Molti della folla
invece credettero in lui, e dicevano: «Il Cristo, quando verrà, potrà fare
segni più grandi di quelli che ha fatto costui?». Gv 7 Vs 31 Primo tema.
Titolo: L’illusione di credere
Argomenti: Il rivelarsi della
Verità di Dio – L’opera di Dio per formare in noi la capacità di accogliere la
sua Verità – L’anticipo di conoscenza di Cristo – Lo scopo del parlare di
Cristo – Il parlare e il fare di Cristo – L’interesse per i miracoli e non per
le parole di Gesù – La fede di Pietro – L’interesse per conoscere Dio –
L’utilità della conoscenza di Dio – Valori oggettivi e soggettivi –
L’intelligenza di Dio – Compromesso fra i valori del mondo e di Dio – Il
criterio del vero amore – Il miracolo segue la Parola – La fede – Conflitto
Parola e miracolo -
21/ Novembre/1982
Abbiamo visto come tutte le opere di Dio si
concludano nell’ora di Dio e come quest’ora giunge comunque, indipendentemente
da noi, poiché Dio non dipende da noi e quindi la sua Verità si rivelerà
indipendentemente da noi.
Il rivelarsi della Verità che è la
conclusione di tutta l’opera di Dio, di tutta la creazione di Dio, richiede da
parte della creatura, una certa capacità d’accoglienza, una capacità di
sopportazione.
In caso contrario la creatura non è in
grado di poterla accogliere, di poterla riconoscere, di poterla sopportare.
Ne deriva che l’ora di Dio, può essere un
momento di crisi per l’uomo, può mettere in crisi l’uomo.
Allora, prima che quest’ora giunga, abbiamo
tutta l’opera di Dio che tende a preparare nell’animo dell’uomo la capacità di
potere accogliere la rivelazione della sua Verità, della sua presenza, del suo
volto.
E abbiamo visto come tutta quest’opera che
Dio fa, per preparare la nostra anima ad accogliere la sua Verità, si conclude
in Cristo.
Cristo è la sintesi di tutta l’opera
creatrice di Dio (da Adamo alla croce) per formare nell’uomo la capacità di
accogliere la rivelazione della sua Verità.
Quindi Cristo viene nella nostra vita,
sulla stessa linea del nostro destino.
Cristo viene per portare a compimento il
nostro destino.
Il nostro destino è Dio, è la conoscenza di
Dio, Cristo venendo per formare in noi l’accoglienza della Verità di Dio, è
sulla stessa linea del nostro destino.
Quindi Cristo viene per parlare a noi di
Dio.
Viene per formare in noi la capacità.
Abbiamo visto che questa capacità è un
anticipo di conoscenza.
Noi saremo capaci di conoscere Dio, di
sopportare la Verità di Dio, nella misura in cui l’avremo conosciuto in
anticipo.
Se la conoscenza anticipata è formatrice della
capacità di sopportazione della Verità stessa di Dio, ecco che tutta l’opera
del Cristo, è questo parlare in anticipo a noi della Verità di Dio.
Di quello che Dio è.
Ed abbiamo visto che in queste ultime
parole, Gesù ha rivelato la via per conoscere il Padre e anche la via nella
permanenza nel Padre.
Cosa è successo di fronte a questo parlare
del Cristo?
È successo che alcuni cercano di prenderlo,
però non possono, perché la sua ora non era ancora giunta, quindi questi alcuni
devono verificare la loro impotenza a capire Gesù, a possedere Gesù.
Altri credono in Lui.
Ma credono in Lui per i miracoli che fa.
Non credono in Lui perché è Cristo.
Infatti dicono:”Il Cristo quando verrà,
farà più miracoli?”.
Quindi non si pongono il problema se Lui
sia il Cristo.
Credono per i miracoli che fa.
Avremo anche una terza categoria di persone
che invece manderanno altri a prenderlo.
Questa sera dobbiamo fermarci sulla seconda
categoria di queste persone.
Di coloro che credono in Lui.
Ma qui è molto interessante osservare il
motivo per cui credono.
E dobbiamo chiederci quale significato e
quale lezione per la nostra vita personale, Dio ha voluto dare a noi.
Perché ogni scena del Vangelo è una lezione
personale di vita per la nostra anima, è una lezione di vita eterna, da parte
di Dio per noi.
E allora dobbiamo chiederci perché Dio ci
ha presentato un gruppo di persone che cercano di prenderlo e costatano
l’impotenza a prenderlo.
Perché presenta un altro gruppo di gente
che crede in Lui per i miracoli che fa.
E perché presenta un gruppo di gente che
manderà altri a prenderlo.
Le Parole di Dio, in quanto Dio le fa
giungere a noi, evidentemente vanno capite.
E vanno capite non secondo i nostri schemi
umani, non secondo i nostri sentimenti, non secondo le nostre intenzioni ma
vanno capite secondo l’intenzione do Dio.
E l’intenzione di Dio, è sempre quella di
rivelare la sua Verità.
Quindi vanno capite in questo rapporto tra
la nostra anima e la meta per la quale Dio opera tutto: la rivelazione della
sua Verità.
Quindi anche queste parole qui, in cui si
parla di gente che crede per i miracoli che fa Gesù, devono essere viste in
questo fine, devono essere capite in questa intenzione.
Evidentemente se ce le presenta, ce le
presenta perché in esse è significata una tappa del nostro cammino verso Dio,
oppure per evitare a noi un errore su questo cammino verso Dio.
Abbiamo detto che tutte le Parole che dice
Cristo sono per formare in noi la capacità di conoscere il Padre, Lui viene a
noi a parlarci del Padre, è questa la sua passione, il suo scopo, il suo amore
principale.
All’ultimo Lui dirà al Padre: “Ho
glorificato il tuo Nome”.
Gesù in tutte le cose glorifica il Padre.
Lo glorifica per noi.
Per aprire noi alla capacità di poter conoscere,
di potere vedere la Verità di Dio in noi stessi.
