Chi parla da
se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l'ha
mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia. Gv 7 Vs 18 Primo tema.
Titolo: Il criterio per
distinguere il vero dal falso.
Argomenti: La gloria è
manifestazione di ciò che uno è. Solo il Principio ci rivela l’essere delle
cose poichè le fa essere. Il concetto di gloria è rapporto con un centro. Farsi centro della
creazione. Solo cercando la Gloria di Dio siamo veritieri. Vedere come il
Principio è in rapporto con noi. Spogliare Dio della sua Gloria. L’opera del Cristo
per recuperare tutto alla Gloria di Dio. L’autonomia da Dio: menzogna e ingiustizia. Solo il Figlio può
glorificare il Padre. Il rapporto tra il Padre e il Figlio. Sottomettersi a un mandato diverso da Dio.
L’inganno della creatura. La fede e la gloria.
28/ Marzo /1982
Qui siamo giunti al terzo atto della seconda
metà della festa.
Ci troviamo di fronte all’ultima concessione
che Gesù fa agli uomini, per cercare di liberarli dalla chiusura su se stessi,
per evitare loro di sprecare tutta la festa.
La sua prima dichiarazione è stata: “La mia
dottrina non è mia ma di Colui che mi ha mandato”, cioè l’annuncio che gli
uomini si trovano di fronte alla Parola di Dio.
Dio non è lontano dagli uomini in cielo, Dio
è Colui che parla quotidianamente con gli uomini e gli uomini non dialogano con
le creature ma dialogano con Dio, anche se non lo sanno.
Questa è l’anima di quest’affermazione di
Gesù, poiché i giudei avevano detto: “Come mai Costui sa di lettere, senza
avere mai studiato?”.
Gesù rivelava che era la Parola di Dio che
giungeva loro, non era la parola degli uomini.
E poi era sceso ad offrire agli uomini
(seconda concessione) la possibilità di capire personalmente quand’è che ci si
trova di fronte alla Parola di Dio e quand’è che ci si trova di fronte a parole
di uomini: “Se qualcuno vuole fare la Volontà di Dio saprà...”.
Abbiamo visto che la possibilità di riconoscere
la Parola di Dio, deriva dal fare la Volontà di Dio.
Quel “fare” che vuole dire cercare in Dio il
significato, l’intenzione di quello che Lui ci fa arrivare.
È questo il vero “fare”.
Qui Gesù scende ancora, mentre prima per dare
agli uomini la possibilità di capire se una cosa era di Dio o meno, li invitava
a salire presso Dio, adesso scende a livello degli uomini e offre loro il
criterio, a livello umano per distinguere il vero dal falso.
“Chi parla da se stesso, cerca la propria
gloria; ma chi cerca la Gloria di Colui che l'ha mandato è veritiero”, ecco il
criterio essenziale per riconoscere ciò che è vero da ciò che è falso sta nel
cercare la gloria di qualcuno.
Solo colui che cerca la gloria di colui che
lo ha mandato è vero ed è giusto.
Ecco, il criterio di verità sta qui.
Mentre invece colui che parla autonomamente,
che parla da se stesso cerca la propria gloria e quindi in lui c’è
l’ingiustizia e c’è la falsità.
L’uomo che parla da se stesso, deve sempre
alterare le cose.
Oggi dobbiamo cercare di approfondire questo
fatto: come la vera giustizia e la verità si trovi soltanto in Colui che cerca
la Gloria di Colui che lo ha mandato, cioè in Colui che cerca la Gloria di Dio.
Invece quando l’uomo pensa a se stesso e
opera e vive per se stesso, necessariamente è ingiusto, necessariamente è
menzognero, altera la verità.
Questa seconda parte della festa è il terzo
atto che Egli fa, per cercare d’illuminare le anime e portarle sulla strada
della verità.
È il terzo atto, perché è un criterio offerto
a livello umano, come quando dice che gli alberi si riconoscono dai frutti.
Se il frutto è buono l’albero è buono, se il
frutto è cattivo, l’albero è cattivo.
E il frutto sta in: state attenti al motivo
per cui uno parla.
Se anima del nostro parlare e del nostro
vivere è il pensiero del nostro io, il frutto è alterato, il frutto è cattivo,
se invece anima del nostro pensare, del nostro agire, del nostro parlare è la
preoccupazione della gloria di Dio, qui il frutto è autentico, il frutto è vero.
Dobbiamo cercare di approfondire il concetto
di Gloria: “Cercare la Gloria di Colui che lo ha mandato”.
E perché soltanto quando si cerca la gloria
di Colui che ci manda, del Creatore, soltanto a questa condizione la Verità è
in noi e la giustizia è in noi.
In caso diverso noi seminiamo l’ingiustizia e
quindi la falsità e quindi c’è l’inganno.
Abbiamo già visto che la “gloria” è ciò che
uno è nella Verità di Dio.
La gloria è manifestazione di ciò che uno è.
Ma ciò che uno è, non è conoscibile di per sé,
se non in rapporto a Dio che è Colui che fa essere tutto ciò che esiste.
Il Principio, Colui che è, è il principio di
ogni essere e soltanto quindi nel principio di ogni essere, è possibile
conoscere veramente ciò che uno è.
In caso diverso non si conosce.
Infatti noi vediamo tutte le creature e tutte
le cose, però non sappiamo ciò che sono, appunto perché noi non vediamo Dio,
cioè non vediamo il loro principio.
Non vedendole in Dio, non possiamo sapere ciò
che sono e non vediamo quindi neppure la loro gloria.
Se la gloria di un essere si può trovarla
solo cercandola nell’Essere, solo conoscendo ciò che l’Essere è in relazione
alla creatura o alla cosa, è possibile conoscere veramente.
La gloria è conoscere ciò che un essere è in
Dio, ma solo conoscendo ciò che Dio è rispetto a questo essere, possiamo
conoscere ciò che questo essere è in Dio.
Cioè non è possibile conoscere ciò che un
essere è in Dio, se non conosciamo ciò che Dio è rispetto a quell’essere.
Soltanto conoscendo la causa noi conosciamo
l’effetto.
È impossibile conoscere l’effetto in
relazione alla causa se non conosco la causa in relazione agli effetti.
Conoscere cioè l’effetto come dipendenza da-.
Per cui il vero concetto di gloria è
attribuibile soltanto a Dio ma non in quello che Dio è in Sé, ma in relazione a
quello che Dio è in relazione ad altro da Sé.
Cioè il concetto di gloria è un concetto di
rapporto, non è conoscenza di quello che Dio è in Sé, ma è conoscenza di quello
che Dio è in relazione a-. In relazione a qualcos’altro, può essere in
relazione al Figlio, può essere in relazione alle creature.
Pinuccia: Invece la conoscenza dell’Essere in Sé come si chiama se non si
chiama gloria?
Luigi: Adesso cerchiamo di capire il concetto di
gloria.
La gloria è un concetto di rapporto, di relazione.
La gloria di Dio splende in tutto l’universo,
ma splende in tutto l’universo soltanto se io vedo la presenza di Dio in tutte
le cose, cioè se io vedo tutte le cose dipendenti da Dio ma se io non vedo
questa dipendenza, non vedo la gloria di Dio che splende in tutte le cose.
