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Quando ormai si era a metà della festa, Gesù salì al tempio e vi insegnava. Gv 7 Vs 14 Primo tema.


Titolo: Sprecare la prima parte della festa.


Argomenti: Il sì e il no dell’anima oscillante. Il bisogno di Dio che ci non ci fa trovare Dio. La festa è il tempo in cui l’uomo si può dedicare a Dio. La possibilità di occuparci di Dio ci viene dalla presenza della creazione.Giungere a metà della festa. Il superamento dell’io per formare in noi l’intenzione di Dio. L’ultima prova: la scelta tra l’io e Dio.


 

21/ Febbraio /1982


Si era già a metà della festa.

Quel “già” si riferisce evidentemente a tutto quello che era avvenuto prima.

E cioè a partire dalla Galilea, Gesù che dice ai suoi fratelli che Lui non sarebbe andato alla festa, per cui li mise nella scelta tra la festa a Gerusalemme e Lui stesso.

In conseguenza di questo i fratelli galilei, preferirono la festa a Gerusalemme e lasciarono Gesù in Galilea.

Però in quell’ambiente che loro hanno scelto, a Gerusalemme, trovano il problema di Gesù, trovano il bisogno di Gesù.

Però questo bisogno di Gesù, nel loro animo entra in conflitto con quello che loro avevano fatto, cioè avevano trascurato Gesù per dedicarsi alla festa.

Abbiamo visto come questa conflittualità di presenze sfoci nella paura.

Con la paura, l’uomo si chiude alla vita dello spirito, si chiude in un carcere, in una tomba da cui, con le sue forze non ne può assolutamente uscire.

Perché tutte le volte che cercherà di uscirne, si troverà di fronte a questa contraddizione: ciò che egli ha lasciato e ciò che ha preferito: c’è questa conflittualità di pensieri, perché si può camminare verso Dio soltanto in quanto nella nostra anima c’è la semplicità, la purezza di cuore.

Cioè in quanto nella nostra anima c’è un unica intenzione.

Soltanto se in noi c’è un unico si, come diceva San Paolo, noi possiamo attingere la presenza di Dio.

Ma fintanto che in noi c’è un si e un no, questo rende noi incapaci di potere esperimentare la presenza di Dio.

Il si e il no ci rende oscillanti e come dice San Giacomo chi è oscillante, non s’illuda di potere ottenere qualcosa da Dio.

Perché Dio è buono, Dio dà la sapienza a tutti coloro che gliela chiedono, pero chiede all’uomo il si, cioè la fedeltà, la costanza, sapendo che i tempi sono in mano di Dio e non sono in mano nostra.

E allora ci vuole da parte nostra questa costanza nel volere una cosa sola al di sopra di tutto.

Soltanto in questa semplicità d’intenzione la porta del regno di Dio si apre e si realizza ciò che dice Gesù: “Viene aperto a colui che bussa, viene dato a colui che chiede, per cui chiedete ed otterrete, bussate e vi sarà aperto”.

Però c’è un altro luogo in cui Gesù dice: “Mi cercherete e non mi troverete, dove Io sono, voi non potete venire”.

Ecco le contraddizioni apparenti che ci costringono a scavare nella parola di Dio per approfondire, fino ad arrivare a capire che la porta del regno di Dio, si apre soltanto se in noi c’è questa intenzione pura di Dio.

Ma se in noi ci sono altre intenzioni, la porta resta inesorabilmente chiusa e ci troviamo di fronte all’impossibilità di esperimentare la presenza di Dio e quindi restiamo chiusi in una tomba.

Di qui abbiamo visto che tutte le creature sentono l’attrazione per Dio, non possono farne a meno, perché anche scartando Dio restano attratte da Dio, però non è sufficiente sentire il bisogno di Dio per trovarlo, c’è un bisogno che ci fa trovare e c’è un bisogno che ci mette nell’impossibilità di trovare Dio.

Il bisogno che ci mette nell’impossibilità di trovare Dio sfocia nell’assenza, nel vuoto quindi nella paura, il bisogno che ci mette nella possibilità di trovare Dio, invece sfocia nella gioia, perché troviamo il pane per la nostra fame.