Questo è lo scopo di tutto il parlare del
Cristo.
Lo scopo di Cristo non è quello di fare
miracoli.
Cosa succede invece nell’animo umano,
quando l’uomo anziché guardare alle parole del Cristo, anziché cercare di
capire le parole di Cristo si lascia attrarre di più, dai miracoli che fa.
Evidentemente nei miracoli c’è qualche cosa
di utile per noi.
Direi che non siamo attratti dalle sue
parole, dai suoi argomenti, dai suoi pensieri, siamo attratti da ciò che fa.
Per noi vale molto di più quello che Cristo
fa, rispetto a quello che Cristo dice.
E Gesù rimprovera questo atteggiamento
dell’uomo.
Quando lo cercano dopo la moltiplicazione
dei pani Lui dice: “Voi mi cercate non perché avete visto i segni (parole) ma
perché avete mangiato di quel pane”.
Ecco, noi possiamo illuderci di credere in
Cristo, di seguirlo e invece noi guardiamo soltanto alla nostra utilità.
Allora interessa poco a noi capire quello
che Lui è, di capire se Lui è veramente il Cristo, di capire se Lui è Figlio di
Dio, a noi interessano poco i suoi argomenti, le sue parole.
A noi interessa molto quello che Lui può
fare per noi.
E se Lui ha dei poteri miracolosi, questi
ci interessano molto.
Allora noi ci rivolgiamo a Lui, per
ottenere da Lui, qualche cosa per noi.
Nel pensiero del nostro io, nei nostri
interessi.
Ma a noi preoccupa poco, quello che sta a
cuore a Lui.
Cioè, a fondo non c’è amore per Dio.
Non c’è amore per Lui ma c’è amore per noi
stessi.
E vedendo che Lui può fare certe cose, noi
ci rivolgiamo a Lui per ottenere da Lui queste cose ma non altro.
Questi molti tra la folla che credettero in
Lui e che dicevano: “Quando verrà il Messia farà forse più miracoli di Gesù?”,
costoro non avevano amore per Dio.
Perché rivelano nettamente di ignorare i
suoi argomenti.
Loro hanno occhi soltanto per i miracoli
che Egli fa.
Ora, notiamo il contrasto che c’è tra
costoro e quanto Pietro risponde a Gesù
che chiede: “Volete andarvene anche voi?”.
Pietro non risponde: “Da chi andremo noi,
tu solo fai questi miracoli”.
Pietro a nome di tutti risponde: “Da chi
andremo noi, Tu solo hai parole di vita eterna”.
Ecco la grande diversità.
Ecco l’importanza delle parole del Cristo.
A Pietro e agli apostoli, quello che stava
veramente a cuore, non erano i miracoli che Gesù faceva, ma era ciò di cui Gesù
parlava.
Erano le sue parole.
Era il parlare di Dio: “Tu solo hai parole
di vita eterna”.
La vita eterna è conoscere Dio come vero
Dio.
Quindi : “Tu solo ci parli di Dio, non troviamo
nessun altro che parli a noi di Dio come parli Tu”.
Questo cosa rivela?
Rivela che in Pietro e negli apostoli c’era
amore per conoscere Dio.
C’era interesse per conoscere Dio.
In costoro invece che credono in Lui per i
miracoli che fa, non c’era amore per conoscere Dio, c’era interesse per i
miracoli che faceva.
Qui siamo sotto l’aspetto della praticità,
dell’aspetto interessato del pensiero del proprio io.
C’era amore per l’io.
Era buono.
Questa scena che il Signore ci presenta,
evidentemente ce la presenta per la nostra anima.
Perché sul cammino della Verità di Dio, noi
possiamo illuderci di essere seguaci di Cristo, di essere cristiani, di essere
con Lui, di essere giusti e invece tutta la nostra fede è soltanto fondata su
qualcosa di utile per noi.
Cioè in fondo, non c’è in noi amore per
Dio.
Ma questo ci rivela anche una grande cosa,
che quando c’è in noi amore per Dio, c’è l’interesse principale per conoscere
Dio.
Quindi l’interesse principale non è per i
miracoli che Cristo può fare, ma l’interesse principale è capire i suoi
argomenti, per capire le sue parole.
Quando c’è amore per Dio, c’è interesse per
conoscere Dio.
È su questo metro che si rivela la vera
fede in Dio, che si rivela se noi abbiamo messo Dio al centro della nostra
vita, oppure se al centro abbiamo messo il pensiero del nostro io.
Il criterio di validità della conoscenza di
Dio, non viene dal pensiero del nostro io, quindi non c’è il principio di
utilità, ma c’è adesione alla Verità.
Il criterio della validità della conoscenza
di Dio, deriva soltanto dalla Giustizia, dal rispetto per la Verità.
Cioè deriva dalla Verità stessa.
Non deriva dal pensiero del nostro io.
Se noi siamo nel pensiero del nostro io, la
proiezione dell’utilità, assume altri aspetti diversi dalla conoscenza di Dio.
Il pensiero dell’io c’impedisce di vedere
l’importanza della conoscenza di Dio.
Bisogna partire dal Dio Creatore, ma se noi
partiamo dal pensiero del nostro io, tutte le categorie di utilità che ne
derivano, sono diverse dalla conoscenza di Dio.
Per cui la conoscenza di Dio diventa una
cosa astratta, una cosa che interessa poco.
Il pensiero dell’io proietta la sua ombra
di utilità su altri campi, per cui noi non possiamo percepire come, il
conoscere Dio per noi sia utile.
L’utilità della conoscenza di Dio è un
effetto di avere fatto la Giustizia verso Dio, deriva da essa.
Solo se uno ha messo il Pensiero di Dio al
di sopra dell’io, può percepire l’utilità della conoscenza di Dio.
In caso diverso i giudizi di utilità e di
valori vengono sfasati.
La sete di Dio è già una conseguenza dei
valori.
La sete è desiderio è passione.
