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E se io giudico, il mio giudizio è vero, perché io non sono solo, avendo con me il Padre che mi ha mandato.

Gv 8 Vs 16 Primo tema.


Titolo: Il sigillo della Verità.


Argomenti: Il giudicare ci preclude il tempo per imparare a leggere. Il tempo per leggere  e il tempo per imparare a leggere. Giudicando ci carichiamo di dubbi. La prigione del dubbio. La salvezza sta in Chi ci offre un criterio oggettivo di VeritàIl sigillo della Verità sta nell'essere con il Padre. La Realtà illumina il segno.


                                                                                                         

11/Novembre/1984  Fossano.


Abbiamo visto la necessità di superare l'apparenza, poiché Gesù prima aveva detto di non giudicare nessuno mentre altrove dà giudizi anche pesanti: "Ipocriti, stolti, sepolcri imbiancati".

Queste contraddizioni ci sollecitano, esigono un approfondimento, perché tutte le contraddizioni che troviamo nel Vangelo sono apparenti e quindi richiedono da parte della nostra anima un approfondimento.

Dio parla in superficie, parla in tutto ma ci sollecita a questo approfondimento.

Approfondire vuole dire scavare, quindi andare al di là dei segni, al di là delle parole, al di là delle affermazioni.

Quando Gesù dice: "Io non giudico nessuno", prima di tutto invita noi a non giudicare e ci fa capire che tutto quello che apparentemente è giudizio di Dio in realtà è parola di salvezza di Dio per noi.

Prima di tutto invita noi a non giudicare perché noi giudicando ci precludiamo il tempo per imparare a leggere.

Quando si giudica si legge.

E in quanto si legge, si rivestono le cose di una certa intenzione.

Quando noi giudichiamo, quando cioè leggiamo secondo una certa intenzione ci precludiamo il tempo per imparare a leggere.

C'è nella nostra vita un tempo per imparare a leggere e un tempo per leggere.

Il tempo per imparare a leggere è un tempo che passa, che scade mentre invece il tempo per leggere è un tempo che s'impone e che dura per tutta la vita eterna.

Però ognuno di noi è fatto capace di leggere a seconda della preparazione che ha fatto durante il tempo per imparare a leggere.

Il tempo per imparare a leggere è quel tempo in cui ci dobbiamo impegnare a trovare l'Intenzione del Creatore nelle cose che ci presenta.

Ogni cosa che arriva a noi deve essere rivestita di una intenzione, quindi di un giudizio.

Noi vivendo siamo costretti a fare delle scelte e in quanto facciamo delle scelte noi già emettiamo dei giudizi, dei giudizi di valore.

Dobbiamo andare al di là delle Parole, perché se le Parole ci annunciano una Intenzione, l'Intenzione si trova soltanto in Colui che scrive, in Colui che parla, in Colui che opera.

Bisogna quindi trascendere le Parole per trovare l'Intenzione vera che dà a noi la possibilità di leggere correttamente e quindi anche giudicare bene.

Se noi leggiamo e quindi giudichiamo prima di avere scoperto l'Intenzione che c'è in tutte le cose, il primo danno che noi subiamo è questo sottrarci il tempo per imparare a leggere.

Come noi giudichiamo noi ci priviamo del tempo per imparare a leggere.

Ma c'è un altra conseguenza: noi ci carichiamo di dubbi.

Emettendo dei giudizi non secondo l'Intenzione di Colui che opera tutto in tutti, noi ci carichiamo di incertezze, noi ci carichiamo di dubbi.

Qui Gesù dice: "Se Io giudico, il mio giudizio è vero".

Sembra strano, perché un attimo prima aveva dichiarato di non giudicare.

È una contraddizione.

Tutte le parole che dice Gesù sono Parole del Verbo di Dio fra noi e in quanto Parole del Verbo di Dio tra noi, sono Parole per noi, per tutti gli uomini.

Quando gli uomini si sono caricati di dubbi si sono privati della possibilità di avere un criterio di verità.

La Parola di Dio in quanto è Parola per gli uomini, entra nel mondo degli uomini, perché soltanto entrando nel mondo degli uomini può offrire loro la salvezza.

Se gli uomini si trovano schiavi del dubbio, solo Colui che offre loro la possibilità di vedere un criterio di certezza, un criterio di verità, offre loro la salvezza.

L'uomo che è chiuso nella prigione del dubbio, può essere salvato soltanto da uno che entri nella sua prigione.

L'uomo quando giudica si chiude in una prigione ed è la prigione dei suoi dubbi.

Perché tutto quello che si riferisce a una intenzione diversa da Dio ci carica di dubbi.

Soltanto Colui che può entrare in questa prigione, può dare a noi la possibilità di uscire da questa prigione.

Qui possiamo capire perché Gesù dice: "Se Io giudico, il mio giudizio è vero".

a uomini che non hanno più un punto di riferimento per potere giurare sul giudizio che fanno ecco che Gesù dice che quando Lui giudica il suo giudizio è vero ed è molto importante la giustificazione che dà.

Noi veniamo a trovarci nella situazione in cui i nostri metri di giudizio sono: "Perché lo dicono tutti", per noi una cosa è vera perché la dicono tutti, oppure: "Quella cosa è vera perché io l'ho vista", il nostro sentimento ci dice che è vera, oppure il nostro cuore dice che è vera, oppure la nostra ragione dice che è vera.

Oppure anche l'autorità esterna dice a noi che è vera.

Tutti questi criteri di verità non riescono a liberarci dal dubbio fondamentale e noi non ne possiamo uscire perché i nostri dubbi sono più forti di noi.

E fintanto che noi siamo schiavi dei nostri dubbi, tutti i nostri criteri di verità: sensi, cuore, nostre ragioni, l'autorità, la maggioranza, studiosi, istituzioni, tutti questi criteri di verità non sono validi per convince la nostra anima, per convincere e soddisfare questo bisogno di Assoluto che portiamo in noi e che si riposa e trova la sua pace soltanto nell'Assoluto.

Tutto quello che è relativo e che sotto qualche aspetto può riferirsi all'uomo, quello ci carica di dubbi.

I sentimenti, la nostra ragione, quello che dicono gli altri, sono cose sempre in qualche modo relative all'io e non ci liberano dalla prigione del dubbio.

Quando noi siamo schiavi dei dubbi è fatale che la nostra volontà sia indebolita e noi finiamo in balia di tutto e di tutti.

Qui incominciamo anche a capire in cosa consista la salvezza.

La salvezza sta in Colui che ci può offrire un criterio oggettivo di Verità, un criterio oggettivo tale da dare pace alla nostra anima.

In questa affermazione di Gesù, la cosa più importante è la giustificazione che Gesù dà al suo giudicare e ci fa anche capire perché i nostri giudizi non sono veri: perché sono carichi di dubbi e ci caricano di dubbi.

Dice Gesù: "Il mio giudizio è vero, perché Io non sono solo".

Questa è una affermazione enorme, tutti i nostri giudizi sono non veri, quindi carichi di dubbi, di incertezze perché noi siamo soli.

Fintanto che l'uomo giudica come un essere autonomo, perché a lui sembra così, perché lui è convinto così, perché gli altri dicono così, è sempre un essere solo, un essere che si carica di solitudine e quindi si carica di dubbi, proprio perché si è fatto centro, punto fisso di riferimento.

Ecco per cui noi siamo invitati sempre a morire a noi stessi e a superare il pensiero del nostro io.

Fintanto che noi abbiamo il pensiero del nostro io al centro delle nostre valutazioni, al centro dei nostri giudizi, al centro dei nostri criteri noi siamo soli e ci carichiamo di solitudine ed in conseguenza di questa solitudine noi ci carichiamo di dubbi.

Gesù dice: "Il mio giudizio è vero perché Io non sono mai solo".

E giustifica questo suo non essere solo con: "Perché il Padre è sempre con me".

Prima aveva detto: "Se Io rendo testimonianza a me stesso la mia testimonianza è vera, perché so donde vengo e donde vado".

Adesso abbiamo una precisazione ulteriore: "Il mio giudizio è vero perché ho con me il Padre".

Quindi questo suo sapere donde viene e donde va si identifica con l'avere con Sé il Padre che lo ha mandato.

Tutte le cose che Gesù dice come Verbo di Dio tra noi, le dice per noi.

