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Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l'ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia. Gv 7 Vs 18 Primo tema.


Titolo: Il criterio per distinguere il vero dal falso.


Argomenti: La gloria è manifestazione di ciò che uno è. Solo il Principio ci rivela l’essere delle cose poichè le fa essere. Il concetto di gloria è rapporto con un centro. Farsi centro della creazione. Solo cercando la Gloria di Dio siamo veritieri. Vedere come il Principio è in rapporto con noi. Spogliare Dio della sua Gloria. L’opera del Cristo per recuperare tutto alla Gloria di Dio. L’autonomia da Dio: menzogna e ingiustizia. Solo il Figlio può glorificare il Padre. Il rapporto tra il Padre e il Figlio. Sottomettersi a un mandato diverso da Dio. L’inganno della creatura. La fede e la gloria.


 

28/ Marzo /1982


Qui siamo giunti al terzo atto della seconda metà della festa.

Ci troviamo di fronte all’ultima concessione che Gesù fa agli uomini, per cercare di liberarli dalla chiusura su se stessi, per evitare loro di sprecare tutta la festa.

La sua prima dichiarazione è stata: “La mia dottrina non è mia ma di Colui che mi ha mandato”, cioè l’annuncio che gli uomini si trovano di fronte alla Parola di Dio.

Dio non è lontano dagli uomini in cielo, Dio è Colui che parla quotidianamente con gli uomini e gli uomini non dialogano con le creature ma dialogano con Dio, anche se non lo sanno.

Questa è l’anima di quest’affermazione di Gesù, poiché i giudei avevano detto: “Come mai Costui sa di lettere, senza avere mai studiato?”.

Gesù rivelava che era la Parola di Dio che giungeva loro, non era la parola degli uomini.

E poi era sceso ad offrire agli uomini (seconda concessione) la possibilità di capire personalmente quand’è che ci si trova di fronte alla Parola di Dio e quand’è che ci si trova di fronte a parole di uomini: “Se qualcuno vuole fare la Volontà di Dio saprà...”.

Abbiamo visto che la possibilità di riconoscere la Parola di Dio, deriva dal fare la Volontà di Dio.

Quel “fare” che vuole dire cercare in Dio il significato, l’intenzione di quello che Lui ci fa arrivare.

È questo il vero “fare”.

Qui Gesù scende ancora, mentre prima per dare agli uomini la possibilità di capire se una cosa era di Dio o meno, li invitava a salire presso Dio, adesso scende a livello degli uomini e offre loro il criterio, a livello umano per distinguere il vero dal falso.

“Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la Gloria di Colui che l'ha mandato è veritiero”, ecco il criterio essenziale per riconoscere ciò che è vero da ciò che è falso sta nel cercare la gloria di qualcuno.

Solo colui che cerca la gloria di colui che lo ha mandato è vero ed è giusto.

Ecco, il criterio di verità sta qui.

Mentre invece colui che parla autonomamente, che parla da se stesso cerca la propria gloria e quindi in lui c’è l’ingiustizia e c’è la falsità.

L’uomo che parla da se stesso, deve sempre alterare le cose.

Oggi dobbiamo cercare di approfondire questo fatto: come la vera giustizia e la verità si trovi soltanto in Colui che cerca la Gloria di Colui che lo ha mandato, cioè in Colui che cerca la Gloria di Dio.

Invece quando l’uomo pensa a se stesso e opera e vive per se stesso, necessariamente è ingiusto, necessariamente è menzognero, altera la verità.

Questa seconda parte della festa è il terzo atto che Egli fa, per cercare d’illuminare le anime e portarle sulla strada della verità.

È il terzo atto, perché è un criterio offerto a livello umano, come quando dice che gli alberi si riconoscono dai frutti.

Se il frutto è buono l’albero è buono, se il frutto è cattivo, l’albero è cattivo.

E il frutto sta in: state attenti al motivo per cui uno parla.

Se anima del nostro parlare e del nostro vivere è il pensiero del nostro io, il frutto è alterato, il frutto è cattivo, se invece anima del nostro pensare, del nostro agire, del nostro parlare è la preoccupazione della gloria di Dio, qui il frutto è autentico, il frutto è vero.

Dobbiamo cercare di approfondire il concetto di Gloria: “Cercare la Gloria di Colui che lo ha mandato”.

E perché soltanto quando si cerca la gloria di Colui che ci manda, del Creatore, soltanto a questa condizione la Verità è in noi e la giustizia è in noi.

In caso diverso noi seminiamo l’ingiustizia e quindi la falsità e quindi c’è l’inganno.

Abbiamo già visto che la “gloria” è ciò che uno è nella Verità di Dio.

La gloria è manifestazione di ciò che uno è.

Ma ciò che uno è, non è conoscibile di per sé, se non in rapporto a Dio che è Colui che fa essere tutto ciò che esiste.

Il Principio, Colui che è, è il principio di ogni essere e soltanto quindi nel principio di ogni essere, è possibile conoscere veramente ciò che uno è.

In caso diverso non si conosce.

Infatti noi vediamo tutte le creature e tutte le cose, però non sappiamo ciò che sono, appunto perché noi non vediamo Dio, cioè non vediamo il loro principio.

Non vedendole in Dio, non possiamo sapere ciò che sono e non vediamo quindi neppure la loro gloria.

Se la gloria di un essere si può trovarla solo cercandola nell’Essere, solo conoscendo ciò che l’Essere è in relazione alla creatura o alla cosa, è possibile conoscere veramente.

La gloria è conoscere ciò che un essere è in Dio, ma solo conoscendo ciò che Dio è rispetto a questo essere, possiamo conoscere ciò che questo essere è in Dio.

Cioè non è possibile conoscere ciò che un essere è in Dio, se non conosciamo ciò che Dio è rispetto a quell’essere.

Soltanto conoscendo la causa noi conosciamo l’effetto.

È impossibile conoscere l’effetto in relazione alla causa se non conosco la causa in relazione agli effetti.

Conoscere cioè l’effetto come dipendenza da-.

Per cui il vero concetto di gloria è attribuibile soltanto a Dio ma non in quello che Dio è in Sé, ma in relazione a quello che Dio è in relazione ad altro da Sé.

Cioè il concetto di gloria è un concetto di rapporto, non è conoscenza di quello che Dio è in Sé, ma è conoscenza di quello che Dio è in relazione a-. In relazione a qualcos’altro, può essere in relazione al Figlio, può essere in relazione alle creature.

Pinuccia: Invece la conoscenza dell’Essere in Sé come si chiama se non si chiama gloria?

Luigi: Adesso cerchiamo di capire il concetto di gloria.

La gloria è un concetto di rapporto, di relazione.

La gloria di Dio splende in tutto l’universo, ma splende in tutto l’universo soltanto se io vedo la presenza di Dio in tutte le cose, cioè se io vedo tutte le cose dipendenti da Dio ma se io non vedo questa dipendenza, non vedo la gloria di Dio che splende in tutte le cose.