Noi non possiamo desiderare appassionarci
per una cosa che per noi è inutile, non ha valore.
Quando partiamo dal pensiero del nostro io,
la conoscenza di Dio per noi è inutile.
È un sovvrappiù, è un optional, un lusso
per far salotto, ma non ne vediamo l’importanza, per la nostra vita pratica.
Noi restiamo presi da ciò che veramente
vale e non ci accorgiamo che noi siamo giocati dalle proiezioni del pensiero
del nostro io.
Per cui una cosa è molto importante per
noi, non in quanto sia oggettivamente importante, ma in quanto è importante per
il nostro io.
È la chiusura proprio dell’io.
L’io è convinto di fare il proprio bene, di
fare la propria utilità, della validità dei suoi argomenti eppure è tutta una
sfasatura.
Il nostro io, credendo di essere nel vero,
ci chiude alla capacità di aprirci a valori diversi da quelli che l’io
soggettivamente ritiene importanti.
Ce lo rende impossibile.
Soltanto in quanto uno lascia a Dio lo
spazio dovuto a Lui e quindi comincia a dedurre da Lui, ha la possibilità di
vedere i valori veri e quindi poi dopo a cominciare di desiderare con la sua
anima il vero bene.
In caso contrario non può mica.
Noi da soli non vediamo la Verità.
L’io da solo è menzognero.
Noi per vedere la Verità abbiamo bisogno di
Dio.
Solo con la luce vediamo la luce, solo con
Dio vediamo Dio.
Cioè la Verità viene dalla Verità, la Vita
viene dalla Vita e la Luce viene dalla Luce.
Non è una generazione nostra.
Si richiede sempre l’associazione delle
nostra anima con Dio.
Quindi non ragionare mai da te solo.
Non guardare, non pensare, non giudicare da
te solo.
Tieni sempre presente Dio.
E cerca di vedere le cose secondo Dio.
Lì l’anima nostra ha la capacità di vedere
le cose secondo lo Spirito di Dio, quindi di vedere bene.
Dio ha dato a noi il pensiero, proprio per
pensare Lui.
Il pensiero Dio ce lo ha dato, non perché
pensassimo alle cose del mondo.
Dio ha dato a noi il pensiero, per pensare
Lui.
In modo da potere guardare dal suo punto di
vista.
E col pensiero noi abbiamo questa
possibilità.
Il nostro pensiero è fatto per elevarsi
alla divinità, per elevarsi all’assoluto.
Questo però non avviene automaticamente.
Si richiede la nostra partecipazione
personale.
Se noi eleviamo il nostro pensiero a Dio
per guardare da Dio, allora noi abbiamo la possibilità di vedere bene.
E vedendole bene scopriamo i valori e
scoprendo i valori, abbiamo adesso la possibilità di volerli.
Perché la nostra volontà per volere, ha
bisogno di essere convinta dall’intelligenza di una validità di un valore.
La nostra volontà non può volere una cosa
che vede non importante.
Il valore è sempre a monte della volontà.
Però il valore può essere da noi falsato,
per cui possiamo ritenere tutto ciò che è niente e niente ciò che è tutto.
Gesù dice: “Quello che è abominevole agli
occhi degli uomini è grande presso Dio, quello che invece è importantissimo per
gli uomini, è niente presso Dio”.
Abbiamo questo capovolgimento.
Per farci capire che noi da soli, siamo in
balia dell’errore.
Convinti di fare bene.
L’errore più grosso che l’uomo possa fare è
questa rinuncia all’intelligenza.
Noi spesso parliamo di criteri di cuore, di
sentimenti, di bontà e noi siamo giocati da questi.
Il principio fondamentale è quello
dell’intelligenza, basta vedere le vergini stolte e sagge.
Ora l’intelligenza in cosa consiste?
In questo cercare di vedere secondo la luce
di Dio.
Questa sapienza che discende da Dio.
L’uomo vive d’intelligenza.
E l’uomo non deve rinunciare
all’intelligenza.
L’uomo non deve rinunciare a vedere le cose
dal punto di vista di Dio.
P.: Chi si
barcamena tra valori del mondo e il valore di Dio, vuol dire che non ha scelto?
Luigi: Vuol dire che non ha visto le cose secondo
lo Spirito di Dio.
Non si può fare un compromesso tra il
valore di Dio e i valori del mondo.
Tant’è vero che noi non possiamo pensare
contemporaneamente due cose.
In quanto pensiamo già facciamo delle
scelte.
Perché tu pensi questo?
Pensando quello hai già implicitamente
fatto una scelta.
In quanto non possiamo pensare
contemporaneamente due cose, questo già rivela che siamo fatti per una cosa
sola.
Abbiamo visto che la capacità di sopportare
la venuta di Dio deriva dalla dedizione del nostro pensiero a Dio, in anticipo,
ecco che si rivela la scelta.
Si ama veramente in quanto si supera il
nostro pensiero, ci si dimentica, per immergersi nel pensiero dell’altro.
Ma allora quale è il criterio del vero
amore?
In quanto a me interessa molto quello che pensa
l’altro.
Quando entro in un negozio, a me interessa
l’articolo che voglio comprare, non m’interessa l’impiegata che vende, può
avere il magone o il mal di pancia, a me non interessa, m’interessa che mi
serva e in fretta.
Ho il pensiero dell’io, del mio interesse
non c’è amore per l’altro.
E allora noi strumentalizziamo tutto in
funzione del nostro interesse e strumentalizziamo anche Dio.
A noi non interessa quello che Cristo può
volere o pensare o le sue parole, a noi interessa che ci faccia il miracolo.
Che ci serva.
Anche il miracolo è una parola.
Ora,
Lui parla del Padre, parla della
via della conoscenza di Dio ed è come se Lui avesse detto niente, a loro quello
che interessa è il miracolo.
Ci accorgiamo che tra tutte le opere di
Dio, ci sono dei segni che sono in funzione del pensiero del nostro io.