Pinuccia: Quindi la gloria è solo di Dio.
Luigi: La gloria è solo di Dio.
E la gloria di una creatura è soltanto nel
rapporto che ha con Dio, cioè la sua gloria è il posto che occupa in relazione
a Dio.
Però questo posto che occupa in relazione a
Dio, noi non lo possiamo vedere, non lo possiamo conoscere, se non conosciamo
Dio in relazione a questo.
Cioè noi non possiamo trovare una creatura in
relazione a Dio, se non conosciamo Dio in relazione a questa creatura.
È da Dio che possiamo conoscere il posto
delle creature.
Perché Dio diventa il punto fisso di
riferimento.
Dio diventa il centro.
Solo in relazione al centro, io posso situare
tutte le creature, dare un posto alle creature.
La vera gloria è soltanto Dio che l’ha,
essendo il centro, essendo il principio di tutto, in relazione al posto che
creature, cose e pensieri hanno rispetto a questo Centro, c’è un rapporto di
gloria.
Però questo rapporto è conoscibile soltanto
in quanto noi abbiamo fissato bene il Principio, l’abbiamo messo al centro e
nella misura in cui rapportiamo le cose a questo centro.
Quindi il vero concetto di gloria, è un
rapporto di dipendenza da un centro, da un assoluto.
Però questo rapporto è conoscibile soltanto
come derivato dal Centro, non è conoscibile dalla creatura verso il Centro.
“Chi cerca la Gloria di Colui che lo ha
mandato”, abbiamo il concetto di “mandato”.
Soltanto colui che si mette in rapporto con
il suo Principio ha la Verità in Sé, costui è giusto, se invece mette se stesso
al centro, parla da se stesso, costui è ingiusto e semina la menzogna, altera
tutto, perché mette se stesso al centro come punto fisso di riferimento.
Allora tutte le volte che noi parliamo o
pensiamo autonomamente da Dio, in quanto parliamo autonomamente da Dio,
mettiamo il nostro io come punto fisso di riferimento e quindi tendiamo a
relazionare le cose al nostro io e cosa succede?
Succede che dobbiamo alterare tutte le cose,
per farle vedere in dipendenza da noi stessi: “Sono io che ho fatto, che ho
detto, che ho pensato”.
Per potere fare queste affermazioni, poco o
tanto devo alterare le cose, perché tutte le cose ci dicono: “Dio mi ha fatta”,
se invece una creatura deve presentarsi dicendo: “Sono io che ho fatto questo”,
vedi che deve alterare qualcosa? Quindi deve togliere poco o tanto quella
gloria che c’è di Dio in tutte le cose, perché in realtà è Dio che fa tutte le
cose.
Allora soltanto se noi cerchiamo la gloria di
Dio in tutte le cose, noi siamo veritieri e in noi non c’è ingiustizia e quello
che si dice è la Verità.
Mentre invece se uno cerca il pensiero di sé
o glorifica sé, deve alterare le cose e quindi non è da seguire.
Il concetto di gloria è un concetto di
dipendenza da un centro, ma tutto dipende da qual è il centro dei nostri pensieri
e della nostra vita.
Se metti come centro Colui dal quale vieni,
cioè se cerchi la Gloria di Dio, tu appartieni alla Verità e il tuo parlare e
il tuo vivere è un parlare veritiero o meglio è la Verità che parla in te.
Non sei più tu che parli ma è la Verità che
parla in te.
Allora la Verità parla in noi, nella misura
in cui noi ci preoccupiamo di questo rapporto con il Centro, con il Principio.
Però il vedere questo rapporto con il Centro,
non ci è dato fintanto che noi non vediamo come il Principio è in rapporto con
noi, altrimenti non possiamo vederlo.
Cioè noi possiamo cercarlo e cercandolo già
apparteniamo alla Verità però non lo vediamo ancora.
Soltanto vedendo il rapporto che passa tra il
Principio e la creatura, l’uomo può vedere la Gloria e parlare di questa Gloria
che è la Gloria di Dio.
Pinuccia: Quindi non si può parlare di ciò che Dio è in Sé, si può parlare
solo della sua Gloria.
Luigi: No, quello che Dio è in Sé è ciò per cui
siamo stati creati.
Pinuccia: Però non se ne può parlare.
Luigi: Cristo ci condurrà a essa, ma questo è un
fatto personale.
Gesù non cerca la Gloria di Se stesso, Lui
cerca la Gloria del Padre.
Pinuccia: Cioè cerca la relazione che c’è tra il Principio e tutte le cose.
Luigi: Si capisce.
Per cui tende a eliminare ogni autonomia da
Dio.
Là dove noi consideriamo le cose separate da
Dio o quando pensiamo a noi in modo autonomo, noi implicitamente le mettiamo
come centro e allora alteriamo tutto perché tutti i rapporti sono sbagliati.
Perché sono rapporti non con il vero Centro
che è Dio ma con un centro sbagliato, falso.
Perché nessuno di noi è centro, poiché noi
tutti siamo creature.
Noi siamo tutti distribuiti in periferia,
quindi in rapporto al centro e allora il problema non sta nel trovare i
rapporti che passano tra noi e le cose, ma nel trovare il rapporto che passa
tra Dio e noi.
Quando noi stabiliamo dei rapporti tra noi e
le cose, noi mettiamo il pensiero dell’io come punto fisso di riferimento,
quindi come centro e questo punto fisso di riferimento ci costringe ad alterare
tutti i rapporti e quindi tutti i valori.
Noi spogliamo Dio della sua Gloria, perché la
sua gloria è “tutte le cose dipendenti da Lui”, non “tutte le cose dipendenti
da altro”.
Quando affermiamo che tutte le cose dipendono
dal caso, dalla natura o dagli uomini, noi spogliamo Dio della sua gloria.
La Gloria di Dio è manifestare la dipendenza
di tutte le cose da Dio, cioè è cercare la Gloria di Dio.
Cercare la Gloria di Dio, è riconoscere che
tutte le cose dipendono da Dio.
Quanto più noi facciamo dipendere le cose da
Dio, tanto più noi facciamo la Gloria di Dio, noi rendiamo Gloria a Dio.
Quando invece riconosciamo che le cose
dipendono da altro da Dio, noi escludiamo la Gloria di Dio.
Cristo è morto in croce, proprio per
recuperare tutto alla Gloria del Padre e per escludere ogni altra gloria,
Nota che tutti i nostri errori derivano dal
fatto che noi diciamo che le cose sono opera dell’uomo, del demonio, della
natura, del caso, cioè praticamente, poco o tanto noi attribuiamo la Gloria di
Dio alla gloria di altro da Dio.
Tutta l’opera del Cristo è quella di
escludere, escludendo tutto ciò che non è Dio, si recupera tutto alla Gloria di
Dio, perché si include Dio in tutto.
Il cercare la Gloria di Dio è un processo di
inclusione, di riportare la presenza di Dio in tutto.
Mentre invece il nostro errore è escludere o
allontanare la presenza di Dio da tutte le cose e da tutti i fatti, per mettere
altre presenze, altre cause.
Chi parla da
se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di
colui che l'ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia. Gv 7 Vs 18 Secondo
tema.