Pinuccia: Quindi la gloria è solo di Dio.

Luigi: La gloria è solo di Dio.

E la gloria di una creatura è soltanto nel rapporto che ha con Dio, cioè la sua gloria è il posto che occupa in relazione a Dio.

Però questo posto che occupa in relazione a Dio, noi non lo possiamo vedere, non lo possiamo conoscere, se non conosciamo Dio in relazione a questo.

Cioè noi non possiamo trovare una creatura in relazione a Dio, se non conosciamo Dio in relazione a questa creatura.

È da Dio che possiamo conoscere il posto delle creature.

Perché Dio diventa il punto fisso di riferimento.

Dio diventa il centro.

Solo in relazione al centro, io posso situare tutte le creature, dare un posto alle creature.

La vera gloria è soltanto Dio che l’ha, essendo il centro, essendo il principio di tutto, in relazione al posto che creature, cose e pensieri hanno rispetto a questo Centro, c’è un rapporto di gloria.

Però questo rapporto è conoscibile soltanto in quanto noi abbiamo fissato bene il Principio, l’abbiamo messo al centro e nella misura in cui rapportiamo le cose a questo centro.

Quindi il vero concetto di gloria, è un rapporto di dipendenza da un centro, da un assoluto.

Però questo rapporto è conoscibile soltanto come derivato dal Centro, non è conoscibile dalla creatura verso il Centro.

“Chi cerca la Gloria di Colui che lo ha mandato”, abbiamo il concetto di “mandato”.

Soltanto colui che si mette in rapporto con il suo Principio ha la Verità in Sé, costui è giusto, se invece mette se stesso al centro, parla da se stesso, costui è ingiusto e semina la menzogna, altera tutto, perché mette se stesso al centro come punto fisso di riferimento.

Allora tutte le volte che noi parliamo o pensiamo autonomamente da Dio, in quanto parliamo autonomamente da Dio, mettiamo il nostro io come punto fisso di riferimento e quindi tendiamo a relazionare le cose al nostro io e cosa succede?

Succede che dobbiamo alterare tutte le cose, per farle vedere in dipendenza da noi stessi: “Sono io che ho fatto, che ho detto, che ho pensato”.

Per potere fare queste affermazioni, poco o tanto devo alterare le cose, perché tutte le cose ci dicono: “Dio mi ha fatta”, se invece una creatura deve presentarsi dicendo: “Sono io che ho fatto questo”, vedi che deve alterare qualcosa? Quindi deve togliere poco o tanto quella gloria che c’è di Dio in tutte le cose, perché in realtà è Dio che fa tutte le cose.

Allora soltanto se noi cerchiamo la gloria di Dio in tutte le cose, noi siamo veritieri e in noi non c’è ingiustizia e quello che si dice è la Verità.

Mentre invece se uno cerca il pensiero di sé o glorifica sé, deve alterare le cose e quindi non è da seguire.

Il concetto di gloria è un concetto di dipendenza da un centro, ma tutto dipende da qual è il centro dei nostri pensieri e della nostra vita.

Se metti come centro Colui dal quale vieni, cioè se cerchi la Gloria di Dio, tu appartieni alla Verità e il tuo parlare e il tuo vivere è un parlare veritiero o meglio è la Verità che parla in te.

Non sei più tu che parli ma è la Verità che parla in te.

Allora la Verità parla in noi, nella misura in cui noi ci preoccupiamo di questo rapporto con il Centro, con il Principio.

Però il vedere questo rapporto con il Centro, non ci è dato fintanto che noi non vediamo come il Principio è in rapporto con noi, altrimenti non possiamo vederlo.

Cioè noi possiamo cercarlo e cercandolo già apparteniamo alla Verità però non lo vediamo ancora.

Soltanto vedendo il rapporto che passa tra il Principio e la creatura, l’uomo può vedere la Gloria e parlare di questa Gloria che è la Gloria di Dio.

Pinuccia: Quindi non si può parlare di ciò che Dio è in Sé, si può parlare solo della sua Gloria.

Luigi: No, quello che Dio è in Sé è ciò per cui siamo stati creati.

Pinuccia: Però non se ne può parlare.

Luigi: Cristo ci condurrà a essa, ma questo è un fatto personale.

Gesù non cerca la Gloria di Se stesso, Lui cerca la Gloria del Padre.

Pinuccia: Cioè cerca la relazione che c’è tra il Principio e tutte le cose.

Luigi: Si capisce.

Per cui tende a eliminare ogni autonomia da Dio.

Là dove noi consideriamo le cose separate da Dio o quando pensiamo a noi in modo autonomo, noi implicitamente le mettiamo come centro e allora alteriamo tutto perché tutti i rapporti sono sbagliati.

Perché sono rapporti non con il vero Centro che è Dio ma con un centro sbagliato, falso.

Perché nessuno di noi è centro, poiché noi tutti siamo creature.

Noi siamo tutti distribuiti in periferia, quindi in rapporto al centro e allora il problema non sta nel trovare i rapporti che passano tra noi e le cose, ma nel trovare il rapporto che passa tra Dio e noi.

Quando noi stabiliamo dei rapporti tra noi e le cose, noi mettiamo il pensiero dell’io come punto fisso di riferimento, quindi come centro e questo punto fisso di riferimento ci costringe ad alterare tutti i rapporti e quindi tutti i valori.

Noi spogliamo Dio della sua Gloria, perché la sua gloria è “tutte le cose dipendenti da Lui”, non “tutte le cose dipendenti da altro”.

Quando affermiamo che tutte le cose dipendono dal caso, dalla natura o dagli uomini, noi spogliamo Dio della sua gloria.

La Gloria di Dio è manifestare la dipendenza di tutte le cose da Dio, cioè è cercare la Gloria di Dio.

Cercare la Gloria di Dio, è riconoscere che tutte le cose dipendono da Dio.

Quanto più noi facciamo dipendere le cose da Dio, tanto più noi facciamo la Gloria di Dio, noi rendiamo Gloria a Dio.

Quando invece riconosciamo che le cose dipendono da altro da Dio, noi escludiamo la Gloria di Dio.

Cristo è morto in croce, proprio per recuperare tutto alla Gloria del Padre e per escludere ogni altra gloria,

Nota che tutti i nostri errori derivano dal fatto che noi diciamo che le cose sono opera dell’uomo, del demonio, della natura, del caso, cioè praticamente, poco o tanto noi attribuiamo la Gloria di Dio alla gloria di altro da Dio.

Tutta l’opera del Cristo è quella di escludere, escludendo tutto ciò che non è Dio, si recupera tutto alla Gloria di Dio, perché si include Dio in tutto.

Il cercare la Gloria di Dio è un processo di inclusione, di riportare la presenza di Dio in tutto.

Mentre invece il nostro errore è escludere o allontanare la presenza di Dio da tutte le cose e da tutti i fatti, per mettere altre presenze, altre cause.


Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l'ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia. Gv 7 Vs 18 Secondo tema.