Queste cose quindi le dice per noi, per noi che siamo caduti prigionieri di questa prigione dei dubbi da cui non c'è niente che ci possa liberare tranne Dio.

Perché tutto quello che giunge a noi quando noi abbiamo al centro il pensiero del nostro io passa attraverso i sensi, attraverso i nostri sentimenti.

E tutto quello che passa attraverso i nostri sensi ha come centro il pensiero del nostro io.

Qui questa parola che Gesù dice, la dice non per Sé ma la dice a noi, per offrire a noi l'uscita da questa prigione.

Solo se noi possiamo essere con il Padre, anche noi avremo la possibilità di giudicare secondo la verità.

Ecco avremo in noi il criterio della verità, il sigillo della verità.

Il sigillo della verità sta nel non essere soli, sta nell'essere con un Altro.

Sta nel sapere donde veniamo e dove andiamo, sta nell'essere con il Padre.

Qui abbiamo tre concetti fondamentali.

Abbiamo il Padre che manda, abbiamo il Figlio e abbiamo il criterio di verità, solo se noi siamo con il Padre possiamo partecipare del Figlio e possiamo avere in noi il criterio di Verità.

Tutto questo trascende le parole, trascende i fatti, trascende tutto quello che avviene nel mondo esterno, trascende tutti i segni.

Il criterio di Verità essendo nel Padre, trascende tutto quello che giunge a noi attraverso i sensi.

Questo ci dice di non illuderci, noi non possiamo capire le parole con altre parole.

Noi possiamo capire tutti i segni soltanto se superiamo i segni e cerchiamo la presenza di questa Realtà, è con la Realtà che si capiscono i segni, poiché si ha la possibilità di collegare i segni con la Realtà.

Se noi diciamo la parola "Dio" a un cane, il cane non può capire assolutamente niente, perché il cane non può unire questo segno, la Parola "Dio" con qualcosa che Lui ha presente.

Se noi diciamo la parola "Dio" a un uomo, l'uomo ha la possibilità di capire questo segno, perché?

Perché ha presente la realtà "Dio" in sé, se Dio non abitasse in noi come realtà, come presenza, noi non potremmo assolutamente capire quando sentissimo la parola "Dio".

Quello che ci fa capire non sono le parole ma è la realtà, è ciò che noi abbiamo presente, ciò in cui noi abitiamo.

A seconda di quello che noi abbiamo presente, lì abbiamo la possibilità di capire.

Noi siamo condizionati dal luogo in cui noi spiritualmente abitiamo.

Las nostra capacità di lettura e quindi di giudizio è tutta determinata da ciò che noi abbiamo presente.

Se noi abitiamo con Dio, noi abbiamo la possibilità di intendere quindi di leggere le Parole di Dio ma se, noi abitiamo in altro, se noi abbiamo presente altro, noi non abbiamo la possibilità di leggere le Parole di Dio.

Se l'intelligenza, la capacità di leggere le cose sta nel trascendere le cose stesse e nel cogliere quella realtà che portiamo in noi e che dà noi la possibilità di leggere tutto quello che accade, resta per noi aperto il problema di cosa serva ancora a noi per leggere se abbiamo già trovato la realtà di Dio presente in noi.

Le Parole sono  sponsali di un fidanzamento, sono promesse di uno sposalizio con il Verbo di Dio, è quel pranzo che il re ha organizzato per lo sposalizio di suo figlio ma di questo ne parliamo un altra volta, chiudiamo qui.



E se io giudico, il mio giudizio è vero, perché io non sono solo, avendo con me il Padre che mi ha mandato.

Gv 8 Vs 16 Secondo tema.


Titolo: I segni, le parole, la scrittura di Dio sono sponsali dell'unione della nostra anima con Dio.


Argomenti: Il criterio di Verità sta nel non essere soli. Le conseguenze del giudicare. La chiave di lettura non è il segno o la parola ma la realtà. L'incapacità dell'uomo a restare unito a Dio. Dio ci convoca facendoci giungere segni di Sé. Unire nella mente i segni di Dio con Dio. La consacrazione dell'universo. L'urgenza della consacrazione.


 

18/Novembre/1984  Fossano.


Abbiamo visto domenica scorsa come qui Gesù ci riveli il sigillo della Verità, ci rivela le condizioni perché si possa giudicare bene, perché il giudizio sia vero.

Abbiamo visto che le condizioni sono quelle che Gesù dichiara qui: non essere soli e non essere soli vuole dire avere con noi il Padre che ci ha mandati.

Il criterio di Verità sta in questo non essere soli.

E qual è la condizione, per non essere soli?

Avere con noi il Padre che ci ha mandati, il che ci fa capire che quando non abbiamo con noi il Padre che ci manda, cioè quando non siamo motivati da Dio, quando non siamo uniti a Dio, noi siamo sempre soli.

E quando noi siamo soli, i nostri giudizi sono sempre errati.

Abbiamo visto che prima di tutto non bisogna giudicare, perché il tempo dato alla creatura non è il tempo per giudicare ma è il tempo dato per imparare a leggere.

E la Parola di Dio in tutto dice a noi di non giudicare.

Quando noi giudichiamo, la prima conseguenza che ricade su di noi è quella di privarci del tempo per imparare a leggere.

Perché c'è un tempo per imparare a leggere che scade e viene un tempo in cui noi, volenti o nolenti, noi dobbiamo leggere.

Soltanto che ognuno, leggerà nel modo in cui avrà imparato a leggere, durante il tempo che gli è stato dato per imparare a leggere.

Abbiamo visto che questo tempo per imparare a leggere scade.

È in questo tempo qui che Dio dice a noi di non giudicare.

Perché giudicando noi, attribuiamo un’intenzione, quindi leggiamo.

Ma se noi attribuiamo un’intenzione e quindi leggiamo prima di aver conosciuto l'Intenzione con cui scrive Colui che scrive, tutti i nostri giudizi sono sbagliati.

La nostra lettura è sbagliata.

Colui che scrive in tutto è Dio.

Tutte le opere e la creazione di Dio (la creazione è continua) sono scrittura di Dio, una scrittura che si offre a noi per insegnarci a leggere, per insegnarci a conoscere l'Intenzione con cui Dio scrive.

Imparare a leggere vuole dire imparare a trovare l'intenzione di colui che scrive.

Questo è un primo tempo che viene offerto a noi per arrivare a conoscere l'Intenzione di Dio, il Fine con cui Dio scrive, opera tutte le cose e potere quindi imparare a leggere nel suo Spirito.

Quando noi giudichiamo prima del tempo e quindi attribuiamo un’intenzione alle cose prima di conoscere l'Intenzione di Dio, ci carichiamo anche di dubbi dai quali noi non ne possiamo uscire.

Abbiamo visto che anche il dubbio in noi è una prova della presenza di Dio in noi, nonostante noi, indipendentemente da noi.

Quando noi facciamo un giudizio, noi vorremmo che questo fosse vero, affinché sia come lo abbiamo visto noi, esperimentato noi in riferimento al nostro io e se a un certo momento noi esperimentiamo il dubbio, vuole dire che c'è una verità più forte di noi che mette in dubbio il giudizio che noi abbiamo dato.

Ecco le due grandi conseguenze del giudicare prima del tempo.

-La perdita della capacità di imparare a leggere perché l'intenzione che noi abbiamo attribuito alle cose ci impedisce adesso di trovare la vera Intenzione.

-La prigione del dubbio.

Noi dobbiamo tenere molto presente questo: i segni non si capiscono con i segni, le parole non si capiscono con le parole.

Teniamo presente che anche il nostro io è una parola, anche i nostri sentimenti sono parole, sono segni, anche le esperienze che noi facciamo, sono parole, sono segni.

Fintanto che noi interpretiamo, leggiamo le parole con altre parole (sentimenti, pensiero dell'io, esperienze, nostra ragione) la nostra lettura è sempre errata.

La chiave vera di lettura non è il segno, non è la parola ma è la realtà.

Non basta tradurre parole da una lingua all'altra, non basta tradurre dal latino all'italiano o dall'italiano al francese o all'inglese per capire di più le cose, noi non facciamo altro che sostituire un segno con un altro segno ma le distanze sono sempre uguali e il mistero resta sempre mistero.

La vera lettura la si fa in quanto si collegano i segni con una realtà.

Realtà è ciò che esiste, che è presente in noi indipendentemente da noi.