Titolo: La gloria è solo di
Dio.
Argomenti: Il motivo per cui si
parla. La Gloria di Dio è la relazione tra ciò che l’Essere è e ciò che fa. La gloria è una sola:quella
di Dio. La gloria della creatura è quanto riceve
di luce da Dio. Dio creatore relativizza la creazione. Vedere come vede
l’Altro.
29/ Marzo /1982
Chi parla da
se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di
colui che l'ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia. Gv 7 Vs 18 Terzo
tema.
Titolo: Glorificare Dio.
Argomenti: Il rapporto con le
creature è rapporto con Dio – Fare la Volontà di Dio – Il criterio di
verità – Il frutto e l’albero – La fonte del peccato – Parlare da se stesso – Lettera ai Romani
– Il peccato è omissione – La gloria degli uomini – La difficoltà a
credere – La manifestazione dell’essere – Essere e avere – Dio sorgente
dell’essere – Conoscenza e essere – Gloria oggettiva e soggettiva di Dio – La gloria è data dal
rapporto con Dio – Guardare da Dio -
4/ Aprile /1982 Vigna
Abbiamo visto come Gesù scenda ad offrire a uomini che
dubitavano di Lui, il criterio per riconoscere chi è veritiero da chi è
menzognero, per distinguere le parole giuste dalle parole non giuste.
Lui già prima aveva annunciato che stessero attenti,
perché la Parola che arrivava loro era Parola di Dio: “La mia dottrina non è
mia ma di Colui che mi ha mandato”.
L’uomo è un essere che è stato creato alla presenza di
Dio, in ascolto di Dio.
E anche se l’uomo non lo sa o non se ne rende conto, lui
in tutte le cose si comporta verso Dio e non verso le creature: “Io ero malato,
io ero carcerato, io ero povero, l’avete fatto a me, l’avete fatto a me”.
Un giorno quando Dio manifesterà la sua Gloria, la sua
Verità, noi toccheremo con mano che ogni giorno, tutto quello che noi abbiamo
fatto alle creature, l’abbiamo fatto a Dio, perché era Dio che attraverso tutte
le creature parlava con noi, colloquiava con noi.
Gesù dice parole che sono superiori a noi, noi molto
difficilmente riusciamo a capire le sue parole, però non possiamo smentirle.
Lui è un Essere superiore ed evidentemente Dio che parla
con noi annuncia a noi cose che la nostra piccola mente difficilmente riesce a
comprendere, un giorno le comprenderemo certamente.
Attualmente non le possiamo capire, però non le possiamo
smentire.
Gesù dice che l’uomo è in ascolto di Dio perché Dio è
presente in tutto, poi aggiunge: “Se qualcuno vuole fare la Volontà di Dio,
saprà, cioè capirà se le parole che dico vengono da Dio o dagli uomini”.
Dichiara che la capacità di comprendere ciò che Egli
dice, è condizionata dal fare personalmente noi la volontà di Dio.
Chi cerca di fare la Volontà di Dio, questi ha la capacità
di capire.
Perché l’intendere richiede la partecipazione personale
nostra.
Senza la nostra partecipazione personale, noi riceviamo
soltanto gli annunci, le parole di Dio, non le possiamo smentire, però non le
possiamo capire.
Se vogliamo capirle dobbiamo cercare di fare la volontà
di Dio.
Quanto più ci preoccupiamo di fare la volontà di Dio,
tanto più si forma in noi l’intelligenza delle cose di Dio.
Ma poi Gesù scende ad offrire un criterio a livello
puramente umano, come nei vangeli sinottici, quando dice che l’albero si
riconosce dal frutto: “Se il frutto è buono anche l’albero è buono, se il
frutto è cattivo, anche l’albero è cattivo”.
C’è una Verità che ha un suo sigillo già a livello umano.
Quello che dobbiamo approfondire oggi è questo: qual è la
colpa, qual è il peccato dell’uomo che parla da se stesso?
Tutte le parole di Dio hanno un significato profondo per
noi, perché sono parole attraverso cui Lui ci educa alla vera vita.
E così anche in quest’affermazione di Gesù:”Colui che
parla da se stesso cerca la propria gloria”, dobbiamo vedere quale significato,
quale lezione Dio ci vuole dare per la nostra vita personale.
Dobbiamo cercare di capire che cosa Dio ci vuole
comunicare con questa frase.
Quand’è che l’uomo parla da se stesso?
Cosa vuole dire parlare da se stesso?
E perché qui ci sia la fonte del nostro peccato, del
nostro errore, della nostra ingiustizia.
E poi ancora dobbiamo vedere le conseguenze di questo
parlare da se stesso.
Evidentemente se Gesù dice che colui che cerca la propria
gloria è sorgente di menzogna, questo ci rivela che l’uomo è stato creato non
per parlare da se stesso, ma per essere portavoce della Parola di Dio.
Cioè l’uomo è stato creato per la Gloria di Dio.
L’uomo è stato creato per parlare, per magnificare, per
annunciare Dio.
Per capire questo tenete presente il primo capitolo della
lettera ai romani, dove San Paolo dice: “Essi sono senza scusa, perché avendo
conosciuto Dio non lo hanno glorificato come Dio ma hanno vaneggiato nei loro
pensieri e il loro stolto cuore si è avvolto nelle tenebre”.
È un po’ qui il nucleo del vero peccato dell’uomo che è
essenzialmente un peccato di omissione: l’uomo che non rende Gloria a Dio,
perché avendo capito che Dio esiste, l’uomo è impegnato a glorificarlo e se non
lo glorifica l’uomo è senza scusa.
“Tu sapevi che Io esistevo e perché non mi hai
glorificato?”.
Questa non è solo la sorgente del peccato ma è anche la
sorgente di tutte le nostre difficoltà a credere in Dio.
Anche qui Gesù è molto chiaro perché dice: “Come potete
credere voi che elemosinate la gloria gli uni dagli altri?”, ecco chi cerca la
propria gloria non può credere e se anche avesse la fede la perderebbe.
Questo perché l’uomo non si rende conto che deve
glorificare Dio.
E allora dobbiamo anche chiederci cosa vuole dire
glorificare Dio e quand’è che noi glorifichiamo Dio.
La gloria è la manifestazione di ciò che un essere è.
Ma ciò che un essere è, non è determinato da ciò che ha,
perché noi generalmente, pensando a noi stessi associamo la gloria di un essere
a ciò che ha, per cui più uno ha e più riceve gloria.
Ma questa è la gloria che falsifica tutta la nostra vita,
perché ciò che noi abbiamo non cambia ciò che noi siamo.
Ciò che veramente un essere è, è determinato dal suo
rapporto con Dio.
Dio è la sorgente dell’essere, quindi quello che fa
veramente essere l’uomo è il rapporto che ha con Dio, è ciò che egli riceve da
Dio di conoscenza di Dio.
Questo è quello che veramente fa essere l’uomo.
Quindi la vera sorgente della gloria per tutti gli esseri
è la vicinanza o la lontananza da Dio.
Più uno è vicino a Dio e più riceve gloria da Dio.
Dio è la sorgente della vera gloria, è il principio della
gloria di tutto.