Qui si afferma che dopo tutte queste cose, si era a metà della festa.

Il fatto che si annunci la metà della festa, ci fa dedurre che la festa passi.

Cioè che sia una occasione transitoria per noi ed è quello che dobbiamo cercare di approfondire.

C’è un principio della festa e il finire della festa quindi c’è il senso del passare di questa festa.

E poi ci fa pensare che metà della festa sia stata sciupata, perché ha concluso con la paura.

Teniamo presente che Gesù venne alla festa di Gerusalemme all’insaputa dei fratelli, perché Lui aveva dichiarato che non sarebbe andato a quella festa.

Poi dopo che gli altri furono partiti, Lui Sali a questa festa a Gerusalemme.

Questa festa durava otto giorni e a metà della festa il Signore Gesù si presenta.

Richiamiamo il concetto di festa per capire questa transitorietà della festa che qui ci viene annunciata.

La festa è il tempo offerto all’uomo, perché si possa dedicare a Dio.

Si parte da quei concetti essenziali: alfa e omega, principio e termine in cui ogni creatura è inserita.

Noi abbiamo un principio ed è Dio presente a noi senza di noi e costituisce la chiave di tutta la problematica umana, di tutta la psicologia dell’uomo e di tutta la storia dell’umanità.

Dio è presente all’uomo senza l’uomo.

Dio è presente in noi senza di noi.

Questo è il principio della creazione stessa e il principio di ogni esistenza umana e abbiamo il termine estremo che è Dio presente a noi con noi.

Questo termine è il fine al quale Dio tende a portare ognuno di noi, per renderci partecipi consapevolmente della sua vita, della sua presenza, del suo regno, per cui dice: “Non preoccupatevi del mangiare e del vestire ma cercate prima di tutto il regno di Dio”, perché siamo stati creati per questo.

Noi siamo chiamati ad arrivare ad avere presente Dio consapevolmente, come Lui è presente a noi.

Questa partecipazione consapevole, evidentemente richiede da parte dell’uomo, da parte della creatura una certa dedizione ed è per questo che Dio pone il problema della festa nella vita dell’uomo.

C’è il problema dell’uomo nei giorni di lavoro che rappresenta l’uomo schiavo, l’uomo dominato, l’uomo che non è libero e ci sono degli intervalli, delle soste in cui l’uomo è libero o perlomeno ha la possibilità, l’occasione di fare delle scelte.

Perché la partecipazione consapevole è tale soltanto in quanto è possibile all’uomo fare una scelta.

Il giorno della festa, Dio pone di fronte all’uomo delle scelte. Evidentemente poiché il termine è quello di arrivare consapevolmente alla presenza di Dio, la scelta è Dio.

Ecco il giorno della festa in cui Dio ci libera da tutte le nostre schiavitù, ci concede un periodo di riposo, di sosta, affinché noi possiamo pensare Lui, cioè scegliere Lui.

Ma naturalmente il fatto di pensare a Lui, richiede una scelta tra Lui e altre cose.

È a questo punto che salta fuori il problema della transitorietà della festa.

Se la festa è occuparsi di Dio che è un essere eterno, questa possibilità di occuparci di Dio dovremmo averla sempre, perché Dio permane sempre e allora perché questa festa è transitoria?

Se la festa è impegno con Dio e poiché Dio è eterno, quindi eternamente presente, la creatura dovrebbe sempre avere la possibilità d’impegnarsi con Dio, di occuparsi di Dio, di conoscere Dio; invece no, c’è questo senso di transitorietà.

E se la creatura non aprofitta di questa transitorietà qui, per lei arriva un momento in cui il passaggio diventa  impossibile, si bussa ad una porta che rimane inesorabilmente chiusa: la festa è finita.

Perché questo?

Perché l’occasione di scegliere non è determinata da ciò che si sceglie, cioè non è determinata da Dio, l’occasione di scegliere è determinata dalle altre cose.

Fintanto che ci sono altre cose da Dio che noi possiamo trascurare per occuparci di Dio, noi abbiamo la possibilità di scegliere ma quello che dà a noi la possibilità, il tempo della scelta è la presenza delle altre cose, non è la presenza di Dio.