Quindi quello che dà a noi la possibilità di leggere le parole è la Realtà, è ciò che esiste in noi indipendentemente da noi.

Ciò che esiste in noi indipendentemente da noi è questa presenza del Pensiero di Dio in noi.

Tutte le Parole di Dio che giungono a noi sono un’istanza di una Realtà da scoprire, da trovare.

Tutto si conclude in questa scoperta, in questo incontro con la Presenza del Pensiero di Dio in noi.

Dio opera in tutto per rivelare la sua Presenza.

Dio opera in tutto per manifestare a noi il suo Pensiero.

Ognuno di noi quando parla, parla per rivelare il proprio pensiero.

Tutto è segno di Dio, Dio opera in tutto per rivelare a noi il suo Pensiero.

Tutte le parole, tutti i segni, tutta la creazione hanno questo fine.

Ma il problema adesso diventa questo: quando noi abbiamo incontrato questa Realtà, quando Dio ci ha condotti a scoprire questa Presenza del Pensiero di Dio in noi indipendente da noi, come realtà oggettiva presente in noi, resta questa problema, a che serve leggere? A che servono le parole?

Perché le parole ci conducono qui ma, adesso a cosa serve ancora riguardare i segni o leggere queste parole?

Una della grandi esperienze che facciamo tutti, anche dopo aver incontrato la Presenza oggettiva del Pensiero di Dio in noi, quindi come realtà in noi indipendentemente da noi, (qui possiamo capire quanto noi siamo casa di Dio, tempio di Dio, abitazione di Dio) l'esperienza che ci portiamo addosso è l'incapacità di restare uniti a questo Pensiero che abbiamo trovato.

Noi effettivamente essendo creature non siamo capaci a restare uniti a Dio.

Non basta la nostra volontà, i nostri propositi, i nostri programmi, i nostri impegni, noi ci accorgiamo sempre (pur non potendo smentire la presenza di Dio in noi) che non siamo capaci in quest’unione: le cose ci portano via, i fatti ci portano via eccetera.

Solo il Figlio di Dio resta unito a Dio, Gesù dice: "Avendo con me il Padre", in altro luogo dice: "Io e il Padre siamo una cosa sola"

Fintanto che il nostro io non viene generato dal Padre e, quindi anche noi siamo fatti figli di Dio, noi veniamo a trovarci nell’impossibilità di restare uniti a Dio, pur riconoscendo il grande valore che per noi ha Dio.

Noi essendo creature, anche la possibilità di restare uniti a Dio la riceviamo da Dio, non è quindi in balia di opere nostre.

Precisiamo ancora: noi possiamo pensare Dio, possiamo restare uniti a Dio, possiamo restare alla presenza di Dio, soltanto quando Dio ci convoca, quindi non quando vogliamo noi ma, solo quando Dio ci convoca, siamo creature.

Anche il demonio può giungere alla Presenza di Dio quando Dio lo convoca.

Come Dio ci convoca?

Dio ci convoca chiamandoci, cioè facendoci giungere i segni di Sé.

Qui vediamo che le parole, i segni sono offerta che Dio mette nelle nostre mani, per dare a noi la possibilità di essere convocati alla sua presenza.

A questo punto noi riconosciamo questi due dati: c'è in noi la Presenza del Pensiero di Dio e ci sono i segni, le Parole di Dio che arrivano a noi.

Tutta la creazione, tutte le cose, tutte le parole arrivano a noi, si mettono nelle nostre mani e dicono a noi: "Noi siamo di Dio, portaci a Dio".

Noi siamo convocati a Dio dalle parole che Dio ci fa arrivare.

Però questo portare le cose a Dio, al Dio che abita dentro di noi, è un’opera essenzialmente personale, nessuno la può fare al posto nostro.

Tutti possono far giungere, mettere nelle nostre mani Parole di Dio ma, se poi noi nel segreto della nostra anima non portiamo le parole e i segni di Dio a Dio, l'unione non avviene in noi, cioè in noi restano i due dati separati, resta in noi il Pensiero di Dio, resta in noi il segno, la Parola di Dio ma separati e la separazione è morte.

Noi esperimentiamo la morte, la solitudine proprio in quanto esperimentiamo la divisione tra quello che portiamo in noi: il Pensiero di Dio e i segni che arrivano a noi dal mondo esterno.

Noi portiamo le cose a Dio in quanto Dio ci fa arrivare i segni di Dio: è per opera di Dio che noi portiamo le cose a Dio e questa è la consacrazione dell'universo.

La consacrazione dell'universo avviene dentro di noi e noi siamo i veri sacerdoti, senza di noi l'universo in noi non si consacra e l'universo non consacrato diventa per noi un universo profano, quindi un universo che ci porta via a Dio.

Tutti quei segni che non sono riportati a Dio diventano per noi motivo di distrazione da Dio, di allontanamento da Dio, d'impossibilità di restare uniti a Dio.

I segni, le parole, la scrittura di Dio sono sponsali dell'unione della nostra anima con Dio.

Solo in quanto riportiamo tutti i segni che Dio ci fa arrivare in Dio, nella misura in cui li portiamo, questi ci danno la possibilità di restare alla presenza di Dio, ci danno la possibilità dell'unione con  Dio.

Il rischio grande è quello di giudicare prima di avere fatto questa consacrazione in noi, di giudicare i segni, le Parole di Dio prima di aver riportato le cose in Dio, quindi prima di avere conosciuto l'Intenzione di Dio.

Tutto ciò su cui noi abbiamo posto la nostra intenzione, non può più essere consacrato e diventa per noi cosa inutile.

Viene gettato nell'immondizia delle nostre intenzioni.

Perché può essere consacrato a Dio non ciò su cui noi abbiamo posto la nostra intenzione ma, ciò su cui non abbiamo ancora messo la nostra intenzione.

Cioè noi possiamo consacrare a Dio soltanto le Parole di Dio, le parole che sono di Dio ma, quando sui segni di Dio noi abbiamo messo le nostre intenzioni, quelle sono diventate parole nostre e le parole nostre non possono essere più consacrate.

Questa consacrazione dell'universo in noi, quest’opera sacerdotale è il vero lavoro chiesto a ogni uomo, per cui un uomo può anche vivere da eremita nel luogo più sconosciuto e inaccessibile di questo mondo ma se fa questo lavoro lavora per tutti.

Ma se uno corresse per terre e per mari ad amare o aiutare il prossimo ma non facesse questo lavoro, farebbe niente.

Un altro degli errori che noi possiamo fare è quello delle scelte sbagliate, cioè del non rendersi disponibili per questo lavoro, perché questo lavoro è un lavoro urgente, perché il tempo per imparare a leggere scade.

La consacrazione del mondo in noi è una cosa molto urgente perché ne dipende non soltanto la vita nostra ma la vita di tutte le creature che Dio pone attorno a noi.

Perché in tutto Dio scrive, pone lo specchio di quello che noi siamo nei riguardi suoi, pone lo specchio di questo lavoro che facciamo o che non facciamo dentro di noi, di questa consacrazione che compiamo o che non compiamo dentro di noi.

E allora se noi non facciamo questa consacrazione dentro di noi, ci sarà sempre attorno a noi qualcuno che soffre per noi, qualcuno che muore per noi, qualcuno che subisce delle ingiustizie per noi, perché l'ingiustizia la portiamo dentro di noi.

E allora Dio per salvare, per richiamare noi a ciò che non facciamo, deve porre a noi di fronte il nostro errore, per questo dico che è un lavoro urgente.

L'unico modo per aiutare veramente i nostri fratelli o per sgombrare il mondo dalle ingiustizie è quello di fare questa giustizia dentro di noi, è quello di operare questa consacrazione.

Arriverà il giorno in cui se noi compiamo questo lavoro in terra, la nostra anima sarà fatta capace dell'unione con Dio.

Abbiamo detto che tutte le parole che Dio ci fa arrivare, prima di farci arrivare la sua parola eterna, prima di proporci suo Figlio, il suo Verbo, tutte queste parole sono convocazioni di Dio alla sua presenza, perché noi da soli non possiamo assolutamente restare alla sua presenza.

Proprio facendo questo lavoro la nostra anima diventa capace di unione, cioè noi siamo capaci di restare raccolti e uniti in Dio nella misura in cui noi avremo raccolto e consacrato in Dio tutto quello che Dio ci faceva arrivare.

