dallo Spirito – I mezzi e il fine – I sacramenti – Superare il
pensiero dell’io – Il compimento dell’opera di Dio – La funzione di Cristo – La
generazione del Figlio – Il compimento è nel Fine – Riportare nel Principio -
12/Gennaio/1987 Casa di preghiera
Fossano
- Riassunto -
Luigi: Cristo storico, è rivelazione di quello che
avviene nella nostra vita.
Non di quello che deve avvenire ma di quello che avviene.
O che è già avvenuto.
È rivelazione.
Per cui per mezzo di Lui, noi capiamo i nostri rapporti con Dio, nella
nostra vita personale.
Perché Dio abita in noi.
Quindi i rapporti tra noi e Dio ci sono anche se Cristo non fosse venuto.
Quello che è avvenuto nella vita di Cristo, è rivelazione, quindi
intelligenza, di quello che avviene nella nostra vita personale nei nostri
rapporti con Dio.
Nell’intimo della nostra anima con Dio.
Per cui leggendo il Vangelo abbiamo la possibilità di capire.
“Ma io devo innamorarmi di un uomo vissuto duemila anni fa?”, diceva lei
scandalizzata ieri.
Il Vangelo è in relazione con quello che noi viviamo oggi.
Perché leggiamo il Vangelo e non i promessi sposi o Don Chisciotte?
Perché diamo molta importanza al Vangelo?
Perché troviamo molta corrispondenza tra quello che noi viviamo e di cui
non capiamo nulla e il Vangelo stesso.
Nel Vangelo noi abbiamo l’interpretazione della nostra situazione con Dio.
Sentiamo la passione dell’assoluto in quanto portiamo Dio in noi e Cristo è
rivelatore di questa presenza e così via attraverso tutti gli sviluppi
possibili.
Per cui nel Vangelo, abbiamo la chiave per interpretare la nostra stessa
vita.
E renderci conto che la nostra vita è regno di Dio, cioè tutto è in
relazione alla presenza di Dio.
Se noi non troviamo Dio, noi possiamo fare tutte le scienze che vogliamo ma
non riusciamo a capire il mistero dell’uomo.
La chiave del mistero dell’uomo, di tutto ciò che patisce l’uomo è una
conseguenza della presenza dell’assoluto che l’uomo porta in sé.
È una conseguenza della presenza di Dio nell’uomo.
Luigi: Dobbiamo chiederci in cosa consistono queste
“opere di Dio”?
Forse consistono nel dare la luce al cieco?
No, perché quello è soltanto un segno.
Quindi tutto quello che è soggetto al mutamento, al tempo, al passare è
tutto segno.
Come tutto quello che è avvenuto nell’antico testamento, fu tutto segno che
si realizzò con la venuta del Cristo.
Per cui in Cristo, noi abbiamo la chiave per capire l’antico testamento.
Tutto l’antico testamento è una profezia che si realizza in Cristo.
Quindi tutte le cose che passano sono profezia, sono segni che si
realizzano.
Ma se noi non troviamo questo Fine in cui tutte le cose si realizzano,
tutte le cose che passano no sono
realizzazione, non sono fine a se stesse.
Lo scopo della venuta del Cristo sulla terra non è quello d’illuminare
tutti i ciechi materiali o di far camminare bene tutti gli zoppi.
Lo scopo non è quello.
Siccome non posso arrivare al Padre se non per mezzo del Figlio, io devo
arrivare al Pensiero di Dio, con la consapevolezza che è Pensiero di Dio e che
non è pensiero mio.
Perché fintanto che io ritengo che il Pensiero di Dio sia un mio pensiero,
io non posso assolutamente arrivare alla Verità.
-
Conversazione -
Luigi: Dobbiamo capire bene cosa vuol dire “nascere
da una vergine”.
A.: Come possiamo prendere coscienza di quello
che già è?
Luigi: Ascoltando Lui.
Ascoltando quello che Lui mi dice e cercando di capire quello che Lui mi
dice.
Lui parla, se io pongo mente al suo parlare, la sua parola è un seme
gettato nel mio terreno, se io pongo mente, questo seme porta al frutto e il
frutto è questa presa di coscienza, è questa conoscenza.
Ora questa conoscenza non avviene senza di Lui.
Se Lui non parla, io non posso minimamente pensarlo.
Però può accadere che Lui parli e che io non pensi a quello che Lui dice.
Perché posso dedicarmi ad altro, avere interessi diversi da Dio.
E allora la Parola di Dio, naturalmente mi viene portata via, non produce
niente, è persa.
Il diavolo (pensiero del mio io) me
l’ha portata via.
A.: Bisogna che il nostro pensiero venga
unificato nel Pensiero di Dio...
Luigi: Bisogna ascoltare la Parola, porre mente.
Perché la Parola arriva a me senza di me.
Dio è il seminatore che tutti i giorni passa a seminare il suo seme,
indipendentemente da noi.
Per cui io posso essere terreno asfaltato e anche sul terreno asfaltato Dio
passa a spargere il suo seme.
Io posso essere una tomba, anche su questa tomba Dio passa a spargere il
suo seme.
Dio è onnipotente, per cui la sua Parola giunge dappertutto.
Il segreto è essere quel terreno profondo che raccoglie il seme e lo porta
a maturazione,
Ma il terreno deve essere profondo.
Profondità di mente che raccoglie il seme, la Parola di Dio.
Dedicare la mente a Dio, vuole dire lasciare tutto il resto, perché noi
possiamo pensare una cosa sola.
Non possiamo servire due padroni.
Ponendo mente alla Parola di Dio, la pianta comincia a crescere fino a
giungere al frutto.
Ma è per grazia della Parola di Dio che è giunta a me senza di me.
Per cui Colui che parla a te senza di te, non ti conduce alla conoscenza,
alla consapevolezza senza di te.
Però il dono è di Dio.
B.: Questo sta a significare che noi siamo
fatti per questo...
Luigi: Siamo fatti solo per questo.
Non siamo fatti né per la società, né per le istituzioni.
Tutto serve, quindi tutto è servo, tutto l’universo serve per condurci a
questo Fine.
Noi non siamo fatti per il mondo.
Noi non siamo fatti per l’universo.
Il mondo è fatto per noi ma noi non siamo fatti per il mondo.
Noi siamo fatti per Dio.
B.: Quindi tutto è fatto per portarci alla vita
contemplativa per Dio.
Luigi: La vita eterna sta nel conoscere Dio.
La vita eterna non sta nel cambiare il mondo.
Il mondo sta su da solo e gira da solo, ci pensa Dio al mondo.
Anzi più noi guardiamo il mondo e pensiamo al mondo, più il mondo si
rovina.
Stiamo inquinando tutto, ci stiamo distruggendo.
E poi riteniamo di essere noi a salvare il mondo...pensa un po’.
C.: Il fatto che questo cieco sia stato guarito
senza chiedere niente a Dio, vuol dire che noi non dobbiamo chiedere guarigioni
a Dio?
Luigi: Noi dobbiamo soltanto prendere coscienza di
essere ciechi.
Chi è cieco è già uno che prega.
Ma fintanto che noi crediamo di vedere, noi non preghiamo.
Non è il cieco che deve invocare, il cieco in quanto cieco già invoca la
luce.
Chi è il cieco?
Il cieco è un povero dello spirito, uno che ha bisogno della Luce.
Quando uno ha bisogno della luce sta pregando, quella è la vera preghiera.
La vera preghiera non è mica dire con la bocca “Signore aiutami”, la vera
preghiera è sentire questo bisogno di luce.
Quando tu ti sei convinta che la Luce per te è tutto, che capire il senso
di quello che Dio ti vuole comunicare è tutto, stai veramente pregando.
C.: Tutti i mali vengono dal pensiero dell’io e
anche quando giustifichiamo il nostro disimpegno da Dio è perché abbiamo fini
diversi da Dio che ci fanno esperimentare la delusione?
Luigi: Certo, è tutta grazia di Dio che ti fa
capire che lo stai cercando dove Lui non è.
La delusione è ancora un richiamo che Dio mi fa, per indicarmi dove devo
rivolgere la mia attenzione e il mio interesse.
C.: La cosa peggiore è essere ciechi e ritenere
di vedere.
Luigi: Certo e allora incomincio a giudicare e
condannare gli altri.
E non capisco invece le lezioni che Dio mi dà attraverso gli altri.
D.: E noi dobbiamo rispondere quando altri
c’interrogano su Dio.
Luigi: Fintanto che non è Dio a ispirare il nostro
parlare, non dobbiamo muoverci.
Altrimenti diamo risposte sbagliate.
“Io non faccio niente se non lo vedo fare dal Padre”, Lui è Figlio di Dio
pensa un po’ noi!
E insegna a noi come comportarci.
Dice San Paolo che i figli di Dio, in tutto si lasciamo guidare dallo
Spirito di Dio.
Questo è quello che caratterizza il Figlio di Dio e i figli di Dio.
In tutto si lasciano guidare dallo Spirito di Dio.
Quindi se noi ci lasciamo guidare dal pensiero del nostro io, non siamo
figli di Dio.
Se ti lasci guidare da sentimenti o impressioni, non sei figlia di Dio.
In tutto mi devo lasciare guidare dallo Spirito di Dio.
E allora m’accorgo che non sono più io che parla ma è Dio che parla in me.
È Dio che mi fa fare le cose.
È Dio che muove il mio pensiero, i mio parlare e il mio agire.
E allora mi accorgo che le mie opere vengo fuori buone.
E.: Il punto d’incontro con Dio è solo la
Parola di Dio o anche i sacramenti lo sono?
Luigi: I sacramenti sono segni, quindi mezzi.
Ciò che dà valore al mezzo è il fine.
Quindi prima di tutto ci vuole il fine.
Io salgo in macchina se so dove voglio andare.
Altrimenti il mezzo diventa sbagliato.
Lo stesso sacramento della comunione può diventare motivo di rovina per
noi, se non è finalizzato.
Lo dice San Paolo, non io.
Se non siamo attratti dal Padre (fine), Cristo stesso può diventare motivo
di rovina.
“Nessuno può venire a me (Via,mezzo) se non è attratto dal Padre”.
Perché c’è voluto tutto l’antico testamento e il Battista prima che
arrivasse Cristo?
Tutti quelli che non hanno ricevuto il battesimo del Battista, non poterono
seguire, ascoltare Gesù.
Giovanni Battista cosa ha fatto?
Ha fatto il battesimo di giustizia: “Uomo sei stato creato per Dio, vivi
per Dio”.
Devi vivere per Dio, riconosci questo.
E allora se tu metti Dio al centro della tua vita, sei finalizzato e adesso
questa attrazione per Dio ti conduce al Cristo.
Perché io scelgo la strada, quando mi sono convinto che devo arrivare ad
una meta.
Una volta che ho deciso di andare a Genova, mi organizzo per trovare la
strada e i mezzi per andare a Genova.
Non cerco prima i mezzi e poi dopo decido dove andare.
Perché strade e mezzi sono infiniti.
Allora il primo problema è quello del fine; “Nessuno può venire a Me se non
è attratto dal Padre”.
L’errore più grosso che noi facciamo è quello di scambiare il mezzo con il
fine.
Per cui a un certo momento, noi riduciamo la religione ad un rito, ad una
abitudine, ad una tradizione, a un dovere da compiere.
E la conoscenza di Dio dove è finita?
E allora cadiamo nei problemi che facevano già farisei e il popolo ebraico
allora.
Per loro la regola del sabato era tutto e hanno mandato a morte Dio in nome
della regola di Dio.
Ma il problema non è il sabato.
Il sabato (mezzo) è stato fatto per
l’uomo non l’uomo per il sabato.
Ma l’uomo per che cosa è fatto?
L’uomo è fatto per conoscere Dio.
“Vi manderanno a morte credendo di rendere gloria a Dio e ciò faranno
perché non hanno conosciuto né il Padre né Me”.
Ecco il problema della conoscenza.
Dio ti ha creato per la vita eterna, per conoscere Dio, questo è il fine.
Quando tu hai il fine, hai la possibilità di individuare tutti i mezzi
(Cristo compreso) che ti aiutano per giungere alla conoscenza di Dio.
E.: Ma la grazia, anche se tu non te ne rendi
conto ti porta verso Dio.
Luigi: No.
Noi possiamo essere in una trappa e ci danniamo.
Noi possiamo essere con le più perfette regole di Dio, ma se noi non
cerchiamo Dio al di sopra di tutto, tutto per noi diventa motivo di rovina.
Non ci sono delle macchine, dei robot presso Dio, per cui il tapis-roulant
mi porta automaticamente a Dio.
Chi ti crea senza di te, non ti salva senza di te.
F.: Per giungere a Dio è fondamentale il
superamento del nostro io...
Luigi: però non posso superare il mio io se non
credo in Dio Creatore.
Se io non ho l’altro presente, io non posso superare me stesso.
Tu puoi fare salti mortali da mattina a sera ma giri sempre intorno a te.
“Chi vuole venire dietro di Me, rinneghi se stesso”, è la condizione
essenziale.
Cristo è morto in croce, per insegnare a noi a morire a noi stessi.
Lui è morto per me: “Capisci quello che Io ti ho fatto?”.
Il problema grosso è capire perché Cristo è morto per me.
“Io sono morto perché tu muoia a te stesso, perché fintanto che non muori a
te stesso, tu non puoi vivere per Dio”.
F.: E poi serve il desiderio di capire la
Parola di Dio.
Luigi: Sì, assimilare, mangiare la Parola di Dio.
“Mangia questo libro”.
Mangia, cioè assimila, capisci.
F.: E poi riportare tutto a Dio, sapendo che
tutto è opera sua.
Luigi: Ma se noi siamo con Dio è il Pensiero stesso
di Dio che riporta la creazione al Padre.
Perché Lui fa questo.
Il Figlio di Dio riceve tutto da Dio e riporta tutto a Dio.
Così noi abbiamo Dio per Padre se riceviamo tutto da Dio e riportiamo tutto
a Dio.
Ma questo non sei tu che lo fai, è il Figlio di Dio in te che lo fa.
Ma per avere il Figlio di Dio in te, tu devi avere superato te stesso.
Allora qui non vivo più per me ma vivo per Dio.
F.: Ma il compimento sta nella croce?
Luigi: No, lì abbiamo il “tutto compiuto” da parte
di Dio.
Dio porta a compimento tutta la sua opera, l’opera di Dio, morendo per noi,
venendo a morire in noi.
Qui abbiamo l’opera di Dio compiuta, da parte di Dio.
Ma il tutto compiuto in Dio, non corrisponde al tutto compiuto in me.
Cioè tra la morte del Cristo in croce e la Pentecoste, c’è tutto uno spazio
che richiede la morte a me stesso.
Il tutto compiuto di Dio è la sua morte in croce che rappresenta la sua
morte in me, per cui io porto Dio morto in me, fintanto che penso a me stesso.
Quindi Dio inizia la sua opera con “sia fatta la luce” e la conclude con
suo Figlio che muore in croce.
Qui abbiamo il compimento di tutta l’opera di Dio da parte di Dio.
Ma l’opera di Dio se non viene da noi assimilata, capita, non porta noi al
compimento.
Cristo muore per tutti, non tutti risorgono.
Il tutto compiuto di Dio non è ancora il tutto compiuto nell’uomo.
Infatti San Paolo parla di qualcosa che manca alla morte di Cristo e che
dobbiamo compiere in noi.
G.: Che differenza c’è fra il battesimo di
giustizia di Giovanni e il battesimo che facevano gli apostoli ai primi fedeli?
Luigi: Il battesimo di giustizia è il battesimo
attraverso cui tu devi togliere il tuo io dal centro e per giustizia mettere
Dio al centro.
Battezzare è immergere.
Tu sei immerso in Dio in quanto sei orientato a Dio.
G.: Riconoscendo che tutto viene da Dio...
Luigi: Quando tu riconosci che tutto viene da Dio e
che tu sei destinato a conoscere Dio, sei attratto dal Padre.
Però quando tu sei attratto dal Padre, tu lo sogni il Padre, come puoi
sognare di arrivare sulla vetta dell’Everest.
Sei stato destinato ad arrivare sull’Everest e tu mi dici: “Grazie tante ma
da Fossano, l’Everest lo posso solo sognare”.
Il Cristo è Colui che viene nel tuo sogno: Lui sa come farti arrivare sulla
cima dell’Everest: “Vieni con Me e Io ti conduco là, dove tu vuoi andare”.
Cristo viene là, dove uno già desidera Dio, dove uno ha già il fine di
trovare Dio.
Cristo viene là, dove le anime sanno quello che vogliono.
Cristo viene a darti la possibilità di arrivare dove tu vuoi arrivare.
Altrimenti tu resti nel campo del sogno, non puoi passare dal finito
all’infinito, non puoi passare da Fossano all’Everest.
Se tu sogni Dio ma non sai come fare per arrivare a Lui, stai già
preparando la tua anima per l’incontro con Cristo.
Perché tu non ti rassegni a vivere per le cose del mondo.
Cristo viene qui, in questo punto.
Per questo Cristo è venuto nel mondo dopo tanti anni di antico testamento.
È tutto per significare a noi questa lunga attesa in cui la nostra anima si
forma.
Quando tu hai preso consapevolezza che il tuo unico grande bisogno è
conoscere Dio, incontri il Cristo che ti conduce là, dove tu vuoi andare.
Se io seguo Lui, arrivo a Dio.
E il battesimo è valido in quanto porta in me la Parola di Dio, cioè porta
in me il Cristo.
Io posso anche essere battezzato e andare all’inferno dritto e filato.
Quanti hanno incontrato il Cristo sulla loro strada e poi l’hanno perso o
l’hanno mandato a morte?
Bisogna seguire il Cristo.
Per cui devo essere attratto dal Padre e avere Uno che si faccia da strada,
ponte tra la situazione in cui mi trovo e il Padre.
Cosa vuole dire “farsi strada”?
La strada è ciò che collega il punto in cui mi trovo e il punto in cui
voglio arrivare.
Per cui tu magari sai dove vuoi arrivare ma non conosci la strada.
Soltanto Colui che conosce la strada, Colui che viene da Dio, mi può
riportare a Dio.
Soltanto però se in me è maturata questa attrazione per Dio.
G.: Nella crescita della conoscenza c’è la
trasformazione dell’essere?
Luigi: Certo: la Verità si trova solo conoscendola.
Dio è Verità.
Dio si trova solo conoscendolo.
Devi approfondire questo.
H.: Il Figlio contemplando Se stesso dal Padre,
forma una cosa sola col Padre.
Luigi: Il nostro linguaggio è grossolano ma il
Figlio di Dio è Dio.
In Dio non abbiamo dei tempi differenti.
Certo che il nostro linguaggio è quello, però il Figlio riceve l’essere dal
Padre.
Il Figlio è generato, non è generante.
Il Padre è Colui che genera, per cui la persona del Padre, non si
trasferisce mica nel Figlio.
L’io del Padre è sempre distinto dall’io del Figlio.
Sono delle persone distinte.
Quindi il Padre genera, il Figlio è generato.
Eternamente generato.
Il Figlio non è mai generante.
Quindi il Figlio si conosce in quanto generato dal Padre.
Come si conosce generato?
Contemplando il Padre, perché il Figlio è tutto Pensiero del Padre.
Guardando il Padre vede quello che il Padre fa quindi vede Se stesso
generato dal Padre.
E lo Spirito Santo procede dal padre e dal Figlio.
Per cui fintanto che noi non giungiamo al Padre ed al Figlio, non possiamo
ricevere lo Spirito santo.
L.: Le opere del Padre sono incompiute in sé
stesse perché?
Luigi: Le opere del Padre sono per noi.
Tutta la creazione e tutte le Parole che Dio dice, le dice per noi.
Però le cose che Dio dice a noi, non le porta a compimento, cioè non le
porta alla conoscenza senza di noi.
Quindi prima della nostra partecipazione le cose per noi sono incompiute.
Le cose, senza di noi arrivano come causa ed effetto: incompiuto.
Dedicandoci ad esse noi abbiamo causa, effetto e fine: Compimento.
L.: Se l’uomo non sopporta le cose incompiute,
vuol dire che porta in sé il desiderio di arrivare al compimento, però questo
desiderio di arrivare al compimento è inconsapevole.
Luigi: Certo.
L.: Soltanto se mi unisco al Pensiero di Dio
allora diventa passione per portare al Principio.
Luigi: La passione l’ho indipendentemente da me.
Passione vuole dire patire, subire.
Tu patisci una cosa, proprio perché non è voluta da te.
Tu patisci la morte.
L.: Però l’uomo è una passione per riportare le
cose nel Principio, a livello incosciente lo capisco, io la morte la subisco,
però so cosa è la morte...
Luigi: Tu non sai assolutamente cosa sia la morte.
L.: Sono consapevole però di morire, mentre qui
se io subisco la passione di riportare nel Principio, sono consapevole solo se
sono con il Figlio.
Luigi: Noi parole ne diciamo tante e la maggior
parte delle parole che diciamo non sappiamo proprio cosa siano.
Il nostro guaio è quello che diciamo tante parole e non sappiamo cosa sono.
Noi parliamo di morte, di amore, di pace, di giustizia e non sappiamo
assolutamente cosa siano.
Perché il sapere cosa sono queste cose, lo possiamo scoprire soltanto in
Dio.
E allora anche le parole che diciamo da mattina a sera sono incompiute.
L.: Ma questa passione di riportare le cose nel
Principio da parte dell’uomo è inconsapevole...
Luigi: Ma non importa quello che l’uomo sa, la
Verità è indipendente dall’uomo.
Essendo passione d’assoluto, l’uomo corre il grande rischio di trasformare
in assoluto, tutto quello che non riporta nel Principio.
Per cui i mezzi per me diventano fine.
Appunto perché porto questa passione d’assoluto.
Se io non riporto i segni di Dio a Dio, i segni, le cose diventano in me il
mio fine e mi portano via a Dio.
Cioè io sono portato via da Dio, dalle opere stesse di Dio.
Sembra una bestemmia.
- Pensieri conclusivi -
M.: Devo porre mente alla parola di Dio per
giungere a conoscere e quindi a essere trasformato nell’essere.
N.: L’importanza di capire l’importanza di
Cristo nella vita dell’uomo.
Luigi: Questa importanza è data dal desiderio che abbiamo
per Dio.
Più desiderio hai di conoscere Dio, più capisci l’importanza di Cristo.
Cioè noi non abbiamo interesse per conoscere Dio, Cristo per noi vale
niente.
Ognuno si sceglie i maestri, a seconda dell’interesse che porta nel cuore.
Soltanto se noi abbiamo interesse per Dio, allora capiamo la grande
importanza che Cristo ha.
Ma se noi abbiamo interessi finanziari o politici, certamente Cristo per
noi non è importante.
O.: Luogo di Dio è l’uomo vivo.
Luigi: Certo ma vivo è colui che sta cercando Dio.
La vita sta nella ricerca di Dio.
P.: Chiedo a Dio la forza di credere in
queste tre Persone...
Luigi: Che sono già in noi.
Q.: Prendere coscienza della nostra cecità.
R.: Riferire tutto ciò che esiste a Dio e
non all’uomo.
Luigi: Bisogna sempre dialogare direttamente con
Dio.
“Fate diritte le vie del Signore”; vuol dire stabilire questo rapporto
diretto con Dio.
Perché?
Perché Dio sta dialogando direttamente con te.
La nostra anima è creata non attraverso gli altri, è creata direttamente da
Dio.
E Dio parla direttamente alla nostra anima.
E allora anche noi dobbiamo parlare direttamente con Lui.
S.: Dio si trova solo conoscendolo, però
chi mi porta a conoscerlo è il Cristo.
Luigi: Certamente.
Soltanto Colui che discende dall’alto, mi può riportare in alto.
T.: Solo nel superamento dell’io posso
incontrare il Cristo.
Luigi: Cristo s’incontra con me anche nel pensiero
del mio io.
Infatti viene a morire ma io non lo riconosco.
U.: Non possiamo capire i segni che Dio ci manda
se non abbiamo il Figlio di Dio in noi.
Luigi: Il Figlio infatti è l’intelligenza dei segni
di Dio.
V.: Le opere di Dio in sé sono incompiute
perché richiedono la nostra partecipazione.
Z.: L’uomo è immerso nella Parola di Dio...
Luigi: Come un pesce nel mare...
Z.: Però se non è attratto dal Padre, non
prende consapevolezza del Pensiero di Dio che porta in sé.
Luigi: Il Padre attrae sempre, sono io che posso
essere attratto e distratto da altro.
Non è che il Padre non mi attragga, però l’attrazione per Dio, io la posso
disperdere in altre attrazioni.
Per cui io parto per Torino, poi mi fermo a Racconigi.
Anche se sono disperso il Padre fa sentire la sua attrazione, però io posso
avere i buoi, i campi e la moglie.
Z.: Comunque c’è un momento in cui l’uomo
si rende conto che è disperso...
Luigi: Certo se non prima sul letto dell’agonia.
Meglio tardi che mai.
Dio c’inonda di doni, poi noi ci abbarbichiamo ai doni e trascuriamo Lui,
non capendo il significato dei doni, a un certo momento Dio ci deve togliere
tutti i doni, per salvare almeno la nostra anima.
Z.: Quindi la comunicazione tra l’io e il
Pensiero di Dio è opera del Padre.
Luigi: Certo.
Erano tuoi dice Gesù al Padre, tu li hai dati a me e adesso io li do a
te...sembra un giochetto e invece c’è un significato profondissimo in questo.
Per cui se noi siamo attratti dal Padre, il Padre ci consegna al Figlio,
affinché il Figlio realizzi il nostro sogno di conoscere il Padre, lo porti a
compimento.
È un realizzare inteso all’inglese, prendere consapevolezza di questa
realtà che senza il Figlio non possiamo scoprire.
W.: Conoscere Dio è vita eterna, però sul
letto d’agonia non c’è più tempo per conoscere Dio.
Luigi: La morte è ancora fatta per salvarci.
W.: Ma non abbiamo più tempo per conoscere
Dio.
Luigi: Il buon ladrone mentre stava morendo ha
avuto l’assicurazione da Gesù: “Oggi sarai con Me in paradiso”.
La morte è fatta per salvarci, non per dannarci.
L’importante è che noi facciamo conto su Dio.
È un fatto di pensiero.
Se io muoio nel pensiero del mio io no, ma se io muoio nel pensiero di Dio,
Dio mi salva.
San Giovanni della croce diceva che per un pensiero dell’uomo, Dio è
disposto a creare mille universi.