Abbiamo questa concessione progressiva da
parte di Dio, fino a sottomettersi al pensiero del nostro io.
Con il miracolo Dio si sottomette al
pensiero di noi stessi.
Qui abbiamo la capacità di capovolgere
tutte le cose.
Quindi abbiamo dei segni di Dio che sono
parole di Dio e questi richiedono amore per Dio, interesse per conoscere Lui.
Quindi abbiamo dei segni che vengono
captati, recepiti, ricevuti, soltanto da quell’anima che ha tanto interesse per
Dio.
Man mano che l’anima si allontana da questo
amore per Dio, Dio concede, concede, concede, fino ad arrivare ad offrire che
sono utilità, che sono in funzione dell’io dell’uomo.
Cioè abbiamo il Cristo che si mette nelle
mani dell’uomo: “Fa di me quello che vuoi”.
Però prima di mettersi nelle mani
dell’uomo, prima Lui viene a parlare, quindi parte dall’argomento essenziale,
viene a parlarci di Dio, mano a mano che noi decadiamo, ecco che abbiamo il
Cristo che si concede, fino ad arrivare a: “Fa di Me quello che vuoi”.
E.: Gesù con
i miracoli non vuol farci vedere che risolve con Dio quei problemi materiali
nei quali gli uomini perdono la vita?
Luigi: No, Lui non viene a fare i miracoli o i giochi di prestigio.
Lui prima viene e ti parla di Dio, se tu segui
Dio ricevi il miracolo ma il miracolo viene dopo.
E.: Per chi
non crede il miracolo non esiste.
Luigi: Ma qui addirittura
il miracolo diventa un inganno.
“Credevano per i miracoli che faceva”.
Credevano di credere, s’illudevano di
credere.
Il miracolo crea illusione nell’anima.
Io mi credo cristiano, perché seguo Cristo
perché Cristo ha fatto dei miracoli.
I miracoli di Gesù sono tutti una
conseguenza della Parola.
Infatti Lui pretende sempre la fede.
Anche quando moltiplica i pani, li
moltiplica perché la gente lo stava seguendo da tre giorni nel deserto, avevano
lasciato il loro mondo, quindi avevano messo l’amore per conoscere Dio al di
sopra di tutto.
Il miracolo è un segno che è subordinato
alla fede, all’amore per Dio, all’interesse per conoscere Dio, in caso diverso
tutto viene travisato.
Il miracolo è una concessione dell’opera di
Dio all’uomo.
Ma già a livello molto basso.
Rapportato alla Parola di Dio il miracolo è
a livello basso perché è a livello del pensiero dell’io dell’uomo.
La Parola ci parla di Dio, ci fa conoscere
Dio, il miracolo no.
Quindi abbiamo delle parole che parlano a
noi di Dio e queste presuppongono in noi il desiderio di conoscere Dio.
Se in noi si è formato il desiderio di
conoscere Dio, allora noi siamo molto attenti alla Parola di Dio, alla Parola
che parla a noi di Dio.
In caso diverso non possiamo essere attenti
a queste parole, le lasciamo cadere, non c’interessano.
Però se Lui mi moltiplica le noci, questo
m’interessa molto.
Ma non mi interessa quello che Lui mi dice di
Dio.
Questa è la grande tristezza di Cristo.
Agli uomini il suo Pensiero, cioè il Padre,
non interessa niente!
Ma se Lui ha la potenza di moltiplicare le
noci, lo applaudiamo e lo facciamo re.
Perché questo interessa molto.
E qui abbiamo Gesù che piange.
Cioè noi lo amiamo per i doni che ci fa,
non lo amiamo per quello che sta a cuore a Lui.
Noi quello lo ignoriamo.
Molti della
folla invece credettero in lui, e dicevano: «Il Cristo, quando
verrà, potrà fare segni più grandi di quelli che ha fatto costui?». Gv 7 Vs 31 Secondo tema.
Titolo: Anziché capire le Parole del Cristo ci lasciamo attrarre
dai miracoli che fa.
Argomenti: L’essenziale e il sovvrappiù
– Miracoli e segni – Segni e parole – L’illusione di essere cristiani – La fede
e i miracoli – Le parole di Cristo – Il desiderio di conoscere Dio - La superiorità della Parola – Il sigillo di
Verità – La selezione nell’Ascolto – La caratteristica del Figlio -
22/ Novembre/1982
Molti della
folla invece credettero in lui, e dicevano: «Il Cristo,
quando verrà, potrà fare segni più grandi di quelli che ha fatto costui?». Gv 7 Vs 31 Terzo tema.
Titolo: Cos’è che ci fa valorizzare di più il miracolo rispetto
alla Parola?
Argomenti: Il conflitto dei
segni di Dio con Dio – La preghiera, tempo interiore – Miracoli e Parole di
Gesù – Nicodemo e Pietro – La dedizione alla Parola – Il campo d’interesse e di
attenzione – L’utilità di Dio – La rivelazione dei cuori – L’amore per Dio – Servire il mondo – Bontà e Verità –
L’amore vero – Tutto è miracolo – Servire cento padroni -
28/ Novembre/1982
Già ci siamo soffermati su questo versetto,
per cercare di capire l’animo di questa
folla che “credette in Lui” e che diceva: “Il Cristo quando verrà, farà forse
più miracoli di Costui?”.
E abbiamo osservato che questa fede dei
giudei nei miracoli di Gesù, non era una fede che li condusse a meditare, a
valorizzare, a capire le Parole del Cristo.
Tant’è vero che non si pongono il problema
se Egli sia il Cristo.
La loro è una fede diretta unicamente alle
opere che Egli fa.
Per i miracoli che Egli fa.
E abbiamo detto che questa fede nei
miracoli, può essere in contrapposizione con la fede in Cristo, quindi con la
fede nella Parola di Dio.
Sembra strana questa affermazione, perché i
miracoli sono opera di Dio.
Essendo opera di Dio, sono segni di Dio.
Come le Parole del Cristo, le Parole di Dio
sono segni di Dio.