Nella misura in cui noi avremo raccolto, noi potremo restare raccolti, nella misura in cui avremo unito, noi potremo restare uniti.

Arriverà un giorno in cui questa capacità sarà cresciuta al punto tale che Dio proporrà a esso di offrire il suo Pensiero, quel Pensiero che portiamo in noi, la sua parola eterna e qui è il giorno in cui potremo nascere da Padre e fare l'unione eterna con Dio.



E se io giudico, il mio giudizio è vero, perché io non sono solo, avendo con me il Padre che mi ha mandato.

Gv 8 Vs 16 Terzo tema.


Titolo: Il nostro pensiero resta condizionato da ciò a cui si dedica.


Argomenti: Il criterio della Verità. L'uomo è menzognero. I segni di Dio sono mezzi per l'unione con Dio. Tutto ciò su cui proiettiamo il pensiero del nostro io c'impedisce l'unione con Dio. Quello che macchia la nostra anima sono le nostre intenzioni. Il tutto (Pensiero di Dio) e i frammenti (segni di Dio). Raccogliere i frammenti nel Tutto. Solo tenendo presente l'Intenzione di Dio possiamo raccogliere i frammenti nel Tutto. Proiettare un'intenzione vuole dire determinare una finalità. Consacrare le cose a Dio. Noi siamo immortali. Proiettando una nostra intenzione stabiliamo un legame che non possiamo spezzare. Determinando una finalità, attribuiamo un significato.


 

25/Novembre/1984  Fossano.


Abbiamo visto l'importanza di queste parole di Gesù perché ci rivelano il criterio per restare nella Verità, il che vuole dire che se non abbiamo presenti queste parole, il nostro parlare diventa menzognero.

Il criterio è quello di non essere mai soli ma, di avere con noi Dio.

Solo se abbiamo presente Dio, noi abbiamo la possibilità di leggere rettamente nelle opere di Dio.

Abbiamo anche visto quale sia la funzione di questa lettura dei segni di Dio, cioè come i segni e tutte le opere che Dio ci presenta (creazione) siano sponsali della nostra unione con Dio, siano cioè mezzi per formare in noi la capacità di restare uniti a Dio.

Poiché non basta essere condotti alla Presenza di Dio, non basta trovare o sapere o credere che noi siamo abitazione di Dio e che Dio è presente in noi, che il Pensiero di Dio è presente in noi, perché noi veniamo a trovarci in una grande difficoltà.

Pur sapendo tutto questo, noi ci troviamo nella difficoltà di restare uniti a Dio.

Pur sapendo, pur credendo questo, noi esperimentiamo che tutte le cose ci portano via e impediscono a noi quest’unione con Dio che qui Gesù rivela, essere essenziale perché il giudizio sia vero.

Quando noi non siamo alla presenza di Dio noi, siamo da soli e l'uomo solo è una sorgente di menzogna.

L'uomo è menzognero.

La Verità, infatti, viene da Dio e solo da Dio.

Il che vuole dire che quando noi come creature non teniamo presente Dio, non abbiamo la possibilità di restare alla presenza di Dio, noi siamo una sorgente, una fonte di menzogna.

Abbiamo anche visto come i segni per essere sponsali, cioè per essere mezzi per formare in noi la capacità dell'unione con Dio, è essenziale che siano segni di Dio, non abbiano cioè ricevuto l'intenzione nostra.

Tutto ciò su cui noi proiettiamo la nostra intenzione,  non può più essere oggetto di offerta a Dio, non può più essere consacrato a Dio e quindi non può più formare in noi questa capacità di restare con Dio.

L'argomento di questa sera è proprio l'approfondimento di questo: tutto ciò su cui noi proiettiamo il pensiero del nostro io, lo sottraiamo all'offerta a Dio, alla consacrazione a Dio e ci impediamo quindi la formazione in noi della capacità di restare con Dio.

Essendo Parola di Dio, dobbiamo cercare anche qui di capire il significato, la portata di questa lezione che Dio ci fa esperimentare: perché tutto quello su cui noi proiettiamo il pensiero del nostro io, ci impedisce l'unione con Dio?

Sì è vero che noi possiamo a parole, con riti e promesse e voti offrire la nostra giornata a Dio ma, se in questa offerta c'è la nostra intenzione, tutto è fasullo: noi ci accorgiamo che tutte le nostre offerte sono macchiate dal pensiero del nostro io e se anche a parole o con voti o con riti noi, facciamo l'offerta a Dio, intimamente questo non ci aiuta a trovare l'unione con Dio, perché questo è macchiato.

Nulla di ciò che è macchiato, può entrare nel cielo di Dio.

Macchiato da che cosa?

Quello che macchia la nostra anima sono i nostri desideri, sono le nostre intenzioni, quello che macchia l'universo, macchia le cose, macchia i segni, macchia le parole sono le nostre intenzioni proiettate su di essi, è il pensiero del nostro io proiettato sui segni di Dio che macchia la nostra anima.

Nel cielo di Dio non può entrare nulla che non sia puro.

Qui come prima tappa abbiamo questa grande figura della Vergine.

La Vergine è lezione posta da Dio per noi, per insegnare a noi quali sono le condizioni per entrare nel cielo di Dio, è lezione per ognuno di noi per dire a noi che nulla che sia impuro, cioè macchiato dalle nostre intenzioni e dai nostri interessi, può entrare nel cielo di Dio.

E allora ci dobbiamo domandare che cosa è questo impedimento, questa forza che si frappone fra noi e Dio e ci impedisce l'unione con Dio.

Teniamo presente che tutto viene da Dio, poiché tutto è creazione di Dio e tutto è Parola e segno di Dio per noi, tutto quindi è dato a noi senza di noi, prima di noi e a noi non è data solo la creazione ma, è dato anche il Pensiero di Dio.

Noi ci troviamo così con questi due grandi dati, dati a noi senza di noi.

Abbiamo in noi il Pensiero di Dio e abbiamo con noi i segni di Dio, le Parole di Dio, le opere di Dio, ora tutti i segni di Dio, appunto perché sono segni sono frammenti, frammenti di un tutto.

Il tutto è in Dio e i frammenti sono quelli che giungono a noi con i sensi.

Il Tutto e i frammenti giungono a noi separati, giungono a noi senza di noi.

L'unione dei frammenti nel Tutto però non avviene in noi senza di noi.

Questa è l'opera che Gesù affida a ognuno di noi.

È proprio in questo raccogliere i frammenti nel Tutto che si forma in noi la capacità di restare uniti a Dio.

Dobbiamo anche tenere presente che noi non potremmo notare i frammenti come frammenti se, non avessimo già presente il Tutto.

Quindi già il fatto di sapere che, tutta la creazione, tutti i segni che Dio ci manda non li vediamo e non li capiamo nel loro significato (in quanto li vediamo nel Tutto che è Dio), già questa è una testimonianza che noi siamo già portatori in noi del tutto, cioè di Dio e se siamo portatori di Dio, in quanto abbiamo presente il Tutto, abbiamo la possibilità di raccogliere i frammenti nel Tutto.

Le tessere del mosaico possono essere raccolte nel mosaico, nell'unità del disegno, soltanto da colui che ha presente il disegno stesso, altrimenti non si fa altro che agitare i frammenti e non si riuscirà mai a ricostruire il disegno.

Il Tutto c’è dato, quindi il disegno c’è dato e i frammenti ci sono dati, quindi non è impossibile raccogliere i frammenti nel Tutto.

Però c'è una condizione e la condizione è questa: l'Intenzione di Dio, bisogna avere presente l'Intenzione di Dio.

L'Intenzione di Dio viene solo da Dio, l'intenzione di un essere viene solo da quell'essere lì e da nessun altro.

Noi in quanto siamo degli esseri consapevoli, siamo degli io e abbiamo la possibilità di generare, di proiettare le nostre intenzioni.

Un io è tale in quanto ha in sé la ragione di ciò che vuole, di ciò che dice, quindi ha un’intenzione.

Però l'intenzione è caratteristica di un essere e viene solo da quell'essere.

Soltanto tenendo presente l'Intenzione di Dio, noi abbiamo la possibilità di raccogliere i segni di Dio, i frammenti che Dio ci presenta, fintanto che sono frammenti.

Siccome si va verso il Tutto, viene un giorno in cui tutti questi frammenti si ricomporranno nell'unità di Dio ma, allora per noi sarà tardi.