Allora dobbiamo dire che la gloria di un essere non è determinata
da ciò che egli è in sé, ma dal rapporto che ha con altro da Dio.
La gloria di Dio la conosciamo nelle sue opere, la gloria
delle creature la conosciamo nel rapporto di vicinanza che esse hanno con Colui
che è.
La gloria di Dio viene da ciò che Dio è per noi.
Ciò che Dio è per noi può essere visto soggettivamente,
cioè da ciò che Dio è per ognuno di noi, cioè dal posto che noi diamo a Dio, ma
può anche essere visto dal punto di vista oggettivo di Dio: ciò che Dio è per
noi, non dal posto che abbiamo dato noi a Dio, ma dal posto che Dio dà a noi.
Quando Dio vuole aumentare la gloria di un suo figlio
cosa dice?
“Amico vieni più su”, ecco lo invita ad essere più
vicino.
La maggiore vicinanza al padrone di casa, rende glorioso
colui che è stato invitato.
Chi veramente ama, cerca di vedere le cose dal punto di
vista dell’essere amato, cerca di guardare con gli occhi di colui che ama.
La vera gloria si vede in quanto cerchiamo di guardare
con gli occhi di Dio.
L’uomo è stato creato per giungere a vedere tutte le cose
secondo l’angolatura di Dio, dal punto di vista di Dio, “sub specie
aeternitatis”, soltanto così si partecipa e si fa una sola cosa con Dio.
La possibilità di potere pensare Dio, di potere amare
Dio, è un dono immenso che Dio ha dato all’uomo, perché gli ha dato la
possibilità di trasferirsi nel pensiero stesso di Dio e di cominciare a vedere
le cose dal punto di vista di Dio.
Quando noi pensiamo a noi stessi, noi guardiamo a-,
quando invece siamo nell’amore guardiamo da-.
Ecco la gloria è questo guardare da-, dall’alto.
Chi parla da
se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria
di colui che l'ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia. Gv 7 Vs 18 Quarto
tema.
Titolo:
Glorificare Dio II.
Argomenti: Riconoscere Dio Creatore
di tutto – L’intenzione di Dio nelle cose – Giustizia e gloria – Conoscenza per
esperienza o per causa – Il posto di Dio – L’autonomia da Dio – Separare l’opera
di Dio da Dio – L’intelligenza del segno – La menzogna – Il rapporto orizzontale
con la creazione – Il demonio divide – La parola è un
diffusore dell’io – La Parola e il Pensiero – Manifestazione della
gloria – Cercare e vedere la Gloria di Dio – La Gloria è conoscenza da Dio -
6/ Aprile /1982
Chi parla da
se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria
di colui che l'ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia. Gv 7 Vs 18 Quinto tema.
Titolo: La presenza
oggettiva di Dio io noi oscurata da noi.
Argomenti: Oscurare in noi la
verità di Dio. Privare il Figlio di Dio della sua Gloria in noi. Gloria è
manifestazione quindi presenza di ciò che uno è. Rapporto tra il
patire di Cristo e la sua Gloria. “Capisci quello che Io ti ho fatto?”. La resurrezione di
Cristo è un fatto passato e futuro. L’evidenziazione dell’errore dell’uomo. L’amante più si annulla, più si rivela. Conoscenza secondo la causa o l’esperienza. Il silenzio del Sabato. Perdere la visione dell’unico Creatore. L’infinito
di Dio nel relativo diventa molteplicità. Il peccato è omissione. Partecipare alla passione di Cristo. L’ora di Cristo è condizionata dal bisogno della creatura. Ritrovare Cristo risorto condizione per poter ascendere
al Padre. Ritrovare per restare
nella presenza oggettiva di Dio in noi. La
resurrezione dei corpi. L’ascensione. Ritrovare Cristo risorto nella misura in cui l’abbiamo
interiorizzato.
11/ Aprile
/1982
Eligio: Come si può passare dalla fede
nella resurrezione di Cristo alla certezza della sua resurrezione?
Luigi: Deve crescere in noi la conoscenza di
Cristo.
Ci sono due fattori che giocano.
Noi in fondo cerchiamo la nostra gloria nel
mondo, cercando la nostra gloria noi siamo menzogneri ed ingiusti, perché
tendiamo a mettere il nostro io al centro.
Mettendo il nostro io al centro, noi
oscuriamo la gloria, la verità di Dio, perché si accavallano in noi due verità.
Prima di tutto la verità di Dio che è in noi
anche senza di noi e poi l’ingiustizia che noi facciamo mettendo il nostro io
al centro.
La presenza di questi due fattori crea in noi
lo stato d’incertezza.
Cioè viene a mancare a noi l’oggettività
delle cose.
C’è una oggettività e una soggettività che
interferiscono tra loro e questo crea in noi questo stato di dubbio,
d’incertezza.
Nell’incertezza non abbiamo quella forza per
vincere l’attrazione per le cose del mondo.
Non possiamo annulare l’annuncio della
resurezzione di Cristo ma per arrivare alla certezza è necessario l’animo puro,
solo l’anima che è tutta immersa in Dio vede la certezza, perché riceve tutto
da Dio.
Dove l’animo è impuro, abbiamo le frange
d’interferenza, perché c’è l’annuncio di Dio e ci sono gli annunci del mio io
che interferiscono con gli annunci di Dio.
Per cui io vedo il mondo sotto l’angolatura
del mio io, dei miei interessi e questo si riflette nel giudicare gli altri.
E tutto questo crea una frangia d’incertezza,
di dubbio.
Priva il Figlio di Dio, il Verbo che parla a
me personalmente della sua gloria.
La gloria è ciò che un essere è nella Verità,
cioè in Dio, quindi oggettivamente, senza l’uomo.
Infatti nell’ultima preghiera al Padre Gesù
dice: “Ridona a tuo Figlio quella gloria che Egli ebbe, prima che il mondo
fosse”, cioè prima che il mondo dell’uomo, oscurasse nell’uomo, ciò che Lui è.
Che cosa Lui è?
Lui è il Pensiero del Padre.
Ora il mondo, essendo opera di Dio non
dovrebbe oscurare la gloria del Figlio, anzi dovrebbe portarci al Pensiero di
Dio, invece questo mondo oscura prima di tutto il Pensiero di Dio in noi, per
cui io dubito che sia mio pensiero o Pensiero di Dio.
“Sono io che penso Dio o è Dio che pensa in
me?”.
“Dio crea me o sono io che creo Dio?”.
La gloria del Figlio in me, quando parlo
autonomamente da Dio, viene oscurata.
Io parlo autonomamente da Dio non soltanto in
quanto penso a me, ma anche quando considero le cose separate da Dio.
Quando considero cose, creature, fatti, senza
riferirli al loro Principio Creatore, io parlo autonomamente, perché lascio
parlare in me le cose in modo staccato da Dio.
Siccome noi diventiamo figli delle nostre
parole e delle nostre azioni, se il nostro parlare è autonomo, staccato da Dio,
questo crea in noi l’offuscamento della gloria di Dio.
Allora che cosa possiamo fare per recuperare
questa gloria?
Proprio nel pomeriggio di Pasqua abbiamo
l’episodio di Emmaus.