Tutto è segno di Dio.
Anche la creazione è segno di Dio.
Eppure arriva un certo momento nella vita
di ogni uomo, in cui Dio stesso ci mette in opposizione le sue opere, i suoi
doni, i suoi miracoli, con la fede in Lui.
Tant’è vero che la creazione che è opera di
Dio, può diventare per noi motivo di rovina.
E tutti i doni di Dio, possono diventare
per noi, motivo di rovina.
“Maledetto quel lavoro che t’impedisce di
pregare”.
Tutta la creazione è dono di Dio, quindi
lavorare con la creazione è lavorare con i doni di Dio.
Eppure perché è maledetto quel lavoro che
t’impedisce di pregare?
Il che vuol dire che ci può essere nella
nostra vita, un lavoro, un impegno con i doni di Dio che può essere impedimento
alla preghiera.
Tutta la creazione, tutte le creature, tutti
i fatti, tutti i miracoli (tutto è miracolo), tutti i doni di Dio, ci sono dati
da Dio per pregare.
Cioè per colloquiare con Dio, per elevare
la nostra mente a Dio.
Però la preghiera richiede un certo spazio
di silenzio.
Tutti i doni di Dio, ci sollecitano ad
alzare i nostri occhi a Lui.
Però tra il dono di Dio che arriva a noi,
l’elevazione della mente a Dio e l’arrivare a conoscere il pensiero,
l’intenzione, il significato di Dio nel dono di Dio, è richiesto spazio, tempo,
silenzio, animo e sopratutto disponibilità di pensiero in noi.
La preghiera richiede molto tempo
interiore.
Può darsi invece che questo tempo interiore
venga a noi a mancare.
E allora “i buoi, i campi e la moglie”,
entrano in opposizione con la Parola di Dio.
Cioè arriva un momento in cui i doni di Dio
e quindi i miracoli stessi di Dio e quindi la fede in Cristo o in Dio per i
miracoli che fa, diventa opposizione a Dio e impedisce a noi di pregare.
I buoi, i campi, la moglie sono creature di
Dio, l’uomo è creatura di Dio eppure: “Guai all’uomo che confida nell’uomo”.
Quindi tutti i doni di Dio a un certo
momento della nostra vita, possono diventare mezzi di opposizione a Dio.
Quando Nicodemo viene a Gesù gli dice: “Noi
sappiamo che Tu vieni da Dio, perché nessuno può fare i miracoli che Tu fai se
non ha Dio con Sé”.
Anche Lui credeva in Cristo per i miracoli.
Ed è una dichiarazione che Gesù non
approva.
Abbiamo invece visto che quando Gesù chiede
ai discepoli se vogliono andarsene anche loro, Pietro a nome di essi dice: “Da
chi andremo noi? Tu solo hai Parole di vita eterna”.
E questa è un’affermazione che Gesù
riconosce.
Ecco che qui c’è una situazione di
conflitto.
C’è chi crede in Cristo per i miracoli che
fa, e non è approvato e c’è chi crede in Cristo per le Parole che dice, ed è approvato.
E sembra strano, perché noi valutiamo molto
un essere per le opere che fa, più che per le parole che dice.
Tant’è vero che diciamo che è facile
parlare e invece molto difficile è il fare.
Nello Spirito di Dio, le cose vanno
capovolte: è molto facile agire, operare, ed è molto difficile parlare.
E allora dobbiamo approfondire e cercare di
capire soprattutto in cosa consista la Parola di Dio e in cosa consista il
miracolo.
E quale animo c’è nella creatura, per cui
dà maggiore valore alle opere, ai miracoli di Gesù, rispetto alle sue Parole?
La Parola è un segno di Dio, il miracolo è
un segno di Dio.
La Parola è un segno di Dio di cose che
ancora non capiamo, non vediamo, non esperimentiamo.
Il miracolo è un segno di Dio di cose che
capiamo, vediamo, esperimentiamo.
È in questa differenza che possiamo capire
cosa c’è nell’animo umano, quando si preferiscono i miracoli alle Parole di
Gesù.
La Parola di Gesù, essendo Parola di un
essere superiore a noi, ci parla di cose che ancora non vediamo.
E proprio in quanto non le vediamo, la
Parola di Dio diventa per noi un invito, una proposta ad impegnarci in essa,
per arrivare a capire ciò di cui ci parla.
E se noi crediamo nelle Parole di Cristo,
c’impegniamo a cercare di capire ciò di cui Lui ci parla.
La Parola di Dio è un ponte che collega il
nostro infinito con il suo infinito, che collega il nostro mondo visibile con
il suo mondo invisibile.
Ed è proprio attraverso la Parola di Dio
che noi passiamo a ciò che ancora non vediamo, a ciò che ancora non tocchiamo,
a ciò che ancora non esperimentiamo.
È attraverso la Parola che noi arriviamo a
vedere, arriviamo a capire, a esperimentare Dio.
Gesù dice: “Nessuno può venire al Padre se
non per mezzo di Me”.
“Dove Io sono, voi non potete venire”.
Lui è l’infinito, noi siamo finiti.
Il finito non può passare all’infinito.
E Lui è la Parola.
Nessuno può vedere il regno di Dio, nessuno
può entrare nel regno di Dio, nessuno può esperimentare la presenza di Dio e
l’infinito stesso di Dio, se non attraverso la Parola di Dio.
Però la Parola di Dio, in quanto arriva a
noi, richiede da parte nostra una dedizione e disponibilità, quindi un
superamento di noi stessi e di tutto il nostro mondo.
Invece il miracolo, e tutta la creazione è
miracolo, è segno di Dio di cose che vediamo, tocchiamo ed esperimentiamo.
Ed in quanto è fatto in cose che vediamo e
tocchiamo, risponde ad un bisogno del pensiero del nostro io.
Magari siamo malati e abbiamo visto quante
guarigioni Gesù fece con i malati.
Il miracolo risponde a un bisogno del nostro
io.