Titolo: La gloria è solo di Dio.


Argomenti: Il motivo per cui si parla. La Gloria di Dio è la relazione tra ciò che l’Essere è e ciò che fa. La gloria è una sola:quella di Dio. La gloria della creatura è quanto riceve  di luce da Dio. Dio creatore relativizza la creazione. Vedere come vede l’Altro.


 

29/ Marzo /1982


Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l'ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia. Gv 7 Vs 18 Terzo tema.


Titolo: Glorificare Dio.


Argomenti: Il rapporto con le creature è rapporto con Dio – Fare la Volontà di Dio – Il criterio di verità – Il frutto e l’albero – La fonte del peccato – Parlare da se stesso – Lettera ai Romani – Il peccato è omissione – La gloria degli uomini – La difficoltà a credere – La manifestazione dell’essere – Essere e avere – Dio sorgente dell’essere – Conoscenza e essere – Gloria oggettiva e soggettiva di Dio – La gloria è data dal rapporto con Dio – Guardare da Dio -    


 

4/ Aprile /1982 Vigna


Abbiamo visto come Gesù scenda ad offrire a uomini che dubitavano di Lui, il criterio per riconoscere chi è veritiero da chi è menzognero, per distinguere le parole giuste dalle parole non giuste.

Lui già prima aveva annunciato che stessero attenti, perché la Parola che arrivava loro era Parola di Dio: “La mia dottrina non è mia ma di Colui che mi ha mandato”.

L’uomo è un essere che è stato creato alla presenza di Dio, in ascolto di Dio.

E anche se l’uomo non lo sa o non se ne rende conto, lui in tutte le cose si comporta verso Dio e non verso le creature: “Io ero malato, io ero carcerato, io ero povero, l’avete fatto a me, l’avete fatto a me”.

Un giorno quando Dio manifesterà la sua Gloria, la sua Verità, noi toccheremo con mano che ogni giorno, tutto quello che noi abbiamo fatto alle creature, l’abbiamo fatto a Dio, perché era Dio che attraverso tutte le creature parlava con noi, colloquiava con noi.

Gesù dice parole che sono superiori a noi, noi molto difficilmente riusciamo a capire le sue parole, però non possiamo smentirle.

Lui è un Essere superiore ed evidentemente Dio che parla con noi annuncia a noi cose che la nostra piccola mente difficilmente riesce a comprendere, un giorno le comprenderemo certamente.

Attualmente non le possiamo capire, però non le possiamo smentire.

Gesù dice che l’uomo è in ascolto di Dio perché Dio è presente in tutto, poi aggiunge: “Se qualcuno vuole fare la Volontà di Dio, saprà, cioè capirà se le parole che dico vengono da Dio o dagli uomini”.

Dichiara che la capacità di comprendere ciò che Egli dice, è condizionata dal fare personalmente noi la volontà di Dio.

Chi cerca di fare la Volontà di Dio, questi ha la capacità di capire.

Perché l’intendere richiede la partecipazione personale nostra.

Senza la nostra partecipazione personale, noi riceviamo soltanto gli annunci, le parole di Dio, non le possiamo smentire, però non le possiamo capire.

Se vogliamo capirle dobbiamo cercare di fare la volontà di Dio.

Quanto più ci preoccupiamo di fare la volontà di Dio, tanto più si forma in noi l’intelligenza delle cose di Dio.

Ma poi Gesù scende ad offrire un criterio a livello puramente umano, come nei vangeli sinottici, quando dice che l’albero si riconosce dal frutto: “Se il frutto è buono anche l’albero è buono, se il frutto è cattivo, anche l’albero è cattivo”.

C’è una Verità che ha un suo sigillo già a livello umano.

Quello che dobbiamo approfondire oggi è questo: qual è la colpa, qual è il peccato dell’uomo che parla da se stesso?

Tutte le parole di Dio hanno un significato profondo per noi, perché sono parole attraverso cui Lui ci educa alla vera vita.

E così anche in quest’affermazione di Gesù:”Colui che parla da se stesso cerca la propria gloria”, dobbiamo vedere quale significato, quale lezione Dio ci vuole dare per la nostra vita personale.

Dobbiamo cercare di capire che cosa Dio ci vuole comunicare con questa frase.

Quand’è che l’uomo parla da se stesso?

Cosa vuole dire parlare da se stesso?

E perché qui ci sia la fonte del nostro peccato, del nostro errore, della nostra ingiustizia.

E poi ancora dobbiamo vedere le conseguenze di questo parlare da se stesso.

Evidentemente se Gesù dice che colui che cerca la propria gloria è sorgente di menzogna, questo ci rivela che l’uomo è stato creato non per parlare da se stesso, ma per essere portavoce della Parola di Dio.

Cioè l’uomo è stato creato per la Gloria di Dio.

L’uomo è stato creato per parlare, per magnificare, per annunciare Dio.

Per capire questo tenete presente il primo capitolo della lettera ai romani, dove San Paolo dice: “Essi sono senza scusa, perché avendo conosciuto Dio non lo hanno glorificato come Dio ma hanno vaneggiato nei loro pensieri e il loro stolto cuore si è avvolto nelle tenebre”.

È un po’ qui il nucleo del vero peccato dell’uomo che è essenzialmente un peccato di omissione: l’uomo che non rende Gloria a Dio, perché avendo capito che Dio esiste, l’uomo è impegnato a glorificarlo e se non lo glorifica l’uomo è senza scusa.

“Tu sapevi che Io esistevo e perché non mi hai glorificato?”.

Questa non è solo la sorgente del peccato ma è anche la sorgente di tutte le nostre difficoltà a credere in Dio.

Anche qui Gesù è molto chiaro perché dice: “Come potete credere voi che elemosinate la gloria gli uni dagli altri?”, ecco chi cerca la propria gloria non può credere e se anche avesse la fede la perderebbe.

Questo perché l’uomo non si rende conto che deve glorificare Dio.

E allora dobbiamo anche chiederci cosa vuole dire glorificare Dio e quand’è che noi glorifichiamo Dio.

La gloria è la manifestazione di ciò che un essere è.

Ma ciò che un essere è, non è determinato da ciò che ha, perché noi generalmente, pensando a noi stessi associamo la gloria di un essere a ciò che ha, per cui più uno ha e più riceve gloria.

Ma questa è la gloria che falsifica tutta la nostra vita, perché ciò che noi abbiamo non cambia ciò che noi siamo.

Ciò che veramente un essere è, è determinato dal suo rapporto con Dio.

Dio è la sorgente dell’essere, quindi quello che fa veramente essere l’uomo è il rapporto che ha con Dio, è ciò che egli riceve da Dio di conoscenza di Dio.

Questo è quello che veramente fa essere l’uomo.

Quindi la vera sorgente della gloria per tutti gli esseri è la vicinanza o la lontananza da Dio.

Più uno è vicino a Dio e più riceve gloria da Dio.

Dio è la sorgente della vera gloria, è il principio della gloria di tutto.