E noi se c’è una cosa che sprechiamo sono i nostri pensieri.
Per Dio invece il nostro pensiero è importantissimo perché attraverso esso
ricostruisce tutto l’universo.
Ma se noi possedessimo tutto l’universo ma non avessimo il Pensiero di Dio,
non c’è più niente da fare.
Perché la vita non mi viene dal possedere l’universo.
W.: Ma in punto di morte quasi sempre si è
sofferenti.
Luigi: Non è la sofferenza che mi salva, è il
Pensiero di Dio...
W.: Ma non ci fa pensare a noi stessi la
sofferenza?
Luigi: No, se io accetto la sofferenza da Dio.
Il buon ladrone soffriva come
l’altro, però si è affidato a Dio.
Affidarsi vuole dire fare conto su-.
E Gesù stesso ce lo insegna:”A Te Padre affido il mio Spirito”.
X.: È attraverso il pensiero che si
partecipa a ciò che Dio è.
Proprio attraverso il pensiero si partecipa
a ciò che Dio è, perché proprio il pensiero può essere generato, mentre tutto
il resto: riti, regole, istituzioni, sono cose fatte, create ma non generate e
quindi non possono farci partecipi di quello che Dio è.
Y.: L’importanza di raccoglierci nel
Pensiero di Dio, perché solo il Figlio porta a compimento l’opera del Padre.
- Fine -
Io debbo compiere le
opere di colui che mi ha mandato finché è
giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare.
Gv 9 Vs 4 Secondo tema.
Titolo: I
due giorni dell'opera di Dio.
Argomenti: La luce e le tenebre. Compiuto e incompiuto. La luce è presenza. Essere con una persona è soddisfare il suo desiderio.
Dio si concede
all'uomo per rivelare la sua Presenza: giorno che finisce. Il vero rapporto è l'uomo che si concede a Dio:
giorno che non tramonta. L'uomo è sottomesso a Dio fintanto
che si concede a Lui.
18/Gennaio/1987 Casa di preghiera Fossano
- Esposizione di Luigi Bracco -
Restiamo
ancora nel versetto quattro in cui Gesù dice: "Io devo compiere le opere
di Colui che mi ha mandato finché è giorno,viene la notte quando
nessuno può lavorare".
Domenica
scorsa abbiamo visto la prima parte di questo versetto: "Io debbo compiere
le opere di Colui che mi ha mandato".
Oggi
dobbiamo soffermarci su questa seconda parte: "Finché è giorno".
E anche
qui è Parola di Dio, dobbiamo chiederci cosa vuole dirci per la nostra vita
essenziale, quale significato, quale lezione e sopratutto cosa Dio ci vuole
dire di Sé in tutte le sue opere.
In tutte
le sue Parole, Dio significa a noi qualcosa di Sé.
Quest’affermazione:
"Finché è giorno" ci fa pensare a un termine, cioè a un tempo in cui
non è più giorno.
E allora
il problema che sorge è proprio questo, come sia possibile che per il Figlio di
Dio, era il Figlio di Dio che stava parlando, per il Figlio di Dio arrivi un
tempo in cui non è più giorno.
D'altronde Lui stesso dice che:
"Non sempre avrete Me con voi".
"Fintanto
che Io sono nel mondo, sono luce per il mondo, ma viene l'ora in cui viene il
principe di questo mondo che non ha niente a che fare con Me".
Parla
delle tenebre.
Appunto
come sia possibile, e quale lezione Dio vuole dare a noi attraverso
l'annunciazione a noi, della scadenza, del tramonto di un giorno.
Domenica
scorsa abbiamo visto come ci siano delle opere che non siano compiute e Lui
dice: "Io debbo compiere le opere di Colui che mi ha mandato".
Evidentemente
se si parla di compimento è perché si parla di opere che non sono
compiute.
Noi
abbiamo visto che presso Dio e in Dio tutto è compiuto, non c'è un divenire in
Dio.
Le opere
in Dio sono compiute e allora dobbiamo chiederci dove, queste opere sono incompiute?
Le opere sono incompiute nella
creatura, nell'uomo, sono incompiute in noi.
S.Paolo
stesso dice che "Tutta la creazione geme e soffre in attesa della
rivelazione del Figlio di Dio".
Ma dove
geme e soffre questa creazione?
Tutta la
creazione geme e soffre nell'uomo e perché geme e soffre?
Perché è
incompiuta, infatti dice: "In attesa della rivelazione del Figlio di
Dio".
Quindi il
compimento sta nella rivelazione del Figlio di Dio.
Il
compimento avviene per mezzo del Figlio di Dio, meglio ancora avviene nel
Figlio di Dio.
Infatti
domenica scorsa abbiamo visto che il compimento delle opere di Dio, sta nel
contemplarle nella loro sorgente, nel loro principio, nel contemplarle nel
Padre, quindi nel capirle.
Nel capirle
nella loro sorgente abbiamo detto, dobbiamo capire il perché .
Ora la
risposta a questo perché finale solo il Pensiero di Dio, cioè il Figlio di
Dio può portarcela e questa contemplazione che è compimento di tutta
l'opera di Dio, questa contemplazione nel Padre, il Creatore, Principio di
tutte le cose si raggiunge soltanto in quanto si ha la possibilità di vederle
dal Padre e in quanto si vede un opera fatta da Dio la si può contemplare in
Dio e quindi si può restare solo là dove c'è questo compimento.
Là dove le
opere sono incompiute, non si può restare.
Si
patiscono c'è una sofferenza, una tristezza.
Tutte le
cose fintanto che non le vediamo giustificate nel loro fine,
cioè giustificate in Colui che le vuole, noi non vediamo la ragione il
pensiero, il Pensiero di Dio nelle sue opere e noi siamo insoddisfatti.
E questa
insoddisfazione denuncia il nostro destino cioè testimonia a noi la nostra
stessa vocazione.
Se noi
soffriamo per la mancanza di qualcosa è perché siamo stati creati per quella cosa,
altrimenti non soffriremmo per quella cosa.
Quindi
nella nostra stessa sofferenza, nella nostra pena, nella nostra
insoddisfazione, nel non vedere il fine per cui Dio fa tutte le cose si rivela
a noi la nostra vocazione cioè, la nostra chiamata a capire e proprio nel
capire sta la nostra pace.
Capire
vuol dire vedere il Pensiero di Dio nelle cose stesse.
Solo nel
Pensiero di Dio c'è il compimento delle cose, per cui solo il Figlio di Dio
conduce le cose al loro compimento.
Fintanto
che non c'è questo Pensiero di Dio, fintanto che non vediamo questo Pensiero di
Dio, tutte le cose in noi sono incompiute per cui creano in noi uno stato di
sofferenza.
Quindi
è nell'uomo che c'è l'incompiuto, il compimento si ha nel Pensiero di Dio.
Però qui
oggi troviamo questa dichiarazione strana di Gesù che dice che Lui deve portare
a compimento le cose finché è giorno.
Allora
dobbiamo chiederci prima di tutto cosa sia questo giorno, cosa significhi.
Dirà dopo
che: "Viene la notte quando nessuno può operare".
Il giorno è
la luce.
Noi tutti
esperimentiamo che possiamo camminare, possiamo operare, possiamo agire
soltanto quando c'è luce, è sufficiente che la luce se ne vada e tutto si
ferma, anche i nostri registratori e non si fa più niente.
Non si può
più fare niente.
Anche
questo è un segno perché tutto è segno di Dio, è un segno, perché tutto è
segno di Dio, è un segno dell'importanza della luce, la luce materiale, è
un segno della luce spirituale e se noi esperimentiamo che senza luce siamo
paralizzati, questo è segno che senza la luce di Dio noi non possiamo fare
niente.
Gesù dice:
"Senza di Me non potete fare niente" e senza di Lui tutto ciò che
facciamo è niente.
Ma proprio
in quanto dice "senza di Me", ci fa capire questa grande cosa, quel
"di Me" vuol dire presenza "di Me" e allora qui facciamo un
passaggio successivo, il giorno è la luce ma la luce è la presenza.
La luce
per noi è data dalla presenza di Dio in noi.
E cosa
significa questa presenza?
"Fintanto
che Io sono nel mondo", che sono con voi.
"Fintanto
che Io ero con loro li custodivo nel tuo nome".
Ma cos'è
questo essere con loro?
Quando è
che uno è con noi?
"L'essere
con" evidentemente presuppone due termini, uno e l'altro.
E già basta
accennare questo fatto qui, presenza di due termini.....due termini che non
sono scambiabili uno con l'altro.
Ora dico,
quando abbiamo due termini che non sono scambiabili uno con l'altro, le
combinazioni sono soltanto due.
Il primo è
con il secondo o il secondo è con il primo.
Dio è il
primo e il secondo è la creatura, quindi noi ci troviamo con queste due
possibilità.
Dio può
essere con noi o noi possiamo essere con Dio.
Abbiamo
detto molte volte che Dio è sempre con noi.
Dio è il
presente per noi.
Però non è
sufficiente dire che Dio sia con noi, perché anche noi siamo con Dio.
Ora quando
è che Dio è con noi?
Quando è
che uno è con un'altro?
Sopratutto
noi siamo con l'altro in quanto ci confidiamo con l'altro.
Ogni uomo
si caratterizza sopratutto nel pensiero, nel desiderio, in ciò in cui vive, in
ciò che ha presente.
Ciascuno di noi ha presente ciò cui dedica la sua mente, ciò
per cui vive, ciò che ama.
Ma sia
amore, sia vivere si concretizzano in dedizione del proprio pensiero a-.
Vivendo per
un fine, noi dedichiamo il nostro pensiero a quella cosa.
Ora uno è
con noi in quanto, non è presente soltanto fisicamente, non è presente soltanto
indipendentemente da noi, uno è sopratutto con noi quando condivide il
nostro fine, quando risponde ai nostri desideri.
Ora Dio è
con noi quando risponde ai nostri desideri.
Ora il
fatto che Dio risponda ai nostri desideri è una concessione da parte di Dio per
rivelarci la sua presenza.
Se noi abbiamo desideri diversi da Dio, soltanto se Dio si concede
ai nostri desideri diversi da Lui, può rivelare, può annunciare a noi la sua
presenza ma, evidentemente in quanto è concessione da parte di Dio alla
creatura, siamo in un rapporto di ingiustizia ed in quanto è un rapporto di
ingiustizia, è un rapporto che non può durare.
Cioè il
rapporto d’ingiustizia, questa concessione da parte di Dio alla creatura, può
durare soltanto quel tempo necessario per risvegliare la creatura al Creatore,
per risvegliare la creatura a Dio.
Cioè vale
in quanto è mezzo per ottenere qualche cosa ma, non vale come rapporto Assoluto
o come rapporto vero, perché non è un rapporto vero.
Il
rapporto vero è quando la creatura si sottomette al Creatore, non quando il
Creatore si sottomette alla creatura.
Eppure
dice Gesù: "Senza di Me non potete fare niente".
Il che
vuol dire che se Dio per primo non concede la sua presenza alla creatura e per
concedere la sua presenza alla creatura deve concedersi al desiderio della
creatura, deve rivelare il suo intervento, la sua presenza, concedersi in ciò
che la creatura desidera, ma dico, questa concessione è transitoria, è un
giorno destinato al tramonto, è un giorno che Dio ci concede per far capire,
per ottenere da noi, che noi a nostra volta ci concediamo a Lui.
Solo quando noi ci sottomettiamo a Dio, quando noi ci concediamo a
Dio, ci dedichiamo a Dio, dedichiamo a Dio il nostro pensiero, li stabiliamo un
rapporto vero.
Cioè qui
stabiliamo un rapporto che non è più soggetto a mutazione, perché appunto è un
rapporto vero.
La verità
non muta, se noi stabiliamo con Dio un rapporto vero, qui non siamo più
soggetti a delusioni.
Cioè qui
inauguriamo un giorno senza sera, un giorno che non ha più tramonto.
Allora
possiamo dire che la concessione di Dio alla creatura rappresenta un giorno che
ha un tramonto.
Quindi
rappresenta un termine finito, quindi una cosa incompiuta, una cosa che quindi
ha bisogno di essere intelletta perché non è giusta, perché non è vera.
Allora
dobbiamo dirci perché Dio si concede alla creatura?
Perché la creatura
senza di Lui non può fare niente.
Allora è
necessario che Dio per primo si conceda alla creatura, per dare alla creatura
la possibilità di concedersi a sua volta al Creatore, a Dio e concedendosi a
Dio stabilire così un rapporto vero, un rapporto eterno.
Qui
abbiamo i due giorni dell'opera di Dio.
Dio che
per primo si sottomette, si concede quindi al desiderio della creatura per
rendersi presente alla creatura, affinché la creatura possa a sua volta
concedersi a Lui, dedicarsi a Lui, quindi dare a Lui il suo pensiero.
Ma cosa
vuol dire da parte della creatura dedicarsi a Dio, sottomettersi a Dio?
La creatura è sottomessa a Dio in
quanto si interessa di Lui.
In quanto
ha desiderio di Lui.
È soltanto
in questo desiderio di capire, fintanto che dura questo desiderio di capire.
Ora
bisogna stare attenti a questo.
Questo
desiderio della creatura dura soltanto fintanto che Dio si rende presente alla
creatura, cioè si concede.
Perché la
creatura da sola non può fare niente.
Se la
creatura quando Dio si concede ha altri interessi, gli altri interessi le
portano via questa attenzione e quest' interesse di capire Colui che le si
concede.
Allora
succede che finisce il giorno in cui Cristo, il Figlio di Dio può portare a
compimento l'opera iniziata, cioè quelle opere che sono nella creatura
incompiute e che in Dio sono compiute, possono essere portate a compimento
soltanto e fintanto che il Pensiero di Dio, cioè il Cristo trova nella creatura
interesse per capire.
Il bambino
è essenzialmente interesse per capire.
Ora nel
bambino abbiamo questo giorno che dura per il Cristo per portare a compimento.
Ma Gesù
anche dice: "Se non ritornate bambini non potrete entrare nel Regno dei
cieli".
Cioè se in
voi non ritorna al primo piano questo interesse per capire l'uomo non può
entrare.
Cioè
l'uomo non può entrare nel compimento delle cose nel Pensiero di Dio, l'uomo
non può arrivare a conoscere la finalità il Pensiero delle cose, l'uomo resta
solo in questi due primi tempi: causa ed effetto e non può arrivare al fine.
Resta nell'incompiuto.
Quest'incompiuto
può diventare un incompiuto eterno.
Ora
siccome però l'incompiuto eterno in una creatura fatta per contemplare il
compimento è sofferenza, questo incompiuto eterno può diventare sofferenza
eterna.
Quindi abbiamo
un giorno che ha un tramonto ed è il giorno delle concessioni da parte di
Dio.
Abbiamo un
giorno che non tramonta e questo è dato dalla creatura che si concede a Dio e
che quindi resta in questo giorno in cui Cristo può operare.
Dico la
caratteristica di questo giorno è determinata dal fatto che la creatura sente
il desiderio di capire, questo è un giorno soggetto a tramonto, può darsi che
la creatura a un certo momento non senta più interesse per Dio, non senta più
interesse per capire Dio, per conoscere Dio, a questo punto siamo nella notte e
nella notte nessuno può più operare, nemmeno Cristo.
- Conversazione -
E.: Il portare a compimento è capire il senso, il significato per cui tutta
la creazione esiste.
Evidentemente l'uomo non ha questa possibilità, questa possibilità è data
solo a Colui che contempla nel Principio e dal Principio la creazione.
Quindi l'uomo non può, però l'uomo che mantiene questo desiderio, ha la
possibilità di incontrare il Figlio di Dio che è la luce, il giorno, che dà la
possibilità all'anima che si dedica, di intendere il significato o perlomeno di
mettersi in condizione, attraverso una dedizione inizialmente di fede, di
giungere alla comprensione del fine per cui Dio opera e quindi di evitare di
passare a quel giorno che rischia di avere un tramonto.
Luigi: Per cui è un giorno che condiziona
l'opera del Cristo questo desiderio di capire da parte della creatura.
È un
giorno che condiziona l'opera del Cristo!
Infatti,
Gesù dice: " Nessuno può venire a Me se non è attratto dal Padre".
Quindi
questa attrazione al Padre condizione l'opera del Cristo.
Là dove
non c'è quest’attrazione al Padre, Cristo non può operare.
Infatti,
Gesù non poté fare nessun miracolo a Nazareth, il suo paese perché non c'era
fede in Lui.
La fede è
desiderio di capire.
La
sostanza della fede è questo desiderio.
là dove
manca questo abbiamo questo giorno che è tramontato.
Per cui
Gesù non può operare.
Per cui
Lui opera là, dove c'è desiderio di capire, dove l'anima è attratta da Dio.
Attratta
da Dio in quanto desidera conoscere le cose di Dio, noi siamo attratti in
quanto.....
Ora li
può, perché il Figlio non può fare niente se non lo vede fare dal Padre, là
dove non vede l'attrazione del Padre non può operare, quindi è condizionato.
E.: Il più delle volte l'uomo che è nella tristezza, nello sconforto,
non conosce le ragioni di questa sua tristezza.
Luigi: Non può, le ragioni le conosce il
Figlio di Dio, l'uomo non può.
E.: Si ma è proprio portato dalla incompiutezza della creazione a
questo desiderio, questa esigenza di portare a compimento questa creazione che
resta se no incomprensibile.
Luigi: L'uomo subisce la passione di
Assoluto però, può rivolgere questa passione ad altro: i buoi, i campi
eccetera.
Allora la
presenza di altro gli spegne la passione per Dio.
Cioè due
desideri praticamente si annullano a vicenda.
Se poi
sono due desideri assoluti per due passioni diverse, lì abbiamo proprio lo
spegnimento.
Per cui
noi diciamo come è possibile?
Forse Dio
non attrae tutti?
Certamente
Dio attrae tutti,
Dio è il
centro massimo di attrazione.
Dio attrae
tutti, mi spiego?
Come è
possibile che a un certo momento la creatura non è più attratta, non desideri
più capire le cose di Dio ma desidera invece per esempio capire le cose di
Craxi?
È l'altro
desiderio, l'interesse di un’altra cosa che annulla il desiderio di Dio.
Per cui
allora uno appassionato per altro non riesce più ad ascoltare le cose di Dio,
per cui abbiamo il giorno che tramonta.
E.:Dovessimo precisare il contenuto dell'esigenza di Assoluto che l'uomo
porta in sé dovremmo dire che consiste nel cercare di capire il significato
delle cose. Finché che non giunge a rendersi conto l'uomo porta questa
inquietudine.
Luigi: Ora fintanto che c'è
quest’apertura, questo desiderio di capire è aperto ad ascoltare il Maestro.
E.:Ecco, ha la possibilità di incontrare il Cristo...
Luigi: Sì, perché succede questo, che a
un certo momento la creatura facendo esperienza di vita inizia a diventare
maestra.
Dice:
"Ah le cose sono così, perché ho studiato così, perché io ho esperimentato
così".
Ecco
allora qui la creatura passa dall'essere discepola, attenta, desiderio di-, a
essere maestra.
Qui è
finito
E.:Ed è la notte in cui il Cristo non può operare.
Luigi: Ecco, là dove c'è il maestro,
Cristo non può operare, solo in quanto la creatura continua sempre a
riconoscere che Uno solo è il Maestro e che lei è sempre scolara, sempre
scolara di Dio, ecco là allora Dio opera.
Ma dove la
creatura fa da maestro, dove la creatura è giusta, dove la creatura crede
di vedere, lì non c'è niente da fare, bisogna aspettare che la creatura
sia riportata nella cecità, nella situazione di povertà, nella situazione di
bisogno.
E.:Quindi in un primo momento Dio si offre all'uomo ma l'uomo deve
accompagnarsi con Dio.
Luigi: Non è sufficiente che Dio si offra
all'uomo, questa è una concessione che Dio fa perché se Dio non si concedesse
per primo, l'uomo non avrebbe la possibilità di interessarsi di Dio, ma Dio si
concede: "Capisci quello che Io ti faccio? Io mi concedo a te affinché tu
ti svegli all'interesse per Me".
Perché il
rapporto vero si ha quando la creatura si apre all'attenzione a Dio, a Colui
che sta camminando con lei.
E.:Finché sarà poi Dio a condurla.
Luigi: Ecco, quando la creatura si
sottomette, fa attenzione, desidera conoscere Dio, allora qui abbiamo un
rapporto giusto, questo rapporto giusto si conclude in vita eterna,
cioè in un giorno senza sera: l'uomo entra nella pace di Dio.
E.:Direi che in un primo momento Dio dialoga, dopo l'anima è portata a
contemplare.
Luigi: Direi che ci sono due grandi
momenti, in un primo tempo Dio parla alla creatura tenendo presente la
creatura.
In un secondo
momento Dio parla alla creatura ignorando la creatura e qui abbiamo la
tragedia.
Cioè
quando Dio parla alla creatura tenendo presente la creatura, se la creatura non
risponde, non si apre, arriva un momento in cui Dio parla alla creatura ma
impone la sua verità.
Parla
ignorando la creatura.
E.:Mi sembra duro....
Luigi: "Io non vi conosco", la
porta resta chiusa
E.:Direi che la creatura è nella impossibilità di intendere il parlare di
Dio.
Luigi:: La
creatura si trova a subire delle presenze, delle operazioni in cui lei si sente
ignorata.
Nessuno
più ti conosce, tu hai dei desideri e l'altro non ti conosce.
Tu parli e
l'altro non ti capisce, l'altro non risponde.
Ti accorgi
di trovarti in un mondo che t’ignora, perché tu hai ignorato il Creatore, adesso
tutte le cose ti ignorano.
Dice il
poeta: "Anche le formiche di casa tua t’ignorano".....anche le
formiche.
W.: Scusi prima ha detto:"Capire le cose di Dio, non m interessa
capire le cose di Craxi".
Ha detto così o sbaglio?
Luigi: Sì ma è stata una battuta, abbia
pazienza....perché le interessano le cose di Craxi?
W.: No ma anche quello può essere un mezzo per arrivare a capire la Parola
di Dio attraverso Craxi.
Luigi: L'interesse è capire Dio,
conoscere Dio in tutte le cose.
P.: Il desiderio di Dio è tale proprio in quanto c'è il superamento
dell'io.
Luigi: Sì però questo desiderio mi è dato
dal Dio che si concede per primo a me.
Perché se
Dio non si concede per primo, quindi se non si sottomette a me, in me non sorge
mica il desiderio.
Per cui io
magari desidero la caramella e Dio mi soddisfa di questo desiderio.
Mi manda
la caramella e si rende quindi presente.
Adesso che
mi ha dato la caramella io dico: "Guarda com’è buono Dio".
Lì scatta
l'argomento della bontà.
Io
incomincio ad aprirmi a Lui perché è buono.
Lui ha
rivelato la sua presenza.
Adesso io
mi posso concedere a Lui, mi spiego?
Mi posso
interessare di Lui.
Ma
perché Lui per primo si è concesso.
In un
primo tempo Lui inaugura un rapporto di misericordia, ma ingiusto.
Perché è
ingiusto che Dio si sottometta alla creatura, è ingiusto che Dio a un certo
momento si lasci uccidere dalla creatura.
Eppure Dio
a condizione di lasciarsi uccidere, si concede alla creatura.
Perché
questa è la condizione.
Perché se
Dio per primo non rivela a me in qualche modo la sua presenza, là dove io vivo,
io certamente non posso agganciarmi a Lui.
Quindi qui
abbiamo una offerta da parte di Dio.
Per cui in
qualunque situazione io mi trovo, di peccato o di non peccato, in qualunque
situazione, Dio per primo viene a concedersi.
Perché
questa è l'occasione ma, l'occasione provvisoria, passa.
Per cui
diceva S.Paolo:"Se oggi senti la Parola di Dio che arriva a te affrettati,
affrettati ad entrare nella sua pace, affinché non avvenga come avvenne per i
nostri padri che non entrarono nella terra promessa e furono costretti a vagare
per 40 anni nel deserto fino all'estinzione di tutta la generazione".
Per questo
affrettati.
Dio per
primo fa arrivare a noi la sua parola.
Ma se oggi
la sua parola giunge a te, affrettati.
Cioè
affrettati a capire nel Pensiero di Dio, quello che Dio ti ha fatto arrivare.
Affinché
non avvenga che tu sia costretto a vagare nel deserto.
P.: Ma a me pare che Dio si conceda sopratutto quando la creatura subisce
lo svuotamento dei valori.
Luigi: Tutto è Parola di Dio che in un
primo momento si concede.
In un
primo tempo prima di svuotarti di valori Lui si annuncia.
Si
annuncia come Creatore.
Poi arriva
un secondo tempo in cui ti annulla i valori per vedere se può, in qualche
modo recuperarti, annullandoti quei valori che ti distraggono da Lui.
Ma dico
l'ultimo tempo è quando, siccome la verità si afferma, arriva il giorno di Dio
in cui Lui parla a te ignorandoti. Per cu ignora tutto di te.
Allora qui
la creatura entra nella tragedia.
Per cui se
la creatura si è svegliata prima, Dio parla alla creatura comprendendo sempre,
tutta l'eternità, la creatura e la creatura quindi conosce Dio.
Ma c'è
questo rischio, siccome la verità si afferma necessariamente, arriva il momento
in cui Dio parla alla creatura ignorandola, ignorandola in tutti i suoi
pensieri.
P.:Certo uno riceve la Parola di Dio che ti svuota gli altri valori, poi
non c'è più possibilità.
Luigi: Infatti, le vergini stolte bussano
alla porta e Dio dal di dentro risponde: "Non vi conosco".
Altri che
diranno: "Signore abbiamo mangiato con Te alla tua mensa, ti abbiamo
ascoltato nelle nostre piazze".
Gesù
risponde: "Andate via da Me non vi conosco".
Dice
proprio quella parola: "Non vi conosco".
Forse che
Dio non li conosce?
Certamente
che li conosce, è la creatura che non si sente conosciuta da Dio e non
sentendosi più conosciuta non ha più l'aggancio.
R.: Come fa la creatura a sapere se si è svegliata alla concessione di Dio?
Luigi: In quanto guardi, noi abbiamo
sempre presente quello che desideriamo.
L'elemento
veramente presente in noi è ciò che desideriamo nel pensiero.
Quindi se
in noi c'è desiderio di conoscere Dio vuol dire che ci siamo svegliati alla
voce di Dio e abbiamo risposto.