Sarà tardi perché la capacità di restare uniti a Dio si forma soltanto e per quel tanto che in noi sono presenti i frammenti divisi dal Tutto.

Cioè in quanto a noi è data la possibilità di fare qualche cosa: di raccogliere nell'unità di Dio, ciò che ancora è diviso da Dio, prima che questo Tutto si presenti a noi, perché allora sarà troppo tardi.

Ecco l'opera dell'amore, l'opera della fede, quest’anticipo di tempi, questo raccogliere le cose che Dio ci presenta nella sua Intenzione.

Però qui corriamo un rischio, perché mentre abbiamo i frammenti, noi abbiamo la possibilità di proiettare su di essi la nostra intenzione, prima di avere raccolto le cose nell'Intenzione di Dio.

Cioè noi corriamo il rischio di proiettare il nostro tutto, un tutto diverso da Dio, sulle cose, sulla creazione e sulle creature che Dio ci presenta.

Proiettare un’intenzione vuole sempre dire determinare una finalità, quindi vuole dire considerare quella cosa, su cui noi abbiamo proiettato la nostra intenzione come oggetto della nostra vita, come dedizione nostra verso quel fine.

Qui sta il vero concetto di consacrazione e qui possiamo capire veramente cosa voglia dire consacrare a Dio.

Se considerare una cosa in un’intenzione, vuole dire stabilire un fine, una finalità, consacrare a Dio vuole dire guardare a Dio come fine nostro, cioè come oggetto che si presenta a noi per essere conosciuto.

Quindi il consacrare le cose a Dio, non avviene attraverso riti, parole, promesse ma, avviene in quanto noi, accogliendo quelle parole, quei segni che Dio ci presenta, li adoperiamo per cercare di conoscere Dio, qui allora noi consideriamo le cose nell'Intenzione di Dio, perché Dio opera tutto per farsi conoscere, per rivelare Se stesso, per generare in noi il suo Verbo, il suo Pensiero e noi restiamo quindi nell'Intenzione di Dio soltanto in quanto in tutto ciò che Dio ci presenta, cerchiamo ciò che Dio ci vuole fare conoscere di Sé in quelle cose.

Allora qui noi operiamo la consacrazione a Dio dei segni che Lui ci presenta. Facendo questo si forma in noi la capacità di restare alla presenza di Dio, la capacità dell'unione con Dio.

Ognuno di noi avrà la possibilità di restare unito a Dio, nella misura in cui avrà raccolto in Dio quello che Dio gli presentava.

Avrà raccolto, quindi avrà finalizzato, quindi avrà consacrato.

Ma tutto quello che invece noi non avremo considerato in quell'Intenzione, tutto quello diventerà per noi motivo di distrazione da Dio, quindi impossibilità per noi di restare uniti a Dio; per cui tutto quello su cui, noi avremo proiettato un’intenzione diversa da quella di Dio, non potrà più essere da noi consacrato a Dio.

Per capire questo guasto che si forma in noi quando noi proiettiamo le nostre intenzioni, dobbiamo tenere presente che il nostro io non è opera nostra, il nostro io è creatura di Dio, è creazione di Dio e tra il nostro io e Dio, tra la nostra anima e Dio non vi è interposta nessuna creatura.

Dio è presente a noi, Dio pensa noi e noi in questo rapporto con Dio siamo immortali.

Siamo immortali non perché possiamo illuderci noi, siamo immortali perché siamo voluti da Dio, pensati da Dio e ciò che è pensato da Dio è nell'eternità, perché Dio è fuori dal tempo.

Noi siamo pensati da Dio fuori dal tempo e quindi siamo immortali.

Il nostro io è immortale.

L'intenzione viene soltanto dall'essere e quando noi proiettiamo una nostra intenzione sui segni di Dio, noi stabiliamo un legame che non possiamo più annullare.

Fa strano che quello che è opera nostra, sfugga poi dopo a quella che è la volontà nostra, quello su cui noi abbiamo proiettato la nostra intenzione diventa più forte di noi, è un legame più forte di noi.

Noi potevamo non determinare questo legame ma, una volta determinato non lo possiamo più sciogliere, non è più in nostro potere scioglierlo.

Gesù dice: "Chi fa il male resta schiavo di esso, chi fa il peccato resta schiavo di esso", se è schiavo, vuole dire che non può più sottrarsi a esso.

La forza del legame è qui, perché noi abbiamo proiettato su un segno di Dio un’intenzione diversa da Dio che stabilisce un legame che è un legame Assoluto, perché era quel legame che doveva collegarci con Dio.

Il rapporto che doveva passare tra la nostra anima e Dio, noi l'abbiamo proiettato tra la nostra anima e la creatura o il segno di Dio.

È un legame di Verità che quindi ha un valore Assoluto e che noi non possiamo più sciogliere.

È la forza che ci tiene legati a ciò su cui noi abbiamo proiettato la nostra intenzione.

Siccome noi siamo fatti per l'Assoluto, siamo fatti per Dio, tutti i segni su cui noi proiettiamo la nostra intenzione, vogliamo che siano come Dio, che siano assoluti, eterni ma, questi sono segni di Dio, quindi relativi, i segni sono soggetti a mutamento, Dio solo è immutabile, essendo relativi, se noi stabiliamo con essi un rapporto eterno, noi pretendiamo di rendere eterno ciò che non è eterno e qui ci condanniamo.

Ci condanniamo proprio perché volendo rendere Assoluto quello che Assoluto non è, noi ci condanniamo a una morte che può diventare eterna.

Abbiamo detto che proiettando un’intenzione noi determiniamo una finalità, un fine.

Determinando una finalità, noi diamo un significato alle cose, perché il fine è quello che dà significato alle cose e noi esperimentiamo che nel modo più assoluto, noi non sopportiamo di essere privati del significato delle cose.

Una cosa senza significato non è più sopportabile anzi, anche la nostra stessa vita, senza significato non è più sopportabile da noi.

Ne deriva questo fatto che, proprio perché pretendiamo che ciò su cui noi abbiamo proiettato la nostra intenzione e che dà significato a noi, questo ci costringe a non sopportare chiunque tenda ad annullare, a cancellare il significato della nostra vita; noi siamo quindi portati a odiare chi annulla il significato della nostra vita, il significato di ciò per cui noi viviamo.

Possiamo capire come nell'inferno ci sia l'odio e come le creature passino all'odio: quando qualcosa o qualcuno ha annullato o cerca di annullare ciò per cui esse vivono e, ciò per cui viviamo è determinato dall'intenzione.

Se la nostra intenzione è quella di Dio, qui si stabilisce un legame eterno con Dio e quindi la capacità di restare sempre uniti a Dio e allora qui il significato della nostra vita è Dio stesso.

Qui non c'è nessuno che possa cancella Dio dalla nostra anima, dalla nostra vita, qui quindi non c'è nessuno che possa cancellare il significato alla nostra vita ma, se noi abbiamo proiettato una intenzione diversa da Dio sui segni, sulle creature, sulle cose di Dio, quello diventa per noi un peccato, perché il peccato sta nel mantenere separate da Dio le cose che sono di Dio e quello diventa per noi motivo di tormento da cui noi non possiamo separarci.

Se ci sia ancora una possibilità di rompere questo legame che noi abbiamo determinato e che ci condiziona e quale sia, lo vedremo poi.

Noi siccome siamo creature fatte per conoscere Dio, siamo condizionati da ciò a cui ci dedichiamo.

Il nostro io o meglio il nostro pensiero è fatto così, resta condizionato da ciò cui si dedica.

Noi non ci rendiamo conto ma quando noi pensiamo, il nostro stesso pensiero è condizionato da ciò cui noi ci dedichiamo.

E a seconda di ciò cui noi ci dedichiamo, noi condizioniamo prima il nostro pensiero e poi col pensiero condizioniamo il nostro corpo e la nostra vita.



E se io giudico, il mio giudizio è vero, perché io non sono solo, avendo con me il Padre che mi ha mandato.

Gv 8 Vs 16 Quarto tema.


Titolo: La terza caratteristica della luce.


Argomenti: Dio è nostro padre in quanto è motivante noi. Attraverso la consacrazione a Dio si forma in noi la capacità di restare con Dio. Il segno di Dio può ricevere la nostra intenzione. Il sigillo di Dio sui suoi segni. I segni non più consacrabili. Attrazione per Dio o per la creazione. Il bisogno d'Assoluto dell'uomo senza Dio è cieco. L'intenzione è infinita come la luce. L'intenzione di un essere cosciente si riflette su tutto. La fine del tempo. L'incapacità di vedere ciò che giova alla nostra anima.