Gesù si accompagna con i suoi discepoli di Emmaus
e a un certo momento dice: “Non doveva forse il Cristo patire tutte queste cose
per entrare nella sua gloria?”.
Cristo mica a perso la sua gloria.
Tutto quello che il Verbo incarnato dice o
fa, lo dice e lo fa per noi.
Perché l’oscuramento della gloria di Cristo
non è avvenuto in Dio, è avvenuto nell’uomo.
Allora questo “entrare nella sua gloria”, non
è un entrare del Figlio nella gloria del Padre, ma è un ristabilire la gloria
del Pensiero, della Parola di Dio nell’uomo che è offuscata dal mondo, cioè da
tutti quegli argomenti autonomi che l’uomo ha prodotto nella sua anima, per cui
a un certo momento ha avuto le nubi, la notte sulla presenza di Dio.
Gloria abbiamo detto è manifestazione di ciò
che un essere è, manifestazione quindi presenza di-.
Dio è indipendente dall’uomo, quindi abbiamo
una presenza oggettiva di Dio in noi, questa presenza oggettiva di Dio in noi,
viene oscurata dal nostro parlare autonomo da Dio.
“Non doveva forse il Cristo patire tutte
queste cose per entrare nella sua gloria?”, quasi a dire: “Per ristabilire la
sua presenza oggettiva nel cuore dell’uomo”.
Evidentemente è per riportare quella
chiarezza della sua presenza nei pensieri dell’uomo, nella mente dell’uomo.
Noi abbiamo bisogno di ritrovare la presenza
oggettiva di Dio in noi, il soggettivo ci confonde.
Il soggettivo è quello che è partito da me
autonomamente.
In quanto uno parla da sé, quindi cerca la
sua gloria, qui abbiamo la soggettività.
Questa soggettività confonde la presenza
oggettiva di Dio in me.
“Non doveva forse il Cristo patire tutte
queste cose per entrare nella sua gloria?”, per riportare cioè nell’animo
dell’uomo la presenza oggettiva, personale di Dio che porta alla certezza.
In modo che l’uomo possa esperimentare la
presenza di Dio che invece prima non poteba esperimentare.
Ma quale rapporto c’è tra il suo patire e il
rientrare nella sua gloria?
Attualmente il Pensiero di Dio in noi non è
chiaro, nel senso che non l’abbiamo presente obbiettivamente.
C’è un altra frase da tenere presente:
“Capisci quello che Io ti ho fatto?”.
Questo suo patire e questo suo morire, Lui lo
ha fatto per me.
Avendolo fatto, adesso mi rivolge
l’interrogazione: “Capisci quello che Io ti ho fatto?”.
Ci invita cioè a capire, a prendere
consapevolezza.
Non basta che avvenga la cosa, la creatura
deve prendere consapevolezza, deve capire.
Perché soltanto capendo tu resusciti,
altrimenti non resusciti.
Eligio: Questa sofferenza di Cristo è un
fatto che avviene interiormente o esteriormente?
Luigi: Quello che è avvenuto esteriormente è per
farci prendere coscienza di quello che è avvenuto interiormente e di quello che
deve avvenire ancora interiormente.
La passione e la morte del Cristo e la sua
resurrezione è un fatto passato ed è un fatto futuro nella vita di ognuno di
noi.
È quello che è avvenuto ed è quello che deve
avvenire.
È un fatto avvenuto perché parlando
autonomamente, noi offuschiamo la gloria di Dio in noi, facciamo fuori Dio
dalla nostra vita e ci creiamo confusione fra il soggettivo e l’oggettivo, per
cui siamo nell’incertezza, nel dubbio.
Questo è avvenuto esteriormente e questo mi
fa prendere coscienza di quello che è avvenuto interiormente a me e mi apre la
via per arrivare alla via della certezza oggettiva, solo patendo e morendo a me
stesso, come Lui è patito e morto io entro nella gloria di Dio, per cui questo
diventa un futuro.
Eligio: Ma qui non è il Figlio che patisce,
è la creatura che deve prendere coscienza di questo.
Luigi: Infatti dopo avere patito mi dice: “Capisci quello
che Io ti ho fatto?”.
La creatura è invitata a prendere
consapevolezza di quello che Dio ha fatto e perché Dio lo ha fatto.
Perché solo capendo ha la possibilità di
risorgere.
Ha la possibilità di uscire dal suo peccato,
da quella sfera soggettiva, da quel agire autonomamente.
La creatura non si crede nell’errore agendo
autonomamente, si crede nel giusto.
Lei crede che Dio l’abbia creata così:
“Bisogna lavorare, pensare a noi stessi”.
Quando invece ha preso coscienza della fonte
avvelenata del pensiero dell’io, ha la possibilità di evitarla.
Tutto quello che è avvenuto è Cristo che ha
preso su di Sé il mio peccato, per rivelare a me il peccato, perché solo così
io posso scoprire che la sorgente è avvelenata e in cosa consiste questo
avvelenamento.
E quindi ho la possibilità di evitarlo e sto
ben attento a lasciare entrare in me cose autonome da Dio, tutte le cose
scrupolosamente le accetterò da Dio, le riferirò a Dio e le dedurrò da Dio, e
non mi permetterò mai di dire una parola in modo autonomo.
Perché questo è causa dell’oscuramento della
gloria del Figlio di Dio in me, dell’oscuramento del Pensiero di Dio in me.
L’amore quanto più si annulla, tanto più si
afferma.
L’amore quanto più si dona e quindi si
annienta, tanto più si rivela.
Eligio: Non capisco perché donandosi si
annienti...
Luigi: Proprio donandosi si annienta.
Amare vuole dire non pensare a se stessi,
vuole dire offrirsi all’altro.
Amare vuole dire dedicarsi all’altro.
In quanto si dedica all’altro, uno si annulla
perché non si dedica a se stesso.
L’amore è dono di Sé, è espressione di questo
io che si annulla, che non pensa a se stesso, per donarsi all’altro.
Invece quanto più l’amore pretende per sé,
tanto più cessa di essere amore.
Uno annullandosi rivela la sua presenza, è il
processo di Cristo.
Dio è amore, siccome la creatura parlando di
sé è chiusa nel pensiero di sé, il Figlio di Dio solo donandosi e quindi
patendo e morendo per opera della creatura, si rivela, cioè è amore che si
rivela.
In quanto amore che si rivela, abbiamo un dato
oggettivo che si presenta a noi ma nello stesso tempo è anche via e se tu vuoi
arrivare alla presenza oggettiva del pensiero di Dio in te devi amare, devi
offrirti, perché soltanto offrendoti Lui si rivela.
Pinuccia: E noi siamo sempre in grado di
dedicarci a Dio?
Luigi: Noi siamo in grado di dedicarci, in quanto
capiamo quello che Dio ci ha fatto.
Noi da soli non siamo in grado di fare niente
ma possiamo rispondere all’amore di Dio, all’amore ricevuto e capito.
Per cui Dio per primo inizia l’opera di donazione
di Sé.
In quanto uno ama si offre all’altro, ma
proprio offrendosi all’altro si rivela all’altro.