La risposta
matura in questo: porto Dio nel mio desiderio, desidero conoscerlo.
Allora
tutte le cose che riguardano Dio mi sensibilizzano, perché ho questo interesse.
Allora
resto sensibilizzato.
Invece se
non sento in me il desiderio di conoscere Dio, di capire sopratutto le Parole
di Dio, le cose che riguardano Dio, vuol dire che non ho risposto a tutte le
offerte che Dio mi ha fatto, a tutte le concessioni che Dio mi ha fatto, a
tutte le visite che Dio mi ha fatto, io non ho risposto.
R.: Il rapporto è più personale.
Luigi: Il rapporto diventa personale sì,
il rapporto d'amore è essenzialmente un rapporto personale.
In un
primo tempo della nostra vita Dio ci fa vedere le sue opere, ci fa vedere gli
altri come si comportano, quelli che credono, quelli che non credono.
Poi a un
certo momento il rapporto diventa personale: è lì che matura la personalità,
proprio in quanto ti trovi di fronte a una parola che ti propone qualche cosa
di Dio e tu devi dare una risposta, non può più l'altro pregare per te,
rispondere per te.
No sei tu
che sei impegnato.
R.: E più l'anima è interessata più Dio la illumina.
Luigi: Certamente, è una progressione
crescente fino alla vita eterna.
Infatti:
"Colui che crede in Me, che beve l'acqua che Io gli darò, avrà in se
stesso una sorgente d'acqua viva crescente alla vita eterna".
Quindi
abbiamo una crescita nella vita eterna, di amore, d’interesse, perché più
conosce e più desidera conoscere e allora questo cresce e abbiamo questa grande
purificazione dell'anima che diventa capace di arrivare a conoscere Dio in vita
eterna.
F.: Questo primo tempo che Dio si concede, è per tutti?
Luigi: Dio vuole salvare tutti e siccome
la salvezza passa attraverso la concessione di Dio, se Dio per primo non si
concede l'anima da sola non può assolutamente svegliarsi.
Per cui se
si sveglia la grazia è di Dio.
Per cui
coloro che si svegliano dicono:"Grazie Dio, sei Tu che sei venuto a
trovare me".
Coloro che
invece rifiutano, la colpa è tutta loro, perché Dio è venuto ma io
non mi sono interessato di Lui
F.: E questo interesse, desiderio per Dio noi possiamo perderlo....
Luigi: Lei capisce che sei lei dice: io
desidero conoscere Dio ma poi non s’interessa di Dio è una cosa fasulla.
Ma allora
diciamo solo delle parole come coloro che dicono io ho fede e poi dopo non si
interessano di Dio.
Se tu hai
fede in quanto hai fede ti interessi di Dio, quello è desiderio per Dio.
Se hai
interesse per Dio, vuol dire che c'è stata questa risposta a Colui che ti stava
sollecitando.
Se non c'è
questo interesse è perché hai risposto no, perché avevi altro da fare: i buoi i
campi la moglie: "Allora questi non gusteranno la mia cena".
Qui il
giorno tramonta e il Cristo non può più operare.
Il Cristo
può operare solo là, dove il Padre opera: "Io vengo a compiere le opere di
Colui che mi ha mandato", dove non vede l'opera del Padre non opera.
Quindi
l'opera del Padre è per formare in noi l'attrazione.
Cristo
viene per portare a compimento quest’attrazione, questo desiderio.
"Tu
hai desiderio di conoscere Dio? Io vengo per farti conoscere Dio"
Ma viene
là, dove il Padre ha seminato là, dove non c'è questo desiderio non opera.
Quindi
insegna a noi a rispettare sempre l'iniziativa di Dio.
Non
costringere un'altro a mangiare se Dio non l'ha portato nella fame.
La fame è
opera di Dio, noi invece io più delle volte vogliamo far mangiare uno che non
ha fame e rifiutiamo il pane a chi magari ha fame.
Questo
vuol dire che usciamo dai quadri dell'operare di Dio.
Dobbiamo imparare
invece a vivere sempre nel Pensiero di Dio, cioè nell'iniziativa di Dio e
Cristo te lo insegna.
Lui non fa
niente se non lo vede fare dal Padre là, dove non vede il Padre operare il
giorno è tramontato, Lui non può operare non può portare a compimento.
F.: Entrati invece nel giorno senza tramonto cioè.....
Luigi: Là dove c'è un rapporto giusto,
tutte le cose che sono ingiuste, sono soggette a tramonto, valgono solo come
mezzi per introdurci.
Ma sono
dei mezzi sono concessioni.
Là dove
c'è un rapporto di verità qui, s’inaugura un rapporto che diventa eterno.
Non è più
modificabile, che non si modifica, perché Dio stesso lo approva.
Questo è
un inizio di vita eterna, là dove la creatura si dedica a piacere a Dio, cerca
di piacere Dio.
Ma prima
Dio ha cercato di piacere alla creatura, adesso la creatura cerca di fare
quello che piace a Dio, perché riconosce quello che piace a Lui, qui abbiamo un
rapporto vero, eterno.
F.: Questo giorno può essere anche una notte, non più un giorno....
Luigi: No dico, anche la notte qui
diventa giorno, tutto diventa luminoso perché nel rapporto di giustizia, che è
un rapporto di luce, la creatura è approvata, quindi anche la notte, anche
l'assenza di Dio, diventa una Parola di Dio, la notte diventa luce e tutto
diventa positivo, anche la morte è assorbita dalla vita.
S.: La creatura si apre a Dio, inizia il giorno senza tramonto, in questo
giorno senza tramonto Dio continua la concessione alla creatura nella misura in
cui la creatura ne ha bisogno.
Luigi: Certo, ma non è più sottomissione
alla creatura, perché la creatura che è sottomessa, trova Dio che non fa
altro che approvarla.
Cioè porta
a compimento quello che la creatura desidera.
Ma qui
abbiamo un rapporto di verità perché qui la creatura non desidera più se
stessa.
La
concessione c'è in quanto io ho un desiderio diverso da Dio, desidero una
caramella, Dio soddisfa il mio desiderio. Il mio desiderio non è Dio.
Siccome
noi siamo informali, noi in un primo tempo desideriamo tutte le cose che
vediamo.
Vedo un
albero, desidero l'albero, vedo un campo desidero un campo, vedo una casa
desidero una casa.
Tutto è
motivo di desiderio perché ancora non conosciamo quello che dobbiamo
desiderare.
Dio
interviene, viene in questi desideri che non sono di Lui, interviene per
rivelarmi la sua presenza.
Adesso
scoprendo la sua presenza ho la possibilità di interessarmi di Lui.
Se uno non
rivela la sua presenza...la chiave di tutto è la presenza.
Se Dio non
rivela per primo la sua presenza là, dove io sono, io non ho la possibilità di
entrare in rapporto con Lui. Dio concede la sua presenza alla creatura a costo
di morire, a costo di lasciarsi uccidere da me.
Dio rivela
la sua presenza, perché soltanto rivelando la sua presenza da me la possibilità
di un rapporto, io non posso essere in rapporto con il nulla.
Tutta la
creazione praticamente è una concessione per rivelare a noi la sua presenza
affinché noi, qui abbiamo la risposta, affinché noi ci dedichiamo a Colui che
si è annunciato.
Dio ti ha
chiamato, adesso sei tu che devi rispondere alla sua chiamata, in questa
risposta si stabilisce il rapporto giusto e Dio adesso lavora su questa
risposta, per integrarla per portarla a compimento.
R.: Però Dio non ci abbandona mai.
Luigi: Però noi esperimentiamo la sua assenza.
R.: È vero che Cristo si concede alla creatura, per un certo tempo per
agganciarla eccetera, poi a un certo momento se ne va e noi rimaniamo lì, cosa
faccio adesso?
Veramente posso solo dire quello che capita a me, mi ricordo che una volta mi
ero a messo con la febbre tre giorni, Cristo se ne era andato è stata una cosa
terribile, mi guardavo e non mi riconoscevo, io non ero più quello di prima,
però Cristo non ci abbandona mai.....Dopo quei 3 giorni Lui arriva e mi ha
fatta rendere conto che anche se non lo vedevo Lui era con me.
Luigi: Noi quando pensiamo cerchiamo
sempre di collegare un effetto con la sua causa, per vederlo nella sua causa.
Io lo vedo
in quanto lo guardo dalla sua causa, quindi ho causa, effetto e mente che cerca
di raccogliere quello in questo e sarebbe il fine quindi.
Non basta
collegare effetto con la causa.
Io sono
soddisfatto quando vedo perché la causa ha prodotto questo effetto qui.
Ma quando
vedo perché la causa ha prodotto questo effetto?
Solo
quando vedo l'essenza della causa.
Ah! Ho
capito perché questa causa fa quest'effetto, mi capisci?
F.: Sì però mi è difficile vedere il collegamento con Dio.
Luigi: Noi da
soli non possiamo assolutamente.
Noi portiamo
in noi Dio e proprio perché portiamo in noi Dio, noi siamo insoddisfatti di
tutte le cose che vediamo.
Noi
vediamo questo incompiuto e perché vediamo questo incompiuto?
E non ci
rassegniamo, perché l'animale si rassegna?
Cosa c'è
di diverso?
Ora
evidentemente in noi c'è un’esigenza, e cosa è questa esigenza?
Se io di
fronte a cose che passano sono insoddisfatto evidentemente è perché io ho
dell'eternità dentro di me e sono soddisfatto solo in quanto vedo le cose
eterne.
Se vedo
una cosa che non è eterna, punto interrogativo, ma perché?
Perché
l'animale non chiede perché ?
Ora
evidentemente perché noi abbiamo l'infinito in noi, abbiamo l'Assoluto in noi,
abbiamo l'eterno in noi e questo eterno ci fa subire una passione.
Questa
passione può essere soddisfatta solo se noi alziamo gli occhi.
Cioè se
superiamo il pensiero del nostro io.
Perché se
io credo di rendere eterna una cosa che mi sta passando, io mi sobbarco una
fatica infinita, tutta la vita, perché debbo dedicare tutto il mio pensiero,
tutta la mia vita per cercare di rendere eterna quella cosa.
Ma il
fallimento è scontato.
Se io
cerco di rendere eterno il mio corpo, posso cercare di imbalsamarlo ma il
fallimento è scontato.
A un certo
momento mi accorgo che il mio corpo invecchia.
Metto
cipria, creme cure, estetica, una cosa e l'altra ma la sconfitta è scontata.
Io non
riesco a rendere eterno il mio corpo.
Allora
senti, smettila di cercare di rendere eterno quello che non è eterno.
Alza gli
occhi per vedere ciò che è eterno.
Il che
vuol dire che tu arrivi al fine, non cercando di trasformare quello che non è
eterno in eterno, ma alzando gli occhi a quello che è eterno.
Tutta la
fatica dell'uomo sta lì, noi cerchiamo di rendere eterna una cosa che non è
eterna.
Il
problema sta nel capire, non nel trasformare.
Se tu
cerchi di operare, di agire (il principio-relazione), il principio è il Verbo,
il Verbo è conoscenza del Padre.
Quindi il
problema non sta nell'agire.
Tu quando
cerchi di agire, siccome hai la passione di Assoluto, tu cerchi solo di rendere
eterno una cosa che è scontato che non può essere eterna.
Perché
eterno è altro.
Quindi
smetti di agire, ma alza gli occhi e cerca di capire.
E Marx
diceva il problema non è quello di capire, il problema è quello di agire, se
una casa brucia il problema non lo risolvo cercando di capire ma, agendo per
spegnere il fuoco.
Vede come
c'è un’apparenza che ci inganna, mentre il problema si risolve nel capire.
F.: Si capisce che solo nella conoscenza c'è l'eterno però è difficile
capire come si fa.
Luigi: Seguendo il Cristo.
Poi il
Vangelo è facile, vedi che argomenti ti dice?
È proprio
seguendo Cristo che Lui ci insegna.
Lui lo fa
per noi.
Lui già lo
fa in Sé ma, tutto quello che Lui fa, lo fa per farci vedere come si è generati
dal Padre e come si diventa figli, per renderci partecipi, ecco l'adozione.
"Nessuno
viene al Padre se non per mezzo di Me", è Lui che facendo quello che io
non ho la possibilità di fare, dà a me la possibilità.
Per cui
noi entriamo nella conoscenza di Dio, nella gloria di Dio per grazia di Dio.
Z.: Nella realtà Padre, Figlio e Spirito Santo è tutto compiuto.
Luigi: Come il tempo.
Il tempo è
relativo a noi, non è relativo a Dio.
Il tempo è
per noi, e così anche l'incompiuto è per noi, mica per Dio.
Per Dio
tutto è compiuto, è tutto relativo solo riguardo a noi, movimento verso-.
Attraverso
la conoscenza c'è la comunicazione dell'essere.
Se io
ricevo conoscenza di Dio, ricevo l'essere di Dio, se io ricevo la conoscenza
della verità, ricevo la verità.
R.: Se è vero che in noi c'è il Pensiero di Dio e che noi possiamo
unicamente pensare Dio con il suo pensiero si arriva alla conoscenza, "In
principio era il Verbo e il Verbo era in Dio".
Y.:È Dio che ci aiuta e che ci prende per mano.
Luigi: Ma il dono più grande che ci ha
dato è averci dato il suo Pensiero.
Quello è
il dono più grande per cui noi possiamo pensare Lui.
Tu puoi
fermare la tua macchina e fermarti a pensare Dio.
Ma è una
meraviglia.
Ora noi non
potremmo pensare Dio se Dio non avesse dato il suo Pensiero a noi.
Io posso
restare con Lui tutto il tempo che voglio.
Ora Lui è
la vita eterna, ma se io resto con Lui, resto in vita eterna.
Io posso
fermarmi con Lui.
E come se avessimo
un amico importantissimo e noi possiamo restare con lui tutto il tempo che
vogliamo, possiamo andarlo a trovare quando vogliamo, ma è una meraviglia.
Ora Dio ha
dato Se Stesso a noi.
Y.:Se noi riportiamo tutte le cose a Dio, il Pensiero di Dio ci porta al
Padre e dal Padre poi noi conosciamo il Padre e poi è sempre Pensiero di Dio?
Luigi: Gesù mi fa anche capire perché io
sono disunito a Lui, perché non sono in contatto con Lui, perché ho perso il
contatto con Lui.
Gesù dice
che il Padre non lo lascia mai solo perché Lui fa sempre ciò che piace al
Padre.
Dicendo
questa cosa mi rivela quali sono le condizioni dell'unione.
Noi
restiamo uniti in quanto facciamo quello che fa Cristo.
Ora questo
fare non è mica fare esterno, sopratutto pensiamo quello che pensa Cristo,
raccogliamo come raccoglie Lui.
Quindi
avviene tutto per mezzo di Lui perché noi soli, non immagineremmo nemmeno di
fare questo lavoro.
P: "Io debbo compiere le opere del Padre mio".
Lui le deve compiere in noi perché in Lui è già tutto compiuto.
Dall'idea di Dio alla presenza di Dio ce ne passa, qui hai la certezza di
una presenza e come quando uno pensa a una persona che non è in una stanza e
poi quella persona entra.
C'è quindi una conoscenza per sentito dire del Figlio che è conoscenza, che
noi chiamiamo conoscenza, ma non è ancora vera conoscenza, c'è questa
differenza qui, Cristo ci spiega le sue parole alla sua presenza.
Luigi: La vera conoscenza avviene nel
Padre, dal Padre.
Perché
contemplando tutte le cose nel Padre, hai la certezza dello Spirito Santo, lo
Spirito Santo è proprio questa contemplazione dell'opera di Dio nel Padre.
Ora tu la
contempli nel Padre in quanto la vedi dal Padre e questo è lo Spirito
Santo che è poi Spirito di certezza.
Infatti,
lo Spirito Santo è Spirito della presenza, non sei più tu che pensi, tu
constati la presenza in te del Padre e del Figlio.
Lo Spirito
Santo è Spirito di questa presenza.
P. Io sono ancora alla ricerca della formazione del Pensiero di Dio....
Luigi: Ma il pensiero ti è dato, è dato a
te senza di te, tu si portatore del Pensiero di Dio.
La
presenza del Pensiero di Dio in te, ti fa subire una passione, per cui hai
interesse per- e sei insoddisfatto di tutto il resto, ti possono inondare di
miliardi ma tu sei insoddisfatto, mentre in una baita tu sei felice se conosci
Dio.
Tutti i
nostri problemi son tutte conseguenze di questa presenza qui, naturalmente
tutti questi problemi non risolti in Dio ti fanno ingolfare in tanti altri
problemi di mondo che ci torturano, che ci affannano, che ci portano alla
morte.
Noi non ci
accorgeremmo che una cosa è incompiuta se non avessimo presente il compiuto.
Come fai
tu a capire che una cosa è incompiuta?
È sempre
un rapporto.
L'animale non
può capire che una cosa è incompiuta, come mai noi ci rendiamo conto che questa
cosa è incompiuta? È perché noi abbiamo presente il compiuto.
Perché ho
presente che una cosa è finita?
È perché
ho presente l'infinito.
Come mi
accorgo di un frammento?
Io non mi
accorgerei di un frammento se non avessi presente il tutto.
Io mi
accorgo di un frammento di vaso solo se ho presente il vaso, altrimenti no.
Quindi è
questa presenza del tutto, dell'infinito, del compiuto che mi fa vedere
l'incompiuto e allora questo mi mette in movimento.
Principio,
opera e fine; fintanto che non arriviamo alla finalità, noi siamo sempre
nell'incompiuto anche se come dico vediamo Dio che opera tutto, vediamo tutto
come opera di Dio, noi siamo ancora nell'incompiuto.
L'uomo non
ha mai sentito parlare di Dio ma è un portatore del Pensiero di Dio.
Quando tu
stai portando un abito, puoi anche non sapere chi l'ha fatto e come l'ha fatto,
però l'abito lo porti addosso.
Ogni uomo
si caratterizza dall'animale in quanto è portatore di Dio e se porta una
cosa con sé presto o tardi ci sbatte il naso dentro.
Non è il
sentito dire, non è il sentito dire che mi comunica Dio.
Se io sono
un animale, mi possono parlare da mattina e sera di Dio ma io non capisco mica
niente.
Perché non
capisco niente?
Han
provato a parlare a un cane o a una scimmia di Dio e puoi moltiplicare le
parole, hai voglia, se dai una banana alla scimmia, la scimmia ti capisce e ti
ama anche.
Ma se tu
gli parli di Dio, non capisce niente e come mai allora l'uomo capisce?
D.: Per l'intelligenza....
Luigi: Ma nossignore intelligenza, è per
la Presenza che porta in se di Dio, è quello che noi abbiamo presente in noi
che ci fa capire, noi ci scusiamo dicendo intelligenza, cosa vuol dire
intelligenza?
Noi ci
riempiamo di parole: intelligenza, amore, giustizia, sentimenti, vita, morte e
non capiamo un cavolo.
Cosa è
l'intelligenza?
È presenza
dell'Assoluto in noi.
Anche
l'animale ha un’intelligenza.
Quello che
ti fa sentire il problema di Dio, che ti pone il problema di Dio, il problema
dell'incompiuto...tu vedi la relatività del tutto...tutte le cose non ti danno
pace perché porti Dio con te.
Noi
portiamo Dio in noi e non lo conosciamo non sappiamo chi sia.
Fintanto
che non sappiamo chi sia noi subiamo la passione dell'Assoluto.
Con questa
passione vedo questo registratore e voglio che sia Assoluto.
Solo che a
un certo momento si rompe, si guasta, si modifica, diventa brutto e io lì a
verniciarlo perché voglio che resti sempre.
È la mia passione
d'Assoluto che tende a rendere assolute, infinite tutte le cose.
E fintanto
che non capisco che lo devo lasciare invecchiare e alzare gli occhi e lasciar
perdere il mio registratore, perché il mio futuro non è nel registratore.
Tutti noi
sbagliamo luogo, passiamo tutta la vita a cercare stelle alpine in un campo di
grano, l'ho detto mille volte, ma come mai non trovo Dio?
E già stai
cercando stelle alpine in un campo di grano e sbagli tutta la vita...e
all'ultimo ti accorgi che la tua vita non è servita a niente.
Ma non lo
sapevate?
"Che
io mi debbo trovare nelle cose del Padre?"
Dovevate
saperlo!
Il
problema è tutto lì.
Essendo
portatori di Dio noi abbiamo questa passione per Dio e noi sbagliamo luogo, cerchiamo
Dio nelle creature, vogliamo che le creature siano come Dio ma le creature non
possono essere come Dio.
E tutto
ciò che noi amiamo, vogliamo che sia come Dio.
Fintanto
che non ci decidiamo a superare tutto di noi per alzare gli occhi a Dio, e non
possiamo alzare gli occhi a Dio se non avessimo Dio in noi, quindi se non ci
decidiamo a guardare Dio e non posso guardare Dio se Dio non è in me, quindi
Dio mi fa il dono per darmi la possibilità di guardarlo, ma debbo guardarlo
altrimenti sbaglio tutto.
N.: Hai ragione, noi facciamo un cattivo uso delle parole, crediamo di
conoscere, l'uomo comune a differenza delle bestie è anche ansioso, diciamo che
l'ansia è paura malessere per qualcosa di sconosciuto, cosa vuol dire qualcosa
di sconosciuto?
Qualcosa che non conosciamo, cioè i segni noi li abbiamo, però non li
comprendiamo, non arriviamo al significato, noi portiamo in noi il bisogno di
portarli nella verità, di unificarli....oscuramente lo sentiamo tutti che se
riuscissimo a raccogliere tutti questi pezzetti, queste tessere di verità in un
unica verità saremmo a posto.
Allora questa passione di Assoluto, rivolta a qualcosa che non è Assoluto,
quindi staccata, separata dal Pensiero di Dio, genera in noi ansia, malessere,
inquietudine, la cosa si rimedia solo quando tu unisci la passione di Assoluto
che hai in te con il Pensiero di Dio che hai in te, in quel momento tu inizi la
vita eterna, non sei ancora soddisfatto però non hai più l'ansia, non hai più
quelle paure di cui non conosci l'origine.
Cominci, come dicevi a lui, cominci a cantare, poi che tu dica "Ma io
trovo difficoltà a vedere la generazione del Figlio dal Padre, trovo difficoltà
a vedere lo Spirito Santo", non è poi tutto vero perché ci sono delle cose
che oramai ci dicono che c'è dello Spirito Santo in noi, delle certezze ce ne
sono già.
Si non ho ancora l'insieme di tutte le certezze ma ne ho tante e mi rendono
già la vita molto più facile molto più vivibile, mi tengono viva la speranza,
mi tengono vivo il pensiero che arriverò a vedere qualcosa...purché non mi
separi.
F.: Quindi Gesù qui in questo versetto mi fa capire che è venuto in noi per
portare a compimento...ed è già una grossa luce...poi però non ci fa vedere
come si fa...dà la luce a questo cieco...però non è quella luce il portare a
compimento...
Luigi: Quello è soltanto un segno, è un
segno che lui porta a compimento, la luce al cieco è poi la luce ad ognuno di
noi, abbiamo detto che il cieco è il vero uomo
Dopo aver
esperimentato gente che diceva: "Io vedo", finalmente un uomo cieco,
vero autentico e Lui dando la luce a quest’uomo cieco fisicamente, ci fa capire
che è Lui che da la luce alla nostra cecità spirituale.
Qui
abbiamo il compimento, la conoscenza perché attraverso la conoscenza abbiamo la
comunicazione dell'essere.
P.: A me resta un dubbio, cioè il Figlio porta a compimento in noi,
relativamente a noi perché in Sé, Lui è già compiuto, nel campo
dell'Assoluto....
Luigi: L'incompiuto è solo relativo a
noi, non è certamente relativo a Dio, come il tempo è relativo a noi.
P.: Tempo addietro si era già parlato di questo portare a compimento nel
capitolo 4: "Il mio cibo è far la volontà del Padre".
Io ricordo questo, forse ho capito male, quello che il Figlio dice lo dice
per noi perché è Verbo incarnato.
Però lui dice una verità che è vera di per sé, dice: "Il Figlio non fa
nulla se non lo vede fare dal Padre".
Lui lo dice a noi per insegnarci a diventar figli ma in realtà Lui non fa
nulla se non lo vede fare dal Padre.
Quello che è valido nel campo relativo a noi è anche valido nel campo
dell'Assoluto e avevo capito che questo valesse anche per il portare
compimento, cioè per la relazione che c'è tra Padre e Figlio, c'è un compimento
lì.
Luigi: No no un
momento il Figlio è Dio, in Dio non c'è niente da realizzare, in Dio tutto è
realizzato
P.:Il Padre genera il Figlio e il Figlio porta a compimento l'opera del
Padre riconoscendo Sé come generato dal Padre.....
Luigi: No, Lui contempla soltanto il
Padre, direi non conosce Se, è tutto pensiero di-.
Ora quando
noi siamo tutto pensiero di..... se io sono tutto pensiero di questo
registratore, guardo il registratore, non conosco mica me stesso, vedo quello
che ho presente, sono pensiero di-.
Il Figlio
è tutto Pensiero del Padre, contemplando il Padre, guardando il Padre, il Padre
dimostra al Figlio quello che il Padre fa, è qui che il Figlio prende
consapevolezza.
P.: Non è un portare a compimento, prendere consapevolezza?
Luigi: Va bene
ma non è un compimento come lo intendiamo noi che sia un incompiuto, noi dobbiamo
per forza parlare in questi termini qui.
Sembra che
ci sia un tempo che scorra, per cui il Padre genera il Figlio.
Il Figlio
essendo Pensiero del Padre, guarda il Padre, guardando il Padre conosce Se
Stesso,siamo nell'eternità.
Ora
nell'eternità non c'è il flusso di tempo.
Gesù dice
"Il Padre è maggiore di me".
Certo è il
Principio del Figlio quindi è Colui che genera.
No, un
tempo non c'è, certo noi per spiegarci usiamo delle parole e c'è una
successione, ma le cose avvengono in noi così.
Certamente
in Dio tutto è compiuto, quindi non c'è un tempo di compiutezza e un tempo di
incompiutezza.
Il bambino
prima conosce sua madre, prima di conoscere se stesso.
Già lì
vediamo l'errore di chi dice: "Conosci te stesso e dopo conoscerai
Dio".
Ecco come
costruiamo i nostri problemi.