 

2/Dicembre/1984  Fossano.


Abbiamo visto che per giudicare non bisogna essere soli, questa è la lezione fondamentale che Gesù vuole dare qui a noi, attraverso questa sua dichiarazione che è una rivelazione per ognuno di noi.

E noi siamo soli tutte le volte che non teniamo conto di Dio.

Qui Gesù dice per noi che il suo giudizio è vero in quanto ha presente il Padre.

Affinché il nostro giudizio sia vero noi dobbiamo non solo avere Dio presente ma dobbiamo avere Dio come Colui che ci manda, Colui che ci fa essere, Colui che ci fa pensare, Colui che ci fa parlare, Colui che ci fa vivere.

Cioè dobbiamo avere Dio come padre.

Dio è padre nostro in quanto è motivante noi.

Siccome noi siamo determinati sopratutto dal nostro pensare, Dio è il padre nostro in quanto è motivante il nostro pensiero, quindi in quanto è padre dei nostri pensieri.

Dal nostro pensiero poi ne deriverà il nostro parlare, poiché la bocca parla ciò che uno ha nel suo cuore, nel suo pensiero.

Ne deriveranno le nostre parole, ne deriveranno le nostre scelte della vita, ne deriverà la vita stessa.

Qui il problema essenziale è questo: come fare per restare con Dio?

Abbiamo visto la volta scorsa che Dio opera in noi per formare in noi la capacità di restare con Lui.

Siamo stati creati per conoscere Dio e per restare con Dio.

E abbiamo visto che la formazione in noi di questa capacità di restare con Dio, di restare in comunione con Dio (dalla comunione deriva la vita) ci viene offerta attraverso tutti i segni (parole) che Dio ci presenta in tutta la sua creazione, in tutto quello che Lui fa.

Tutta la creazione di Dio, tutte le opere di Dio sono segni, quindi sono Parole di Dio per noi.

Per noi ma per che cosa?

Dio fa tutte le cose, affinché noi abbiamo la possibilità di portarle a Lui, di consacrarle a Lui e proprio attraverso questa consacrazione, questo riportare a Dio tutto quello che viene da Dio che in noi si forma la capacità di restare uniti a Dio.

Per questa consacrazione, Dio ha dato a noi senza di noi il suo Pensiero, ha posto in noi il suo Pensiero e ha dato a noi la materia della consacrazione: i suoi segni.

Quindi noi abbiamo queste due cose: il Pensiero di Dio dentro di noi ed abbiamo il segno di Dio che arriva fuori di noi e tutte due le cose arrivano a noi senza di noi.

Però queste due cose non si uniscono senza di noi.

Le cose arrivano a noi senza di noi ma non si uniscono senza di noi.

La consacrazione a Dio non avviene senza di noi e questo ci rivela che Dio non ci costringe, cioè noi possiamo non consacrare le cose a Dio.

Noi possiamo non riportare le cose a Dio.

E non riportando le cose a Dio, noi perdiamo la capacità di restare con Dio.

Cioè perdiamo il tempo per formare in noi la capacità dell'unione con Dio.

Per cui saremo portati tutti alla presenza di Dio ma non tutti potremo restare alla presenza di Dio e non tutti potremo restare nello stesso modo alla presenza di Dio.

Perché la capacità di restare alla presenza di Dio non si forma senza di noi.

E in quanto diciamo che non si forma senza di noi, c'è già qui un annuncio che il fatto è essenzialmente personale.

Perché in quel "non senza di noi" si rivela una dedizione più grande o meno grande a seconda della capacità che noi abbiamo di dedicarci a Dio.

Questa è una prima conseguenza del fatto della consacrazione a Dio.

Quando questa consacrazione qui non avviene le cose non restano come prima.

Come non restano come prima in noi, quando noi riceviamo una proposta.

In quanto riceviamo una proposta, noi necessariamente una risposta la diamo.

Ed in quanto diamo una risposta, noi non siamo più come prima.

Prima di ricevere una proposta noi siamo innocenti, non siamo responsabili ma, dopo che questa proposta ci è arrivata noi ci siamo caricati di una responsabilità, sia dicendo si che dicendo no alla proposta; il che vuole dire che qui incomincia la nostra vita personale: sia con un si che con un no.

Noi incominciamo a vivere spiritualmente e personalmente con un si o con un no alla proposta di Dio.

Ne deriva che tutti quei segni che non vengono da noi riportati a Dio, quindi consacrati a Dio ricevono un no e il no è  l'intenzione nostra, perché il si è di Dio.

Infatti Dio presenta a noi le sue parole, i suoi segni con un sigillo particolare ed il sigillo è questo: "La creazione è mia, tutte le cose sono mie, il Creatore sono io, non sei tu uomo".

Se si presentano con questo sigillo, tutte le cose invocano da noi un atto di giustizia.

Tutte le cose arrivando a noi ci dicono: "Noi siamo di Dio, non siamo tue e se noi siamo di Dio riportaci a Dio", il che vuole dire che se noi non le portiamo a Dio, l'atto è essenzialmente nostro, perché è un rifiuto di giustizia verso Dio.

E quindi qui abbiamo una espressione di una nostra intenzione.

Le cose che noi non riportiamo a Dio, restano segnate da una nostra intenzione.

E tutte le cose che restano segnate da una nostra intenzione non sono più consacrabili a Dio, noi non possiamo più riportarle a Dio, non sono più oggetto di offerta a Dio.

Perché si può offrire a Dio soltanto quello che è di Dio ma quello che ha ricevuto la proiezione, il segno della nostra intenzione, quello viene fatto da noi profano e la cosa profana non può più essere portata a Dio.

Quello che però non possiamo più portare a Dio, lascia in noi questa grande traccia: ci fa perdere la capacità dell'unione con Dio.

Per cui tutto quello che noi non avremo portato a Dio, ci indebolirà e ci indebolirà fino al punto da renderci incapaci di restare alla presenza di Dio.

E non potendo restare con Dio ne deriva che noi restiamo in balia dei nostri errori, noi perdiamo cioè la capacità di leggere correttamente e di giudicare secondo il vero.

Ma questa sera dobbiamo considerare un altro effetto di questo riportare a Dio.

Tutto quello che noi portiamo a Dio, crea in noi attrazione per Dio e tutto quello che non portiamo a Dio, siccome lo rivestiamo della nostra intenzione crea in noi attrazione per ciò che noi non abbiamo portato a Dio.

Si scatenano in noi queste due forze d'amore: attrazione per Dio, se noi abbiamo fatto l'atto di giustizia o attrazione per la creazione e le creature se noi abbiamo proietto su di esse la nostra intenzione.

Questo consacrare tutte le cose a Dio, ci rende sempre di più attraenti l'amore per conoscere Dio e il desiderio di restare con Dio.

E questa diventa una forza di grande liberazione, perché essendo ormai attratti da Dio noi abbiamo con noi un criterio di giudizio meraviglioso: di fronte a tutte le occasioni di liberazione a tutto ciò che ci fa sprecare la vita vanamente dietro cose che non servono per la vita eterna, che non servono per conoscere Dio, noi abbiamo la possibilità di liberarci, perché abbiamo la possibilità di vedere quello che più vale per noi.

Ma per vedere questo noi dobbiamo essere attratti da Dio e per essere attratti da Dio dobbiamo avere incominciato  a fare questa opera di consacrazione.

Se invece noi restiamo attratti da una intenzione diversa, noi incominciamo ad essere accecati, incominciamo a perdere le occasioni per essere liberati dalle cose che ci tengono schiavi, incominciamo a non avere più tempo per Dio.

Abbiamo accennato alla natura di questo legame che ci lega alle cose e che nasce appunto dall'intenzione.

Tutti noi abbiamo fatto esperienza di poveri e di malati e Gesù dice proprio che i nostri rapporti con Lui sono determinati da come noi ci comportiamo verso queste persone, perché Gesù dice: "Io ero malato, Io ero povero, Io ero solo", cioè è Dio che si abbassa per provocare in noi questo superamento del pensiero del nostro io che è sorgente di tutte le intenzioni, per aprirci a questo rapporto, a questa attrazione per Dio.