Se ci fosse soltanto Dio, noi ci troveremmo nella impossibilità di scelta.

Per conoscere si richiede una partecipazione consapevole, quindi una intenzione dentro di noi e l’intenzione si forma proprio in quanto abbiamo possibilità di scelta ma la possibilità di scegliere non ci è data da Colui che dobbiamo scegliere ma ci è data da ciò che noi dobbiamo superare.

Le cose che noi dobbiamo superare, sono tutti i doni di Dio, cioè è il pensiero, la presenza di tutte le altre cose.

Siccome Dio solo è l’eterno, evidentemente tutti i doni di Dio sono finiti, quindi sono soggetti al passare e proprio perché sono soggetti al passare ci rivelano che il tempo passa, non rimangono e quindi scade la nostra possibilità di scelta, perché vengono meno quei doni che noi possiamo superare per occuparci di Dio.

Fintanto che abbiamo la possibilità di tradire un amore, abbiamo la possibilità di realizzare un amore, il giorno in cui non potremo più tradirlo, non potremo più realizzarlo.

Quindi la festa passa, perché l’occasione per occuparci di Dio passa.

Qui si annuncia che si era già a metà della festa, dopo tutti quegli avvenimenti che si sono conclusi con il versetto della paura, non si era giunti al termine della festa, si era giunti a metà della festa.

E infatti se Gesù sale al tempio e insegna, vuole dire che c’era ancora la possibilità di salvare, in cosa consiste questa metà della festa?

A questo punto si rivela che quei galilei avevano sprecato metà della festa, cioè avevano sprecato metà delle occasioni date loro per giungere alla presenza di Dio, per conoscere Dio.

Per capire il concetto di metà, dobbiamo tenete presente che la festa essendo occasione per dedicarci a Dio, è determinata da cose diverse da Dio.

Le cose diverse da Dio le possiamo definire in due grandi termini: il mondo esterno e il mondo interno che ha per centro il pensiero del nostro io.

Qui tra Gesù e la festa (luogo) a Gerusalemme, i galilei avevano preferito la festa luogo, quindi avevano preferito la festa esterna, il mondo esterno.

Quando noi tra Dio e il mondo, preferiamo il mondo, noi sciupiamo metà della nostra festa.

Resta ancora l’altra metà della festa che è caratterizzata dal pensiero di Dio e dal pensiero del nostro io, se noi tra il pensiero di Dio e il pensiero del nostro io, noi preferiamo il pensiero del nostro io, noi sciupiamo tutta la festa e allora abbiamo sciupato tutte le occasioni date da Dio a noi per conoscerlo.

Essendo giunti a metà, i giudei avevano preferito il mondo esterno a Dio, avevano preferito la festa luogo alla festa con Dio, perché Dio è la nostra festa, c’era ancora la possibilità del superamento dell’io.

Ed è per questo che Gesù entra nel tempio, il nostro mondo interiore, entra a discutere, per cercare di fare capire l’errore che gli uomini hanno fatto, preferendo il mondo a Dio, cioè per fare loro comprendere come abbiano sciupato metà della festa.

È un intervento di Dio per renderci attenti al problema centrale, cioè alla tentazione principale che è fra Dio e il nostro io.

Questo è il superamento essenziale ed è l’ultima occasione, è la prova ultima che si richiede per potere formare in noi l’intenzione di Dio e poter giungere a esperimetare la presenza di Dio dentro di noi.

È l’altra metà della festa che sta passando.


Quando ormai si era a metà della festa, Gesù salì al tempio e vi insegnava. Gv 7 Vs 14 Secondo tema.


Titolo: Non sprecare la seconda parte della festa.


Argomenti: La scelta è manifestazione d’intenzione – La festa è occasione di Scelta – Dio principio di tutto – La scelta tra la creazione e Dio e la scelta tra l’io e Dio – Il corpo del peccato – La fine dei segni – La prima parte della festa conclude nell’angoscia -


 

22/ Febbraio /1982


I Giudei ne erano stupiti e dicevano: «Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?». Gv 7 Vs 15 Prima tema.