Rivelandosi all’altro, offre all’altro la via
per arrivare alla presenza.
Cioè se tu vuoi arrivare a scoprire la
presenza di Dio, devi dedicarti, devi amare, devi donarti.
Ecco perché Dio morendo in croce fa per noi
un posto nel cielo di Dio, perché apre a noi la via, per questo abbiamo un
futuro davanti a noi.
In conseguenza della tua autonomia tu hai
oscurato la gloria di Dio in te, però oscurando la gloria di Dio in te, tu ti
sei privato della vita, perché la presenza oggettiva di Dio in te, è vita per
te.
Cristo morendo in croce, ha fatto per noi un
posto per la nostra resurrezione.
Pinuccia: Perché ci ha fatto capire la causa
della nostra morte.
Luigi: Certo, è logico, e ci ha fatto capire la via
per arrivare alla presenza oggettiva di Dio.
La nostra morte è ottenebramento della
presenza oggettiva del Pensiero di Dio in noi.
La gloria è la presenza del pensiero
oggettivo di Dio.
Questa presenza oggettiva viene solo dal
Padre, ma come faccio a restare in questa presenza quando io sono portato via
da tutte quelle presenze soggettive che sono prodotto del mio io?
Cristo morendo in croce mi offre un posto per
restare con Lui.
In modo da arrivare a conoscere il Padre e
dal Padre ricevere la vera conoscenza sul Figlio.
Prima abbiamo una conoscenza oggettiva
esperimentata del Pensiero di Dio in me, in quanto Lui si è donato a me mi ha
rivelato l’amore, ma è un amore che io costato per esperienza, perché Lui si è
donato a me.
Adesso, ho la possibilità restando in questa
presenza oggettiva che mi si è offerta, di arrivare al Padre e dal Padre potere
scoprire ciò che è il Verbo del Padre.
Abbiamo due grandi conoscenze, abbiamo la
conoscenza esperimentata che non è vera conoscenza, poiché è esperimentata nel
pensiero di noi stessi, per cui io tocco con mano che è così, ma è sempre
riferito a me.
E invece c’è la conoscenza per la causa, cioè
conoscendo la causa ne conosco l’effetto.
Così è la conoscenza del Figlio.
Abbiamo una conoscenza del Figlio per
esperienza, per quello che Lui si dona a me, e questo lo esperimento nel mio
io, qui ho la conoscenza in quanto l’amore che si dona si rivela, la persona
esperimenta l’amore, ma questa esperienza non è ancora la vera conoscenza.
La vera conoscenza è soltanto quando scoprirò
che cosa è il Figlio di Dio, il Pensiero di Dio dalla sua causa, cioè dal
Padre.
Ecco per cui Gesù prega per noi il Padre,
affinché lo ricostituisca in quella gloria che Egli ebbe prima che il mondo
fosse.
Eligio: La nostra resurrezione è un atto di
conoscenza o è anche una trasformazione totale?
Luigi: “Capisci quello che Io ti ho fatto?”, Gesù
ci dice questo per farci risorgere...
Eligio: Anche chi è morto interiormente
resusciterà con la consapevolezza della sua morte.
Luigi: Sì, certo...
Pinuccia: Non è detto, può risorgere vivo...
Eligio: Può risorgere vivo ma risorge anche
chi è morto interiormente.
Anche i dannati risorgeranno.
Luigi: Nessuno è senza peccato, per cui tutti siamo
morti interiormente.
Cristo è morto per tutti perché tutti hanno
bisogno della sua morte.
L’uomo può credere, illudersi di non avere
peccato, ma è un errore.
Infatti il Signore morendo ci dice: “Capisci
quello che Io ti ho fatto?”.
È Lui che lo ha fatto e lo ha fatto per me.
Per questo c’è il sabato dopo il venerdì
santo, questo sabato che è silenzio di tutto, perché a questo punto la creatura
è sola con ciò che Dio le ha fatto.
Dio è morto, però dice personalmente a me:
“Capisci quello che Io ti ho fatto?”.
Cioè m’invita a questa riflessione.
Il sabato santo è questo tempo di
riflessione.
È tempo di raccoglimento, non devi più
partecipare a niente, perché oramai tutto è compiuto.
Non c’è nessuna azione da fare, è
interiormente che tu devi prendere coscienza, devi capire quello che Dio ti ha
fatto.
Se capisci quello che Dio ti ha fatto in
questo silenzio qui, allora abbiamo la resurrezione.
Pinuccia: Perché capendo muoio al mio io?
Luigi: Non sono io che muoio, il fatto di capire mi
fa risorgere.
È luce che mi trasfigura, che mi trasforma.
È una trasformazione della creatura.
Come il corpo di Cristo nella Sindone è
passato attraverso il lenzuolo, sotto forma nuova.
Ha sprigionato energia, è luce, così anche
noi siamo sepolti, avvolti in un certo lenzuolo, capendo si sprigiona da noi
questa luce, questa energia che ci fa passare il lenzuolo, resta soltanto più
l’impronta di ciò di cui siamo stati causa ma abbiamo una creatura nuova.
Il problema del risorgere passa attraverso il
capire, se noi non capiamo non possiamo risorgere.
Meditare è la condizione per arrivare a
capire, però non è ancora capire.
Chi parla da
se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di
colui che l'ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia. Gv 7 Vs 18 Sesto
tema.
Titolo: Partecipare
della passione di Cristo.
Argomenti: Chi cerca la propria
gloria è menzognero: dubbio sulla presenza oggettiva in noi di Dio e i nostri
pensieri. Capire quello che Cristo ci ha fatto: Pasqua, incontrare Cristo risorto. La Pasqua è annuncio
di ciò che deve avvenire. Occuparsi delle cose del Cielo. Cristo risorto è la
Verità oggettiva di Dio in noi esperimentata, condizione per giungere a
Pentecoste. Partecipare della passione e della morte di
Cristo: capendo. L’amore tende a capire
l’amato. Il silenzio del sabato è per capire. Disponibili solo per-:
passione. Il peccato originale sta nel non cercare la gloria di Dio e ricade su di
noi. Riferire tutto a Dio. Il Verbo incarnato è rivelatore dei rapporti tra la
nostra anima e Dio. Noi uccidiamo Dio ma ne siamo consapevoli solo con la Luce. Staccati da Dio il
nostro metro di misura sono gli altri. Solo in Dio possiamo renderci conto della
realtà delle cose e di noi. Il cielo e la terra. La tomba vuota. La forza della
verità.
12/ Aprile
/1982
Abbiamo visto come questa sia una parola di
fuoco di Cristo verso tutti noi.
Perché affermando che solo chi cerca la
gloria di Colui che lo ha mandato è veritiero, mette in crisi tutti gli uomini.
Perché fa capire che parlando da se stessi,
cercando la propria gloria, gli uomini sono ingiusti e menzogneri.
E questa è parola di Dio.
Ed è proprio per questa ingiustizia, per questa
menzogna che Cristo ha dovuto patire ed è morto.
Abbiamo visto le due frasi fondamentali di
Pasqua: “Non doveva forse il Cristo patire tutte queste cose per entrare nella
sua gloria”.