Lei prende
un bambino, lui è tutto sguardo del padre o della madre e guardando il padre e
la madre a un certo punto si rende conto che lui è figlio di padre e di madre,
ma prima di conoscere se stesso conosce solo padre e madre. Conoscendo il padre
e la madre, a un certo punto questi gli dicono: "Tu sei mio
figlio"..... e il bimbo inizia ...ma è tutto un riflesso dei genitori il
bambino...e tutto questo è segno di questa Trinità di Dio.
- Fine -
Io debbo compiere le
opere di colui che mi ha mandato finché è
giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare.
Gv 9 Vs 4 Secondo tema.
RIASSUNTO - Lunedì.
Titolo: I
due giorni dell'opera di Dio.
Argomenti: Il pane e la fame –
La forma dell’assoluto – La concessione di Dio all’uomo – La fede – Il Maestro
è uno solo – Il sì e il no a Dio – I maestri ciechi – Le concessioni di Dio –
Le due presenze di Dio – La confessione – Il digiuno – Molteplicità d’interessi
– Guardare Dio – La legge non salva.
19/Gennaio/1987 Casa di preghiera Fossano
-
Riassunto -
Luigi: L’incompiuto è solo nell’uomo.
In Dio tutto è compiuto.
L’opera che Gesù è venuto a portare a
compimento, non è in Dio, è nell’uomo.
Nell’uomo c’è l’incompiuto, in noi.
Luigi: Giorno uguale luce.
Luce uguale presenza.
Alla presenza di-, noi possiamo operare.
Senza la presenza di-, facciamo niente.
“Non sempre avrete Me”.
“Fintanto che Io sono con loro”.
Presenza è essere con-.
Se Dio è con me, non è detto che io sia con
Dio.
Cioè una persona può essere vicina a me,
non è detto che io sia vicino a quella persona.
Fisicamente c’è reciprocità di vicinanza.
Tra le persone non c’è necessariamente
reciprocità di vicinanza.
Non è la presenza fisica che conta, quello
che conta è il pensiero.
La presenza spirituale.
Quindi le presenze vere si realizzano nel
pensiero.
Noi siamo vicini in quanto abbiamo lo
stesso pensiero.
Non è la nostra volontà che ci fa restare
assieme.
La nostra volontà conta niente.
L’unità non dipende dalla nostra volontà.
Chi fa restare insieme è un pensiero.
Infatti nell’ultima preghiera Gesù non dice
a noi: “Restare insieme”.
Dice al Padre: “Mantienili uniti”.
“Falli tutti una cosa sola”, lo dice al
Padre.
È solo Dio che ci mantiene uniti tutti sotto
la stessa tenda.
È il fine che ci mantiene uniti.
Ma se abbiamo fini diversi, non basta la
volontà, i sentimenti, le promesse e i voti per tenerci uniti.
Luigi: Se Dio per primo non si concede, la creatura non può
concedersi.
Quindi Lui per primo si concede.
Se noi non riceviamo amore, noi non siamo
capaci di amare.
Quindi Dio il Creatore, per primo ci ama,
ci dona il suo amore, affinché noi lo possiamo amare.
Non
è detto che lo amiamo.
Però se Lui per primo non si concede, noi
certamente non possiamo amarlo.
Noi possiamo amarlo, quindi diventiamo
responsabili di una scelta.
Amare vuol sempre cercare di capire, di
conoscere l’altro.
Amare non è né sentimento, né parole, amare
è interesse per capire.
Quando uno ama, ha sempre interesse per
capire l’altro.
Il giorno si spegne, là dove si spegne
nella creatura l’interesse per capire e per conoscere Dio.
Là dove si spegne l’attrazione per Dio.
Là dove non c’è attrazione per Dio, il
giorno è finito.
Io non posso far mangiare una persona che
non ha fame.
Se si spegne la fame, si spegne la
possibilità di farti mangiare il pane.
Dio è il pane ma richiede la fame della
creatura.
Dio opera in un primo tempo per formare la
fame nell’uomo.
“Manderò la mia fame sulla terra”.
Quando ha fame, la creatura è nella possibilità
di mangiare il pane.
Allora Lui diventa pane che risponde a
questa fame.
Ma prima Lui deve formare la fame in noi.
Luigi: Fintanto che in noi c’è attrazione per Dio, c’è
desiderio di conoscere Dio, qui il Figlio può operare.
“Nessuno può venire a Me, se non è attratto
dal Padre”.
Dove Lui vede l’attrazione per il Padre,
Lui opera e porta a compimento quello che il Padre ha seminato.
Cosa vuole dire quello che il Padre ha
seminato?
Il Padre semina formando la fame,
l’attrazione
Il Figlio subentra per portare a compimento
quello che il Padre ha iniziato.
Per cui si richiede che la creatura sappia
già quello che vuole.
Allora lì subentra il Figlio.
Bisogna però che la creatura abbia maturato
in sè il suo autentico bisogno di conoscere Dio.
Allora Gesù diventa la guida, diventa la
strada, diventa il maestro che mi conduce a conoscere Dio.
-
Conversazione -
A.: Il primo giorno quando Dio si concede ai nostri desideri, è un rapporto
ingiusto, ma perché è ingiusto se lo ha formato Lui in noi questo desiderio?
Luigi: Lui opera per formare in noi la fame.
La fame uno la esperimenta in quanto Lui
per primo si concede ai nostri desideri.
Noi siamo desiderio di assoluto ma il
nostro desiderio di assoluto è un desiderio informe, non ha un nome.
Per cui io creatura, con il mio desiderio
di assoluto, mi posso rivolgere a un albero, a una casa a una creatura.
E mi rivolgo con questa passione
d’assoluto.
Per cui tutto quello che amo, lo amo con la
passione d’assoluto, cioè voglio che sia assoluto.
È una passione informe, che non ha ancora
un nome.
È come l’acqua che prende forma dal
recipiente in cui la metti.
Quindi noi abbiamo quest’acqua, questa
passione d’assoluto che è una conseguenza della presenza di Dio in noi, però
quest’acqua, assume la forma del recipiente in cui la mettiamo.
Se noi ci rivolgiamo ad una creatura, ad un
uomo, prendiamo la forma di—
Dio opera per condurre questa nostra
passione d’assoluto verso di Lui.
Perché Lui solo è l’assoluto.
Tutte le altre creature sono dei segni.
E come segni sono finiti, non sono
assoluti.
Sono quindi incompiuti in sé.
E noi pretendendo che siano assoluti,
infiniti, iniziamo una grande tribolazione, perché fatichiamo tutto il tempo
per rendere assoluta, una cosa che non può essere assoluta.
Se noi ci rivolgiamo al nostro corpo, noi
vogliamo che il nostro corpo sia assoluto.
E allora cominciamo a puntellarlo a destra
e sinistra perché non caschi.
Ma noi tutti i giorni moriamo un poco.
Noi cominciamo a morire dal primo giorno in
cui nasciamo.
E noi cerchiamo di tenere su il nostro
corpo ma la partita è persa in partenza.
È una lotta continua contro la morte ma la
partita è persa fin dall’inizio.
Lì maturano tutti questi desideri ed è lì
che Dio si concede.
Per cui durante la giornata io ho bisogno
di una caramella e Dio mi concede la caramella.
E concedendomi la caramella, mi annuncia
una grande cosa, mi annuncia che Lui c’è.
“Io desideravo questo e sono stato
conosciuto, sono stato compreso”.
È Dio che si è concesso.
Ma lì non finisce mica la cosa.
Il giorno dopo io gli chiedo la caramella e
Lui me la rifiuta.
E mi dice: “Guarda amico, io non ti ho
creato perché tu mangiassi caramelle”.
A.: E questo lo fa per agganciarci.
Luigi: Per agganciarmi, per farmi capire che Lui c’è.
E poi scopro che non è Lui che deve dare
caramelle a me ma sono io che devo dare caramelle a Lui.
A.: E poi viene Cristo...
Luigi: Cristo viene là, dove la mia passione d’assoluto si è
orientata ad un fine, ha avuto un nome.
Quando ho capito quello che devo volere.
“Signore io ho bisogno di te, ho bisogno di
conoscere te”.
Qui c’è l’opera del Figlio, perché qui il
Figlio vede l’opera del Padre.
Qui l’anima ha maturato in sé la
convinzione che ha bisogno di Dio.
Allora qui abbiamo il Figlio che viene a
rispondere alla creatura non dandogli la caramella, ma viene a rispondere
all’opera che il Padre ha fatto nella creatura.
A.: E se io lo seguo, entro in questo giorno senza tramonto.
Luigi: Sì.
A.: E se invece non lo seguo, inauguro la notte senza mattina...
Luigi: Quando non sono attratto da Dio, Cristo è
impossibilitato ad aiutarmi.
“Cristo non potè fare nessun miracolo a
Nazareth, perché non c’era fede in Lui”.
La sostanza della fede è attrazione per
Dio.
È desiderio di conoscere Dio.
La fede non dura sempre.
La fede matura in conoscenza.
Se non matura in conoscenza si perde.
Perdiamo la fede e perdiamo la speranza.
O la fede e la speranza vengono assorbite
nella carità, cioè nell’amore per Dio, nel desiderio di conoscere Dio o
altrimenti la fede e la speranza se ne vanno.
Non possiamo trattenerle.
La fede è come un ponte di neve.
Quando cammini su un ponte di neve devi
affrettarti, perché la neve si scioglie sotto i tuoi piedi.
Se noi restiamo fermi la neve si scioglie e
il cammino si disfa.
Quindi la fede è neve che ci è data per
camminare, se non cammini si disfa sotto i tuoi piedi.
E quando tu vai a cercarla, t’accorgi che
la fede non c’è più, non riesci più a credere.
Non dipende dalla nostra volontà la fede.
Non basta volere avere fede.
Noi non siamo liberi di credere o di non
credere quando vogliamo.
La fede viene da Dio.
Ma se noi non approfittiamo della fede che
Dio ci dà per camminare verso la conoscenza, questa noi la perdiamo.
E così perdiamo il Cristo.
A.: Quindi siamo noi con il nostro rifiuto che determiniamo questo tempo.
Luigi: No, tutto quello che si determina è sempre opera di Dio.
È il nostro rifiuto che è nostro.
L’adesione è grazia di Dio.
Quando siamo attratti da Dio, quando
sentiamo il desiderio di conoscere Dio, questo è grazia di Dio, è dono di Dio.
Desideri conoscere Dio?
È grazia di Dio, non è opera tua.
Non sei tu che scegli Dio, è Dio che
sceglie te.
Quindi quello è dono di Dio.
Non senti desiderio di conoscere Dio?
Questo non è più dono di Dio, questo è tuo
rifiuto.
“Io ho i buoi, i campi, la moglie”, “Non
gusteranno la mia cena”, dice il Signore.
Entreranno gli zoppi, i ciechi, i malati, i
morti, tu no, tu non puoi entrare.
B.: L’attrazione per Dio viene da Dio ma il desiderio di conoscere viene
dall’uomo.
Luigi: No, è tutto dono di Dio.
Dall’uomo viene soltanto il no.
Se tu dici sì a Dio è per grazia di Dio.
Il no invece è soltanto opera nostra.
Il no è un difetto.
Dove c’è il compimento, lì è grazia di Dio.
Dove c’è il difetto, lì è opera della
creatura.
Tu non puoi dire sì a Dio, se Dio in
qualche modo non si presenta a te.
Quindi tu aderisci a Dio, in quanto Dio per
primo si è presentato.
Quindi il dono è di Dio.
B.: E allora perché Dio ci toglie il desiderio di Lui?
Luigi: Il desiderio non è Dio che ce lo toglie.
Perché Lui ci ha creati proprio come
passione, come desiderio.
Il desiderio per Dio, si spegne in noi, in
quanto si moltiplicano i nostri desideri.
Sono i molti desideri che spengono in noi
il desiderio di Dio.
Se io ho altri interessi è perché lì c’è il
pensiero del mio io.
Il mio io moltiplica i miei amori e i miei
interessi e questo estingue in me il desiderio per Dio.
Per cui un amore mi annulla l’altro.
C.: E dalle tenebre non si può uscire?
Luigi: C’è tenebra e tenebra.
Tant’è vero che l’uomo cieco, è l’uomo
nella sua vera dimensione.
L’uomo cieco è la creatura autentica che
ama la luce, che invoca la luce.
Infatti Gesù dice che essere ciechi non è
essere in colpa.
La colpa sta quando un cieco dice di
vedere.
La notte che mi mette in colpa è quella in cui
io ho desideri diversi da Dio.
Quando io dico che non ho bisogno di
conoscere Dio, perché già conosco.
È quando io, anziché essere discepolo che
invoca la luce, io dico di vedere e mi faccio maestro.
Qui incomincia la colpa.
No, Maestro è sempre il tuo Signore, il tuo
Dio.
Tu mantieniti sempre in situazione di
ascolto e di desiderio di capire.
Noi siamo creati come discepoli, il Maestro
è sempre uno solo.
Quindi eternamente noi dobbiamo essere
discepoli.
Discepoli quindi sempre attenti a quello
che il Maestro ci sta dicendo.
Cercando di capire quello che Dio ci dice.
In tutte le cose è Dio che ti sta parlando,
stai attento che c’è una lezione per te.
Quando invece dico di sapere è finita.
Dio non ci abbandona mai, quindi cerca di
farci capire che ciò per cui noi stiamo trascurando Lui, vale poco.
Per cui Lui ci annulla quei valori per cui
viviamo.
Certo se noi perduriamo nel nostro errore
di preferire il mondo a Lui, noi ci troviamo nella impossibilità di partecipare
alle cose di Dio.
Quindi ci troviamo in questa notte che ci
rende impossibile seguire il Cristo.
Dio operando, a poco per volta cerca di
farci rinsavire.
Magari se non prima, in punto di morte
rinsaviamo.
C.: La fede ci viene da Dio, però c’è anche la nostra partecipazione...
Luigi: La nostra corrispondenza sta nel fatto di apprezzare
questa fede.
Quello che io non apprezzo, non stimo, lo
perdo.
E quando lo apprezzo?
Quando mi occupo di quello che mi propone
la fede.
La fede mi annuncia che Dio è il Creatore
di tutte le cose.
E quando è che io apprezzo questa fede?
Quando sto attento a Dio che è il Creatore
di tutte le cose.
Quando accetto tutto da Dio.
Quando cerco di capire il significato di
tutte le cose che Dio mi manda.
Allora qui cammino nella fede, allora qui
do valore alla fede.
Se invece io non accetto tutto da Dio o non
mi preoccupo di capire il significato delle cose che Dio mi manda, vuol dire che non apprezzo la fede.
Allora qui la fede mi viene portata via.
E quando io un giorno vorrà credere, per trovare
magari la pace in un momento difficile, io m’accorgo che questa fede non c’è
più e non posso averla, perchè non dipende dalla mia volontà.
Se inizio a invocare e cercare Dio, può
darsi che Dio mi ritorni la fede, ma la fede mi viene da Dio, quindi la devo
cercare solo presso Dio.
Certamente la fede non dipende dai miei
sforzi, dalle mie rinunce o dai miei sacrifici.
D.: In quell’attimo che Dio ti
propone la sua presenza, hai la possibilità di dire di sì.
Luigi: Per questo dico che il dire sì a Dio, è grazia di Dio.
Se io dico sì, è perché Dio si è presentato
e presentandosi mi dà la possibilità.
D.: È la sua Parola che fa da ponte e ci dà la possibilità di fare il
passaggio.
Luigi: Si capisce.
E.: Dio ci dà la possibilità di seguirlo e interessarci di Lui.
Luigi: Però come ho detto ieri, il metro per sapere se stiamo
seguendo Cristo è l’interesse per Lui.
Se tu senti interesse per Dio, allora vuole
dire che c’è questa rispondenza.
Se invece ti accorgi che hai interesse per
le regole, il comportamento o la morale o le preghiere vocali ma non hai
interesse per conoscere Dio, qui non ci siamo.
F.: Se Dio mi ha già fatto riconoscere che Lui è il Creatore di tutto,
perché persisto nel desiderare le concessioni di Dio?
Luigi: Perché ci sono due modi di sentire una presenza.
Tu fai l’esperienza della presenza di Dio,
quando Lui si concede e ti dà la caramella.
Tu hai un desiderio, Dio realizza questo
tuo desiderio e tu fai esperienza della presenza di Dio.
Ma è una esperienza di presenza
sentimentale.
Perché è Dio che ha risposto al tuo
desiderio.
E tu non dici: “Dio come sei vero”, dici:
“Dio come sei buono”.
Cioè tu ami Dio perché Dio è buono, e Dio è
buono perché ti ha dato la caramella.
Invece bisogna imparare ad amare Dio per
quello che Lui è, non per le caramelle che mi dà.
Fintanto che tu ami una persona per i doni
che ricevi, tu non entri nel vero amore.
Si ama veramente un essere per quello che
è, non per i doni che dà.
Quindi noi attualmente, amiamo Dio per i
doni che ci dà.
Il giorno in cui Lui si rifiuta di darci i
doni, non siamo più capaci a pregare.
“Dio non doveva farmi questo”.
L’altra esperienza della presenza di Dio,
deriva dalla nostra sottomissione a Dio, dal non più cercare Dio per i doni che
ci dà, ma dal cercare di conoscere Dio per ciò che Lui è e vuole.
Questa esperienza di presenza, deriva dalla
Verità di Dio.
F.: Ma qui può ancora fare concessioni...
Luigi: No, a quel punto lì, la creatura non vuole più
concessioni, perché vuole soltanto quello che vuole Lui.
Se tu ami, tu desideri solo ciò che vuole
l’essere amato.
A te non interessa più quello che ti dà o
non ti dà, a te interessa solo quello che vuole l’altro.
Allora qui siamo nel rapporto giusto, nel
rapporto vero.
Quando uno non pensa a se stesso entra nella
luce di Dio.
F.: Allora finché Dio si concede e
mi dà le caramelle, vuol dire che sono in difetto?
Luigi: Sì certo.
Arriva certamente il giorno in cui non ti
dà più nessuna caramella.
E guai se continuasse a dartele.
Lui moltiplica i pani e poi vogliono farlo
re e Lui scappa.
Lui che è Re, che è venuto per regnare e il
suo Regno non avrà tramonto.
E quando vogliono farlo re, Lui scappa.
Siamo in contraddizione piena.
Tu sei venuto per essere Re, vogliono farti
re e tu scappi?
Evidentemente c’era qualcosa che non
funzionava.
Il giorno dopo vanno a cercarlo e Lui dice:
“Voi mi cercate perché vi ho moltiplicato i pani, non cercatemi per il pane che
passa”.
Ecco che qui non mi dà più la caramella.
E alla fine del suo discorso, tutti quelli
che lo seguivano se ne sono andati; “Il tuo è un parlare duro, chi lo
sopporta?”.
Arriva un momento in cui c’è questa
difficoltà.
Fintanto che ti moltiplica i pani, tu lo
capisci perfettamente, lo applaudi...aspettalo il giorno dopo.
G.: Quando la creatura si sottomette a Dio, Dio non dà più le caramelle
all’uomo, però dà Se stesso che è molto di più.
Luigi: Però quel “Se stesso”, Lui lo dà soltanto nel Pensiero
di Sé.
Non lo dà più nel pensiero del nostro io.
La caramella la dà in quanto viene data nel
pensiero del nostro io.
La sua Presenza Lui non la dà nel pensiero
del nostro io.
La dà nel pensiero suo.
Però dobbiamo superare il pensiero del
nostro io e non cercare quello che piace a noi, che conviene a noi, che
soddisfa noi ma cercare quello che piace a Lui.
Qui abbiamo il capovolgimento.
Non abbiamo più la creatura che si rivolge
a Dio per ottenere da Dio la risposta a un suo bisogno ma è la creatura che
dimentica i suoi bisogni, e chiede soltanto che Dio gli riveli quello che piace
a Lui.
Qui allora la creatura s’interessa di Dio.
H.: L’uomo deve restare bambino...
Luigi: L’uomo deve restare bambino avesse anche 80 o 90 anni.
Nicodemo diceva: “Può forse uno ritornare
bambino quando è vecchio?”.
Se tu non ritorni bambino non puoi entrare
nel regno di Dio.
Cioè cessa di essere maestro, cessa di
credere di sapere.
“Noi sappiamo” esordisce Nicodemo.
Se ritieni di sapere non puoi entrare nel
regno di Dio.
I.: Non bisogna mai l’abbandonare di ritenersi ciechi, poiché il giorno in
cui Cristo può operare è il giorno in cui ci riteniamo ciechi.
Luigi: Infatti questo giorno qui finisce quando l’uomo inizia a
ritenersi maestro, comincia a capire.
In questa notte, la notte dell’uomo che crede di sapere, non si può più
fare niente.
C’è da sperare che la creatura, per l’opera
di Dio rinsavisca e scopra di non sapere assolutamente niente e qui allora c’è
la rinascita.
L.: Se abbiamo poco interesse per Dio è perché non abbiamo risposto alle
visite che Dio ci ha fatto.
Luigi: Quello che spegne l’interesse per Dio è la molteplicità
degli interessi.
Non c’è l’assenza di qualcosa, c’è la
troppa presenza, troppe presenze.
A una persona che è incapace ad amare, io
risponderò sempre che non è che non sia capace ad amare, è che ha troppi
interessi: buttali via.
Quando noi riteniamo di essere in
situazione di povertà spirituale è perché siamo sempre troppo ricchi.
E allora butta via, hai troppa roba, non
puoi camminare.
Elimina tutto e a un certo momento
t’accorgi che il tuo amore cresce all’infinito.
Dio ha creato noi con questa passione
d’assoluto.
Non è che tu non senti interesse per Dio:
hai troppi interessi.
Dio in un primo tempo ti dice: “Hai troppi
interessi, butta via, t’accorgerai che l’altro interesse per Dio salta fuori”.
Se tu non li butti via, a un certo momento
te li butta via Lui e allora arriviamo verso la morte.
Con la morte Dio ti toglie tutto, forse
capirai.
Ma in un primo tempo Lui non opera con
violenza.
Prima Lui opera gradualmente.
E come opera gradualmente?
Facendoti arrivare le sue parole, facendoti
capire.
Se tu non senti attrazione per Dio, non è
che Dio ti abbia fatto male.
Tu sei fatto bene come tutti gli altri.
Dio non fa preferenze di persone.
Per cui se una persona lo ama molto, non è
perché Dio l’abbia preferita alle altre.
Dio ha creato tutti nello stesso amore.
Tutta la creazione è creata nell’amore di
Dio.
Noi tutti siamo creati nell’amore di Dio.
Per cui la passione centrale per noi è
questo amore per Dio.
Dio è il massimo centro di attrazione.
Quando una creatura dice: “Ma io non ho
interesse per Dio, Dio non mi dice niente”, te lo dice non perché non abbia
interesse per Dio, ma perché ha troppi interessi che spengono in te l’interesse
per conoscere Dio.
L.: Basta anche solo l’interesse per il proprio io...
Luigi: Hai detto poco.
Il pensiero del nostro io è un
moltiplicatore d’interessi.
Il nostro io tutto quello che tocca lo
trasforma in oro.
Come quella storiella del re che
trasformava in oro tutto quello che toccava ed è morto di fame perché anche il
pane che toccava diventava oro.
Noi nella nostra vita cerchiamo denaro,
ricchezze, beni e crediamo di trovare la felicità con quello e a un certo
momento ci accorgiamo che stiamo morendo di fame.
L.: E Dio tutto opera per dare inizio al giorno senza tramonto.
Luigi: Chi dà inizio al giorno senza tramonto è il Figlio di
Dio in noi.
Dio, Padre, il Creatore, opera nella nostra
vita per formare in noi il desiderio di conoscere Lui: primo atto.
In questo desiderio di conoscere Dio
abbiamo il “finché è giorno”, finché la creatura è attratta da Dio.
Qui abbiamo il Figlio, il Pensiero di Dio
che adesso arriva, per portare a compimento questa attrazione che la creatura
sente per Dio.
L.: C’è una scadenza.
Luigi: Logico, perché questo interesse per Dio, se non giunge
alla conclusione in Dio, noi lo perdiamo.
La cosa incompiuta dura un tempo finito.
Tutto quello che è incompiuto è segno.
Il segno è soggetto al tramonto, appunto
perché è segno.
Dio solo non è soggetto al tramonto.
Allora io devo capire che fintanto che sono
nei segni, io mi devo affrettare a cercare Dio, a conoscere Dio, ad entrare
nella pace di Dio, cioè ad entrare in quel giorno senza sera, altrimenti questo
segno qui tramonta.
E allora io perdo l’attrazione per Dio.
L.: È quello che diceva Gesù: “Fintanto che sono nel mondo, sono luce per
il mondo”.
Luigi: È luce in quanto viene a raccogliere l’attrazione che la
nostra anima ha per Dio.
E la porta a compimento.
M.: Senza di Lui non abbiamo la forza di poterlo seguire nel suo parlare.
Luigi: Per questo noi dobbiamo sempre guardare Lui.
Se guardi Lui tu hai la forza.
Se non guardi Lui, senti la sua chiamata ma
non hai la forza di seguirlo.
Bisogna sempre guardare a Lui.
Cioè quello che determina tutto è la
presenza, il dono della sua presenza.
Ma io debbo imparare a guardare Lui.
Altrimenti non ho la forza.
Posso anche essere razionalmente convinto
che mi devo occupare di Dio, però se non ho presente Lui, se non penso a Lui,
non ho la forza.
Ma noi con grande facilità ci distraiamo da
Lui, noi non guardiamo più a Lui e ritorniamo sempre al punto di partenza.
Fai un passo in avanti e tre indietro.
Fintanto che non impariamo a restare in
questo sguardo che guarda solo Lui.
“Guarda Me e sarai perfetto”.
La religiosità con Dio non sta nel
conoscere una dottrina e non sta in un comportamento morale, sta in una
presenza.
Un rapporto di presenza.
È essere con.
Lui per primo si annuncia a me, perché
annunciandosi mi dà la possibilità di cercare e rispettare la sua Presenza.
Non vivere senza tenere conto di Lui perché
Lui è in te.
Quindi non prendere iniziative tue, non
considerarti autonomo, perché altrimenti perdi di vista Lui e cominci a
pasticciare, giri a vuoto.
N.: Io non posso dire di non avere peccato, devo accettare anche il mio
peccato da Dio.
Luigi: Anche il peccato è una lezione di Dio.
Bisogna accettare tutto da Dio.
Gesù stesso dice di offrirgli i suoi
peccati.
Anche questi vanno raccolti in Dio.