Titolo: Spogliare Cristo della sua Autorità.


Argomenti: L’occasione della festa – L’anima della festa - I 6 giorni e il sabato senza sera – La possibilità di occuparsi di Dio – La proposta d’amore - Dio non identifica con i suoi segni – Il rapporto personale con Dio -  La paura – La metà della festa – La creazione ci offre la possibilità di scegliere Dio – Il pensiero del mondo e il pensiero dell’io – Il sepolcro della paura – Il tempo in cui non c’è più tempo – Giustificare il cielo nella terra -


 

28/ Febbraio /1982


Abbiamo visto che a metà della festa Gesù era salito al tempio di Gerusalemme e si era messo ad insegnare.

E adesso abbiamo i giudei che si meravigliano di questo suo insegnare.

Teniamo sempre presente che Dio è Colui che opera e parla in tutto e in tutto ciò che opera e parla, tiene delle lezioni per noi, per la nostra vita personale, per insegnare a noi a convivere con Lui e per dare a noi lezioni di vita eterna.

E oggi di fronte a questa scena, dobbiamo chiederci che lezione Dio vuole dare a noi, presentandoci questi giudei che di fronte a Lui che insegna nel tempio si meravigliano del suo sapere, della sua cultura, senza che abbia mai studiato.

Dobbiamo chiederci quale lezione Dio vuole dare a noi, attraverso questo fatto.

Perché in quanto è avvenuto, è avvenuto per noi, per la nostra vita essenziale e noi dobbiamo giungere a conoscere il suo pensiero, perché imparare a leggere vuole sempre dire capire il pensiero che è nelle cose.

Il pensiero è il Verbo di Dio che parla e scrive Se stesso in tutte le cose per la nostra vita essenziale, per la vita eterna.

Il tema del capitolo settimo è la festa.

In Galilea, Gesù dice ai suoi fratelli: “Io non vado a quella festa”.

La festa a Gerusalemme, la festa dei tabernacoli, la festa nel tempio, festa religiosa.

Ma qui Gesù propone una scelta dicendo: “Io non vado a quella festa”.

È una proposta di scelta fatta allora ai fratelli  tra Lui stesso e la festa.

Perché a fondo, la vera festa è Lui.

La festa non è andare in un certo luogo, non è una tradizione, non è nemmeno un riposo.

La festa è essenzialmente il rapporto con una persona, rapporto con Dio.

La festa è un occasione che Dio dà a noi, liberandoci dalle schiavitù del mondo, per darci la possibilità di occuparci di Lui.

I termini estremi sono questi: Dio è presente a noi senza di noi ma Dio opera tutto per condurci ad essere noi presenti a Lui, come Lui è presente a noi.

Quindi è richiesta a noi questa partecipazione, ecco l’anima della festa.

Nel piano della creazione stessa di Dio, la festa viene presentata come conclusione di tutta l’opera creatrice del Signore.

La creazione di Dio nei sei giorni, si conclude con il sabato, un giorno di riposo.

Tutto questo ha un significato molto profondo per la nostra vita essenziale.

Questo ci dice che tutti i fatti, tutte le cose della nostra vita, arrivano a noi, attraverso i sei giorni della creazione di Dio.

Arrivano a noi e c’invitano ad entrare nella festa, ad entrare nel riposo di Dio.

Per cui San Paolo dice: “Se tu oggi odi la Parola di Dio affrettatti ad entrare nella sua pace, affinché non ti succeda quello che successe al popolo ebreo che chiamato ad entrare nella terra promessa, non vi entrò per mancanza di fede e fu costretto a vagare per quarant’anni nel deserto, fino all’estinzione di quella generazione”.

Tutte le creature, tutti i fatti che incontriamo, arrivano a noi attraverso i sei giorni della creazione di Dio e come arrivano a noi, sollecitano noi a entrare nella festa, ad entrare nel riposo di Dio, nella festa, un giorno senza sera.

Il sabato di Dio è un sabato senza sera, senza tramonto.

Questo ci fa scoprire come la vita eterna sia un offerta quotidiana che Dio presenta davanti ai nostri occhi.