Gloria che dovrebbe essere l’argomento
centrale della vita di tutti gli uomini che invece fanno come argomento di vita
il pensiero di se stessi, delle loro ambizioni e che necessariamente li porta
all’ingiustizia e alla falsità.
Gesù doveva patire tutte queste cose per
entrare nella sua gloria, cioè per manifestarsi per quello che veramente è:
questa presenza oggettiva del Pensiero di Dio in noi, senza quelle frange soggettive
con cui noi ci confondiamo e ci rendiamo impossibile la strada della verità.
Perché parlando da noi stessi e cercando la
nostra gloria seminiamo in noi il principio del dubbio e non riusciamo più a
identificare la presenza oggettiva in noi di Dio da quelli che sono i pensieri
nostri.
L’altra frase è: “Capisci quello che Io ti ho
fatto?” e abbiamo visto che proprio cercando di capire quello che Lui ci ha
fatto, noi risorgiamo e facciamo la Pasqua e quindi diventiamo capaci d’incontrare
il Cristo risorto.
Poiché cercando di capire, anche noi passiamo
attraverso la passione e la morte del Cristo.
Gesù dice che era necessario che patisse e
morisse, questo ci fa capire che quello che è avvenuto è soprattutto annuncio
di quello che deve avvenire nella nostra vita.
Direi che quello che deve avvenire è ancora
più importante di quello che è avvenuto.
La passione e la morte del Cristo che è
avvenuta, rappresenta un futuro nella nostra vita.
Un futuro per condurre noi alla gloria, per
trovare quella gloria per la quale siamo stati creati, che è condizione per
farci entrare nel regno della giustizia e della verità.
La condizione per renderci autentici.
Quello che è stato è annuncio di quello che
deve avvenire.
Per cui possiamo misurare qui la nostra
Pasqua.
Nella Pasqua noi abbiamo celebrato un
avvenimento passato e se questo avvenimento passato non diventa annuncio di
quello che deve avvenire nella nostra vita, noi non abbiamo fatto Pasqua.
Da che cosa noi vediamo se ci apriamo all’incontro
con il Cristo risorto o no?
E qui abbiamo un altra parola di fuoco che
dice San Paolo: “Se siete risorti con Cristo cercate le cose del cielo e non
più le cose della terra”.
È un altra parola di fuoco perché mette in
crisi l’uomo.
Noi chiamiamo alienazione occuparsi delle
cose del cielo, San Paolo dice che è resurrezione.
Il che vuole dire che fintanto che noi
continuiamo ad occuparci delle cose della terra, noi non siamo risorti con
Cristo, a meno di accusare di falsità la parola di San Paolo.
Ma se la parola di San Paolo è vera, noi dobbiamo
dire che non siamo risorti, fintanto che le cose del cielo, non diventano
occupazione nostra.
E allora capiamo quello che si diceva ieri
che si arriva alla resurrezione soltanto capendo quello che Dio ha fatto.
Quindi quello che Dio ha fatto diventa un
annuncio, diventa l’offerta a noi di un argomento che ci deve impegnare per
capirlo nella luce di Dio.
E soltanto nella misura in cui ci impegniamo
a capirlo nella luce di Dio, cioè nella luce dell’eternità, soltanto così noi
risorgiamo.
E soltanto risorgendo noi scopriamo il Cristo
che risorge.
Il Cristo risorto è la presenza oggettiva di
Dio in noi, esperimentata oggettivamente, esperimentata indipendentemente dal
nostro pensiero.
Presenza oggettiva ed è lì che Dio offre a
noi la certezza, la sicurezza.
È una certezza ed una sicurezza che non è
ancora la certezza e la sicurezza della Pentecoste, perché è ancora
esperimentata da noi, ma che è la condizione essenziale per potere incominciare
a vivere nelle cose del cielo.
“Nessuno può arrivare al Padre se non per
mezzo di Me”, ma quel “Me” non è più il Cristo incarnato ma è il Cristo
risorto.
Il “Me” del Cristo è persona, e la persona è
una sola quella divina, cioè il Figlio di Dio.
Quando dice: “Nessuno può venire al Padre se
non per mezzo di Me”, c’impegna già in questo suo cielo, ed è il cielo appunto
dell’uomo risorto.
Dell’uomo cioè che ha cercato di capire,
quello che Lui Cristo, Verbo incarnato ha fatto a noi: “Capisci quello che Io
ti ho fatto?”.
L’uomo che si preoccupa di capire quello che
il Verbo incarnato ha fatto a lui, partecipa della passione e della morte del
Cristo, muore a se stesso e subisce la passione di Dio nel mondo, come Cristo subì
la passione di Dio nel mondo.
Cristo fu condannato a morte per la sua
passione per Dio.
E così chiunque cerca di capire quello che
Cristo, Verbo di Dio incarnato ha fatto, partecipa di questa passione per Dio
nel mondo.
Per questo dico che quello che è avvenuto
diventa un futuro che è più importante di quello che è avvenuto, poiché non
basta che Cristo abbia patito, sia morto e sia risorto.
Se noi non partecipiamo di questa morte e
quindi non capiamo il significato di questa morte, Lui resta là e noi restiamo
qui e quindi non si entra nel regno di Dio.
Si entra nel regno di Dio in quanto si
commuore con Cristo dice sempre San Paolo.
Ecco questo patire con Cristo in quanto si
partecipa della stessa passione di Cristo.
La passione di Cristo è passione per Dio, non
è passione per il mondo.
E proprio per affermare questa verità di Dio
tra noi, Lui ha patito ed è morto, e soltanto se noi cerchiamo di capire quello
che Lui ha fatto, partecipiamo alla sua passione.
Allora si entra nel regno di Dio nella misura
in cui si ama, in cui ci si dona e quello che il Cristo ha fatto diventa una
traccia, un argomento su cui dobbiamo impegnarci per capirlo nella luce di Dio.
Chi parla da
se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria
di colui che l'ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia. Gv 7 Vs 18 Settimo
tema.
Titolo: Morire con Cristo.
Argomenti: L’amore per il Padre
è la passione di Cristo - Il dato essenziale dei nostri problemi è Dio - Capire la passione
di Cristo – Partecipare la passione di Cristo – Il dolore innocente – Offrire la sofferenza
– La fede sentimentale – Il sabato santo – Il silenzio che
segue la morte di Cristo – Il corpo del peccato – Partecipare a Dio – Il dato principale
dei nostri problemi – La rivelazione di come Cristo è presente – Natale e Croce – Materia e spirito
-
13/ Aprile
/1982
Non è stato
forse Mosè a darvi la Legge? Eppure nessuno di voi
osserva la Legge! Perché cercate di uccidermi?» Gv 7 Vs 19 Primo tema.
Titolo: L’illusione.
Argomenti: L’illusione della
legge. L’anima della legge. Il giovane ricco. Non credere alla misericordia di Dio. L’uomo non è principio
di verità. Il fallimento della vita. Risorgere con Cristo. Dialogare con Dio
anche l’inferno. Il perdono di Dio. Succubi della nostra realtà. Il dialogo con Dio. La turbolenza dei pensieri. Il criterio di verità. Sprecare il
pensiero per nulla. Illudersi di cercare la gloria di Dio. Mai considerare le
cose autonomamente da Dio. L’anima dei comandamenti.