Allora dobbiamo dire che la gloria di un essere non è determinata da ciò che egli è in sé, ma dal rapporto che ha con altro da Dio.

La gloria di Dio la conosciamo nelle sue opere, la gloria delle creature la conosciamo nel rapporto di vicinanza che esse hanno con Colui che è.

La gloria di Dio viene da ciò che Dio è per noi.

Ciò che Dio è per noi può essere visto soggettivamente, cioè da ciò che Dio è per ognuno di noi, cioè dal posto che noi diamo a Dio, ma può anche essere visto dal punto di vista oggettivo di Dio: ciò che Dio è per noi, non dal posto che abbiamo dato noi a Dio, ma dal posto che Dio dà a noi.

Quando Dio vuole aumentare la gloria di un suo figlio cosa dice?

“Amico vieni più su”, ecco lo invita ad essere più vicino.

La maggiore vicinanza al padrone di casa, rende glorioso colui che è stato invitato.

Chi veramente ama, cerca di vedere le cose dal punto di vista dell’essere amato, cerca di guardare con gli occhi di colui che ama.

La vera gloria si vede in quanto cerchiamo di guardare con gli occhi di Dio.

L’uomo è stato creato per giungere a vedere tutte le cose secondo l’angolatura di Dio, dal punto di vista di Dio, “sub specie aeternitatis”, soltanto così si partecipa e si fa una sola cosa con Dio.

La possibilità di potere pensare Dio, di potere amare Dio, è un dono immenso che Dio ha dato all’uomo, perché gli ha dato la possibilità di trasferirsi nel pensiero stesso di Dio e di cominciare a vedere le cose dal punto di vista di Dio.

Quando noi pensiamo a noi stessi, noi guardiamo a-, quando invece siamo nell’amore guardiamo da-.

Ecco la gloria è questo guardare da-, dall’alto.


Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l'ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia. Gv 7 Vs 18 Quarto tema.


Titolo: Glorificare Dio II.


Argomenti: Riconoscere Dio Creatore di tutto – L’intenzione di Dio nelle cose – Giustizia e gloria – Conoscenza per esperienza o per causa – Il posto di Dio – L’autonomia da Dio – Separare l’opera di Dio da Dio – L’intelligenza del segno – La menzogna – Il rapporto orizzontale con la creazione – Il demonio divide – La parola è un diffusore dell’io – La Parola e il Pensiero – Manifestazione della gloria – Cercare e vedere la Gloria di Dio – La Gloria è conoscenza da Dio -


 

6/ Aprile /1982



Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l'ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia. Gv 7 Vs 18 Quinto tema.


Titolo: La presenza oggettiva di Dio io noi oscurata da noi.


Argomenti: Oscurare in noi la verità di Dio. Privare il Figlio di Dio della sua Gloria in noi. Gloria è manifestazione quindi presenza di ciò che uno è. Rapporto tra il patire di Cristo e la sua Gloria. “Capisci quello che Io ti ho fatto?”. La resurrezione di Cristo è un fatto passato e futuro. L’evidenziazione dell’errore dell’uomo. L’amante più si annulla, più si rivela. Conoscenza secondo la causa o l’esperienza. Il silenzio del Sabato. Perdere la visione dell’unico Creatore. L’infinito di Dio nel relativo diventa molteplicità. Il peccato è omissione. Partecipare alla passione di Cristo. L’ora di Cristo è condizionata dal bisogno della creatura. Ritrovare Cristo risorto condizione per poter ascendere al Padre. Ritrovare per restare nella presenza oggettiva di Dio in noi. La resurrezione dei corpi. L’ascensione. Ritrovare Cristo risorto nella misura in cui l’abbiamo interiorizzato.


 

11/ Aprile /1982


Eligio: Come si può passare dalla fede nella resurrezione di Cristo alla certezza della sua resurrezione?

Luigi: Deve crescere in noi la conoscenza di Cristo.

Ci sono due fattori che giocano.

Noi in fondo cerchiamo la nostra gloria nel mondo, cercando la nostra gloria noi siamo menzogneri ed ingiusti, perché tendiamo a mettere il nostro io al centro.

Mettendo il nostro io al centro, noi oscuriamo la gloria, la verità di Dio, perché si accavallano in noi due verità.

Prima di tutto la verità di Dio che è in noi anche senza di noi e poi l’ingiustizia che noi facciamo mettendo il nostro io al centro.

La presenza di questi due fattori crea in noi lo stato d’incertezza.

Cioè viene a mancare a noi l’oggettività delle cose.

C’è una oggettività e una soggettività che interferiscono tra loro e questo crea in noi questo stato di dubbio, d’incertezza.

Nell’incertezza non abbiamo quella forza per vincere l’attrazione per le cose del mondo.

Non possiamo annulare l’annuncio della resurezzione di Cristo ma per arrivare alla certezza è necessario l’animo puro, solo l’anima che è tutta immersa in Dio vede la certezza, perché riceve tutto da Dio.

Dove l’animo è impuro, abbiamo le frange d’interferenza, perché c’è l’annuncio di Dio e ci sono gli annunci del mio io che interferiscono con gli annunci di Dio.

Per cui io vedo il mondo sotto l’angolatura del mio io, dei miei interessi e questo si riflette nel giudicare gli altri.

E tutto questo crea una frangia d’incertezza, di dubbio.

Priva il Figlio di Dio, il Verbo che parla a me personalmente della sua gloria.

La gloria è ciò che un essere è nella Verità, cioè in Dio, quindi oggettivamente, senza l’uomo.

Infatti nell’ultima preghiera al Padre Gesù dice: “Ridona a tuo Figlio quella gloria che Egli ebbe, prima che il mondo fosse”, cioè prima che il mondo dell’uomo, oscurasse nell’uomo, ciò che Lui è.

Che cosa Lui è?

Lui è il Pensiero del Padre.

Ora il mondo, essendo opera di Dio non dovrebbe oscurare la gloria del Figlio, anzi dovrebbe portarci al Pensiero di Dio, invece questo mondo oscura prima di tutto il Pensiero di Dio in noi, per cui io dubito che sia mio pensiero o Pensiero di Dio.

“Sono io che penso Dio o è Dio che pensa in me?”.

“Dio crea me o sono io che creo Dio?”.

La gloria del Figlio in me, quando parlo autonomamente da Dio, viene oscurata.

Io parlo autonomamente da Dio non soltanto in quanto penso a me, ma anche quando considero le cose separate da Dio.

Quando considero cose, creature, fatti, senza riferirli al loro Principio Creatore, io parlo autonomamente, perché lascio parlare in me le cose in modo staccato da Dio.

Siccome noi diventiamo figli delle nostre parole e delle nostre azioni, se il nostro parlare è autonomo, staccato da Dio, questo crea in noi l’offuscamento della gloria di Dio.

Allora che cosa possiamo fare per recuperare questa gloria?

Proprio nel pomeriggio di Pasqua abbiamo l’episodio di Emmaus.