In Dio tutto viene trasformato.
Dio ha questa meravigliosa potenza che è impotenza,
trasforma il male in bene.
Per cui anche le nostre debolezze, le
nostre mancanze, i nostri peccati, Lui li trasforma in maggiore unione con Lui.
“Tu non guardi a Me? Guarda cosa ti
succede”.
Se tu rubi c’è il mondo che ti dice che sei
ladro, invece Dio ti dice: “Amico mio avvicinati a Me!”.
Ecco la grande diversità tra Dio e il
mondo.
La confessione vale se tu hai già stabilito
verso Dio la pace.
N.: Se non sono in pace, non è un uomo che mi può dare la pace.
Luigi: Sì ma lì non abbiamo un uomo, abbiamo un uomo che parla
in nome di Dio.
Ci deve essere questo accordo con Dio.
La confessione non è un atto magico.
Infatti quando tu senti rimorso, pentimento
per quello che hai fatto, è perché Dio ti ha già perdonata.
Chi patisce per una cosa, appartiene già a
quella cosa.
Chi soffre di non amare è perché appartiene
già all’amore.
O.: Ma il prete e la confessione sono mezzi indispensabili per liberarsi
dal peccato.
Luigi: Non è indispensabile.
C’è un atto di perdono, ad esempio atto di
dolore perfetto che si può utilizzare in certe situazioni.
O.: Ma resta sempre l’obbligo di andare a confessarsi.
Luigi: No, l’obbligo no.
Se sei in guerra o in punto di morte, c’è
questo atto di dolore che ti rimette in perfetta armonia, non c’è mica più
l’obbligo.
E questo ti fa capire che il perdono tu
l’ottieni proprio in questo atto di rapporto diretto con Dio.
Là dove c’è l’atto d’amore perfetto, c’è il
perdono.
È un po’ come il battesimo.
Per 18 secoli si è detto che può essere
salvato solo chi appartiene alla chiesa, poi si è capito che la faccenda non
funzionava.
C’è un altro battesimo che è molto più
importante, per cui anche un buddista o un musulmano può salvarsi, perché
quando cerca Dio, quando desidera Dio appartiene a Dio.
A Međugorje la Madonna cosa dice?
“Siete voi che fate divisioni di religioni,
ma presso Dio tutti sono suoi figli…quindi non dividetevi gli uni con gli
altri”.
Bisogna cogliere l’anima della cose.
O.: “Rimetterete i peccati”, anche quello è Vangelo…
P.: Nel Vangelo di oggi ci sono i discepoli che non digiunano perché lo
sposo è presente e allora quando non è presente dovrebbero digiunare.
Luigi: Lì la lezione principale è questa: non fate consistere
la religiosità nel fare digiuno o nel non fare digiuno.
Spesso si sente dire che il cristianesimo è
gioia, allora io devo sempre essere felice?
Ma se tu stai soffrendo soffri, non puoi
metterti a ridere.
Il cristianesimo non è un teatro.
Non è recitazione.
“Oggi è tempo di digiunare, tutti dobbiamo
digiunare!”.
Chi è con Dio e si trova in gioia con Dio
come fa a digiunare?
Allora recita.
Il cristianesimo non è recitazione.
Allora Gesù dice: “Se Io sono con loro e li
riempio di Luce, sapienza e felicità, come possono digiunare?”.
Il digiuno è un mezzo, un mezzo quando mi
sento lontano da Dio, quando ho bisogno d’incontrare Colui che non trovo.
Allora non posso fare festa con il mondo.
Allora mi limito in certe cose, per potermi
raccogliere in Dio, per trovare Colui che ho perso di vista.
Quindi i tempi della nostra vita
spirituale, sono determinati dalla presenza o dall’assenza di Dio.
Se Dio è con te, tu canti da mattina a
sera.
Se Dio non è con te piangi da mattina a
sera anche se ufficialmente è tempo di fare festa.
Mentre tutti cantano e glorificano Dio tu
piangi, perché Dio non è con te.
Qui siamo nel rapporto autentico.
Il Signore ci fa capire questo in quel
passo del Vangelo di oggi.
P.: Ma questo “togliere lo sposo” cosa significa?
Luigi: Perché Dio in un primo tempo arriva a noi e in un
secondo tempo si allontana, perché siamo noi che dobbiamo cercare Lui.
Dio in un primo tempo si rende presente a
noi e ti concede la caramella.
In un secondo tempo Lui si allontana, per
invitare noi a cercare Lui.
Perché soltanto cercando Lui entriamo in un
rapporto vero con Dio.
I tempi della vita sono determinati da
questo, non dalle regole.
Non fare consistere la vita con Dio in una
regola o in un voto, o in un vestito o nel comportamento, o in un atto morale.
La vita con Dio non sta in questo.
La legge non ti salva mica.
Nemmeno i dieci comandamenti ti salvano.
Perché tutti i comandamenti sono per
portarti a Cristo.
Chi ti salva è Cristo.
È la presenza di- che ti salva.
È il
rapporto con la persona che ti salva.
Evidentemente si parla di salvezza se c’è uno
nel rischio di perdersi.
Non si parla mica di salvezza a uno che è
salvo, che sta bene.
Ora in cosa consiste questa salvezza?
La salvezza sta nella liberazione dal
pensiero del tuo io.
Il tuo io diventa una tomba.
Ora, chi ti dà la possibilità di liberarti
dal pensiero del tuo io?
È soltanto un altra persona.
È guardando l’altro che tu dimentichi te
stesso.
Se l’altro non si presenta a te,
necessariamente tu non puoi uscire dal pensiero del tuo io.
È il cane che si morde la coda, non può
farne a meno.
È la presenza dell’altro che venendo a me,
parlandomi, dà a me la possibilità di interessarmi di Lui.
Interessandomi di Lui, Lui mi libera dal
pensiero del mio io.
E quasi senza accorgermene vedo che il
mondo è tutto diverso.
È Lui che parlando a me, mi ha fatto vedere
il mondo tutto diverso.
Il mio io mi faceva vedere il mondo tutto
conflittualità, lotte, contraddizioni, Lui parlandomi mi ha liberato dal
pensiero del mio io e liberato dal pensiero del mio io, vedo il mondo tutto
diverso.
È Lui che mi ha liberato.
Quindi è la presenza dell’altro che ci
salva, non è seguendo una regola, una legge, un comandamento che giungiamo alla
salvezza.
Tutto serve, si capisce.
Infatti San Paolo dice che la legge non
salva nessuno.
È il campo di battaglia di San Paolo questo.
La legge non può salvare.
Tuttalpiù ti riempie d’orgoglio, perché “io
sono stato capace di digiunare, io sono migliore degli altri”.
La legge ti gonfia e a un certo momento, in
nome della legge tu mandi a morte il Cristo.
“Io ho fatto sempre la tua volontà” diceva
il fratello del figliol prodigo al Padre, però non ha imparato ad amare.
L’essenziale sta nel capire questo.
Tutto serve per portarti ad incontrare il
Cristo.
Tutto è un cammino verso la meta, ma quando
tu sei arrivato con Lui, resta con Lui, perché è la Persona che ti salva.
Rapporto d’amore.
-
Pensieri conclusivi -
W.: La fede è il mezzo che ci è dato, per potere entrare nel giorno in cui
Cristo può operare.
Luigi: Certo, però questa fede dura molto poco.
Quindi cammina in fretta, perché la fede ti
si scioglie fra le mani.
X.: Chiedo al Signore tanta umiltà, perché l’umiltà è verità.
Luigi: Sì, l’umiltà però non è un sentimento.
L’umiltà è attenzione a Dio.
La creatura è umile in quanto riconosce che
è Dio che sta parlando, è Dio che sta operando.
Togliti i sandali, perché la terra su cui
stai è sacra.
L’umiltà mi fa vedere il mio niente e il
tutto di Dio.
Ed è il rapporto personale con Dio che mi
salva.
Y.: Qualsiasi catastrofe umana, non è gravosa come la perdita di Dio.
V.: Amare e vivere significa conoscere Dio.
Q.: Cercare la presenza viva di Dio.
Luigi: Certo perché è quella che salva.
Noi siamo salvati dalla Presenza.
Noi con tutte le nostre opere anche sante,
con tutte le nostre virtù non ci salviamo, è Lui che ci salva.
Noi entriamo nel Regno di Dio dicendo:
“Signore è stato tutto dono tuo”.
Ma se io credo di arrivare a Dio per i miei
meriti e le mie opere, posso fischiare.
A.: Se sono attratta ed ho interesse per Dio, Cristo viene a prendermi là,
dove sono e se lo seguo mi porta in un giorno senza tramonto.
E.: Bisogna cercare Dio per quello che Lui è.
R.: Amare è avere interesse per conoscere.
Luigi: Sì, il vero amore è desiderio di conoscere.
T.: È la presenza dell’altro che ci salva.
U.: ricordarsi che siamo sempre in casa d’Altri.
Luigi: Ovunque noi siamo siamo sempre in casa d’Altri.
U.: Quando arrivo a casa adesso chiudo la porta piano, perché penso che la mia
casa non è mia ma di Dio…si comincia dalle piccole cose.
Luigi: Certo, quando tu entri in casa d’altri, anche il tono di
voce cambia.
Se noi fossimo sempre convinti di essere in
casa d’altri, parleremmo sempre in modo diverso.
U.: Dio ci dà tante occasioni per cambiare in meglio ma noi le sprechiamo.
Luigi: Noi dobbiamo guardare a Lui.
Più guardiamo a Lui e più ci rendiamo conto
della verità delle cose e siamo cambiati, già il fatto che lei non sbatta la
porta come prima, vuol dire che un poco già è cambiata.
Se tengo presente Dio, Dio mi cambia in
tutto e tutto il mondo cambia.
È questa presenza di Dio che cambia tutto
di noi.
O.: Ma osservare i propri cambiamenti è un guardare noi stessi più che Dio.
Luigi: Sì, però io non posso fare a meno di vedere i
cambiamenti che avvengono in me e fuori di me.
Prima urlavo e adesso non urlo più.
Prima volevo imporre la mia volontà e
adesso non più.
Tutta questa è una spiritualizzazione che
deriva dal fare attenzione a Lui.
Devo tenere presente Dio in tutto.
Non sono solo con Dio quando vado in
chiesa.
Dio è presente in tutto e devi tenerlo
presente in tutto.
P.: Ogni cosa deve essere mezzo per conoscere Dio.
S.: L’essenza del rapporto con Dio sta nell’unità di pensiero e nei
rapporti con gli altri verifichiamo il nostro rapporto con Dio.
Luigi: Gli altri sono un banco di prova.
Noi però corriamo il rischio di comportarci
verso gli altri in un certo modo, no tu devi vivere alla presenza di Dio e se
tu vivi alla presenza di Dio, Dio ti fa comportare bene verso gli altri.
Quindi gli altri sono un banco di prova del
tuo rapporto che hai con Dio, non diventano una regola da seguire.
Noi trasformiamo tutto in regola per
sentirci a posto.
C’è chi dice: “Dio m’interessa poco,
l’importante è che io ami i fratelli” ma la cosa non tiene, è logico, però
possiamo essere illusi.
Le cose fatte nel pensiero del nostro io
non servono.
D.: Sottomettermi a Dio e non pretendere concessioni da Lui.
Luigi: Ma quando si ama, la cosa viene naturalmente.
Chi ama non pretende niente.
M.: Dio può lavorare su di noi quando noi riconosciamo la nostra cecità.
Luigi: Quando abbiamo tanto desiderio di conoscerlo.
B.: Il Figlio porta a compimento l’opera del Padre solo se vede in noi
interesse per Dio…
Luigi: No, solo se vede che il Padre ha formato in noi la fame
di Dio.
Il Figlio guarda solo il Padre.
Se vede nell’uomo l’attrazione per
conoscere il Padre, Lui entra per servire il Padre.
Il Figlio è tutto interesse per il Padre.
Accetta tutto dal padre e si muove su
iniziativa del Padre.
Se vede che il Padre in noi sta operando,
allora subentra all’opera del Padre e opera.
-
Fine -
Io debbo compiere le
opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi
viene la notte, quando nessuno può più operare.
Gv 9 Vs 4 Terzo
tema.
Titolo:
I due volti della notte
Argomenti: L'incompiuto nell'uomo. I due giorni dell'opera di Dio. La notte
dell'opera di Dio. Il rischio della notte. Il significato
positivo della notte. La parabola delle mine e dei talenti. Nella notte l'uomo
deve esprimere il suo amore. Vivere per i doni di Dio.
La semplicità d’amore. La consapevolezza. La fede
25/Gennaio/1987 Casa di preghiera Fossano
- Esposizione di Luigi Bracco -
Nelle
domeniche scorse abbiamo visto le due prime parti, oggi dobbiamo soffermarci
su: "Viene la notte quando nessuno può lavorare"
Anche
qui si tratta di Parole di Dio, è un annuncio,una parola che dice a noi.
"Viene
la notte".
Essendo
Parola di Dio è parola universale, valida per tutti i luoghi, per tutti i
tempi, per tutte le persone, quindi anche per noi.
Questa
parola ci annuncia qualche cosa ed essendo parola che ci annuncia qualche cosa
ci invita a prendere consapevolezza, quindi a capire il significato, la
portata.
Poichè
Dio non parla invano e non vuole parlare invano.
In
tutte le cose Lui ci significa qualcosa per la nostra vita essenziale per i
nostri rapporti con Lui e sopratutto per rivelarci qualcosa di Sé, perchè
conoscere Lui è vita vera, è vita eterna.
Qui
ci annuncia: "Viene la notte".
E
anche qui dobbiamo chiederci cosa significa questa notte e perchè viene e
siccome lo dice ad ognuno di noi, è una realtà che deve venire e di cui
dobbiamo fare esperienza, poichè reca con sé un profondo significato.
C'è
il giorno e c'è la notte e Gesù dice che Lui finchè è giorno deve compiere le
opere.
Abbiamo visto che compiere vuol dire portare a compimento e se parla di un
compimento vuol dire che le cose sono incompiute.
Ora
le cose non sono incompiute in Dio perchè in Dio tutte le cose sono compiute.
In
Dio non c'è il divenire, non c'è lo sviluppo.
In
Dio tutto è presente e quindi tutto è compiuto.
Se
si parla di una incompiutezza, questa non essendo in Dio è soltanto in noi, l'incompiuto
è in noi.
S.Paolo
dice che "Tutta la creazione geme e soffre in attesa della rivelazione del
Figlio di Dio".
Dove
geme e soffre tutta la creazione?
Tutta
la creazione geme e soffre dentro di noi.
In
ognuno di noi, in ogni uomo, geme e soffre perchè è incompiuta.
Tutta
la creazione arriva a noi e attende in noi, dentro di noi, attende la
rivelazione del Figlio di Dio, solo il Figlio di Dio può portare a compimento
quell'incompiuto che ogni uomo porta dentro di sé e proprio perchè incompiuto
c'è questo gemere, questa sofferenza che in noi assume il volto della
tristezza.
Ogni
uomo porta fondamentalmente in sé una profonda tristezza.
Lui
non sa fare la diagnosi del suo male, di questa tristezza di cui è portatore
ma, questa è il segno di tutta la creazione, quindi di tutte le opere di Dio
che in lui gemono e soffrono perchè sono in attesa della rivelazione del Figlio
di Dio.
E
abbiamo anche visto che questo portare a compimento quello che è incompiuto in
noi, è portarlo nel Pensiero di Dio.
Tutte
le opere che Dio fa, le fa nel suo Pensiero e fintanto che noi non vediamo il
Pensiero di Dio, le cose per noi e in noi sono incompiute.
Vedere
il Pensiero di Dio è vedere l'Intenzione, il Fine, Intenzione per cui Dio fa
tutte le cose, Dio fa tutte le cose per fare conoscere Se stesso.
E proprio domenica scorsa abbiamo visto che Dio comunica Se Stesso
facendosi conoscere, per cui conoscere è essere.
Attraverso
la conoscenza c'è la comunicazione dell'essere e fintanto che noi non cerchiamo
la conoscenza di Dio, non possiamo ricevere l'essere di Dio in noi.
Gesù
dice: "Finchè è giorno", abbiamo visto che proprio l'annuncio di
questo "Finchè è giorno" ci fa presumere quello che vedremo poi dopo
in seguito: "Viene la notte".
Non
ci direbbe "finchè" se non ci fosse una scadenza, le cose passano.
Già
aveva preannunciato che viene la notte poichè aveva detto: "Finchè è
giorno", ora proprio in quanto dice "finchè" ci preannuncia una
scadenza, un termine, un fine, il giorno non dura e viene da chiedersi
perchè il giorno non dura sempre.
Quando
abbiamo commentato questo, abbiamo notato che due sono i giorni di Dio.
Abbiamo
il giorno che tramonta in una sera e abbiamo il giorno che non tramonta: senza
sera.
Tutta
la creazione è stata fatta in 6 giorni e tutti questi 6 giorni sono
tramontati in una sera, in una notte, poi il settimo giorno Dio si riposò e in
quel settimo giorno non ci fu più tramonto, non ci fu più sera.
Allora
dico ci sono questi due giorni: un giorno con sera e un giorno senza sera.
Cosa
rappresenta il giorno?
Abbiamo
detto che il giorno è caratterizzato dalla luce e la luce è data dalla
presenza.
Il
giorno quindi è dato dalla presenza.
Presenza
vuol dire "essere con", e quando abbiamo visto il fatto di
"essere con" abbiamo visto che proprio la preposizione
"con" presuppone due termini.
E
in quanto ci sono due termini già questo ci fa pensare che il primo può essere
rapportato al secondo e il secondo può essere rapportato al primo.
I
due termini nell'opera grande di Dio sono: Dio e la creatura.
Tutto
Dio ha fatto per l'uomo, poichè Dio opera per condurre l'uomo alla vita
eterna, alla conoscenza della verità, Dio è la verità quindi alla conoscenza di
Dio.
Ora
in questo rapporto di presenza abbiamo due situazioni.
Dio
che si concede all'uomo oppure l'uomo che si concede a Dio.
Nel
primo Dio si concede all'uomo.
Si
concede quindi cerca di far piacere all'uomo, fa cose che piacciono all'uomo,
quindi è Dio che si adegua al pensiero dell'uomo, al pensiero dell'io
dell'uomo.
Questo
non è un rapporto di verità, è un rapporto di concessione, tutta la creazione è
fatta in questo rapporto di concessione, è fatta nel pensiero dell'uomo, quindi
dell'io dell'uomo.
Quindi
proprio in quanto non è un rapporto di verità, è soggetto a tramonto.
C'è
invece l'altro rapporto di presenza, non è più Dio che cerca quello che piace
all'uomo ma è l'uomo che cerca quello che piace a Dio, questo è un rapporto di
verità, abbiamo qui la creatura che si sottomette al Creatore.
Questo
è un rapporto di verità, la verità non muta quindi è eterna, quindi questo
rappresenta il giorno senza sera eterno.
Poichè
si tratta di creatura che si sottomette al Creatore non si entra in questo
giorno senza sera, cioè non si entra nella pace di Dio, nel riposo di Dio senza
la creatura stessa.
Nessuno
può obbligare, nemmeno Dio, la creatura a sottomettersi, a superare se stessa e
a rinascere da Dio.
Ma
prima di tutto dobbiamo chiederci perchè Dio si sottomette alla creatura.
Si
concede alla creatura cioè inaugura un rapporto che poi dopo deve finire,
poichè non è un rapporto autentico, vero, è un rapporto di concessione.
È
Dio che fa quello che piace alla creatura,è Dio che dà la caramella alla
creatura.
Dio
si concede perchè la creatura da sola non può fare niente, se Dio per primo non
si concedesse, la creatura non potrebbe assolutamente né pensare Dio, né essere
attratta da Dio.
Perchè
ci sia attrazione è necessaria una presenza.
Qui
allora possiamo concludere, completare il significato del giorno.
Il
giorno abbiamo detto è luce, luce vuol dire presenza, presenza è essere con,
essere con è attrazione, quindi quando c'è una presenza c'è attrazione.
Dio
si concede per primo per attrarre la creatura a Sé.
Questo
è il significato della concessione di Dio, del primo giorno, però abbiamo detto
che questo primo giorno non è un rapporto di verità.
Il
rapporto di verità è la creatura che si concede al Creatore, è la creatura che
si sottomette al Creatore, però la creatura non potrebbe sottomettersi al
Creatore se non fosse attratta dal Creatore e la creatura non potrebbe essere
attratta dal Creatore se, il Creatore per primo non si concedesse.
Già
questo ci fa capire allora che c'è un passaggio, una inversione di rapporti.
Nel
primo rapporto abbiamo Dio che si concede alla creatura, nel secondo rapporto
che è poi il vero rapporto eterno, la creatura si concede al Creatore,
cioè abbiamo il capovolgimento del rapporto.
Questo
rappresenta i due giorni tra i due giorni c'è la notte.
Abbiamo
detto che il passaggio tra un giorno e l'altro....nell'opera di Dio ci sono due
giorni, la manifestazione di due presenze.
Dio
che si rende presente concedendosi alla creatura e la creatura che giunge alla
Presenza di Dio concedendosi a Dio.
La
prima presenza è una presenza di sentimento, perché la creatura fa esperienza
di Dio perchè è stata soddisfatta da Dio, è Dio che si è concesso al desiderio
della creatura.
Ora
fintanto che noi facciamo esperienza di Dio in quanto Dio ha soddisfatto un
nostro desiderio, noi siamo sempre nel primo giorno, un giorno che è soggetto a
tramonto quindi esperienza di presenza di Dio in conseguenza di una concessione
da parte di Dio.
E
allora noi diciamo: "Dio come è buono, Dio esiste perchè io ho fatto
esperienza, perchè Dio si è manifestato, Dio mi è venuto incontro".
Siamo
sempre nel primo giorno, un giorno che è soggetto a tramonto e in cui noi
dobbiamo aspettarci l'ora, il tempo della delusione, l'ora e il tempo
dell'assenza, in cui Dio ci fa esperimentare l'assenza, ci fa esperimentare il
silenzio, il niente, il vuoto.
Poichè
è necessario passare al secondo rapporto, entrare nel secondo giorno che è poi
il riposo di Dio, la pace di Dio, il giorno senza sera, il rapporto eterno, il
rapporto vero, dove la creatura si sottomette al Creatore e si concede al
Creatore.
Il
passaggio tra i due giorni che rappresenta il capovolgimento dei rapporti è la
notte, quindi qui abbiamo il significato di questa notte.
Dio
dopo essersi concesso si rende assente per sollecitare noi adesso a cercare
Lui.
Prima
si annuncia quindi si concede, poi si rende assente, affinchè noi avendo
esperimentato la presenza possiamo avere la possibilità di cercarlo.
"Tu
sapevi che Io ci sono e come lo sapevi? Perchè Io per primo mi sono concesso a
te".
Quindi
essendosi adesso Dio concesso ha formato nella creatura, la possibilità, la
capacità nella creatura stessa a sua volta di concedersi a Dio e affinchè la
creatura si conceda a Lui ecco abbiamo Dio che si rende assente.
Nella parabola delle mine dei talenti abbiamo Dio che si rende assente,
nella parabola delle mine e dei talenti noi abbiamo questo padrone che si rende
assente dopo aver dato i talenti, dopo aver dato le mine.
Dice
Gesù: "Se ne andò in un paese lontano per ricevere l'investitura del
regno".
Dopo
aver dato i talenti ai servi.
Così
Dio dopo aver concesso, quindi concessione, tutti i dati alla creatura: la
creazione, i fatti della nostra vita, dopo essersi reso presente nei nostri
stessi pensieri, nei nostri stessi desideri, se ne va in un paese lontano, si
rende assente.
Motivo?
Giustificazione?
Per
ricevere l'investitura del regno.
Quindi
Dio in un primo tempo dà a noi i suoi doni, poi se ne va lontano.
L'assenza
è notte, poichè abbiamo detto che il giorno è presenza.
Se
il giorno è presenza l'assenza è notte.
Se
ne va lontano ma c'è un significato profondo: "Per ricevere l'investitura
del regno", cioè per dare la possibilità, l'occasione alla creatura di investirlo
del regno, è la creatura che deve investire Dio del suo regno, è la creatura
che deve manifestare il suo amore dopo essere stata amata.
Qui nella notte la creatura è sollecitata ad esprimere il
suo amore.
Però
noi abbiamo detto anche che fintanto che c'è presenza c'è attrazione e quando
c'è assenza c'è un rischio, c'è il rischio di lasciarsi attrarre da altro.
Quindi
da parte di Dio la notte, il tramonto del primo giorno ci viene presentato
affinchè noi possiamo manifestare il nostro amore, cioè cercare Colui che
si reso assente e cercandolo quindi ci sottomettiamo a Lui ma, c'è anche
il rischio di fare esperienza della sua assenza, noi diciamo "Dio non
c'è".
Ecco
abbiamo qui i due volti della notte, se noi ci fermiamo al pensiero del nostro
io noi, facendo esperienza dell'assenza di Dio, del silenzio di Dio, noi
corriamo il rischio di dire "Dio non c'è, la realtà è un'altra" e
allora di vivere per ciò che abbiamo presente, cioè di vivere per i doni che
Dio ci ha dato, di vivere per ciò che Dio ci ha dato, di vivere per questo.
Ora
le due attrazioni si annullano, abbiamo l'attrazione per i doni di Dio, le
creature che mi annullano l'attrazione per Dio e qui abbiamo proprio la notte
in cui nessuno può operare, nemmeno il Figlio di Dio.
Nemmeno
il Figlio di Dio può operare perchè Gesù stesso dice: "Nessuno può venire
a Me se non è attratto dal Padre". Ora quando in noi viene meno
l'attrazione per Dio, il Figlio di Dio non può più fare nulla infatti
Gesù dice: "Finchè Io sono nel mondo Io sono luce per il mondo,
affrettatevi per non essere sorpresi dalle tenebre".
C'è questo rischio di essere sorpresi dalle tenebre e nelle tenebre non c'è
più attrazione per Dio, e quando non c'è attrazione è come non avere fame, non
si può costringere uno a mangiare se non ha fame.
Così
quando non c'è attrazione per Dio non si può comunicare nulla di Dio, la
creatura a questo punto qui non desidera più conoscere Dio, non desidera più
conoscere le cose di Dio, non le interessa, qui la creatura ha capito altro.
Ecco
il rischio della notte.