Perché se tutte le creature, i fatti e le cose, arrivano a noi e ci sollecitano ad entrare nel giorno della festa del Signore che è un sabato senza sera, quindi una vita eterna, tutti i fatti sollecitano noi oggi, ad entrare nella vita eterna.

La vita eterna è un occasione che Dio offre ogni giorno a noi.

E chi non si sforza di entrare oggi nella vita eterna, non s’illuda di potere entrare quando vorrà lui o al momento della morte.

Nella vita eterna o si entra oggi o non si entra più.

Cioè si entra quando Dio offre a noi la possibilità di entrare, quando Dio offre a noi la festa.

E come la offre?

La offre liberandoci dalla schiavitù, per darci la possibilità di occuparci di Dio.

Ma darci la possibilità di occuparci di Dio è darci la possibilità di scegliere.

Abbiamo visto che l’inizio di questa festa è avvenuto in Galilea, con la proposta di Gesù ai suoi fratelli, dicendo: “Io a questa festa non ci vado”.

Abbiamo visto che era una proposta d’amore.

Poiché era un offerta tra l’andare a Gerusalemme o restare con Lui.

Cioè era un invito a prendere consapevolezza che a un certo momento noi dobbiamo renderci conto che la festa è un atto d’amore, è un essere con qualcuno.

Gesù dicendo questo, proponeva loro una scelta d’amore: restare con Lui.

Un capire che quando si ama, la festa è un restare con l’essere amato.

Qui si apre un altro problema: Gerusalemme era la città santa di Dio, la festa era una festa religiosa, voluta da Dio, eppure Gesù si rifiuta di andare a quella festa.

Per cui come con tutti i suoi miracoli fatti il sabato, offrirà l’appiglio per essere accusato di essere un bestemmiatore, di non essere un uomo di Dio, perché non tiene conto della legge, della festa.

E invece c’è una lezione profonda, in cui ci fa capire che Dio non si confonde con i suoi segni.

Tutte le cose sono buone, poiché tutto è opera di Dio, però Dio non s’identifica nè con le creature, nè con la legge, nè con la festa.

E noi non dobbiamo ritenere di essere con Dio in quanto ci comportiamo in un certo modo.

Non possiamo considerare le creature o la legge o la festa al posto di Dio.

In un primo momento c’è Dio e ci sono le sue opere e noi possiamo convivere ma arriva un momento in cui ci è imposta la scelta.

Dio si distingue da tutto.

Arriva un momento in cui Dio ci impone delle scelte e si distingue.

Mentre prima noi potevamo restare con Dio e con tutte le sue opere, arriva un momento in cui Lui si separa dai suoi segni, dalle sue creature, dalla sua festa, dalla sua legge.

Dirà alla samaritana: né su questo monte, né in Gerusalemme, perché arriva il momento in cui bisogna adorare Dio in Spirito e Verità.

Bisogna cioè entrare in questo rapporto a tu per Tu con Dio.

È qui che l’anima matura viene condotta ad un rapporto con Dio personale con Dio, perché soltanto lì, l’anima attinge la luce che trasfigura tutta la nostra esistenza e ci fa entrare nella vita eterna.

La prima lezione della festa è questa.

Dio che non si confonde con i suoi segni ed invita quindi noi ad una scelta.

Qui i suoi fratelli non hanno capito, ed hanno preferito andare a Gerusalemme alla festa, lasciando Gesù in Galilea.

Ed abbiamo visto anche la conclusione di questa scelta, in Giudea i galilei sentono il bisogno di Lui che hanno lasciato, perché in Giudea si parla di Lui.

Non solo ma entrano in conflittualità e incontrano la paura.

Con la paura l’anima chiude un cerchio d’isolamento, di distacco, si chiude in un sepolcro.

Con questo si arriva a metà della festa.

Metà della festa è passata.

Cioè metà della festa è stata sciupata, è sprecata l’occasione di occuparsi di Dio, in quanto fra Dio e i suoi segni, noi preferiamo i suoi segni, la creazione.

Questo ci fa capire che la festa sta passando e che questa festa che sta passando, non coincide con la festa che è senza sera.

Se ha una metà, ha un inizio e ha un termine.