18/ Aprile /1982 Vigna
“Nessuno di voi osserva la legge” lo dice ai
giudei che si vantavano di osservare la legge di Dio, era il motivo della loro
gloria in mezzo ai popoli quello di essere gli scrupolosi osservanti della
legge di Dio.
“Nessuno di voi osserva la legge”, quasi a
dire: nessuno di voi fa la volontà di Dio.
La legge è espressione della volontà di uno,
in quanto non si osserva la legge, non si fa la volontà di quest’uno, se non si
osserva la legge di Dio, non si fa la volontà di Dio.
E non fanno la volontà di Dio, perché non
riconoscono che il suo insegnamento viene da Dio: “Se qualcuno vuole fare la
volontà di Dio saprà se le mie parole sono di Dio o degli uomini”.
E poiché loro non riconoscevano che il
parlare di Gesù veniva da Dio, era segno che non si preoccupavano di fare la
volontà di Dio e quindi non potevano riconoscere quello che veniva da Dio, e
Gesù dice: “Nessuno di voi osserva la legge”.
Però lo dice ad un popolo che è convinto di
osservare scrupolosamente la legge di Dio.
Questo ci inoltra nell’argomento della
illusione.
L’uomo si può illudere, illudere di osservare
la legge, illudere di essere giusto, illudere di fare il bene, di compiere il
proprio dovere, illudere di fare delle cose importanti.
Proporrei come tema di oggi proprio questo:
come mai l’uomo si può illudere circa i valori, si può ritenere giusto e
trovarsi poi un giorno con la parola di Dio che gli dice che è stato ingiusto
tutta la vita.
L’uomo può ritenere di lavorare e faticare in
tutti i campi (anche religioso) tutta la vita e poi trovarsi di fronte alla
parola di Dio che gli dice: “Tu hai fatto niente tutta la vita”.
Noi possiamo venirci a trovare in questa
situazione.
Come mai l’uomo che è creatura di Dio può
illudersi, cosa c’è in lui di sbagliato e cosa può fare per evitare di
sbagliare tutta la vita e cosa può fare per evitare di illudersi tutta la vita.
Questo lo colleghiamo con il versetto
precedente, in cui Gesù aveva affermato: “Colui che parla da se stesso cerca la
propria gloria ma chi cerca la gloria di colui che lo ha mandato, questi è
veritiero e in lui non c’è ingiustizia”.
Qui Gesù, prima di dichiarare apertamente: “Nessuno
di voi osserva la legge”, ha offerto agli uomini la capacità di rendersi conto
del perché nessuno di loro osservava la legge.
Perché ha dichiarato prima che solo chi cerca
la gloria di Dio è veritiero e in lui non c’è ingiustizia.
Se Gesù afferma che la verità è nell’uomo che
cerca la gloria di Dio e chi parla di sé falsifica ogni cosa, ecco come si apre
a noi il campo dell’illusione.
Noi possiamo restare nella verità, solo e per
quel tanto che cerchiamo la gloria di Dio.
Noi non siamo la verità, la verità è Dio.
Noi possiamo solo partecipare della verità
che è Dio, nella misura in cui però cerchiamo la gloria di Dio.
In caso diverso, proprio perché non siamo la
verità, noi non abbiamo in noi stessi il criterio per riconoscere il giusto e l’ingiusto,
il più valido e il meno valido e non avendo in noi questo criterio, ecco che in
noi ci c’è questo rischio dell’illusione, per cui scambiamo i valori.
Tant’è vero che il messaggio di Cristo nel
mondo inizia con un capovolgimento di valori.
Quello che è grande agli occhi degli uomini è
nullo agli occhi di Dio e quello che agli occhi degli uomini è niente, diventa
grande agli occhi di Dio.
“Beati i poveri, coloro che piangono, i
mansueti”, capovolgimento dei valori.
Questo per evitare la confusione di valori
che abbiamo in noi quando non mettiamo Dio al centro della nostra vita, quando
non cerchiamo la gloria di Dio prima di tutto.
Noi restiamo illusi da quei valori autonomi
che abbiamo separato da Dio.
E così allora come dice il salmo, siamo
condotti a vecchiaia senza accorgercene, credendo magari di spendere molto bene
la nostra vita, mentre in realtà la spendiamo in niente.
C’è poi l’affermazione di Gesù chiara e
netta: “Vi manderanno a morte credendo con ciò di rendere gloria a Dio”, ecco
il capovolgimento di valori, mandano a morte coloro che recano la Parola di
Dio.
E lo giustifica dicendo: “Ciò faranno, perché
non hanno conosciuto né il Padre, né Me”, non hanno conosciuto!
Il fatto di non conoscere Dio ci porta a una
inversione di valori al punto tale da distruggere, da uccidere i veri valori,
credendo con ciò di rendere gloria a Dio.
Ecco fino a che punto l’uomo resta illuso
quando si distrae da Dio, cioè quando non cerca la gloria di Dio prima di
tutto.
“Nessuno di voi osserva la legge” e lo dice
anche per noi che magari ci preoccupiamo di osservare la legge.
Crediamo magari di osservare la legge e poi
ci troviamo con la parola di Dio che ci accusa di non avere mai osservato la
legge.
Com’è possibile che avvenga questa illusione?
Credo di spendere bene la mia vita e in
realtà la butto nell’immondizia.
Tutta la legge ha un anima e quest’anima è “Ama
il Signore con tutto te stesso”, tutta la legge è fatta per condurci al Cristo.
San Paolo è chiaro: “La legge è il pedagogo
che ci conduce a Cristo”, la legge è la strada che ci conduce a Cristo, ma se
il Cristo si presenta a me e io non lo riconosco, evidentemente io non ho mai
seguito la strada della legge.
Perché se avessi osservato la legge, la legge
mi avrebbe condotto al Cristo.
La legge avrebbe formato in me il bisogno, l’invocazione,
il pianto, la fame per Cristo e quando il Cristo si fosse presentato l’avrei
accolto e riconosciuto.
È come quel giovane ricco che seguendo i
comandamenti giunge al Cristo, osservando la legge è approdato all’incontro con
Cristo.
La legge lo ha condotto ad incontrare Cristo.
Non è stato
forse Mosè a darvi la Legge? Eppure nessuno di voi
osserva la Legge! Perché cercate di uccidermi?» Gv 7 Vs 19 Secondo
tema.
Titolo: L’illusione. II
Argomenti: Dio è il vivente,
l’uomo deve restarne unito. Chi guarda Dio s’accorge di sbagliare. Il bisogno
d’approvazione. In tutto c’è una lezione positiva di Dio. L’impegno intellettuale.
La morte del pensiero. Con Dio non si vive d’abitudine. Raccogliere in
continuazione in Dio. Raccogliendo si forma in noi la capacità di raccogliere.
La difficoltà di restare nel pensiero di Dio. La parabola del
pubblicano. Scambiare i mezzi per fine. Il desiderio di conoscere Dio. Il potere di
ridurre tutto in niente. Il mondo non si può cambiare. Mettere il fine come prima cosa. La gioia di conoscere
qualcosa di Dio.
19/ Aprile /1982