Il rischio della notte è che la creatura faccia esperienza della realtà del suo
mondo, faccia esperienza dell'assenza di Dio dal suo mondo e non capisca il
significato dell'assenza di Dio dal suo mondo, lei può capire il significato
dell'assenza di Dio solo se è attratta da Dio.
Ma
se invece si lascia attrarre dai doni di Dio, dalle creature di Dio, lei dice
che la realtà è questa, lei non ha più presente Dio, lei ha presente ciò che
vede e ciò che tocca e nella presenza di ciò che vede e tocca lei acquista una
conoscenza, una esperienza quindi una sapienza e quando la creatura sa,
conosce, non è più attratta dal bisogno di sapere, non desidera più sapere.
Allora
qui possiamo capire, come abbiamo detto all'inizio del capitolo 9 perchè Gesù
gioì nel vedere un cieco nato, finalmente vedeva un giorno, cioè vedeva amore
per la luce.
Fintanto
che noi ci troviamo con uomini che sono ciechi, ci troviamo con uomini che sono
attratti da Dio, che hanno bisogno della luce e qui Gesù può operare.
Prima
con i farisei non poté operare, perchè erano sapienti, vedevano, non erano
attratti dal bisogno di capire.
Così
noi abbiamo qui un capovolgimento, quello che per l'uomo, per il mondo è cecità
per Dio invece è luce e quello che per il mondo invece è luce, è sapere, è aver
capito, agli occhi di Dio è piena notte, una notte profonda in cui Lui stesso
non può fare niente.
O
perlomeno può accecare l'uomo.
Fintanto
che l'uomo non si lascia accecare non può ottenere da Dio la luce per i suoi
occhi.
Qui
sono i due volti della notte.
Ma vista da Dio la notte ha un significato molto positivo, poichè nella notte Dio invita
noi al passaggio dal nostro giorno con tramonto, al suo giorno infinito, senza
tramonto, senza sera.
Questo
giorno si trova solo nel Pensiero di Dio, per questo Gesù dice: "Io debbo
compiere le opere di Colui che mi ha mandato finchè è giorno", "Io
debbo compiere".
C'è
una versione del Vangelo in cui si legge: "Noi dobbiamo compiere", ma
è sbagliato, a questo punto lo riconosciamo che è sbagliato, non siamo
noi che possiamo portare a compimento le opere di Dio, non noi ma, solo
il Figlio di Dio può portare a compimento le opere di Dio, perchè le opere di
Dio si compiono solo nel Pensiero di Dio.
Per
cui solo se noi cerchiamo il Pensiero di Dio, ci uniamo al Pensiero di Dio,
restiamo nel Pensiero di Dio, solo qui possiamo giungere a vedere il compimento
delle opere che il Padre ha iniziato.
Quindi
il Padre inizia un opera ma il compimento viene fatto dal Figlio e nel Figlio.
Quindi
soltanto guardando al Figlio, per mezzo del Figlio, noi possiamo giungere a
questo compimento, Gesù dice: "Nessuno può venire al Padre se non per
mezzo di Me", quindi è un passaggio obbligato una porta unica attraverso
la quale si entra nel sabato senza sera, nella pace di Dio.
Si
arriva a contemplare l'opera che Dio ha fatto in Dio stesso, per cui Dio
diventa per noi Principio e Fine.
Principio
perchè tutto dobbiamo ricevere da Dio.
Fine
perchè dobbiamo in tutto cercare il Pensiero di Dio, perchè solo nel Pensiero
di Dio ogni cosa giunge al suo compimento.
Cioè
nel Pensiero di Dio noi troviamo la rivelazione di quello che Dio è.
- Conversazione -
Luigi: Noi
perdiamo attrazione per Dio in quanto noi seguiamo una altra attrazione.
Le
due attrazioni nel pensiero del nostro io si annullano.
Perdendo
attrazione perdiamo desiderio, ma perdendo il desiderio perdiamo anche la
volontà.
Noi
il più delle volte diciamo che siamo liberi di volere.
Non
siamo mica liberi di volere.
La
volontà dipende dall'attrazione e l'attrazione dipende dall'interesse per-.
Quindi
dal valore che noi diamo a quella cosa.
Quando
c'è un annullamento di valore noi non possiamo più volere.
Allora
non potendo più volere a un certo punto non sopportiamo più niente.
Per
cui più niente ci attrae.
A
un certo punto non c'è più niente che ci attrae.
Noi
cadiamo in questa situazione qui nella notte, per cui più niente mi interessa.
La
vita stessa non mi interessa più.
Ma
questa è una conseguenza del fatto che non abbiamo capito il significato del
dono, della concessione di Dio.
Dio
si concede a noi per attrarci a se.
Ma
attratti a Lui noi dobbiamo adesso cercare presso di Lui, il significato delle
cose e per questo il Signore dice "camminate fintanto...", "per
poco la luce è con voi".
"Camminate".
Quindi
la notte, questa notte qui in cui il significato deve essere capovolto è
significato dal fatto che Gesù stesso rappresenta questa nascita nuova della
creatura nel giorno senza sera a una donna che deve dare alla luce il bambino.
C'è la tribolazione.
Questa
tribolazione è un capovolgimento:"Ma come mai fino a ieri mi concedeva
tutto ma adesso si rende assente".
Ecco
ci invita a questo capovolgimento ed è questa tribolazione: è la donna
che deve dare alla luce il bambino.
Che
è poi la creatura nuova.
Che
è la creatura vera perché prima la creatura non è vera.
In
un primo tempo abbiamo Dio che si concede alla creatura.
Quando
Dio si concede alla creatura non c'è rapporto di verità.
Il
rapporto di verità è quando la creatura si concede al creatore.
Allora
lì s'inaugura un rapporto di verità che diventa un rapporto vero quindi un
rapporto eterno.
Altrimenti
a un certo momento c'è anche la perdita dell'attrazione e quindi la perdita
della volontà stessa: non si vuole più vivere, perchè non c'è più niente che ti
attrae.
Se
Dio a un certo momento non ti attrae più non c'è più niente che ti attrae,
perché tutta la creazione è solo un segno di Dio e se Dio ti attrae allora
anche tutta la creazione diventa significativa: "Voi siete il sale della
terra".
Perchè
se voi portate in voi l'attrazione per Dio, tutto acquista sapore, ma se
non c'è questa attrazione per Dio a un certo momento tutta la creazione
di Dio perde di sapore, non attrae più.
Allora
non c'è più gusto per vivere.
Una
altra cosa da tenere ben presente è che solo Cristo porta a compimento.
Perchè
il compimento sta nel Pensiero di Dio.
Lui
è il Pensiero di Dio.
Quindi
solo nel Pensiero di Dio.
Per
cui è inutile che noi per quanto ci sforziamo crediamo di trovare il
compimento, il fine in altro modo.
Attraverso
il Pensiero di Dio,è nel Pensiero di Dio il compimento.
X.:Durante la notte la creatura è in grado di
collegare le cose con Dio?
Luigi: Se è fedele si, perchè?
Per
che cosa Dio si è concesso?
Dio
ha concesso la sua presenza perchè senza presenza noi non sentiamo
attrazione, io non posso essere attratto da una cosa che non conosco.
Bisogna
che la cosa prima di tutto si presenti a me, un vestito stesso io non
posso desiderarlo se non l'ho visto, quindi c'è la pubblicità, le vetrine, le
sfilate, perchè io lo desideri.
Dio
si presenta a noi, quindi si concede, si concede quindi entra nel mio mondo.
Entra
nel mio desiderio, soddisfa un mio desiderio, si rende presente, ma perchè si
rende presente?
Affinchè
io desideri, quindi per attrarmi a Sé.
Quindi
una presenza è attrazione, la presenza di un essere è attrazione, già solo la
presenza è attrazione.
L'attrazione
è un movimento e il movimento presuppone la presenza.
Quindi
Dio si rende presente per attrarci ma quando uno è attratto:
"Affrettati".
Ecco
affrettati perchè questa presenza viene meno, non dura, cioè Dio che oggi ti
moltiplica il pane domani non te lo moltiplica più, ti ha moltiplicato il pane
per attrarti, ma affrettati adesso a capire Lui, a dedicarti a Lui, perchè
domani tu perderai l'attrazione.
Infatti
molte volte noi ci crediamo religiosi, devoti, buoni perchè: "Come è buono
Dio".
E
già, Dio ti ha concesso la caramella, perchè Dio ha soddisfatto un tuo desiderio,
perchè Dio è entrato nel tuo mondo, nella tua vita, poi arriva un certo momento
in cui: "Ah non posso più pregare.....Dio non doveva farmi questo".
Non
sono più attratto, non mi sono affrettato a fare il passaggio.
Ecco
il significato per cui la creatura a un certo momento subisce questa
frustrazione, per cui non si sente più di credere, non si sente più di amare
Dio, non si sente più di pregare.
Perchè
è stata delusa da Dio, ma doveva capire il significato della concessione, quando
Dio piaceva, Dio le piaceva.
Dio
le piaceva in quanto soddisfaceva quello che la creatura desiderava...ma doveva
capire il significato di questo.
Dio
non è uno che viene a servire la creatura, e se serve la creatura la serve solo
per dare la possibilità di interessarsi di Lui.
La
creatura deve affrettarsi ad entrare in questo rapporto di verità di giustizia,
cioè a cercare Dio perchè arriva un momento in cui la creatura non ne resta più
attratta.
Dio
non si può concedere eternamente, se no lui falsificherebbe la verità è chiaro?
Lui
è la verità non è la creatura la verità, quindi Lui non si può sottomettere
eternamente alla creatura,approverebbe la creatura in un errore.
X.: Nel momento in cui la creatura è attratta
e sente il desiderio di conoscere...poi viene la notte, in questo
periodo...esperimenta l'assenza...però lei riesce sempre a collegare...
Luigi: Se
è fedele...cioè..se io amo...se sono fedele, quando questa persona si rende
assente io la desidero di più, quindi capisco che l'assenza è per farsi
desiderare...infatti nella parabola......Il padrone, quel signore che ha
distribuito i talenti...se ne andò in un paese lontano per ricevere
l'investitura del regno, cioè per farsi desiderare.
Nel
desiderio la creatura si sottomette al creatore, nel desiderio.
Prima
era il Creatore che cercava la creatura, adesso è la creatura che cerca il
Creatore!
Se
è fedele.
Se
invece è nel pensiero del proprio io la creatura diventa infedele.
X.:Però nella notte i segni sembra che non ci
siano più.
Luigi: E
certo, non ci sono più perchè Dio non si concede più.
Perchè
è la creatura che deve cercare adesso Dio, deve capire questa notte, deve
capire perchè i segni non ci sono più, deve capire perchè Dio non si concede
più, non parla più.
Non
parla perchè adesso Lui chiede alla creatura, quindi è un tempo di grazia in
cui chiede alla creatura di cercare Lui.
È
come l'uomo che si rende assente non per creare un abisso, non per rompere, ma
per suscitare una ricerca.
Y.:Questa assenza è per ricevere l'investitura
del regno,sembra che la creatura riconosca che Lui è proprio il suo Re.
Luigi: Certo,
la creatura come lo riconosce?
Mica
dicendo tu sei il Signore.
La
creatura lo riconosce in quanto si mette in movimento verso di Lui, lo cerca.
La
creatura che prima godeva della presenza di Dio, adesso esperimenta l'assenza,
è uno che se ne è andato lontano.
Ma
se io amo quell'Uno io vado a cercarlo dove è andato.
Andandolo
a cercare rivelo adesso che ho amore per Lui.
Se
invece mi diverto perchè intanto lui è andato lontano, mi diverto con altro,
cerco altro, testimonio che non c'è nessun legame con Lui.
Allora
è finito.
Siccome
divento schiavo delle mie opere, amando gli altri, l'amore per gli altri mi
annulla quell'altro amore.
Quindi
la molteplicità di amori mi annulla.
Qui
perdo l'attrazione.
Allora
qui entro nel secondo aspetto della notte, in quella notte in cui non sento più
attrazione per Dio.
Il
Figlio non mi può più portare a compimento in niente.
Y.:Si perchè il Figlio ci dà la luce finchè è
giorno.
Luigi: Il
giorno però è dato dalla creatura che è attratta da Dio.
Il
giorno è dato dall'attrazione.
Là
dove c'è attrazione il Padre attrae.
Il
Figlio non può fare niente se non lo vede fare dal Padre.
Quindi
opera là dove vede che il Padre attrae la creatura.
Infatti
Gesù nell'ultima preghiera dice: "Erano tuoi, Tu li hai dati a
Me".
Come
ha fatto il Padre a darli al Figlio?
Perchè
li ha dati al Figlio?
"Erano
tuoi",cioè erano attratti da Te.
Era
questa attrazione che li ha portati a Me.
In
quanto loro desideravano andare a Torino e allora questo desiderio di andare a
Torino li ha condotti a cercare Me, come guida per andare a Torino,capito?
Ora
là dove il Figlio non vede l'opera del Padre il Figlio non può fare niente.
Il
Figlio non può fare niente se non lo vede fare dal Padre.
Il
Figlio di Dio non fa niente se non lo vede fare dal Padre e se non vede l'opera
del Padre.
Quando
non vede l'opera del Padre?
Quando
vede una creatura che non è attratta da Dio, li non vede l'opera del
Padre.
Non
è attratta da Dio, ci sono altri interessi, altre attrazioni, altri amori.
Y.: Quindi lui non può operare.
Luigi: Non
fa niente: "Nessuno può venire a Me se non è attratto dal Padre".
Y.:Sembra incredibile che lui non possa
operare.....
Luigi: Lo
dice Lui, "Il Figlio non può fare niente", sembra incredibile perchè
noi facciamo tutto senza Dio
Y.:Vorremmo persino che ci facesse violenza.
Luigi: Noi
ci riteniamo capaci di fare tutto, all'ultimo però facendo tutto senza Dio
tocchiamo con mano che abbiamo fatto niente.
Facendo
tutto senza Dio noi viviamo in questa notte, in cui perdiamo l'attrazione per
Dio e perdiamo la capacità di vivere, perdiamo la volontà, perdiamo tutto.
Y.: E in questa notte oscura proprio praticamente
che cosa deve fare la creatura?
Luigi: Se la creatura è fedele allora deve cercare Dio, perchè
cercando, la creatura si sottomette a Dio.
Quando
uno cerca, quando uno ama si sottomette a, mi capisci?
Quando
invece non sente nessuna attrazione per Dio deve eliminare gli altri amori, gli
altri interessi: "Va e vendi tutto quello che hai".
Non
è che Dio non attragga, Dio attrae, Lui è il massimo centro di attrazione, se
la creatura non si sente attratta è perchè ha moltiplicato gli amori.
C'è
una sola possibilità: quella di ridurre gli amori, di semplificarli, cioè la
Madonna, recuperare il volto della Madonna, la semplicità d'amore, cioè
eliminare gli altri amori, man mano che tu elimini gli altri amori ritorna Dio
ad attrarti.
Y.: Il Pensiero di Dio è la rivelazione di
quello che Dio è...cosa vuol dire?
Luigi: "Nessuno
può venire al Padre se non per mezzo di me"...quel "me" è
Pensiero di Dio, quindi solo nel Pensiero di Dio abbiamo la conoscenza di
quello che Dio è.
Y.:Quindi Gesù è la rivelazione...
Luigi: Gesù
Figlio di Dio perchè noi ci fermiamo....Gesù è concessione, quindi Gesù è primo
giorno, è ancora il primo giorno. Gesù è Figlio di Dio che viene a noi.
"Non
sempre avrete me", qui abbiamo Gesù che dice a noi: "Non sempre
avrete me".
Lui
non dura mica, perchè è concessione, allora Lui dice: "Affrettatevi perchè
non sempre avrete me", affrettatevi ad entrare nella luce nel giorno senza
sera.
Quindi
il Figlio di Dio si, il Figlio di Dio rimane eterno, Gesù no, perchè Gesù è
concessione, quindi è un giorno che tramonta.
Lui
viene per raccogliere tutti quelli che sono attratti da Dio, vede l'attrazione
del Padre, allora viene per portarli nella luce, però devono camminare
Y.: Allora quando sono nella luce questo Gesù
sparisce?
Luigi: No, Gesù è il Figlio di Dio, diventa il Figlio di Dio,
cioè noi conosciamo Gesù come Figlio del Padre, prima non lo conosciamo mica,
prima lo conosciamo come uno che risponde alla nostra attrazione, io sono
attratto dal desiderio di conoscere Dio, Lui è uno che viene per rispondere,
viene per concedersi al mio desiderio.
Quindi
vedi che rientra nel primo giorno, è concessione, viene per concedersi al mio
desiderio.
Io
lo conosco in relazione al mio desiderio, è ancora una relazione di sentimento
la presenza di Gesù fisica nel mio mondo.
Siccome
però è conoscenza secondo i miei sentimenti non è vera conoscenza.
La
vera conoscenza viene dal rapporto di verità, e la vera conoscenza si ottiene
soltanto da Dio.
Quindi
è questa discesa da Dio che mi fa entrare nella vera conoscenza, mi fa prendere
consapevolezza anche di chi è il Figlio di Dio ma in quanto è da Dio.
Ora
in quanto è da Dio, ora per essere da Dio bisogna superare tutto di noi per
giungere a questa nascita da Dio, la verità si trova soltanto dalla verità
Z.:Nel secondo giorno la comunicazione fra Dio
e la creatura come avviene se non è più Dio che si concede?
Luigi: Soltanto
attraverso il pensiero, cioè per quello che Dio ha posto in Sé di noi.
Quindi
soltanto attraverso il pensiero.
Prima
si concede nel desiderio della creatura, Dio viene a rispondere in quanto si
concede a un mio desiderio, anche desiderio di Dio: io desidero conoscere Dio,
Dio si concede a un mio desiderio, siamo nel primo giorno e devo affrettarmi
perchè questa è concessione, Dio si concede al desiderio che ho di conoscere
Dio
Luigi: La
creatura può dare amore solo nella misura in cui riceve amore, ha la
possibilità di rispondere nella misura in cui riceve, quindi stai attento, non
pretendere dalla creatura, concedi..."Dove non c'è amore metti amore e
otterrai amore".
Dove
non c'è amore, Dio per primo mette amore, per ottenere amore, può darsi che la
risposta d'amore non ci sia, l'amore non è automatico, però se Dio non mettesse
l'amore, la creatura certamente non lo potrebbe amare, ora Dio mette amore fino
a morire in croce, per dare possibilità alla creatura di rispondere, quindi la
grazia è tutta di Dio.
È
colui che ama per primo che dà la grazia all'altro di rispondere.
Tu ami
perchè hai ricevuto amore.
- Fine -
Io debbo compiere le
opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi
viene la notte, quando nessuno può più operare.
Gv
9 Vs 4 terzo tema. Lunedì.
Titolo:
I due volti della notte
Argomenti: La parola e il silenzio – Cercare
la volontà di Dio – I due giorni: Bisogno dell’uomo e bisogno di Dio –
Vicinanza spirituale – Il compimento del Figlio – La tentazione - L’ora delle tenebre – Il trionfo dell’io su
Dio – L’amore vince perdendo – Cercare quello che piace a Dio – L’illusione del
giusto – Conoscere il proprio tempo – Il superamento dell’io -
26/Gennaio/1987 Casa di preghiera Fossano
- Riassunto -
Luigi: Nel primo giorno Dio fa quello
che piace all’uomo.
Nel
secondo giorno invece è l’uomo che cerca quello che piace a Dio.
Questo
è un rapporto che non tramonta perché è un rapporto di verità.
La
verità non passa quindi resta eterno.
Luigi: La notte rappresenta il passaggio
tra i due giorni.
Luigi: Noi possiamo perdere l’interesse
per conoscere Dio.
Questa
perdita di interesse per Dio, deriva dal fatto che abbiamo maturato altri
interessi.
Gli
altri interessi, le altre passioni, ci portano via l’interesse per Dio.
Allora
noi diventiamo sapienti nelle cose che conosciamo.
Quando
noi diciamo che la realtà è quella che esperimentiamo e diciamo di sapere, noi
non siamo più attratti dalla Luce, perché noi la luce (falsa) l’abbiamo già: la
luce del mondo.
Per
cui non ci interessa più Dio ma ci interessano i problemi del mondo.
Allora
quando l’uomo crede di vedere, Dio non può più operare.
Soltanto
quando l’uomo è cieco, Dio può operare.
Viene
dato a colui che cerca, viene aperto a colui che bussa, viene risposto a colui
che domanda.
Ma
se l’uomo non domanda, non bussa, non cerca, Dio non gli può dare nulla.
Quando
io eleggo ad assoluto, quindi come mia verità un frammento del tutto, non ho
più interesse per il tutto.
Perché
io scambio confondo il frammento con il tutto.
.
Conversazione -
A.: Mentre noi siamo in
cammino è tutto un alternarsi di giorno e di notte.
Luigi: Tutta la creazione è fatta a
periodi di luce e di notte.
Ogni
parola di Dio che arriva a noi è fatta di due tempi: parola come suono che
arriva a noi e poi c’è la pausa, il silenzio, per dare a noi la possibilità di
assimilare la parola che ci è data.
Anche
nel mangiare c’è il mangiare e poi c’è la pausa, non puoi mangiare in
continuazione, devi avere il tempo per assimilare.
Tutto
è segno della parola di Dio.
La
parola di Dio è come la musica, ci sono note e ci sono pause.
E
la pausa non è che sia meno importante della nota.
Così
anche il silenzio, non è che sia meno importante della parola.
Il
silenzio fa parte della parola.
Dio
parla e poi c’è la pausa, c’è il silenzio, tutte le cose tacciono, si ritirano
nella notte, affinché sia data a noi la possibilità di assimilare quella parola
che mi è arrivata, altrimenti non la capisco.
Noi
ci sottomettiamo a Dio in quanto cerchiamo quello che piace a Lui.
A.: Ma io posso anche non
sapere quello che piace a Lui...
Luigi: Appunto lo devi cercare.
B.: Ma Lui lo ha detto che
vuole essere conosciuto.
Luigi: Sì, ma devi cercare quello che
piace a Lui.
Quello
che piace a Lui è quello che viene da Lui, è quello che vuole Lui.
Dobbiamo
prendere consapevolezza di quello che vuole Lui.
Noi, il più delle volte ci rivolgiamo a Dio, per ottenere da Lui qualcosa
per noi, magari anche la Luce.
Qui cerchiamo Dio per quello che piace a noi.
Dobbiamo arrivare a cercare Dio per quello che piace a Lui.
Allora quando noi cerchiamo Lui per cercare di capire quello che piace a
Lui, qui inauguriamo il secondo giorno, il giorno senza sera.
Ma fintanto che noi cerchiamo Dio perché soddisfi quello si cui noi abbiamo
bisogno, noi siamo sempre nel primo giorno, soggetto a tramonto.
A.: Questo
cercare quello che piace a Dio è vedere le cose dal suo punto di vista?
Luigi: No, è tutta un altra
cosa.
Cero per fede, poiché Lui è il Creatore, io sono tenuto per giustizia ad
accogliere tutto da Lui ed a cercare in tutto il suo Pensiero, ma non ci siamo
mica ancora.
Deve arrivare per noi un mattino, in cui ci impegnamo a cercare quello che
piace a Lui.
Conoscere cioè la sua volontà.
Non cercare Lui per quello che desideriamo noi.
Il nostro desiderio cessa e cerchiamo il desiderio suo.
A.: Come
avviene questo?
Luigi: Appunto in quanto
cerchiamo il desiderio suo.
Cerchiamo quello che desidera Lui, quello che vuole Lui, quello che piace a
Lui.
Per cui mettiamo a tacere ogni nostro desiderio, tutto quello che può
piacere a noi, per cercare quello che piace a Lui.
Il secondo giorno inizia lì.
Quando cominciamo a cercare quello che piace a Dio.
C.: Questo
“affrettatevi”, vuol dire che Dio fintanto che si annuncia nelle sue opere ci
dà la possibilità di capirlo?
Luigi: Quando Lui fa
arrivare a noi una sua parola, noi dobbiamo affrettarci ad approfondirla.
È quella lampada accesa da Dio che noi dobbiamo mettere in alto, in modo da
potere illuminare tutto, da illuminare tutta la nostra stanza, tutto il nostro
mondo, tutti i nostri pensieri, per vederli tutti secondo quella luce lì.
Tutta la nostra vita va raccolta sotto quella luce.
In modo da non lasciare niente di oscuro dentro di noi, perché quella è la
luce che mi deve illuminare tutto.
Per cui devo sistemare tutto di me sotto quella luce.
Altrimenti resto sorpreso dagli argomenti del mondo, dai problemi del
mondo, dalle esperienze nel mondo che mi portano via e mi spengono la luce.
E allora resto disperso.
C.: E quando
Lui se ne va, non ci parla più attraverso le opere?
Luigi: Sì, perché s’inaugura
un epoca nuova.
Prima Lui ha cercato noi, adesso siamo noi che dobbiamo cercare Lui.
Cercando Lui, proprio in quanto cerco Lui, mi sottometto a Lui.
Quando io cerco, divento dipendente da-.
Abbiamo un rapporto d’amore.
Prima è una Persona che mi ama e adesso sono io che vado a cercare quella
Persona che mi ha amato.
In quanto la cerco, adesso sono io che sono dipendente da quella Persona.
Qui inauguro un rapporto vero nei riguardi di Dio.
Per cui Lui diventa il mio Signore e io divento la sua creatura.
C.: E quando io
chiedo aiuto a Lui e Lui non mi
risponde?
Luigi: Appunto, perché Lui
vuole che io cerchi quello che piace a Lui.
Se Lui tace, non è che si neghi, ma è perché m’invita a cercare non più
quello che voglio io, ma a cercare quello che piace a Lui, in modo da adeguarmi
a Lui.
Perché quando io conosco quello che piace a una persona, ho la possibilità
adesso di fare quello che piace a Lui.
Prima sono io che interpreto, m’illudo di fare la volontà di Dio ma posso
sbagliare.
Quella persona desidera un fiore e io gli porto magari un cioccolatino.
Invece quando capisco quale è il suo Pensiero, adesso ho la possibilità di
capire quello che vuole Lui e quindi rispondo bene.
Lui a un certo punto non risponde più a quello che io chiedo.
Perché vuole che sia io adesso, a cercare presso di Lui, quello che Lui
desidera.
In modo da potere corrispondere, perché soltanto da questa corrispondenza,
nasce poi l’unione.
D.: Chiedere la
luce è ancora voler soddisfare un nostro desiderio?