E allora questa festa non è il sabato senza sera.

Non è quel giorno di pace, in cui noi siamo chiamati ad entrare attraverso tutta la creazione di Dio.

In quanto c’è una metà, c’è anche l’altra metà di questa festa che passa.

Il passare della festa è determinato dal passare dell’occasione per scegliere d’impegnarci con Dio.

Non avremo quindi sempre l’occasione per poterci occupare di Dio.

E da che cosa è determinata questa occasione?

L’occasione non è determinata dalla presenza di Dio, ma è determinata dalla presenza di altro da Dio.

Poiché abbiamo detto che è un problema di scelta.

E la possibilità di scelta c’è fintanto che c’è la possibilità di lasciare altro da Dio.

Il giorno in cui non avessimo più la possibilità di lasciare altro per Dio, non avremmo più la possibilità di scegliere Dio.

Allora la possibilità di scegliere è determinata dalla presenza di altro da Dio.

Questo “altro da Dio”, lo possiamo raccogliere in due grandi termini: il mondo esterno ed il mondo interno, cioè il pensiero del mondo, degli altri e il pensiero del nostro io.

Qui hanno scelto la festa esterna a Gerusalemme al posto dell’amore, del restare con Gesù in Galilea.

E scegliendo il mondo esterno hanno perso metà della festa e hanno concluso con la morte nell’anima, con il soffocamento “non potevano più parlare”.

Avevano paura a parlare per timore dei giudei.

Erano in conflitto tra il bisogno di Gesù che avevano scartato e l’attrazione verso quel mondo esterno (Gerusalemme) che loro avevano preferito.

Ecco l’anima era divisa e nella divisione incomincia la morte, cioè ci chiudiamo in un sepolcro.

Da questo sepolcro noi non ne usciamo assolutamente, poiché ognuno di noi diventa figlio delle sue scelte, diventa figlio delle sue opere e queste ci condizionano.

Ma Gesù a loro insaputa (la festa era di 8 giorni) Gesù viene alla festa e a metà della festa Gesù sale al tempio e comincia ad insegnare.

Gesù insegnava a delle anime che erano chiuse nel sepolcro della paura.

Gesù entra nell’anima, all’insaputa dell’anima, perché l’anima non lo aveva scelto.

Gesù entra nel tempio interiore ad insegnare, per evitare che le anime abbiano a sprecare l’altra metà della festa.

Cioè abbiano a evitare di sciupare l’altra occasione per occuparsi di Dio.

Perché poi non resta più nulla.

Cioè noi stiamo andando verso un tempo, in cui non ci sarà più tempo per occuparci di Dio.

Questo accade perché noi sciupiamo la nostra festa, cioè sciupiamo l’occasione per occuparci di Dio.

L’ultima occasione è determinata dalla possibilità di scegliere tra Dio e il proprio io.

Gesù parla a delle anime chiuse in un sepolcro, soffocate dalla paura, per avere fatto una scelta inconsapevole.

Non si sono resi conto della gravità di quello che essi sceglievano.

Cristo è il Verbo di Dio, è la Luce che brilla nelle tenebre e in quanto Luce, viene a rendere consapevole l’anima di quanto essa non è consapevole.

Era necessario che l’anima facesse una scelta, la sbagliasse, per potere essere illuminata sulle conseguenze della scelta fatta.

Affinché avesse ad evitare l’errore nell’ultima grande scelta.

Gesù qui parla, insegna, illumina le anime circa le conseguenze delle loro scelte.

Noi non ci rendiamo conto che di fronte ad ogni proposta di Dio (tutto è proposta) noi facciamo delle scelte e diventiamo figli di queste scelte.

Il Verbo di Dio parlando nel nostro tempio ci illumina su queste conseguenze.

Ci fa responsabili delle scelte che facciamo, affinché non abbiamo a sciupare l’occasione che Dio ci dà, poiché l’occasione passa, i segni passano.

L’occasione per poterci dedicare a Dio non è determinata da Dio poiché Dio è sempre presente ma può diventare un inferno la sua presenza.

L’occasione per poterci occupare di Dio è data dai segni, dalle opere, è data cioè da tutte quelle cose che noi possiamo lasciare per Dio e fintanto che le possiamo lasciare.