Gesù si accompagna con i suoi discepoli di Emmaus e a un certo momento dice: “Non doveva forse il Cristo patire tutte queste cose per entrare nella sua gloria?”.

Cristo mica a perso la sua gloria.

Tutto quello che il Verbo incarnato dice o fa, lo dice e lo fa per noi.

Perché l’oscuramento della gloria di Cristo non è avvenuto in Dio, è avvenuto nell’uomo.

Allora questo “entrare nella sua gloria”, non è un entrare del Figlio nella gloria del Padre, ma è un ristabilire la gloria del Pensiero, della Parola di Dio nell’uomo che è offuscata dal mondo, cioè da tutti quegli argomenti autonomi che l’uomo ha prodotto nella sua anima, per cui a un certo momento ha avuto le nubi, la notte sulla presenza di Dio.

Gloria abbiamo detto è manifestazione di ciò che un essere è, manifestazione quindi presenza di-.

Dio è indipendente dall’uomo, quindi abbiamo una presenza oggettiva di Dio in noi, questa presenza oggettiva di Dio in noi, viene oscurata dal nostro parlare autonomo da Dio.

“Non doveva forse il Cristo patire tutte queste cose per entrare nella sua gloria?”, quasi a dire: “Per ristabilire la sua presenza oggettiva nel cuore dell’uomo”.

Evidentemente è per riportare quella chiarezza della sua presenza nei pensieri dell’uomo, nella mente dell’uomo.

Noi abbiamo bisogno di ritrovare la presenza oggettiva di Dio in noi, il soggettivo ci confonde.

Il soggettivo è quello che è partito da me autonomamente.

In quanto uno parla da sé, quindi cerca la sua gloria, qui abbiamo la soggettività.

Questa soggettività confonde la presenza oggettiva di Dio in me.

“Non doveva forse il Cristo patire tutte queste cose per entrare nella sua gloria?”, per riportare cioè nell’animo dell’uomo la presenza oggettiva, personale di Dio che porta alla certezza.

In modo che l’uomo possa esperimentare la presenza di Dio che invece prima non poteba esperimentare.

Ma quale rapporto c’è tra il suo patire e il rientrare nella sua gloria?

Attualmente il Pensiero di Dio in noi non è chiaro, nel senso che non l’abbiamo presente obbiettivamente.

C’è un altra frase da tenere presente: “Capisci quello che Io ti ho fatto?”.

Questo suo patire e questo suo morire, Lui lo ha fatto per me.

Avendolo fatto, adesso mi rivolge l’interrogazione: “Capisci quello che Io ti ho fatto?”.

Ci invita cioè a capire, a prendere consapevolezza.

Non basta che avvenga la cosa, la creatura deve prendere consapevolezza, deve capire.

Perché soltanto capendo tu resusciti, altrimenti non resusciti.

Eligio: Questa sofferenza di Cristo è un fatto che avviene interiormente o esteriormente?

Luigi: Quello che è avvenuto esteriormente è per farci prendere coscienza di quello che è avvenuto interiormente e di quello che deve avvenire ancora interiormente.

La passione e la morte del Cristo e la sua resurrezione è un fatto passato ed è un fatto futuro nella vita di ognuno di noi.

È quello che è avvenuto ed è quello che deve avvenire.

È un fatto avvenuto perché parlando autonomamente, noi offuschiamo la gloria di Dio in noi, facciamo fuori Dio dalla nostra vita e ci creiamo confusione fra il soggettivo e l’oggettivo, per cui siamo nell’incertezza, nel dubbio.

Questo è avvenuto esteriormente e questo mi fa prendere coscienza di quello che è avvenuto interiormente a me e mi apre la via per arrivare alla via della certezza oggettiva, solo patendo e morendo a me stesso, come Lui è patito e morto io entro nella gloria di Dio, per cui questo diventa un futuro.

Eligio: Ma qui non è il Figlio che patisce, è la creatura che deve prendere coscienza di questo.

Luigi: Infatti dopo avere patito mi dice: “Capisci quello che Io ti ho fatto?”.

La creatura è invitata a prendere consapevolezza di quello che Dio ha fatto e perché Dio lo ha fatto.

Perché solo capendo ha la possibilità di risorgere.

Ha la possibilità di uscire dal suo peccato, da quella sfera soggettiva, da quel agire autonomamente.

La creatura non si crede nell’errore agendo autonomamente, si crede nel giusto.

Lei crede che Dio l’abbia creata così: “Bisogna lavorare, pensare a noi stessi”.

Quando invece ha preso coscienza della fonte avvelenata del pensiero dell’io, ha la possibilità di evitarla.

Tutto quello che è avvenuto è Cristo che ha preso su di Sé il mio peccato, per rivelare a me il peccato, perché solo così io posso scoprire che la sorgente è avvelenata e in cosa consiste questo avvelenamento.

E quindi ho la possibilità di evitarlo e sto ben attento a lasciare entrare in me cose autonome da Dio, tutte le cose scrupolosamente le accetterò da Dio, le riferirò a Dio e le dedurrò da Dio, e non mi permetterò mai di dire una parola in modo autonomo.

Perché questo è causa dell’oscuramento della gloria del Figlio di Dio in me, dell’oscuramento del Pensiero di Dio in me.

L’amore quanto più si annulla, tanto più si afferma.

L’amore quanto più si dona e quindi si annienta, tanto più si rivela.

Eligio: Non capisco perché donandosi si annienti...

Luigi: Proprio donandosi si annienta.

Amare vuole dire non pensare a se stessi, vuole dire offrirsi all’altro.

Amare vuole dire dedicarsi all’altro.

In quanto si dedica all’altro, uno si annulla perché non si dedica a se stesso.

L’amore è dono di Sé, è espressione di questo io che si annulla, che non pensa a se stesso, per donarsi all’altro.

Invece quanto più l’amore pretende per sé, tanto più cessa di essere amore.

Uno annullandosi rivela la sua presenza, è il processo di Cristo.

Dio è amore, siccome la creatura parlando di sé è chiusa nel pensiero di sé, il Figlio di Dio solo donandosi e quindi patendo e morendo per opera della creatura, si rivela, cioè è amore che si rivela.

In quanto amore che si rivela, abbiamo un dato oggettivo che si presenta a noi ma nello stesso tempo è anche via e se tu vuoi arrivare alla presenza oggettiva del pensiero di Dio in te devi amare, devi offrirti, perché soltanto offrendoti Lui si rivela.

Pinuccia: E noi siamo sempre in grado di dedicarci a Dio?

Luigi: Noi siamo in grado di dedicarci, in quanto capiamo quello che Dio ci ha fatto.

Noi da soli non siamo in grado di fare niente ma possiamo rispondere all’amore di Dio, all’amore ricevuto e capito.

Per cui Dio per primo inizia l’opera di donazione di Sé.

In quanto uno ama si offre all’altro, ma proprio offrendosi all’altro si rivela all’altro.

Rivelandosi all’altro, offre all’altro la via per arrivare alla presenza.