Il miracolo è un intervento di Dio, è una
concessione che Dio fa ad una nostra situazione.
Per cui nel miracolo il nostro io prova
gioia, prova soddisfazione.
Di fronte alla Parola di Dio, il nostro io il
più delle volte il nostro io prova tormento e richiesta d’impegno e dedizione
ad Essa.
Che cosa è allora che porta noi a dare più
valore al miracolo o alla Parola di Dio?
Quando chiedono a Gesù di dare loro un
segno affinché essi potessero credere in Lui, Gesù risponde: “Nessun segno
viene dato a questa generazione, eccettuato il segno di Giona”.
E il segno di Giona è la predicazione di
Dio, è la Parola di Dio che arriva all’uomo.
Che cosa è all’uomo che fa desiderare e
chiedere a Dio il miracolo?
È il nostro io che va alla ricerca della
soddisfazione di un suo bisogno.
Nel miracolo il nostro io trova
soddisfazione.
Nella Parola, il nostro trova impegno,
lavoro.
La Parola ci sollecita ad andare a lavorare
nella vigna del Signore, cioè nella conoscenza di Dio.
Dobbiamo approfondire l’animo di chi mette
l’accento sulle parole di Gesù (come Pietro) e l’animo di chi invece mette
l’accento sui miracoli che fa Gesù.
Questa attenzione alla Parola del Cristo,
rispetto ai suoi doni, è determinata dall’interesse che ogni uomo porta dentro
il suo cuore.
È l’interesse dentro di noi che delimita il
campo della nostra attenzione.
E l’interesse da che cosa è determinato?
L’interesse è determinato da ciò cui noi ci
dedichiamo.
Da ciò che fa parte della nostra vita.
A seconda di ciò cui dedichiamo la nostra
vita, lì si determina la sfera dei nostri interessi e quindi il campo della
nostra attenzione.
Cioè tutto dipende dal fine che portiamo
dentro di noi.
Se in noi si accentua come fine il Pensiero di Dio, questo accento di conoscere
Dio, di giungere a Dio, sapendo che siamo stati creati per conoscere Lui, ci
rende molto interessati e quindi ci fa prestare molta attenzione a tutte le
cose che si dicono di Dio, perché ci sta molto a cuore conoscere Dio.
Ma se invece nel nostro cuore, noi abbiamo
interesse per noi stessi, per il pensiero del nostro io, proprio il pensiero
del nostro io, ci porta ad accentuare, quindi ad essere interessati a quelle
cose che sono utili al pensiero del nostro io, ma ci porta a considerare come
cose astratte, come cose che non ci toccano, le parole che parlano a noi di
Dio.
Ma noi anche se ci riteniamo religiosi e
crediamo in Dio, noi ci rivolgiamo a Dio per ottenere qualche cosa da Lui nel
nostro fine, nel fine del pensiero del nostro io.
E allora qui siamo molto interessati ai
miracoli, ai doni di Dio.
Ma in fondo a tutto questo c’è l’utilità di
Dio per noi e questa non è vera fede.
E questo c’impedisce di credere in Cristo.
Di credere in Cristo come Parola di Dio,
come Parola del Padre.
Soltanto se in noi c’è come fine, come
interesse principale della nostra vita l’interesse per conoscere Dio, questo ci
rende molto attenti alle parole del Cristo, perché?
Perché le Parole del Cristo, c’insegnano a
conoscere Dio.
Ci parlano del Padre.
Cioè ci parlano di ciò che ci sta veramente
a cuore.
Ecco quello che mette in evidenza, davanti
ai nostri occhi, un campo piuttosto che l’altro.
Ed è anche quello che determina la qualità
della nostra fede.
Tutto questo per ammonirci e per evitarci di
credere di credere, quando la nostra fede è soltanto basata sull’utilità che
riceviamo dal seguire il Cristo.
Non tutti coloro che seguirono Cristo
giunsero alla Pentecoste.
A un certo momento del cammino di ognuno di
noi, c’è la rivelazione dei cuori.
E nella rivelazione dei cuori, si deve
manifestare necessariamente quale è il fine, il pensiero principale che ci
domina.
Se il desiderio principale che domina noi è
il desiderio di conoscere Dio, questo ci dà la possibilità della vera fede.
Ma se il desiderio principale è il pensiero
di noi stessi, noi seguiamo Cristo, fintanto che ci fa dei miracoli, fintanto
che ci fa dei regali, noi ci scaldiamo al suo fuoco ma, quando arriva il
momento della crisi, il momento dell’impegno, il momento del superamento di
tutto, qui noi siamo costretti a gridare sulla piazza “Crocifiggilo” e dobbiamo
mandarlo a morte.
Siamo costretti a mandarlo a morte e non
possiamo farne a meno.
Perché la possibilità di seguire Cristo al
di là dei doni, al di là del mondo, al di là della creazione, al di là dei
miracoli, per arrivare fino al Padre, è data soltanto dall’attrazione per il
Padre, cioè dal desiderio di conoscere Dio e dall’impegno con Dio e con nessun
altro pensiero.
Molti della
folla invece credettero in lui, e dicevano: «Il Cristo,
quando verrà, potrà fare segni più grandi di quelli che ha fatto costui?». Gv 7 Vs 31 Quarto tema.
Titolo: Il miracolo è una gioia per l’io, la Parola è un impegno.
Argomenti: Miracoli e Parola –
Strumentalizzare Cristo – L’interesse per conoscere Dio – Dedicarsi alla Parola
– L’astrazione della Parola – La presenza fisica di Cristo – Preghiera continua
– La fede – La coscienza di essere – Zichichi – Il miracolo è risposta di Dio
all’io dell’uomo – Le concessioni di Dio – Chiedere a Dio -
29/ Novembre/1982
Molti della
folla invece credettero in lui, e dicevano: «Il Cristo,
quando verrà, potrà fare segni più grandi di quelli che ha fatto costui?». Gv 7 Vs 31 Quinto tema.