Quando si incontra un povero, si incontra uno che ha bisogno di qualcosa e qui abbiamo questa situazione in cui c'è il segno del nostro rapporto tra la nostra anima e Dio.

Perché abbiamo un povero e ci siamo noi che abbiamo qualcosa da dare a lui e fintanto che non avviene il trasferimento di quello che abbiamo noi all'altro, il povero resta povero e noi restiamo con la nostra ricchezza.

Però non possiamo ignorare che il povero ha bisogno di qualche cosa da noi, succede che se noi doniamo qualche cosa al povero, nasce un qualche cosa di nuovo, non c'è soltanto il trasferimento di un bene da noi al povero, nasce un legame che è un legame d'amore e che è determinato da qualcosa di comune che lega noi all'altro.

È segno di quello che avviene tra noi e Dio, Dio si presenta a noi come uno che chiede a noi qualche cosa, se noi non diamo cioè non consacriamo, non portiamo a Dio, Lui resta Dio e noi restiamo quello che siamo, il povero resta povero ma l'amore non è nato, se noi doniamo invece nasce l'amore, cioè nasce questa forza di attrazione.

Abbiamo visto che questa forza di attrazione è superiore a noi stessi, tant'è vero che sia in un caso che nell'altro non possiamo più cancellarla.

Quando noi abbiamo proiettato il nostro pensiero, la nostra intenzione sulle creature, noi non possiamo mica più cancellarla, non possiamo più superarci, per cui resta confermato quello che dice Gesù: "Chi fa il male resta schiavo di esso".

Se uno è schiavo non è più libero.

Per cui le intenzioni che noi proiettiamo sulla creazione, noi non possiamo più cancellarle.

Noi facciamo un azione libera la prima volta e poi non siamo più liberi di non farla la seconda volta, perché qui abbiamo detto che si è creato un legame di verità, quello stesso legame che si crea quando noi consacriamo le cose a Dio.

Dobbiamo tenere presente che l'intenzione è un effetto dell'essere e deriva soltanto da ciò che un essere è: l'Intenzione di Dio è caratteristica di Dio, l'intenzione nostra è anche caratteristica nostra.

E quale è la caratteristica nostra?

Noi siamo costituiti da due fattori essenziali: la presenza di Dio in noi e la fame di Assoluto.

La fame di Assoluto è un effetto della presenza di Dio.

Sia la presenza di Dio che la fame di Assoluto, sono in noi senza di noi, quindi sono creazione di Dio, noi non possiamo annullarle perché Dio è superiore a noi.

Queste due cose vanno tenute unite come tutte le cose di Dio però non si mantengono unite senza di noi, noi possiamo quindi tenerle disunite.

Se noi le teniamo disunite cosa succede?

Succede che la nostra intenzione è solo una proiezione del nostro bisogno di Assoluto ma, il nostro bisogno di Assoluto senza Dio è cieco, perché Dio è la luce e la nostra fame di Assoluto si illumina solo in quanto è unita a  Dio ma se noi non la uniamo a Dio, la nostra fame è cieca e allora succede che noi proiettiamo il nostro bisogno di Assoluto su tutte le cose che incontriamo e vogliamo che siano assolute, cioè vogliamo che siano come Dio.

Ed è lì che ci carichiamo di schiavitù e di catene, perché le creature non possono essere come Dio

Qui è facile capire come l'intenzione sia significata dalla luce.

L'argomento di stasera è questo: la terza caratteristica della luce.

La luce è infinita e cioè la luce non finisce.

Anche come segno la luce riesce ad attraversare miliardi di anni e non si estingue, questo è segno dell'intenzione, perché là dove c'è l'unità, dove c'è l'essere cosciente e l'essere cosciente è uno, lì c'è l'infinito.

Il che vuole dire che questa intenzione infinita giunge dappertutto.

Anche le nostre intenzioni sono infinite; siccome noi siamo uno, abbiamo il pensiero del nostro io, noi portiamo con noi questa intenzione che ha la possibilità di riflettersi su tutto.

Per cui se noi non raccogliamo in Dio, l'intenzione che noi proiettiamo sulle cose a un certo momento invade tutto e tutti, tutta la creazione di Dio e anche Dio stesso.

Tutto ciò su cui proiettiamo la nostra intenzione non è più consacrabile a Dio e se la nostra intenzione ha questo potere di invadere tutto come la luce, può arrivare dappertutto, perché non c'è niente che la possa estinguere, succede che la nostra intenzione può macchiare tutto e tutti.

Ma macchiando tutto, ci priva in senso totale del tempo per Dio, noi non abbiamo più alcuna possibilità di raccoglierci in Dio, di pensare Dio, di restare uniti a Dio

Il tempo qui per noi finisce, resta l'eternità.

E la fine del tempo è determinata proprio dalla fine di tutti i segni che Dio ci manda e che noi abbiamo rivestito del pensiero del nostro io.

Qui non abbiamo più nessuna possibilità di formare in noi la capacità di restare uniti a Dio.

Ecco per cui dico che è molto necessario che noi cerchiamo Dio e che noi raccogliamo e riportiamo le cose a Dio, prima che la nostra intenzione macchi di sé tutti i segni di Dio, tutte le opere di Dio, perché certamente la nostra intenzione arriva a questo punto.

Il pensiero di noi stessi arriva a questo punto, arriva a macchiare tutto e tutti, per cui non troviamo più nulla da potere offrire a Dio.

La seconda conseguenza è questa: la cecità.

A questo punto noi non possiamo più vedere quello che veramente vale per noi.

Siamo talmente dominati dalla nostra intenzione che noi non siamo più in grado di vedere ciò che giova per la nostra pace ed è quello che Gesù dice a Gerusalemme: "Gerusalemme, Gerusalemme, se tu sapessi quello che giova per la tua pace, se tu sapessi ma, ciò adesso è chiuso ai tuoi occhi, tu non puoi più vederlo".

Noi siamo questa Gerusalemme, perché Gerusalemme rappresenta la nostra anima, noi possiamo arrivare a questo punto, a non potere più vedere ciò che giova per la nostra pace.



E se io giudico, il mio giudizio è vero, perché io non sono solo, avendo con me il Padre che mi ha mandato.

Gv 8 Vs 16 Quinto tema.


Titolo: Cristo ci offre la liberazione dalla schiavitù del pensiero del nostro io.


Argomenti: La fine delle ostie e la fine del tempo. Tutto dipende dall'intenzione che seminiamo nella nostra vita. Noi seminiamo un'intenzione dedicando il nostro pensiero. Legami stabili e legami instabili. Noi diventiamo dipendenti da ciò che abbiamo fatto oggetto della nostra intenzione. Il legame stabile assorbe il legame instabile.

Solo dimenticandoci possiamo spezzare il legame forte con ciò che non è Dio. Cristo che muore in croce ci dà la possibilità di liberarci.


 

9/Dicembre/1984  Fossano.


Stiamo andando verso la consumazione di tutte le cose in un’unica intenzione e può essere l'Intenzione di Dio o l'intenzione del nostro io.

Questa consumazione avviene attraverso la consacrazione di tutte le cose a un’intenzione.

Cristo è segno di Dio che ci viene offerto, affinché noi consacrandolo a Lui, cercando in Lui la sua intenzione, siamo resi capaci di potere formare in noi la capacità di restare alla presenza di Dio, quando la presenza di Dio si manifesterà in modo chiaro e manifesto e noi stiamo andando verso questa grande rivelazione della Verità di Dio presente in tutto ed in tutti ed è logico poiché essendo tutto opera di Dio, è lapalissiano che tutto converga verso questo punto finale: il Pensiero di Dio.

Però abbiamo anche visto che tutte le cose che arrivano a noi, anziché essere rivestite dell'Intenzione di Dio, possono essere rivestite dell'intenzione nostra.

Il rivestire i segni di Dio di una nostra intenzione, deriva dal fatto che la consacrazione a Dio in noi non è avvenuta, c'è stata un’omissione di consacrazione.

Abbiamo anche visto che tutti i segni che ricevono la nostra intenzione, non possono più essere oggetto di consacrazione a Dio, quindi non possono più essere per noi, mezzo per la formazione in noi della capacità di restare alla presenza di Dio, di potere restare uniti a Dio e quindi di potere leggere le opere di Dio.