Cioè se tu vuoi arrivare a scoprire la presenza di Dio, devi dedicarti, devi amare, devi donarti.

Ecco perché Dio morendo in croce fa per noi un posto nel cielo di Dio, perché apre a noi la via, per questo abbiamo un futuro davanti a noi.

In conseguenza della tua autonomia tu hai oscurato la gloria di Dio in te, però oscurando la gloria di Dio in te, tu ti sei privato della vita, perché la presenza oggettiva di Dio in te, è vita per te.

Cristo morendo in croce, ha fatto per noi un posto per la nostra resurrezione.

Pinuccia: Perché ci ha fatto capire la causa della nostra morte.

Luigi: Certo, è logico, e ci ha fatto capire la via per arrivare alla presenza oggettiva di Dio.

La nostra morte è ottenebramento della presenza oggettiva del Pensiero di Dio in noi.

La gloria è la presenza del pensiero oggettivo di Dio.

Questa presenza oggettiva viene solo dal Padre, ma come faccio a restare in questa presenza quando io sono portato via da tutte quelle presenze soggettive che sono prodotto del mio io?

Cristo morendo in croce mi offre un posto per restare con Lui.

In modo da arrivare a conoscere il Padre e dal Padre ricevere la vera conoscenza sul Figlio.

Prima abbiamo una conoscenza oggettiva esperimentata del Pensiero di Dio in me, in quanto Lui si è donato a me mi ha rivelato l’amore, ma è un amore che io costato per esperienza, perché Lui si è donato a me.

Adesso, ho la possibilità restando in questa presenza oggettiva che mi si è offerta, di arrivare al Padre e dal Padre potere scoprire ciò che è il Verbo del Padre.

Abbiamo due grandi conoscenze, abbiamo la conoscenza esperimentata che non è vera conoscenza, poiché è esperimentata nel pensiero di noi stessi, per cui io tocco con mano che è così, ma è sempre riferito a me.

E invece c’è la conoscenza per la causa, cioè conoscendo la causa ne conosco l’effetto.

Così è la conoscenza del Figlio.

Abbiamo una conoscenza del Figlio per esperienza, per quello che Lui si dona a me, e questo lo esperimento nel mio io, qui ho la conoscenza in quanto l’amore che si dona si rivela, la persona esperimenta l’amore, ma questa esperienza non è ancora la vera conoscenza.

La vera conoscenza è soltanto quando scoprirò che cosa è il Figlio di Dio, il Pensiero di Dio dalla sua causa, cioè dal Padre.

Ecco per cui Gesù prega per noi il Padre, affinché lo ricostituisca in quella gloria che Egli ebbe prima che il mondo fosse.

Eligio: La nostra resurrezione è un atto di conoscenza o è anche una trasformazione totale?

Luigi: “Capisci quello che Io ti ho fatto?”, Gesù ci dice questo per farci risorgere...

Eligio: Anche chi è morto interiormente resusciterà con la consapevolezza della sua morte.

Luigi: Sì, certo...

Pinuccia: Non è detto, può risorgere vivo...

Eligio: Può risorgere vivo ma risorge anche chi è morto interiormente.

Anche i dannati risorgeranno.

Luigi: Nessuno è senza peccato, per cui tutti siamo morti interiormente.

Cristo è morto per tutti perché tutti hanno bisogno della sua morte.

L’uomo può credere, illudersi di non avere peccato, ma è un errore.

Infatti il Signore morendo ci dice: “Capisci quello che Io ti ho fatto?”.

È Lui che lo ha fatto e lo ha fatto per me.

Per questo c’è il sabato dopo il venerdì santo, questo sabato che è silenzio di tutto, perché a questo punto la creatura è sola con ciò che Dio le ha fatto.

Dio è morto, però dice personalmente a me: “Capisci quello che Io ti ho fatto?”.

Cioè m’invita a questa riflessione.

Il sabato santo è questo tempo di riflessione.

È tempo di raccoglimento, non devi più partecipare a niente, perché oramai tutto è compiuto.

Non c’è nessuna azione da fare, è interiormente che tu devi prendere coscienza, devi capire quello che Dio ti ha fatto.

Se capisci quello che Dio ti ha fatto in questo silenzio qui, allora abbiamo la resurrezione.

Pinuccia: Perché capendo muoio al mio io?

Luigi: Non sono io che muoio, il fatto di capire mi fa risorgere.

È luce che mi trasfigura, che mi trasforma.

È una trasformazione della creatura.

Come il corpo di Cristo nella Sindone è passato attraverso il lenzuolo, sotto forma nuova.

Ha sprigionato energia, è luce, così anche noi siamo sepolti, avvolti in un certo lenzuolo, capendo si sprigiona da noi questa luce, questa energia che ci fa passare il lenzuolo, resta soltanto più l’impronta di ciò di cui siamo stati causa ma abbiamo una creatura nuova.

Il problema del risorgere passa attraverso il capire, se noi non capiamo non possiamo risorgere.

Meditare è la condizione per arrivare a capire, però non è ancora capire.


Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l'ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia. Gv 7 Vs 18 Sesto tema.


Titolo: Partecipare della passione di Cristo.


Argomenti: Chi cerca la propria gloria è menzognero: dubbio sulla presenza oggettiva in noi di Dio e i nostri pensieri. Capire quello che Cristo ci ha fatto: Pasqua, incontrare Cristo risorto. La Pasqua è annuncio di ciò che deve avvenire. Occuparsi delle cose del Cielo. Cristo risorto è la Verità oggettiva di Dio in noi esperimentata, condizione per giungere a Pentecoste. Partecipare della passione e della morte di Cristo:  capendo. L’amore tende a capire l’amato. Il silenzio del sabato è per capire. Disponibili solo per-: passione. Il peccato originale sta nel non cercare la gloria di Dio e ricade su di noi. Riferire tutto a Dio. Il Verbo incarnato è rivelatore dei rapporti tra la nostra anima e Dio. Noi uccidiamo Dio ma ne siamo consapevoli solo con la Luce. Staccati da Dio il nostro metro di misura sono gli altri. Solo in Dio possiamo renderci conto della realtà delle cose e di noi. Il cielo e la terra. La tomba vuota. La forza della verità.


 

12/ Aprile /1982


Abbiamo visto come questa sia una parola di fuoco di Cristo verso tutti noi.

Perché affermando che solo chi cerca la gloria di Colui che lo ha mandato è veritiero, mette in crisi tutti gli uomini.

Perché fa capire che parlando da se stessi, cercando la propria gloria, gli uomini sono ingiusti e menzogneri.

E questa è parola di Dio.

Ed è proprio per questa ingiustizia, per questa menzogna che Cristo ha dovuto patire ed è morto.

Abbiamo visto le due frasi fondamentali di Pasqua: “Non doveva forse il Cristo patire tutte queste cose per entrare nella sua gloria”.