Titolo: Il significato dei segni che Gesù non volle dare.
Argomenti: Tentazioni/Epulone/Farisei
– Il segno di Giona – Salvezza e perdizione – La passione d’assoluto dell’io –
Miracoli e fede – Amare Dio o i suoi doni – La responsabilità dell’amore – Le
passioni giuste o ingiuste – La giuistizia umana – Le nevrosi – Il rifiuto di
Dio di confermare l’errore dell’uomo – L’inganno dell’io -
5/ Dicembre/1982
Abbiamo visto la differenza tra il credere a
Gesù per le parole che diceva e il credere a Gesù per i miracoli che faceva.
Ci rimane ancora da vedere il significato
dei miracoli che Gesù si rifiutò di fare, dei segni che non volle dare.
Ed è il tema di oggi, cercare soprattutto
il significato che Dio ha voluto darci, non compiendo certi miracoli.
Il significato per la nostra vita
essenziale.
Perché tutto quello che Gesù ha fatto e
tutto quello che Gesù non ha fatto, è lezione per la nostra vita essenziale.
Non è un fatto marginale ma è un fatto essenziale
per la nostra vita.
Tutto quello che Gesù ha fatto e anche
tutto quello che non ha fatto o si è rifiutato di fare.
Avendo visto la differenza tra il credere
in Gesù per le parole che ha detto e il credere in Gesù per i miracoli o i doni
che Lui ha fatto, abbiamo adesso la possibilità di capire il significato di
quei miracoli e di quei segni che Lui si è rifiutato di fare.
Osserviamo in sintesi, qualcuno di questi
segni i di questi miracoli che Gesù non ha voluto fare.
All’inizio nelle tentazioni del deserto,
troviamo Gesù che si rifiuta di cambiare le pietre in pane.
Cioè si rifiuta di ubbidire alle parole del
demonio: “Se Tu sei Figlio di Dio, di che queste pietre diventino pane”.
E così anche per tutte le altre prove
richieste dal demonio.
Poi abbiamo un altro segno che Gesù si è
rifiutato di dare.
Quando un giovane dice a Gesù: “Dì a mio
fratello che divida con me l’eredità”.
Fu un segno che Gesù si rifiuta di dare.
Anzi ha avvertito che la Vita, non viene
dal possesso dei beni di questa terra.
Per cui è perfettamente inutile lottare per
averne di più o averne di meno.
Un altro segno che in una parabola Lui
rifiutò di dare, fu quando parlò del ricco epulone e di Lazzaro.
L’epulone dall’inferno dice: “Manda almeno
uno dei morti ad avvisare i miei fratelli, affinché credano”, Gesù nella
parabola risponde:”No, hanno Mosè e hanno i profeti, hanno la Parola di Dio, se
non credono a Quella, non crederanno neppure a un morto resuscitato”.
Questo è un altro dei miracoli rifiutati da
Gesù.
E poi ancora un altro, quando gli dicono:
“Con quale autorità fai queste cose?”.
E Lui si rifiuta di dichiarare con quale
autorità fa quelle cose.
Un altro segno negato.
Tutti questi segni si ricapitolano nel
grande rifiuto che Gesù ha fatto, di fronte alla richiesta specifica: “Dacci un
segno affinché noi possiamo credere in Te”.
Ora, notiamo che Lui è venuto proprio per
farsi credere.
Eppure di fronte a gente che chiedeva un
segno per credere, Lui questo segno si rifiuta di darlo.
Anzi ammonisce: “Nessun segno verrà dato a
questa generazione”.
Eccetto il segno di Giona, cioè la Parola
di Dio, la predicazione.
Tutti questi segni si riassumono nella
sintesi del Calvario, nella grande richiesta fatta davanti a Lui che muore: “Se
Tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce e noi ti crederemo”.
Gesù non è sceso dalla croce.
Si è rifiutato di dare questo segno.
Quando avrebbe potuto ottenere tutta la
fede che Egli chiedeva.
Eppure si è rifiutato.
Per potere arrivare a capire il significato
di questi rifiuti da parte di Dio, bisogna capire che tutta l’opera di Dio va
vista nella finalità di Dio: Dio vuole che tutti si salvino e giungano a
conoscere la Verità.
E soltanto intendendo in cosa consiste la
salvezza dell’uomo e in cosa consiste la perdizione dell’uomo, abbiamo la
possibilità di capire i rifiuti di Cristo che è la Volontà di Dio espressa tra
noi, di fronte alle richieste degli uomini.
La salvezza dell’uomo sta in Dio, sta nel
conoscere Dio.
La rovina, la perdizione dell’uomo sta nel
pensiero di se stesso.
Ma dire pensiero del nostro io, cosa vuole
dire?
Tenendo presente che il pensiero del nostro
io, essendo formato dalla presenza di Dio in noi, senza di noi, è
essenzialmente una passione di assoluto.
È creazione di Dio, per cui Dio è presente
in noi senza di noi, per cui noi abbiamo la coscienza di essere che è poi la
coscienza dell’Essere.
Pero questa presenza di Dio non la
conosciamo, perché è data a noi senza di noi e quindi l’avvertiamo solo come
effetto e l’effetto della presenza di Dio in noi è passione d’assoluto.
Per cui il nostro io s’identifica con la
passione per l’assoluto.
Allora la salvezza nostra viene dalla
conoscenza di Dio, viene da Dio, la nostra perdizione viene dal nostro io, cioè
da questa passione d’assoluto non rivolta a Dio.
Evidentemente, in quanto Cristo è venuto a
recare la salvezza all’uomo, è venuto proprio per liberare l’uomo dal pensiero
di se stesso e quindi per liberarlo da questa passione d’assoluto rivolta ad
altro da Dio, per orientarla alla conoscenza del Padre, di Dio.
Ne deriva che se Egli condividesse in
qualche cosa le nostre passioni, i nostri desideri, le nostre richieste, le
nostre pretese, Lui non farebbe altro che confermare un nostro errore e quindi
confermare la nostra rovina.