Luigi: È il cieco che invoca
la luce.
Se in noi non ci fosse nessun bisogno, Lui non potrebbe fare qualche cosa
che piace a noi.
Uno che sia abulico, che non desideri niente, non può essere soddisfatto da
niente.
Dio forma in noi il desiderio, per farci capire che Lui è buono, che Lui
viene a corrispondere al nostro desiderio.
Lui forma in noi la fame e poi moltiplica il pane.
Ma se Lui non avesse formato in noi la fame, di tutto quel pane non
sapremmo che farcene.
Quindi abbiamo il primo giorno: Lui che risponde a un mio bisogno, che può
essere anche bisogno di luce, ma è sempre Lui che risponde al mio bisogno.
Avendo risposto, ora ha stabilito un contatto.
Stabilito il contatto, ha dato a me la grazia di potere interessarmi di
Lui.
“Lui ha fatto quello che piace a me, ma chissà cosa è quello che piace a
Lui”.
Qui inizia il secondo momento.
Adesso sono io che voglio cercare quello che piace a Lui.
Perché soltanto in quanto corrispondo e faccio quello che piace a Lui,
adesso inauguro una unione stabile.
Prima l’unione era determinata da Lui che faceva quello che piaceva a me.
La vicinanza nel campo delle persone, nel campo dello spirito, non è data
dal dono unilaterale ma è data dalla reciprocità di doni.
Allora qui abbiamo la perfetta unione: quando due coincidono nello stesso
pensiero, nella stessa volontà.
Quindi devo superare il pensiero del mio io, per cercare quale è la sua
volontà, quello che Lui desidera, quello che a Lui piace.
D.: Però per
arrivare a capire quello che piace a Lui, devo morire a me stessa.
Luigi: Devo superare il
pensiero del mio io.
Per cercare quale è la sua volontà, cosa è che Lui desidera, cosa è che a
Lui piace.
D.:
L’attrazione per le creature annulla l’attrazione per Dio, se però questa
attrazione diventa nostro fine.
Luigi: Certo, se
l’attrazione per la creatura è attrazione per un mezzo di Dio e dialogo con Dio
attraverso questo mezzo, sono nel giusto.
Le creature sono buone e in quanto Dio me le presenta e io cerco di
dialogare con Dio per cercare quale è il suo pensiero, allora quella è una cosa
buona.
La creatura diventa male quando diventa fine, quando io vivo per quello.
E rompo praticamente il rapporto con Dio.
Non dialogo più con Dio.
Mi fermo al rapporto orizzontale.
Allora tutto il mio vivere e il mio pensare, è determinato da questa
orizzontalità in cui ho fatto fuori il rapporto verticale con Dio.
Qui il legame con la creatura mi porta via il desiderio e l’attrazione per
Dio.
Perché qui la creatura diventa per me un problema più grande di Dio.
Questo problema mi annulla l’interesse e il tempo per Dio.
Mi toglie la disponibilità interiore per Dio.
Perché sono assillato da un mio problema e assillato da questo problema
perdo la disponibilità per Dio.
Il problema non sta nell’annullare la creatura ma nell’avere Dio come vero
fine, come interesse principale.
Le creature è Dio che ce le presenta, come un aiuto, una sollecitazione per
metterci in movimento verso di Lui, però noi dobbiamo sempre tenere presente
Dio, perché i problemi si risolvono soltanto con Dio.
Non possiamo risolverli noi.
E.: Il Figlio
porta a compimento l’opera del Padre e la creatura ha una funzione in questo compimento?
Luigi: Certo deve restare
con il Figlio.
Dicendoci che è il Figlio che porta a compimento, invita noi a unirci al
Figlio, perché soltanto nel Figlio noi troviamo il compimento.
Tutta la creazione, tutta l’opera di Dio in noi è incompiuta.
Ma il compimento, non si forma in noi se non attraverso il Figlio.
E.: Ma il
Figlio può portare a compimento senza la creatura?
Luigi: Nel Figlio tutto è
già compiuto.
L’incompiuto è nella creatura, non è nel Figlio.
Siccome però il Pensiero di Dio è in noi, questo ci dice che solo nel
Pensiero di Dio, noi possiamo arrivare al compimento.
Quindi l’opera è del Figlio ma in noi.
Se in Dio ci fosse un incompiuto ci sarebbe un tempo.
In Dio non c’è il tempo, quindi tutto è compiuto in Dio.
Il tempo è per noi, il tempo non esiste fuori di noi, esiste in quanto c’è
questo incompiuto che deve passare al compimento.
Il compimento però non avviene senza il Pensiero di Dio ed avviene solo nel
Pensiero di Dio.
F.: Se l’uomo
bussa, cerca, domanda è già nel secondo giorno.
Luigi: L’uomo deve sempre
ritenersi cieco.
A un certo momento però in questo sviluppo, deve arrivare al punto in cui
l’uomo chiede al Signore di capire quello che vuole Lui.
È Dio che sollecita da noi questo momento.
In un primo tempo Lui dice: “Chiedete ed otterrete, domandate e vi sarà
dato”.
Poi arriva un momento in cui dice: “Mi cercherete e non mi
troverete”...ecco la notte.
Per cui ieri io chiedevo e Lui mi rispondeva, adesso chiedo e non mi
risponde più.
Come mai, è cambiato?
Bisogna vedere sempre tutto come opera di Dio.
E allora cercare il significato: “Signore come mai ieri parlavi e oggi non
parli più?”.
Il problema non sta nel ripiegarsi su se stessi e cercare la colpa o il
peccato.
Signore il tuo silenzio di oggi è una parola per me, e allora cosa mi vuoi
significare, cosa mi vuoi dire.
F.: Importante
per noi è rimanere in ascolto.
Luigi: Sempre in ascolto,
Il punto fondamentale è sempre: Lui è il creatore.
Lui opera in tutto.
I tempi sono suoi.
Non dobbiamo stupirci, perché con Lui ci sono delle novità e delle
sorprese.
Lui sa dove vuole condurci, noi non sappiamo dove Lui vuole condurci.
E allora dobbiamo sempre mantenerci aperti, in modo da fare conto su Dio.
E allora Lui ci illumina e ci fa capire che soltanto cercando la sua
Volontà si entra nel sabato senza sera, si inaugura cioè un rapporto vero con
Dio.
Un rapporto che non è più soggetto a tramonto.
Prima invece quando io chiedo la salute, il pane, la luce, sono tutte cose
che sono concesse nel mio bisogno.
E il mio bisogno muta di continuo.
Lui invece vuole sistemarmi in un rapporto che non muti più.
Il rapporto eterno con Dio è questo dove la creatura non ha più presente
quello che desidera lei, ma che ha presente quello che desidera Dio.
A questo punto entriamo in quel regno di superamento del pensiero del
nostro io.
Per cui la creatura è felice, soltanto in quanto vede in tutto la volontà
di Dio.
L’unica preoccupazione della creatura qui è fare quello che piace a Dio.
E.: E Dio ci
può tentare?
Luigi: La tentazione di Dio
è una proposta.
Ma Dio non ci tenta al male ma ci tenta al bene, cioè ci sollecita a
scegliere.
Tutte le cose che Dio ci presenta, ce le presenta perché noi abbiamo a
dialogare con Lui per cercare la sua volontà, il suo pensiero, il suo
significato.
Anche Gesù a un certo momento ha avuto fame e il demonio lo tenta: “Dì a
queste pietre che diventino pane”.
Lui accetta tutto dal Padre, quindi anche questa tentazione, però c’era il
demonio sotto.
Bisogna sempre far conto su Dio.
È facendo conto solo su Dio che si entra nel mondo dello Spirito.
E allora si fa esperienza della presenza di Dio in tutto.
Ora, Lui vuole condurci a esperimentare che Lui è presente in tutto, che
Lui pensa a me in tutto, ma non possiamo giungere a questa esperienza, se non
cerchiamo quello che piace a Lui .
Altrimenti noi ci fermiamo alle cose.
Ringraziamo magari il Signore, ma noi dedichiamo il nostro pensiero alle
cose.
G.: Quando uno per
grazia di Dio, desidera conoscere Dio per quello che Lui è, sta facendo quello
che Dio vuole, sta cercando quello che piace a Dio.
Luigi: Deve cercare quello
che piace a Dio.
Perché la volontà di Dio dipende da Dio, da quello che Lui è.
E bisogna cercare quello che piace a Lui.
G.: Cercare ciò
che piace a Dio, vuol dire cercare ciò che Egli è.
Luigi: Ciò che piace a Dio,
deriva da ciò che Lui è.
G.: Imparare a
generare il suo Verbo!
Luigi: La sua volontà, il
suo pensiero, il suo verbo.
Comunque deriva da ciò che Lui è.
G.: C’è luce e
luce, ci sono luci che sono caramelle e luci che richiedono il superamento di
tutto di noi.
Quando uno
cerca la luce che richiede il superamento dell’io è già nel secondo giorno?
Luigi: Il rapporto viene
capovolto, dal momento in cui uno cerca quello che piace a Dio.
Deve cominciare a interessarsi di quello che piace a Dio.
G.: Se io per
fede e per giustizia cerco la sua intenzione, mi sottometto a Dio?
Luigi: Sì, mi sottometto in
quanto cerco quello che piace a Lui.
G.: La notte in
cui nessuno può operare è per tutti?
Luigi: La notte di cui parla
Gesù è l’ora delle tenebre.
E questa ora viene per tutti.
Perché Gesù deve morire e c’è la creatura che deve trionfare.
C’è il mondo che deve trionfare.
Non è più Dio che trionfa, è il mondo che trionfa.
Quindi abbiamo in questa situazione, il trionfo del mondo e Dio che tace.
E questo avviene in ognuno di noi.
È necessario che questo avvenga.
G.: Nel primo
giorno Dio c’inonda di doni, ci rivela che Lui c’è e noi lo ringraziamo.
Poi viene la
notte, io non credevo che questa notte necessariamente diventa notte in cui Lui
non può operare.
Perché se
capisco che Lui si è concesso perché io impari a concedermi a Lui, non devo
passare attraverso la notte.
Luigi: Per arrivare a capire
il significato della notte, devi passare attraverso la notte.
È la notte in cui non trionfa Dio ma trionfa il mondo.
Trionferà Dio, però è necessario che Dio lasci trionfare la creatura.
Perché trionfando la creatura, la creatura arriva a capire.
Cioè è necessario che la creatura uccida Dio.
Quando lo ha ucciso, l’uomo resta legato alla sua opera e adesso legato
alla sua opera e esperimentando il Dio morto, abbiamo l’apertura.
La possibilità per lo meno dell’apertura.
Significata da questa notte in cui nessuno può operare.
G.: Questo
momento è quando l’uomo prende consapevolezza di tutte le volte che
sottomettendo Dio al suo io ,lo ha ucciso?
Luigi: C’è la sopraffazione
dell’io a Dio, la creatura fa quello che vuole lei.
Non capisce.
Dio lo sa, la creatura non lo sa.
Però la creatura fa e uccide Dio, e trionfa su Dio e ha ragione la
creatura.
Quando Cristo muore, gli uomini hanno ragione.
Hanno ragione loro, hanno trionfato loro.
Il principe di questo mondo è l’io.
Trionfa l’io.
Arriva un momento in cui trionfa l’io.
Ma proprio attraverso il trionfo dell’io e la morte di Dio, trionfa Dio.
L’amore vince quando perde, quando sa perdere.
Ma questo la creatura non lo vede mica.
La creatura pensando a sé, ritiene di avere vinto.
Crede di vincere e non si accorge che Dio sta portando a compimento il suo
disegno.
L’amore è l’unica “creatura” che possa fare questo.
L’amore vince perdendo.
Quando l’amore crede di trionfare perde.
Quando perde trionfa.
Quanto più viviamo nello Spirito, tanto più noi capiamo che vinciamo
soltanto in quanto impariamo a perdere
H.: Nel secondo
giorno la creatura vuole solamente quello che vuole Dio.
Luigi: Noi facciamo tante
parole.....quando cerca quello che piace a Dio.
Gesù dice: “Il Padre non mi lascia mai solo, perché Io faccio sempre quello
che piace a Lui”.
Ci fa capire che l’unione (non restare soli) sta nel cercare quello che
piace a Dio.
Ce lo rivela lì.
E questo ci fa anche capire il motivo della nostra solitudine.
Perché nei nostri rapporti con Dio, cerchiamo quello che piace a noi ed
esperimentiamo la nostra solitudine.
H.: E Dio
conduce l’anima momento per momento a vedere quello che Lui vuole.
Luigi: Non è momento per
momento, la sua volontà è eterna.
G.: Cercare il
Pensiero di Dio nelle cose...
Luigi: No, il Pensiero di
Dio non nasce dalle cose, nasce da Dio.
Bisogna cercare quello che piace a Dio.
E quello che piace a Dio è una volontà eterna e immutabile.
Dio non è soggetto al tempo e ai cambiamenti.
Si entra nella vita eterna, cercando quello che piace a Dio.
F.: La creatura
si rende conto di uccidere Cristo?
Luigi: Quando lo uccide no,
ma arriverà il momento in cui se ne rende conto.
Anzi crede di avere ragione.
Crede magari di rendere gloria a Dio.
Crede di essere giusta.
“Vi manderanno a morte, credendo con ciò di rendere gloria a Dio”.
“E ciò faranno perché non hanno conosciuto”, non si sono preoccupati di
conoscere.
Quando uno non si preoccupa di conoscere è convinto della propria
giustizia.
Si arriva quindi alla notte dell’uomo che crede di sapere.
Che è convinto di fare il bene, di essere nel giusto.
Tutto questo accade perché non ci si è preoccupati di conoscere prima di
tutto Dio.
Per cui la chiave di uscita, di liberazione, è la conoscenza di Dio.
K.: È molto
sottile la differenza tra il cercare Dio per quello che Lui è o il cercarlo per
ricevere una luce.
Ma come si fa a
fare questo salto di qualità?
Luigi: Cercando quello che
piace a Dio.
K.: È necessario vedere tutte queste
tappe nella nostra vita?
Luigi: Se Gesù ce ne parla è perché è necessario.
Perché noi possiamo illuderci.
“Signore ti ringrazio perché io sono giusto, Signore tu ringrazio perché io
non sono peccatore”.
Noi corriamo sempre il rischio dell’illusione.
E nell’illusione ci sediamo a valle credendo di essere sulla vetta.
Ecco per cui la grande importanza di restare sempre con la parola di
Cristo.
Perché a contatto con la sua parola, abbiamo sempre la possibilità di
misurarci.
Bisogna sempre avere presente la sua parola.
Bisogna sempre guardare davanti a noi.
La vita sta davanti a noi.
“L’uomo vive di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.
Quindi non ripiegarti su te stesso, nemmeno a quello che hai fatto oggi,
non interessa, impegnati sempre sulla parola di Cristo.
L’uomo si costruisce dedicandosi a un fine, dedicandosi a-, non guardandosi
indietro.
“Chi messa mano all’aratro si gira indietro, non è buono per il regno di
Dio”.
G.: Però è
necessario guardare indietro per vedere Cristo nelle tappe della nostra vita.
Luigi: Guadando avanti
scopri tutto e il tutto, anche il passato.
La soluzione è in Dio, impegnati in Dio.
Se guardi indietro vedi tutta la zizzania e incominci a toglierla e butti
il Bambino con l’acqua sporca.
H.: “Perché non
riconoscete il vostro tempo?”.
Luigi: Ma il tempo tu lo
riconosci guardando la vetta.
Se io ti dico che devi arrivare sul Monte Bianco, tu capisci il tempo in
cui ti trovi.
Se ti guardi indietro vedi che hai fatto 10 metri e ti ritieni nel giusto.
H.: Quindi
conosco il mio tempo guardando la meta.
Luigi: Certo.
È andando avanti che si scopre tutto.
M.: Non c’è il
rischio di scoraggiarci vedendo il Monte Bianco tanto difficile da raggiungere?
Luigi: È il pensiero del
nostro io che ci fa scoraggiare.
Dio può comandarti anche l’impossibile: la Madonna non si è mica
scoraggiata.
-
Pensieri conclusivi -
Z.: Dobbiamo
cercare di capire di capire cosa piace a Dio, per fare ciò che piace a Dio.
Luigi: Quando lo hai capito
lo hai fatto.
W.: Chiedo
proprio al Signore che mi faccia capire quello che piace a Lui.
K.: Amare è
vivere e pensare.
X.: I discepoli
appena furono chiamati da Gesù, lasciarono le reti.
Y.: nel
silenzio di Dio non dobbiamo ripiegarci su noi stessi.
Luigi: Perché anche quella è
una parola di Dio.
Se Dio tace, quella è una parola personale di Dio per me.
Non dobbiamo offenderci se Dio tace.
O.: L’umiltà è
la chiave di tutto.
Luigi: l’umiltà che deriva
sempre dal tenere presente Dio.
Non bisogna recitare l’umiltà.
Ci vuole questa convinzione del nostro niente e del suo tutto.
D.: Solo nel
Pensiero di Dio posso capire l’Intenzione di Dio.
L.: Cercare ciò
che piace a Dio.
- Fine
-
Io debbo
compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare. Gv
9 Vs 4
RIASSUNTI DOMENICA
ARGOMENTI: La creazione
incompiuta – La vera vita – Il rischio della notte – L’amore vero – La tristezza
del non capire – I problemi dell’uomo e il problema di Dio – Piacere a Dio –
Conoscere è essere – La creatura può dare nella misura in cui riceve – Il volto
negativo della notte – Strumentalizzare Dio – La nascita della fede – La
moltiplicazione dei pani – Essere e intenzione – Dio chiede all’uomo – Il
Figlio non fa niente se non lo vede dal Padre.
1/Febbraio/1987
- Riassunti -
Luigi: La creazione geme e soffre nell’uomo perché
incompiuta.
Tutta la creazione che noi vediamo è incompiuta.
Ed è incompiuta perché noi non la capiamo.
Noi vediamo e non capiamo.
Capiamo il mistero.
Tutte le cose sono avvolte nel mistero: perché si nasce? Perché si vive?
Perché si muore? Perché si soffre? Perché si gioisce?
Che senso ha tutto questo?
Noi ci troviamo di fronte a dei fatti, a una realtà, però non capiamo.
Ora, questo non capire, per noi è una sofferenza, è la tristezza di fondo
che caratterizza l’uomo.
Ma se l’uomo sente questa sofferenza, è perché è fatto per capire,
altrimenti non soffrirebbe mica.
Il cane non soffre mica per non capire.
Perché noi soffriamo per non capire?
Questo è rivelazione che noi siamo fatti per capire.
Allora se siamo destinati a quello, a conoscere, alla luce e ci accorgiamo
di non capire, ecco che noi patiamo, soffriamo.
Cristo viene in questa tristezza dell’uomo, per aiutarci ad arrivare a
compimento e il compimento sta nel capire, sta nel vedere la luce.
Luigi: Ciò che è vero è eterno.
Ciò che è vero è indipendente dal tempo e dal luogo.
Ciò che è vero è vero tanto in Europa, come in America o in Asia.
Sia che sia 2000 anni fa o adesso.
Quello che è vero è vero.
Allora il rapporto vero, noi sottomessi a Dio, inaugura in noi la vita
eterna che è vita vera.
La vita sta nel pensiero di Dio.
La morte sta nel vivere per il pensiero del nostro io.
Noi possiamo vivere pensando a noi stessi.
Pensando a noi, noi troviamo la nostra morte.
Il pensiero del nostro io non è vita ma riceve vita.
Ma per ricevere vita, noi dobbiamo pensare Dio.
Quindi se noi pensiamo Dio, in Dio troviamo la nostra vita, perché la
nostra vita è in Dio.
Se invece pensiamo a noi stessi e viviamo per noi stessi, noi scaviamo la
nostra morte e troveremo la nostra morte.
Quindi Dio dicendo: “Io ti ho messo tra le mani la vita e la morte”, Dio
dice: “Io ti ho dato la possibilità di pensare a me, che sono Dio, oppure di
pensare a te, però Io ti dico di pensare a me, affinché tu non abbia a morire”.
Luigi: Non bisogna amare Dio per i doni che
possiamo avere da Lui.
Ma dobbiamo amare Dio per quello che Lui è.
L’amore è autentico non in quanto si ama una persona per i doni che
possiamo avere da quella persona.
Questo sarebbe un amore interessato.
Il che vuole dire che è sempre un pensare a noi stessi.
Il giorno che quella persona cessa di darmi doni, io non la amo più.
Il che vuole dire che il mio amore non era autentico.
L’amore diventa autentico, quando si ama una persona per quello che essa è,
non per quello che dà a noi.
L’amore diventa autentico, quando superiamo il nostro io.
Questo è tutto segno, del rapporto autentico che dobbiamo avere con Dio.
Fintanto che noi cerchiamo Dio per quello che possiamo avere da Lui, noi
cerchiamo Dio ma lo cerchiamo nel pensiero del nostro io.
Quindi siamo sempre nel primo rapporto che è un rapporto non autentico.
Magari preghiamo anche Dio ma perché Lui ci possa servire, ci possa
aiutare: non siamo nel rapporto vero.
Il rapporto vero è quando noi ci interessiamo per conoscere Lui.
Quindi non ci interessiamo dei doni che possiamo ricevere da Lui, ma ci
interessiamo di Lui per conoscerlo.
Quindi lo amiamo per quello che Lui vale, per quello che Lui è.
Luigi: Il rischio della notte è perdere
l’attrazione per Dio.
Questo è segno che in noi si sono formate altre attrazioni.
E allora noi non sentiamo più interesse per Dio.
Questo è il rischio che corriamo nella notte, in quanto Dio si è
allontanato.
Ma Lui non si è allontanato per far spegnere in noi l’interesse per Lui.
Lui si è allontanato per sollecitare noi ad entrare nel sabato senza sera.
Cioè per entrare nel vero rapporto con Lui.
Luigi: Il compimento dell’opera di Dio avviene solo
nel Figlio.
Il Figlio è in noi, però non opera senza di noi in noi.
Per cui il Padre opera senza di noi, tutta la creazione giunge a noi senza
di noi, tutti i fatti giungono a noi senza di noi.
Però il compimento, cioè l’intelligenza dei fatti, della creazione, non
arriva a noi senza di noi, perché richiede da parte nostra, l’adesione al
Pensiero di Dio.
È soltanto nel Pensiero di Dio che sorge la luce sui fatti che il Padre ha
operato.
In questo Pensiero di Dio, la luce non sorge se noi non aderiamo al
Pensiero di Dio.
Fintanto che noi restiamo nel nostro pensiero, non possiamo arrivare
all’intelligenza dei fatti che Dio opera.
Perché è solo nel Pensiero di Dio che s’illuminano.
- Conversazione -
A.: Tutti i fatti arrivano a noi incompiuti.
Luigi: Hai capito perché sono incompiuti?
A.: Per suscitare in noi il desiderio di Dio.
Luigi: Sono incompiuti perché non si capiscono.
Infatti arrivano ma noi non sappiamo perché.
Si nasce, si muore, si tribola, si lavora e tutto questo conclude con la
morte, ma allora che senso ha?
Eppure sentiamo il bisogno di un significato.
E se sentiamo il bisogno di un significato, vuol dire che siamo fatti per
questo significato.
Allora le cose sono incompiute perché non ne vediamo il significato e
allora ne sentiamo il problema.
Il fatto che ne sentiamo il problema, vuol dire che abbiamo la soluzione.
Si tratta di trovarla questa soluzione ma la soluzione ci è data.
La soluzione è nel Figlio, nel Pensiero di Dio.
Tutto quello che arriva a noi senza di noi è opera del Padre.
Quello che non arriva a noi senza di noi, è nel Figlio, cioè nel Pensiero
di Dio.
Tutta la creazione e tutti i fatti arrivano a noi senza di noi e sono opera
di Dio Padre.
L’illuminazione, l’intelligenza di questi fatti, non arriva a noi senza di
noi, perché arrivano a noi attraverso il Figlio.
Con il Figlio noi allora abbiamo l’intelligenza, perché il Figlio riporta
tutto nel Padre, contempla tutto nel Padre.
E allora con il Figlio, possiamo contemplare la finalità dell’opera del
Padre.
Allora contemplare la finalità di una cosa, vuol dire avere la possibilità
di rispondere al perché.
Quando in me sorge l’interrogazione: “Perché?”, è perché io non vedo il
fine.
Capisco quando vedo il fine, l’intenzione di Dio nella cosa.
Si giunge alla conoscenza raccogliendo.
A.: E nella conoscenza non c’è più tristezza
per l’uomo.
Luigi: C’è gioia.
La tristezza c’è in quanto mi trovo in una cosa che non è compiuta, che non
capisco.
Fintanto che ci troviamo in cose che non capiamo, proviamo tristezza,
perché vorremmo capire.
B.: Dio si concede all’uomo, affinché l’uomo
capisca che esiste e che lo cerchi.
Luigi: No, che Dio esista non dipende dall’uomo.
Dio, attraverso la sua creazione ci rivela Se stesso e che Lui esiste senza
di noi, indipendentemente da noi.
Dio esiste indipendentemente da noi.
Anche il demonio sa che Dio esiste, non lo può conoscere.
Tutti sanno che Dio è Colui che nessuno può ignorare.
E nessuno può ignorarlo, perché la creazione non l’abbiamo fatta noi.
Il filo d’erba non l’abbiamo fatto noi.
Tutte le cose esistono indipendentemente da noi.
Quindi è un altro che le ha fatte.
Alza gli occhi a quell’Altro che ha fatto le cose.
B.: Questa è concessione di Dio all’uomo.
Poi l’uomo deve cercare Dio per quello che è, non per la sua luce.
Ma per trovare Dio noi abbiamo bisogno della sua luce.
Che differenza passa tra luce e conoscenza?
Luigi: Abbiamo la luce che è concessione.
Io sento un problema e chiedo a Dio che m’illumini questo problema.
Dio me lo illumina e questa è una concessione che Dio mi fa.
B.: Anche quando il problema è un problema
circa la conoscenza di Dio?
Luigi: Anche il problema si Dio.
B.:
Non riesco allora a capire la differenza che c’è tra la conoscenza di
Dio e la luce che ci viene da Dio.
Luigi: C’è la ricerca di Dio per il problema che
portiamo in noi.
Allora io cerco Dio per soddisfare la soluzione del mio problema.
Invece c’è la ricerca di Dio per conoscere il suo problema, non il mio
problema.