Gloria che dovrebbe essere l’argomento centrale della vita di tutti gli uomini che invece fanno come argomento di vita il pensiero di se stessi, delle loro ambizioni e che necessariamente li porta all’ingiustizia e alla falsità.

Gesù doveva patire tutte queste cose per entrare nella sua gloria, cioè per manifestarsi per quello che veramente è: questa presenza oggettiva del Pensiero di Dio in noi, senza quelle frange soggettive con cui noi ci confondiamo e ci rendiamo impossibile la strada della verità.

Perché parlando da noi stessi e cercando la nostra gloria seminiamo in noi il principio del dubbio e non riusciamo più a identificare la presenza oggettiva in noi di Dio da quelli che sono i pensieri nostri.

L’altra frase è: “Capisci quello che Io ti ho fatto?” e abbiamo visto che proprio cercando di capire quello che Lui ci ha fatto, noi risorgiamo e facciamo la Pasqua e quindi diventiamo capaci d’incontrare il Cristo risorto.

Poiché cercando di capire, anche noi passiamo attraverso la passione e la morte del Cristo.

Gesù dice che era necessario che patisse e morisse, questo ci fa capire che quello che è avvenuto è soprattutto annuncio di quello che deve avvenire nella nostra vita.

Direi che quello che deve avvenire è ancora più importante di quello che è avvenuto.

La passione e la morte del Cristo che è avvenuta, rappresenta un futuro nella nostra vita.

Un futuro per condurre noi alla gloria, per trovare quella gloria per la quale siamo stati creati, che è condizione per farci entrare nel regno della giustizia e della verità.

La condizione per renderci autentici.

Quello che è stato è annuncio di quello che deve avvenire.

Per cui possiamo misurare qui la nostra Pasqua.

Nella Pasqua noi abbiamo celebrato un avvenimento passato e se questo avvenimento passato non diventa annuncio di quello che deve avvenire nella nostra vita, noi non abbiamo fatto Pasqua.

Da che cosa noi vediamo se ci apriamo all’incontro con il Cristo risorto o no?

E qui abbiamo un altra parola di fuoco che dice San Paolo: “Se siete risorti con Cristo cercate le cose del cielo e non più le cose della terra”.

È un altra parola di fuoco perché mette in crisi l’uomo.

Noi chiamiamo alienazione occuparsi delle cose del cielo, San Paolo dice che è resurrezione.

Il che vuole dire che fintanto che noi continuiamo ad occuparci delle cose della terra, noi non siamo risorti con Cristo, a meno di accusare di falsità la parola di San Paolo.

Ma se la parola di San Paolo è vera, noi dobbiamo dire che non siamo risorti, fintanto che le cose del cielo, non diventano occupazione nostra.

E allora capiamo quello che si diceva ieri che si arriva alla resurrezione soltanto capendo quello che Dio ha fatto.

Quindi quello che Dio ha fatto diventa un annuncio, diventa l’offerta a noi di un argomento che ci deve impegnare per capirlo nella luce di Dio.

E soltanto nella misura in cui ci impegniamo a capirlo nella luce di Dio, cioè nella luce dell’eternità, soltanto così noi risorgiamo.

E soltanto risorgendo noi scopriamo il Cristo che risorge.

Il Cristo risorto è la presenza oggettiva di Dio in noi, esperimentata oggettivamente, esperimentata indipendentemente dal nostro pensiero.

Presenza oggettiva ed è lì che Dio offre a noi la certezza, la sicurezza.

È una certezza ed una sicurezza che non è ancora la certezza e la sicurezza della Pentecoste, perché è ancora esperimentata da noi, ma che è la condizione essenziale per potere incominciare a vivere nelle cose del cielo.

“Nessuno può arrivare al Padre se non per mezzo di Me”, ma quel “Me” non è più il Cristo incarnato ma è il Cristo risorto.

Il “Me” del Cristo è persona, e la persona è una sola quella divina, cioè il Figlio di Dio.

Quando dice: “Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me”, c’impegna già in questo suo cielo, ed è il cielo appunto dell’uomo risorto.

Dell’uomo cioè che ha cercato di capire, quello che Lui Cristo, Verbo incarnato ha fatto a noi: “Capisci quello che Io ti ho fatto?”.

L’uomo che si preoccupa di capire quello che il Verbo incarnato ha fatto a lui, partecipa della passione e della morte del Cristo, muore a se stesso e subisce la passione di Dio nel mondo, come Cristo subì la passione di Dio nel mondo.

Cristo fu condannato a morte per la sua passione per Dio.

E così chiunque cerca di capire quello che Cristo, Verbo di Dio incarnato ha fatto, partecipa di questa passione per Dio nel mondo.

Per questo dico che quello che è avvenuto diventa un futuro che è più importante di quello che è avvenuto, poiché non basta che Cristo abbia patito, sia morto e sia risorto.

Se noi non partecipiamo di questa morte e quindi non capiamo il significato di questa morte, Lui resta là e noi restiamo qui e quindi non si entra nel regno di Dio.

Si entra nel regno di Dio in quanto si commuore con Cristo dice sempre San Paolo.

Ecco questo patire con Cristo in quanto si partecipa della stessa passione di Cristo.

La passione di Cristo è passione per Dio, non è passione per il mondo.

E proprio per affermare questa verità di Dio tra noi, Lui ha patito ed è morto, e soltanto se noi cerchiamo di capire quello che Lui ha fatto, partecipiamo alla sua passione.

Allora si entra nel regno di Dio nella misura in cui si ama, in cui ci si dona e quello che il Cristo ha fatto diventa una traccia, un argomento su cui dobbiamo impegnarci per capirlo nella luce di Dio.


Chi parla da se stesso, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l'ha mandato è veritiero, e in lui non c'è ingiustizia. Gv 7 Vs 18 Settimo tema.


Titolo: Morire con Cristo.


Argomenti: L’amore per il Padre è la passione di Cristo - Il dato essenziale dei nostri problemi è Dio - Capire la passione di Cristo – Partecipare la passione di Cristo – Il dolore innocente – Offrire la sofferenza – La fede sentimentale – Il sabato santo – Il silenzio che segue la morte di Cristo – Il corpo del peccato – Partecipare a Dio – Il dato principale dei nostri problemi – La rivelazione di come Cristo è presente – Natale e Croce – Materia e spirito -


 

13/ Aprile /1982


Non è stato forse Mosè a darvi la Legge? Eppure nessuno di voi osserva la Legge! Perché cercate di uccidermiGv 7 Vs 19 Primo tema.


Titolo: L’illusione.


Argomenti: L’illusione della legge. L’anima della legge. Il giovane ricco. Non credere alla misericordia di Dio. L’uomo non è principio di verità. Il fallimento della vita. Risorgere con Cristo. Dialogare con Dio anche l’inferno. Il perdono di Dio. Succubi della nostra realtà. Il dialogo con Dio. La turbolenza dei pensieri. Il criterio di verità. Sprecare il pensiero per nulla. Illudersi di cercare la gloria di Dio. Mai considerare le cose autonomamente da Dio. L’anima dei comandamenti.