Se tutto, in un modo o nell'altro riceve un’intenzione, noi stiamo andando verso questo tempo in cui c'è la consumazione di tutte le cose che è poi la fine delle ostie per il sacrificio a Dio.

Stiamo andando verso la fine della materia da consacrare.

Tutto riceve un’intenzione e come riceve una intenzione termina il tempo.

Quindi abbiamo queste due grandi conclusioni: la fine delle ostie e la fine del tempo.

Teniamo presente che tutto questo avviene nella vita di ognuno di noi, personalmente e avviene prima che la nostra vita passi.

Perché noi giorno dopo giorno, su tutti i segni che Dio ci presenta, noi applichiamo un’intenzione: o li facciamo oggetto per cercare l'Intenzione di Dio e allora compiamo questa consacrazione dei segni che Dio ci presente come materia per questa consacrazione a Dio per giungere all'Intenzione di Dio, oppure possiamo applicare ai segni di Dio la nostra intenzione e allora anche qui termina la materia per fare i sacrifici a Dio.

Ma c'è anche la fine del tempo, questa fine del tempo è fine della nostra disponibilità per fare sacrifici a Dio, cioè finisce il tempo in noi per essere disponibili per pensare a Dio.

Dobbiamo quindi essere molto attenti all'intenzione che noi seminiamo nella nostra vita, tutto dipende da questa semina dell'intenzione.

C'è un brano del Vangelo di San Marco in cui Gesù paragona il Regno di Dio a uno che semina un seme nella sua terra e dice: "Quando ha seminato la terra, sviluppa il seme, lo fa crescere e lo fa giungere il frutto, sia che l'uomo vegli, sia che l'uomo dorma".

Ci fa capire che tutto dipende da questa intenzione che abbiamo seminato, perché una volta che noi abbiamo seminato un’intenzione nella nostra vita, questa viene presa dal terreno stesso e questo terreno porta a compimento questo seme che noi abbiamo posto in esso.

Come noi seminiamo?

Noi seminiamo un’intenzione dedicando il nostro pensiero a-, e una volta avvenuta la semina il seguito sfugge al nostro potere.

L'intenzione, una volta che è seminata, tende a determinare tutto di noi: ci fa fare delle scelte, ci fa trovare in determinati luoghi e interessi, è tutto uno sviluppo e uno sviluppo che sfugge alla nostra capacità di controllo, di determinazione.

Gesù dice che la terra è fatta così, sia che tu dorma sia che tu vegli, una volta che tu hai seminato in essa una intenzione, tutto l'universo e tutte le forze che ci sono nella tua vita, sono orientate oramai verso lo sviluppo di questa intenzione che tu hai seminato e ti porteranno dunque a certe conseguenze.

Questo è quello che avviene nella vita di ognuno di noi, per cui si scatena in noi una forza che è superiore a noi e gli avvenimenti stessi ci dominano.

Per cui quando noi vorremmo dedicarci o renderci disponibili per altro, ci accorgiamo che non è più possibile a noi questo.

Questa è una forza che determina tutto di noi, è un legame che noi non possiamo più spezzare.

Qui abbiamo una forza, un legame che diventa per noi un legame stabile.

Due sono i legami che noi possiamo avere nella nostra vita: stabili e instabili.

Il legame è stabile quando ciò che è in noi, corrisponde a ciò che è nell'altro.

Portandoci in Dio, il legame è stabile soltanto se quello che è in noi, corrisponde a quello che è in Dio ma, fintanto che quello che è in noi, è differente, è diverso da quello che è in Dio, il nostro legame con Dio è instabile.

Quello che determina il legame stabile è questa intenzione, cioè quello che noi abbiamo messo al di sopra di tutto nella nostra vita.

Questa determina un legame stabile perché determina un rapporto di dipendenza, un rapporto di verità, un rapporto di causa-effetto, per cui noi diventiamo dipendenti da ciò che noi abbiamo fatto oggetto della nostra intenzione.

Qui in noi c'è la stessa cosa che è nell'oggetto che noi abbiamo fatto nostra intenzione e questa identità rende noi dipendenti, con un rapporto di verità, per cui noi personalmente abbiamo bisogno di quella cosa per vivere e non possiamo sfuggire a questo legame.

Mentre abbiamo questa intenzione dominante, possiamo anche avere un rapporto con Dio, possiamo cercare Dio, pensare Dio, però è un legame instabile, perché ciò che è in noi come elemento dominante non è la stessa cosa di ciò che è in Dio.

Quando in noi ci sono un legame instabile e un legame stabile, l'elemento predominante è determinato dal legame stabile ed è questo che tende ad assorbire tutto di noi.

Certamente arriverà un giorno in cui questo legame forte ci sottrarrà ogni disponibilità, di mente, di pensiero, di tempo per occuparci di Dio e quindi ci renderà incapaci a restare con Dio.

Il problema è se c'è una possibilità di rompere questo legame forte con altro da Dio?

Se andiamo a fondo, l'anima di questo legame è il pensiero del nostro io.

È nel pensiero del nostro io che noi diciamo: "Io senza questo non posso vivere", per cui creiamo in noi questo rapporto di causa-effetto che per noi non può essere rotto.

L'anima di questo legame, della forza di questo legame è il pensiero del nostro io.

Soltanto se noi abbiamo la possibilità di dimenticarci, di superarci possiamo rompere questo legame.

Ma teniamo presente che noi assolutamente non abbiamo la possibilità di dimenticarci e non abbiamo la possibilità di dimenticarci perché il nostro io è una creatura di Dio, non è opera nostra e se è una creatura di Dio, creatura di un essere superiore a noi, noi non la possiamo cancellare e quindi non possiamo dimenticarci e non potendo dimenticarci, non possiamo rompere questo legame.

L'uscita di sicurezza ci è data soltanto da Dio che prende su di Sé questo legame, che prende su di Sé la nostra colpa e ce la evidenzia e ci fa capire quale è l'anima del male che portiamo addosso e che determina la forza di questo legame.

E solo con Cristo e in Cristo che muore in croce per noi, che è data a noi la possibilità di rompere questo legame qui, perché è data a noi la possibilità di superare il pensiero del nostro io, il nostro io non può essere cancellato, però può essere assorbito in un essere superiore.

Però se il nostro io è dipendente da altro, può essere assorbito da un essere superiore, soltanto se questo essere superiore, prende su di Sé tutto quel carico che ci portiamo addosso.

Fintanto che noi ce lo portiamo addosso, noi portiamo su di noi un rapporto di causa-effetto, noi siamo effetto di ciò di cui noi siamo schiavi  e quindi noi ci giustifichiamo magari dicendo che questa è volontà di Dio, perché è Dio che ci ha messi in questo ambiente, ci ha messi in questo luogo e creato queste dipendenze.

Noi con queste giustificazioni non possiamo assolutamente rompere il nostro legame, soltanto se questo essere superiore prende su di Sé il nostro legame, può offrire a noi la possibilità di capire che il pensiero del nostro io è il principio da cui vengono determinate tutte le nostre schiavitù, è il principio del nostro male.

Qui abbiamo la possibilità di superare il pensiero del nostro io, di dimenticarci e di vivere per Dio.

Soltanto in quanto noi "approfittiamo" dell'offerta che troviamo in Cristo per superare il pensiero di noi stessi, abbiamo la possibilità di rompere questo legame.

A questo punto il legame resta rotto, non è detto che noi non ricadiamo.

Se non approfittiamo di quest’occasione che Cristo ci dà, facendoci capire che il pensare a noi stessi è principio di male, se noi adesso non dimentichiamo noi stessi e non ci impegniamo a pensare a Dio, noi perdiamo quest’occasione, che è l'unica occasione per uscire dalla schiavitù del pensiero del nostro io.



E se io giudico, il mio giudizio è vero, perché io non sono solo, avendo con me il Padre che mi ha mandato.

Gv 8 Vs 16 Riassunti


Riassunti


Argomenti: La città di Satana e la città di Dio – La venuta del Regno di Dio – L’inferno è personale – Consumazione nell’unità – Seminare l’intenzione dedicandoci – La selezione d’interessi – Cristo ci libera prendendo su di Sè il nostro peccato – Il silenzio di Dio – La liberazione dal peccato – Il lavoro personale – La dimensione interiore – Il desiderio di capire – La nascita di Gesù a Natale – La verginità di Maria – Porre mente alla parola di Dio -


        

16/Dicembre/1984  Fossano.