Fintanto che io cerco Dio per soddisfare me, io faccio servire Dio a me.
Invece il rapporto giusto è quello di cercare il problema di Dio.
Cioè cercare la volontà di Dio, cercare di piacere a Dio.
Quando io cerco Dio per un mio problema, io cerco che Dio piaccia a me.
Invece il rapporto vero, è cercare Dio per piacere a Lui, non per farlo
piacere a me.
B.: Ma si può avere il desiderio di conoscere
Dio nel pensiero del proprio io?
Luigi: Comunque sia, quando noi cerchiamo Dio per
un problema nostro, noi cerchiamo Dio per soddisfare noi.
Quando noi cerchiamo Dio per piacere a Lui, la cosa è diversa.
C.: Questi tre temi ci insegnano il cammino
attraverso cui Dio vuole condurci.
Il primo tema : Conoscere è essere...
Luigi: Se noi avessimo conosciuto dal primo momento
che conoscere è essere, noi non avremmo trascurato la conoscenza e avremmo
puntato tutto su quello.
Noi invece abbiamo puntato tutto sul fare, sull’azione, sull’essere in un
modo piuttosto che in un altro, sul corre qui e sul corre là.
Così abbiamo perso la presenza di Dio, la conoscenza con Dio, la comunione
con Dio e siamo tutti lì, che ci aggiriamo nella notte.
La partecipazione con l’essere, la comunione con l’essere deriva invece
dalla conoscenza.
Gesù l’ha detto chiaramente che la vita vera sta nel conoscere Dio.
Più si conosce Dio e più si partecipa di quello che Lui è.
C.: E allora viene chiaro il concetto dei due
giorni: il primo giorno quando Lui si concede a noi e il secondo per attingere
la conoscenza che Lui ci vuole dare.
Luigi: Se Lui per primo non si concedesse a noi,
noi non potremmo assolutamente fare niente.
Perché noi essendo creature possiamo fare nella misura in cui riceviamo.
Noi creature siamo capaci di amare, nella misura in cui riceviamo amore.
Quindi bisogna che uno ci dia amore per primo.
Amandoci e sentendoci amati, qui abbiamo la possibilità di amare.
Però non siamo costretti, l’amore non ti costringe.
Tu ti senti amato, puoi riamare, non è detto che tu riami.
L’amore non ti costringe, appunto perché l’amore ti rispetta.
E rispettandoti non ti costringe, non usa violenza.
Però ti dà la possibilità, perché se non ti ama per primo, tu non puoi
amare.
C.: C’è però una scadenza: “Finché è giorno”,
affettati...
Luigi: Sì perché la prima concessione non è un
rapporto giusto, quindi non può durare in eterno.
C.: E poi il terzo tema: il passaggio
obbligato, la notte.
Tra il primo giorno e il secondo giorno
necessariamente c’è la notte.
E tutti passiamo attraverso il volto negativo
della notte.
Luigi: Sì perché il rapporto va capovolto.
Prima c’è un rapporto in cui Dio si concede alla creatura.
Poi si deve inaugurare l’altro rapporto: la creatura che si concede a Dio.
Quindi abbiamo un primo rapporto che va capovolto.
Nel momento in cui c’è questo capovolgimento c’è la notte.
C.: Però il volto negativo della notte:
l’affermazione dell’io è per tutti.
È l’ora delle tenebre, perché tutti abbiamo
ucciso il Cristo.
Solo prendendo coscienza di questo, forse
scopriamo il volto positivo della notte e passiamo al compimento del secondo
giorno.
Luigi: La notte è quel padrone che dopo avere dato
i talenti, si allontana per ricevere l’investitura del regno.
Quindi è Dio che si allontana da noi.
Quindi Dio ci ama per primo, poi si allontana, per ricevere il nostro
amore.
Noi lo investiamo del nostro amore, in quanto adesso lo cerchiamo.
C.: Questo è l’aspetto positivo della notte.
Affinché noi investiamo Dio del suo regno
durante la sua assenza e cercando ciò che piace a Lui, abbiamo modo di superare
il nostro io, cercando ciò che piace a Lui.
Però per tutti c’è anche il volto negativo
della notte.
Io credevo che se uno capisce la notte ne
evita il risvolto negativo.
Invece lunedì ci è stato spiegato che tutti
passiamo attraverso il volto negativo della notte, perché tutti abbiamo ucciso
Cristo.
Luigi: In noi non trionfa l’intelligenza per prima.
All’intelligenza arriva dopo.
C.: Comunque la notte (volto positivo e negativo)
è necessaria per passare al secondo giorno.
Luigi: Bisogna però precisare che questo secondo
giorno s’inaugura, in quanto cerchiamo noi quello che piace a Dio.
Se crediamo in Dio, prima noi cerchiamo Dio per quello che piace a noi.
Quindi per ottenere da Dio la soddisfazione di quello che piace a noi.
Può essere avere buona salute, denaro ma può anche essere una illuminazione
sui nostri problemi.
Noi sappiamo che Dio ci può aiutare, che Dio è onnipotente e allora ci
rivolgiamo a Dio per essere soddisfatti noi.
Invece il secondo giorno è quando cerchiamo Dio per cercare quello che
piace a Lui.
Per conoscere la sua volontà, qui entriamo nel vero mistero di Dio.
Prima m’interessa poco quello che Dio è in Sé, prima a noi interessa che
Lui risponda a quello di cui abbiamo bisogno noi.
Se io vado in un negozio, m’interessa poco quello che può pensare
l’impiegata che mi serve, io penso a me e alla merce a cui sono interessato.
Vado nel negozio e voglio essere servito.
Le preoccupazioni e i problemi dell’impiegata non mi interessano.
Quindi qui non entro in un rapporto d’amore.
Invece posso interessarmi della persona e qui entro in un rapporto d’amore.
Qui non mi interessa la merce, m’interessa la persona.
D.: Noi per tanto tempo cerchiamo di
strumentalizzare Dio ai nostri fini.
Però poi la vita s’incarica di smentirci.
Luigi: Ma poi a un certo momento, Dio non risponde
più.
D.: C’è tanta gente che cerca l’assoluto ma
lo cerca nel luogo sbagliato e arriva delusa a dire: “Viviamo il presente”.
Luigi: Lì cadiamo nel rischio di vivere il
presente, di dedicare cioè il nostro pensiero ai problemi quotidiani e
contingenti.
Proprio così si perde l’attrazione per Dio.
Perché cominci ad appassionarti per le cose mondane e Dio non ti dice più
niente, diventa astratto.
D.: Ti appassioni fino a un certo punto,
perché poi arriva la delusione, però tu non hai perso la capacità di fare il
salto in Dio.
Luigi: Non basta toccare il fondo per risalire.
E.: Nella notte è necessaria la fede.
Luigi: La fede è essenziale.
E.: Prima non è necessaria perché di
esperimenta tutto senza di noi.
Luigi: Dio ci dà la fede, attraverso tutto quello
che ci fa arrivare senza di noi.
È lì che nasce la fede.
Noi esperimentiamo la creazione, il sole che sorge e tramonta, tutti gli avvenimenti,
arrivano a noi senza di noi, per cui le cose esistono indipendentemente da noi.
Non sono io che ho fatto il filo d’erba.
La fede nasce lì: “Chi ha fatto il filo d’erba?”.
Quindi Dio operando su di noi senza di noi, già ci presenta Lui stesso e
quindi fa sorgere in noi la fede.
Per cui io credo che qualcuno ha fatto, perché io non faccio il filo d’erba
e il filo d’erba non ha fatto me.
Qualcuno lo ha fatto ma io non lo conosco.
Lì c’è il rapporto di fede.
Questa fede mi rende interessante conoscere Lui, sapendo che c’è.
Diceva San Paolo che la fede è credere all’esistenza di una cosa che ancora
non vedi con la speranza di arrivare a vederla.
E.: Quindi la fede diventa attrazione per il
Padre.
Luigi: La fede diventa attrazione.
Tu capisci che essere attratto da una cosa che non vedi è testimonianza in
te della presenza di quella cosa.
Perché tu puoi essere attratto da una cosa che vedi, ma essere attratto da
una cosa che non vedi, testimonia che quello ti attrae.
Tu un abito non puoi volerlo se non lo vedi in vetrina o in televisione.
Lo vedi e poi dopo lo desideri.
Invece nei riguardi di Dio, tu senti l’attrazione ma ancora non lo vedi.
Allora chi è che muove il tuo desiderio?
Il desiderio è un movimento verso qualcosa.
Quindi è la presenza dell’Altro che opera per attrarti a Sé.
E.: La fede è data a tutti.
Luigi: La fede è data a tutti.
Anche il demonio crede e non può non credere.
Anche il demonio crede in Dio, però è arrivato a trovarsi in una situazione
in cui non può conoscere Dio.
Quindi questa attrazione per Dio la sentiamo tutti, però quest’attrazione,
mano a mano che noi viviamo per le
creature e il mondo, comincia ad attenuarsi.
E a un certo momento non sentiamo più attrazione per Dio.
Perché subiamo tante attrazioni per le cose del mondo.
Noi diventiamo figli delle nostre opere e se io vivo per il mondo, io
comincio a diventare desiderio per queste cose per cui sono vissuto.
A un certo momento io desidero solo le cose per cui sono vissuto e non
sento più attrazione per Dio.
Non sento più desiderio per Dio, perché ho i miei problemi.
E.: E Dio a un certo momento, per aiutarci,
annulla queste cose ...
Luigi: C’è l’esempio classico di Gesù che
moltiplica i pani.
Gesù moltiplica i pani: “Come è buono Dio”.
“Facciamolo nostro re”, esso la risposta.
Dio mi ha soddisfatto, mi ha mandato il pane, mi ha mandato ciò di cui
avevo bisogno e adesso lo voglio come mio re.
Ma io lo voglio come re, nel pensiero del mio io, per il pane che Lui mi ha
dato.
Questo rapporto non è un rapporto giusto.
Tant’è vero che Lui fugge e non si lascia fare re, è Lui è Re, se non si
lascia fare re, vuol dire che l’intenzione che guida le creature nel volerlo
re, non è quella giusta.
E il giorno dopo, quando lo cercano, Lui si rifiuta di dare loro il pane:
“Voi mi cercate per il pane che vi ho dato ieri, non cercatemi per quel pane
lì”.
Qui abbiamo le contraddizioni di Dio.
Lui ti dà il pane e il giorno dopo, tu credendo che Lui sia fedele e
lineare, lo cerchi per riavere il pane.
Lui invece no, invece del pane ti dà una bastonata.
E allora non capisci più niente.
Perché ieri mi ha dato il pane e oggi si rifiuta, ecco ti mette in
movimento.
A questo punto io sono sollecitato dall’opera stessa che Dio ha fatto in
me, attraverso le contraddizioni, sono portato a cercare la giustificazione.
E capisco che l’opera che Lui ha fatto, l’ha fatta per sollecitare me per
quello che Lui è, e non a cercarlo per i doni che mi dà.
Soltanto trovando Lui, trovo una linea di pensiero senza contraddizioni e
la linea costante e fedele e lineare dell’operare di Dio.
Prima invece io subisco le contraddizioni.
Per cui Dio può diventarmi insopportabile, perché un giorno mi dice una
cosa e il giorno dopo ne fa un altra.
A questo livello, Dio può essere insopportabile alla creatura.
“Cercatemi per il pane che non passa”, se io capisco la lezione, lì trovo
il Dio costante, il Dio fedele.
Il Dio che non si contraddice.
D.: È sempre la faccenda del perché causale e
del perché finale.
Noi siamo rimasti alla causa, al principio ma
ci manca il fine e noi siamo fatti per il fine.
Luigi: Noi siamo fatti per conoscere il Pensiero di
Dio.
Quindi non basta che io creda che tutto è opera di Dio.
Non basta che io accetti tutto da Dio.
Io sono fatto per capire il Pensiero di Dio in quello che Lui fa.
Io vedo un albero e credo che sia opera di Dio ma questo non basta: “Dio
perché hai fatto l’albero?”.
Si Signore io so che sei Tu che mi hai dato la vita ma perché me l’hai
data?
Il perché?, è cercare il Pensiero di Dio.
Noi siamo fatti per conoscere il Pensiero di Dio.
E questo Pensiero di Dio lo troviamo solo nel Padre e solo dal Padre.
Ecco perché dobbiamo cercare Dio per quello che Lui è.
Perché soltanto cercando Dio per quello che Lui è conosceremo la sua
intenzione.
L’intenzione deriva sempre da ciò che un essere è.
Fintanto che non giungo a conoscere ciò che un essere è, io non potrò mai
capire la sua intenzione.
L’intenzione nasce da ciò che un essere è.
G.: Inizialmente cerchiamo Dio perché ci dia?
Luigi: Infatti abbiamo detto che questo è il primo giorno.
G.: Che ci dia uno spirito, un cuore nuovo...
Luigi: È sempre nel pensiero del nostro io....
G.: Salomone ha chiesto la sapienza ed è
stato approvato.
Luigi: Poi però ha ricevuto le
batoste...evidentemente questa sapienza non funzionava tanto...
Se Dio ti dà la sapienza e poi la cosa non funziona, evidentemente c’è una
altra Sapienza.
G.: Per arrivare a capire che devo cercare
Dio per quello che è, c’è tutto un cammino da fare.
Luigi: Certo.
Ma è Dio che ce lo fa fare questo cammino.
G.: E devo invocare l’aiuto di Dio, perché io
da sola non posso arrivare a capire certe cose.
Luigi: Questa è la situazione del primo giorno.
Abbiamo Dio che è onnipotente e noi trovandoci in situazione di difficoltà,
è normale che ci rivolgiamo a Lui per chiedergli un aiuto.
Per cui io faccio servire Dio a me stesso, è il primo giorno e va bene.
Però qui a me non interessa quello che Dio è, a me interessa quello che Dio
mi può fare.
G.: Ma c’è differenza tra il chiedere un
aiuto materiale o un aiuto spirituale.
Luigi: È lo stesso.
Siamo sempre nel: io chiedo per me.
Il problema va capovolto.
Guarda che Cristo morendo dice: “Ho sete”.
Io credo di essere io quello che ha bisogno di Dio e Dio invece si presenta
come uno che ha bisogno di qualcosa da me.
È Lui che ha bisogno di me.
Lui si presenta addirittura come un mendicante che viene a chiedere a me un
bicchiere d’acqua.
Lui è ricchissimo, onnipotente e io il povero allora: “Signore dammi”.
A un certo momento Lui si fa povero e mi chiede che cosa io ho da dare a
Lui.
Come mai Lui a un certo momento mi capovolge la situazione?
Perché mi capovolge la situazione?
Perché viene a chiedere a me creatura che cosa ho da dargli?
Perché proprio pensando Lui, dando qualcosa di me a Lui, entro nel cammino
della salvezza, entro nel secondo giorno.
Entro nella misura in cui mi dono a Dio, non nella misura in cui chiedo a
Dio.
H.: Se nella notte la creatura è chiamata a
manifestare il suo amore, perché si dice che nessuno può operare?
Luigi: In quella notte in cui la creatura non è
attratta da Dio.
Perché in questa situazione di notte, la creatura non esperimentando più la
presenza di Dio, ed esperimentando invece i suoi problemi, corre il rischio di
perdere l’attrazione per Dio.
Quando non c’è attrazione per Dio, qui tutto tace.
Non c’è più nessuno che risponde.
La creatura si sente sola.
Si sente abbandonata.
La creatura dice: “Se io non mi do da fare, io qui muoio di fame”.
Dio non mi dà da mangiare, le creature non pensano a me, sono solo”.
La creatura esperimenta questa solitudine.
E non si sente più attratta da Dio.
È questo il tragico.
Quando non è attratta da Dio, anche il Cristo non risponde alla creatura:
“Nessuno può venire a Me se non è attratto dal Padre”.
Il che vuol dire che Cristo, dove non vede l’attrazione del Padre, Lui si
ritira.
Perché il Figlio opera là, dove vede l’opera del Padre.
Se non vede l’opera del Padre, Cristo non dice nemmeno una parola.
Ti lascia morire ma non ti dice nemmeno una parola.
Perché Lui opera in quanto vede il Padre: “Il Figlio non fa niente se non
lo vede fare dal Padre”.
Quindi il Figlio, se vede che il Padre attrae, lì subentra.
Ma subentra in quanto vede l’opera del Padre.
Il Figlio si caratterizza in questo.
Noi facciamo tutto senza pensare a Dio, cerchiamo sempre di risolvere i
nostri problemi (piccoli o grossi) senza mai pensare a Dio.
Mentre l’anima di tutti i nostri problemi è proprio data dalla presenza di
Dio.
Il Figlio invece non fa assolutamente niente, lascia andare il mondo a
rotoli, se non vede l’opera del Padre.
Ora, quando la creatura non è attratta dal Padre ma da altro, Cristo non
farebbe altro che confermare la creatura nel suo errore.
È per questo che non opera.
G.: Potrebbe darci una mano.....
Luigi: Una mano ce la dà proprio facendoci toccare
con mano che Lui è morto, che Lui tace, che Lui non mi risponde.
È come in un rapporto d’amore, quando una persona si allontana dall’altra,
non s’allontana per fuggire ma per essere inseguita.
Per dire: “Guarda che hai fatto qualcosa che mi ha offeso”.
G.: Allora se restiamo nella fede, vinciamo
il nostro smarrimento.
Luigi: Se resto nella fede mi chiedo perché il
Signore tace, perché chiedo e Lui non mi risponde.
Questo mi deve far capire che non risponde perché io non cerco la gloria di
Dio ma cerco la gloria del mondo.
Dio non mi risponde fintanto che io non supero il pensiero del mio io.
È tutta opera che Dio fa, però noi non esperimentiamo la sua presenza.
È tutta opera che Dio fa per educare noi a superare il pensiero del nostro
io.
In un primo tempo, Lui soddisfa anche il pensiero del nostro io.
Lui ci dà quello di cui abbiamo bisogno.
E magari noi cantiamo lodi al Signore da mattina a sera e ci crediamo
religiosi:”Signore come sei buono, Signore io ti amo con tutto il mio
cuore”...certo perché sei stato soddisfatto.
E quante volte sentiamo persone che erano religiose che dicono di non
essere più capaci a pregare?
“Io non posso amare Dio, perché Dio non doveva farmi questo”.
“Io mi sono sempre comportato bene e Dio mi ha mandato questa disgrazia!”.
Ma tu hai sempre pregato perché Dio rispondeva ai tuoi desideri.
Adesso che Lui ti ha invitato a cercare quello che piace a Lui e non quello
che piace a te, qui tu non riesci più a pregare.
Vuol dire che tutto il tuo mondo di prima era tutto incentrato sul pensiero
di te stesso.
E quando Lui t’invita a superare il pensiero del tuo io, lì tu non ce la
fai a seguirlo.
Allora vuol dire che tutto il tuo mondo religioso era tutto incentrato sul pensiero
del tuo io, mica su un reale interesse per Dio.
Amare veramente è cercare di conoscere l’altro, mica far servire l’altro a
me.
X.: Quando c’è l’attrazione per il Padre,
questa notte in cui Dio ci mete è molto positiva.
Luigi: certo è una notte molto positiva, perché
m’invita a entrare nel vero rapporto con Lui.
Che è un rapporto eterno, mi invita cioè a entrare nella vita eterna.
Anche la notte è una parola di Dio, infatti la notte diventa più luminosa
del giorno di prima.
È Dio che mi dice una parola più importante di quelle che mi aveva detto
prima: “Entra in questo rapporto eterno con me”.
Y.: Noi non dovremmo temerla la notte allora.
Luigi: Se noi abbiamo l’intelligenza di questa
notte, questa notte è molto positiva.
Perché è Dio che sta intervenendo nella mia vita, per condurmi ad un
rapporto vero, eterno con Lui.
Mentre il rapporto del primo giorno è un rapporto soggetto a mutamenti: era
Dio che soddisfaceva la creatura.
Ora, la creatura entra in un rapporto vero in quanto cerca quello che piace
a Dio.
Cerca Dio per conoscere quello che piace a Lui.
È soltanto facendo la volontà di Dio che si entra nella vita, non facendo
fare a Dio la mia volontà.
La maggior parte di tutti i nostri rapporti religiosi con Dio, sono fondati
su questo: cercare di strumentalizzare Dio alla nostra volontà.
Fare servire Dio a noi, questo è un rapporto ingiusto.
Sono io che devo servire Dio, sono io che devo cercare e fare quello che
piace a Lui.
U.: L’uomo deve farsi bambino e andare alla
scuola di Dio.
Luigi: E restare sempre a questa scuola.
È una scuola in cui s’impara sempre.
Tutto l’universo è un aula in cui Dio insegna.
Noi dobbiamo essere sempre attenti.
A un certo momento noi invece crediamo di sapere, iniziamo noi a parlare e
insegnare e perdiamo di vista il Maestro.
Crediamo di essere noi i maestri: “Le cose sono così, perché io le vedo
così, perché io ho capito così”.
No, davanti a Dio siamo tutti allievi e dobbiamo sempre fare attenzione al
Maestro in tutte le cose.
Noi ci avviciniamo a Dio più non sapendo che sapendo.
Non dire mai: “Io questo l’ho capito”.
La creatura che si presenta a Dio dicendo di non capire, apre i suoi
orecchi e il suo cuore all’ascolto.
Z.: L’opera che il Figlio è venuto a portare
a compimento sono io.
Perché tutto il resto è compiuto.
Infatti quando Dio crea l’uomo dice:
“Facciamo l’uomo”.
Quindi l’uomo non è fatto, l’opera che viene
a fare Cristo è l’uomo.
Luigi: Infatti noi dobbiamo sempre capire che noi
non siamo fatti, ma Dio ha incominciato a farci.
Tu sei una creatura in gestazione.
Dio ti ha cominciato a farti, quindi
lasciati fare da Dio fino all’ultimo, non agitarti.
Noi agitandoci, impediamo di portare a compimento la sua opera.
K.: Due attrazioni si annullano, solo quando
uno muore a se stesso smette di sentire attrazione per le cose del mondo o
continua a sentire questa attrazione ma la riferisce a Dio?
Luigi: Soltanto quando muore a se stesso.
Fintanto che non muori a te stesso, tutte le cose che hai incontrato, hanno
creato una dipendenza, per cui noi sentiamo sempre attrazione per esse,
fintanto che non moriamo a noi stessi.
Superando noi stessi e incominciando a vedere le cose dal punto di vista di
Dio, le cose ci attraggono ma per Dio, ci attraggono cioè nel Pensiero di Dio
ma non più nel pensiero del nostro io.
Fintanto che non siamo morti a noi stessi, noi subiamo questo conflitto.
Sappiamo che è giusto cercare Dio, però sento questa dipendenza da-.
K.: E questo va subordinato a Dio.
Luigi: Sì.
C’è il purgatorio per tutta questa conflittualità con quello che noi
portiamo dentro.
Non è che il giorno che hai capito che devi cercare Dio tu sei libero,
tutto il mondo di prima tu te lo porti dietro.
Non è mica annullato.
E tutto va subordinato a Dio: “Sento questo però...devo mettere prima te”.
Per cui magari tremo di paura, però Signore faccio conto su di Te.
“Se possibile...però non la mia
volontà sia fatta ma la tua”.
Bisogna sottomettere tutto a Dio.
Fintanto che si è in cammino, bisogna sottomettere tutto a Dio, uno sente
il conflitto, l’attrazione per l’io, certo, però mette prima Dio.
- Pensieri conclusivi -
Z.: Cristo è molto chiaro e ci dice che la
vita eterna è conoscere Dio.
Noi dovremmo essere onesti da sapere in ogni
momento cosa è che stiamo cercando veramente.
Luigi: Conoscere il Padre e conoscere quello che è
generato dal Padre.
La vita eterna quindi è conoscere il Padre e conoscere il desiderio, la
volontà del Padre.
Z.: Noi nel pensiero del nostro io, abbiamo
una paura matta di metterci in questione, di pscicanalizzarci, perché in fondo
è quella l’analisi che dobbiamo fare: dove sono io? In che punto sono? Sto
cercando di conoscere Dio? O cosa sto facendo?
X.: La fede non è ancora luce...
Luigi: però ci dà la possibilità di cercare la
luce.
La fede mi fa desiderare la luce.
Se la fede che dico di avere in Dio, non mi fa desiderare di conoscere Dio,
non è fede.
A.: L’amore vero, l’amore disinteressato
viene da Dio.
Luigi: Anche a livello umano, se dico di amare, ma
sono interessato solo a quello che l’altro mi può dare, il mio rapporto non è
giusto.
S.: In ogni notte buia può apparire una
stella.
T.: L’attrazione per il Padre mi porta al
Figlio.
Y.: Il tramonto è triste.
Luigi: Infatti tutte le cose che tramontano ci
danno tristezza, noi non vorremmo che tramontassero mai.
Evidentemente questo è segno del nostro destino: siamo fatti per un giorno
senza sera.
Quindi per vivere per cose che non passano.
Dio ci ha creati per questa città, una città in cui non c’è più niente che
passa.
P.: La vita è musica, la musica è armonia,
l’armonia è Dio.
J.: Dare a Dio quello che è di Dio.
H.: Bisogna passare dal rapporto ingiusto al
rapporto giusto con Dio.
Luigi: Questo rapporto giusto me lo dà Dio ma non
me lo dà senza di me.
Infatti se io non guardo Dio, non posso entrare in questo rapporto giusto.
Guardando Dio e con l’aiuto di Dio entro in questo rapporto giusto e
capisco.
È Dio mi fa capire in che modo devo amarlo.
G.: Devo capire dove sono, se nella notte o
nel giorno.
B.: “Senza di Me non potete fare nulla”
quindi l’importanza di essere con Gesù.
V.: Bisogna passare in fretta al giorno in
cui si ama Dio per quello che è.
C.: Se uno ama veramente non pensa più a se
stesso ma si preoccupa solo di conoscere Colui che lo ha fatto dal niente.
Luigi: non gli importa più niente di sé, può anche
essere all’inferno ma a lui non gli importa assolutamente niente.
A lui interessa solo l’Altro, allora qui abbiamo il vero amore.
- Fine -
Io debbo
compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte,
quando nessuno può più operare. Gv 9 Vs 4
RIASSUNTI LUNEDI
ARGOMENTI: La sofferenza e la
morte - L’incompiuto è non capire – Dalla dispersione all’unità del Pensiero di
Dio – Volere quello che vuole Dio – La volontà di Dio viene da Dio -
2/Febbraio/1987