 

18/ Aprile /1982 Vigna


“Nessuno di voi osserva la legge” lo dice ai giudei che si vantavano di osservare la legge di Dio, era il motivo della loro gloria in mezzo ai popoli quello di essere gli scrupolosi osservanti della legge di Dio.

“Nessuno di voi osserva la legge”, quasi a dire: nessuno di voi fa la volontà di Dio.

La legge è espressione della volontà di uno, in quanto non si osserva la legge, non si fa la volontà di quest’uno, se non si osserva la legge di Dio, non si fa la volontà di Dio.

E non fanno la volontà di Dio, perché non riconoscono che il suo insegnamento viene da Dio: “Se qualcuno vuole fare la volontà di Dio saprà se le mie parole sono di Dio o degli uomini”.

E poiché loro non riconoscevano che il parlare di Gesù veniva da Dio, era segno che non si preoccupavano di fare la volontà di Dio e quindi non potevano riconoscere quello che veniva da Dio, e Gesù dice: “Nessuno di voi osserva la legge”.

Però lo dice ad un popolo che è convinto di osservare scrupolosamente la legge di Dio.

Questo ci inoltra nell’argomento della illusione.

L’uomo si può illudere, illudere di osservare la legge, illudere di essere giusto, illudere di fare il bene, di compiere il proprio dovere, illudere di fare delle cose importanti.

Proporrei come tema di oggi proprio questo: come mai l’uomo si può illudere circa i valori, si può ritenere giusto e trovarsi poi un giorno con la parola di Dio che gli dice che è stato ingiusto tutta la vita.

L’uomo può ritenere di lavorare e faticare in tutti i campi (anche religioso) tutta la vita e poi trovarsi di fronte alla parola di Dio che gli dice: “Tu hai fatto niente tutta la vita”.

Noi possiamo venirci a trovare in questa situazione.

Come mai l’uomo che è creatura di Dio può illudersi, cosa c’è in lui di sbagliato e cosa può fare per evitare di sbagliare tutta la vita e cosa può fare per evitare di illudersi tutta la vita.

Questo lo colleghiamo con il versetto precedente, in cui Gesù aveva affermato: “Colui che parla da se stesso cerca la propria gloria ma chi cerca la gloria di colui che lo ha mandato, questi è veritiero e in lui non c’è ingiustizia”.

Qui Gesù, prima di dichiarare apertamente: “Nessuno di voi osserva la legge”, ha offerto agli uomini la capacità di rendersi conto del perché nessuno di loro osservava la legge.

Perché ha dichiarato prima che solo chi cerca la gloria di Dio è veritiero e in lui non c’è ingiustizia.

Se Gesù afferma che la verità è nell’uomo che cerca la gloria di Dio e chi parla di sé falsifica ogni cosa, ecco come si apre a noi il campo dell’illusione.

Noi possiamo restare nella verità, solo e per quel tanto che cerchiamo la gloria di Dio.

Noi non siamo la verità, la verità è Dio.

Noi possiamo solo partecipare della verità che è Dio, nella misura in cui però cerchiamo la gloria di Dio.

In caso diverso, proprio perché non siamo la verità, noi non abbiamo in noi stessi il criterio per riconoscere il giusto e l’ingiusto, il più valido e il meno valido e non avendo in noi questo criterio, ecco che in noi ci c’è questo rischio dell’illusione, per cui scambiamo i valori.

Tant’è vero che il messaggio di Cristo nel mondo inizia con un capovolgimento di valori.

Quello che è grande agli occhi degli uomini è nullo agli occhi di Dio e quello che agli occhi degli uomini è niente, diventa grande agli occhi di Dio.

“Beati i poveri, coloro che piangono, i mansueti”, capovolgimento dei valori.

Questo per evitare la confusione di valori che abbiamo in noi quando non mettiamo Dio al centro della nostra vita, quando non cerchiamo la gloria di Dio prima di tutto.

Noi restiamo illusi da quei valori autonomi che abbiamo separato da Dio.

E così allora come dice il salmo, siamo condotti a vecchiaia senza accorgercene, credendo magari di spendere molto bene la nostra vita, mentre in realtà la spendiamo in niente.

C’è poi l’affermazione di Gesù chiara e netta: “Vi manderanno a morte credendo con ciò di rendere gloria a Dio”, ecco il capovolgimento di valori, mandano a morte coloro che recano la Parola di Dio.

E lo giustifica dicendo: “Ciò faranno, perché non hanno conosciuto né il Padre, né Me”, non hanno conosciuto!

Il fatto di non conoscere Dio ci porta a una inversione di valori al punto tale da distruggere, da uccidere i veri valori, credendo con ciò di rendere gloria a Dio.

Ecco fino a che punto l’uomo resta illuso quando si distrae da Dio, cioè quando non cerca la gloria di Dio prima di tutto.

“Nessuno di voi osserva la legge” e lo dice anche per noi che magari ci preoccupiamo di osservare la legge.

Crediamo magari di osservare la legge e poi ci troviamo con la parola di Dio che ci accusa di non avere mai osservato la legge.

Com’è possibile che avvenga questa illusione?

Credo di spendere bene la mia vita e in realtà la butto nell’immondizia.

Tutta la legge ha un anima e quest’anima è “Ama il Signore con tutto te stesso”, tutta la legge è fatta per condurci al Cristo.

San Paolo è chiaro: “La legge è il pedagogo che ci conduce a Cristo”, la legge è la strada che ci conduce a Cristo, ma se il Cristo si presenta a me e io non lo riconosco, evidentemente io non ho mai seguito la strada della legge.

Perché se avessi osservato la legge, la legge mi avrebbe condotto al Cristo.

La legge avrebbe formato in me il bisogno, l’invocazione, il pianto, la fame per Cristo e quando il Cristo si fosse presentato l’avrei accolto e riconosciuto.

È come quel giovane ricco che seguendo i comandamenti giunge al Cristo, osservando la legge è approdato all’incontro con Cristo.

La legge lo ha condotto ad incontrare Cristo.


Non è stato forse Mosè a darvi la Legge? Eppure nessuno di voi osserva la Legge! Perché cercate di uccidermiGv 7 Vs 19 Secondo tema.


Titolo: L’illusione. II


Argomenti: Dio è il vivente, l’uomo deve restarne unito. Chi guarda Dio s’accorge di sbagliare. Il bisogno d’approvazione. In tutto c’è una lezione positiva di Dio. L’impegno intellettuale. La morte del pensiero. Con Dio non si vive d’abitudine. Raccogliere in continuazione in Dio. Raccogliendo si forma in noi la capacità di raccogliere. La difficoltà di restare nel pensiero di Dio. La parabola del pubblicano. Scambiare i mezzi per fine. Il desiderio di conoscere Dio. Il potere di ridurre tutto in niente. Il mondo non si può cambiare. Mettere il fine come prima cosa. La gioia di conoscere qualcosa di Dio.


 

19/ Aprile /1982