L’uomo viene salvato da Cristo non
condividendo le sue passioni.
Allora noi vediamo che Cristo si rifiuta a
tutte le richieste degli uomini, quando in queste richieste c’è il pensiero
dell’io che prevale.
Ed è per questo che Gesù prima di fare
i miracoli chiede se c’è fede, oppure
dice: “Sia fatto secondo la tua fede”.
Ma mette il miracolo, sempre in rapporto
alla fede in Dio.
E.: E in quei
nove lebbrosi che non ritornano, possiamo dire che la passione per Dio è salva
in quelle anime?
Luigi: No, è stato salvato
quello che ha fatto ritorno: “La tua fede ti ha salvato”.
E.: Però agli
altri nove il miracolo è stato fatto...
Luigi: Sì ma il miracolo
non è salvezza.
L’uomo non è salvato dal miracolo.
L’uomo è salvato dalla Parola.
E la Parola è sempre richiesta di dedizione,
quindi richiesta di superamento di noi stessi.
La Parola di Dio ci annuncia una cosa che
ancora non vediamo e quindi richiede dedizione.
Il miracolo invece soddisfa il nostro
bisogno, la nostra richiesta, il nostro io.
Un ammalato è uno che chiede, che ha
bisogno di qualche cosa.
E.: Ma nel
caso del cieco o del primo lebbroso è stato anche motivo di salvezza.
Luigi: Sì ma perché c’era
la fede.
Dove c’è la fede, tutti i segni di Dio
diventano motivi di salvezza, perché Dio opera per salvare.
Quindi Gesù non opera per confermare noi in
una passione dell’io.
Opera per liberarci.
Lui non condivide le passioni dell’io.
Ma dove vede che c’è la fede, una passione,
un interesse per Dio, lì Lui viene per dire: “Bravo”.
Cioè non ti può dire “bravo” là dove c’è
l’io che chiede, che vuole sottomettere Gesù al desiderio dell’io.
Non può dire “bravo” a un Tommaso che vuole
sottomettere alla sua esperienza la resurrezione, la Verità di Cristo e quindi
qui Tommaso non può essere approvato.
L’approvazione invece avviene là, dove
l’anima dice: “Sia fatta la tua Volontà”, dove l’anima si apre a Dio e fa
dipendere tutto da Dio.
In quanto fa dipendere da Dio, la creatura
si è sottomessa e il rapporto è giusto, è autentico.
Luigi: Cristo viene per
salvarci.
Salvarci vuole dire liberarci dalle nostre
passioni inutili.
Passioni che procedono dal nostro io e che
ci impediscono di portare la Verità.
Tra le nostre passioni ci sono delle
passioni che noi diciamo ingiuste e ci sono delle passioni che noi diciamo
giuste.
Ma tanto le prime come le seconde,
procedono sempre dall’io.
La maggior parte delle passioni umane, sono
passioni di giustizia per i diritti, per la proprietà, per il benessere.
Agli occhi nostri sono passioni giuste ma
agli occhi di Dio sono passioni ingiuste.
E quanto spreco di energia, di tempo, di
vita, di parole, di guerre per cose che noi riteniamo giuste.
Se noi le confrontassimo con Dio avremmo la
risposta chiarissima: “La vita non viene dal possedere un pezzo di terra o del
denaro o nel pretendere i tuoi diritti, guarda che la vita non viene mica da
quello”.
Mi stabilisce il rapporto vero: “La vita
viene dal conoscere Dio”.
Noi invece riteniamo che la vita ci venga
da quello che guadagnamo o possediamo e allora lotto, perché per me quella è la
lotta per la vita e noi quella la chiamiamo giustizia.
Approvato da tutti gli altri, che ciechi
come me, mi danno ragione.
Così ci illudiamo a vicenda e ci sosteniamo
a vicenda nell’errore.
Dio che viene a salvarci non viene a
condividere o approvare le nostre passioni e la nostra giustizia.
Addirittura noi oggi facciamo calare Dio
nelle nostre passioni sbagliate.
“Faranno di Me tutto quello che vorranno”,
si verifica ancora oggi, mica 2000 anni fa.
Addirittura facciamo calare Dio nelle
nostre rivendicazioni: “Se Cristo venisse oggi, lotterebbe con noi, per la
nostra giustizia, farebbe opere sociali”
Il sindacato cristiano, la politica
cristiana...vedi a che punto arriviamo?
Strumentalizziamo Dio fino a questo punto e
non ci accorgiamo delle lezioni che Lui ci dà.
Pasterebbe leggere la frase: “La vita non
viene dalle cose che si posseggono”, per essere subito messi con le spalle al
muro.
Tutte le nostre lotte sono inutili, perché
noi lottiamo per le cose materiali, credendo che la vita ci venga da quello.
No, la vita viene dal conoscere Dio e per
conoscere Dio devi lasciare perdere tutto il resto.
Addirittura ci mettiamo a discutere se una
guerra è lecita o non lecita.
E ci sentiamo giusti perché abbiamo tutta
una società che ci approva, delle leggi che ci approvano.
Certo perché le leggi le facciamo noi nella
nostra cecità.
Per cui noi ci crediamo più che
giustificati.
Fino a quando ci troviamo la sorpresa di
essere completamente fuori dal regno di Dio.
Molti della
folla invece credettero in lui, e dicevano: «Il Cristo,
quando verrà, potrà fare segni più grandi di quelli che ha fatto costui?». Gv 7 Vs 31 Sesto
tema.
Titolo: Il significato dei miracoli che Gesù si rifiuta di fare.
Argomenti: La fede di Abramo e
la fede degli apostoli – La passione d’assoluto – La vecchiaia – Il tacere di
Dio – Le ossessioni – Il pensiero dell’io – La coscienza dell’essere – Infinito
o infinitesimo – Generazione e creazione – Lo Spirito Santo è rapporto – L’infinito
nella creazione -
6/ Dicembre/1982