Ma siccome tutte le cose sono finite e temporanee, solo Dio è infinito e eterno, questa occasione tramonta.

Noi rischiamo di arrivare ad un tempo in cui non abbiamo più tempo per Dio.

Cioè rischiamo di venirci a trovare di fronte ad una porta chiusa, cui bussiamo inutilmente poiché l’occasione è passata.

Le vergini stolte hanno lasciato passare l’occasione, adesso si troveranno di fronte alla porta del Regno di Dio che non si apre.

Poiché la porta del Regno di Dio si apre soltanto alla Parola di Dio, non alle nostre parole.

Si apre soltanto su iniziativa di Dio, non su iniziativa nostra.

E qui invece che cosa succede?

Succede che di fronte all’insegnamento di Gesù i giudei se ne meravigliano e dicono: “Come mai Costui sa di lettere senza avere mai studiato?”.

I giudei stanno sprecando la seconda metà della festa.

Questi giudei hanno poco interesse a conoscere ciò di cui Gesù sta parlando.

Gesù insegnava.

Cosa vuole dire insegnare?

Vuole dire far vedere ad uno quello che quell’uno non è capace di vedere.

Gesù faceva vedere loro la Verità.

E loro non si preoccupano di vedere quello che Lui faceva loro vedere.

Si preoccupano di Lui, di come possa Lui avere una cultura non avendo studiato.

Cioè cercano di farlo entrare nel loro schema.

Cercano d’illuminarlo con la loro luce.

Non chiedono di essere illuminati dalla sua Luce.

Ecco l’io dell’uomo che strumentalizza l’opera di Dio.

Qui abbiamo l’io umano che tende a fare entrare nella terra tutto il cielo di Dio.

Per questo stanno sprecando la seconda metà della festa.

Stanno sprecando l’occasione per occuparsi di Dio.

In un primo tempo Gesù dicendo: “Io non vado alla festa” li ha messi nell’alternativa tra lo scegliere Lui o la festa, in modo che potessero esprimere il loro amore genuino, senza nessuna pressione.

Hanno sbagliato e adesso viene ad insegnare loro, per far capire loro che le scelte che si fanno non sono scelte fatte impunemente ma ricadono su di noi.

Quindi abbiamo il secondo passo che il Signore fa, qui è vero che la scelta è già condizionata, perché non è più una scelta “totale” da parte dell’anima, qui l’anima è già interessata perché Lui sta insegnando le conseguenze, il pericolo.

Quindi abbiamo già un amore che viene condizionato.

Eppure di fronte a questo insegnamento di Gesù che rende responsabile e consapevole l’uomo nello sciupare la seconda parte della festa, noi ci accorgiamo che c’è un anima giudea che cerca di uccidere Gesù.

Lo dice all’inizio del capitolo settimo: “Cercavano di uccidere Gesù”.

E qui le cose stanno maturando.

Non c’è amore per ciò di cui Gesù sta parlando.

Non c’è interesse per la Verità che Lui sta insegnando.

Cercano di far rientrare Gesù nelle loro scuole, nella loro cultura.

Cercano cioè di inserirlo nel loro mondo, anziché vedere l’occasione che la parola di Dio dava loro per uscire dal loro sepolcro, loro tendono a fare entrare Gesù nel loro sepolcro.


I Giudei ne erano stupiti e dicevano: «Come mai costui conosce le Scritture, senza avere studiato?». Gv 7 Vs 15 Secondo tema.


Titolo: Spogliare Cristo della sua Autorità.


Argomenti: Far entrare Cristo nei nostri schemi – Il criterio di autorità – L’esperienza dell’errore – Il motivo della scelta – Le due parti della festa – Sottomettere lo Spirito ai segni – I galilei succubi dei giudei – Amare per gradi – Il test dell’amore – Il figliol prodigo – L’analisi distrugge – Contemplare – L’affermazione dell’io – Far scendere Dio nel nostro sepolcro -


 

1/ Marzo /1982


Gesù rispose: “La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato”Gv 7 Vs 16 Primo tema.


Titolo: Dottrina = capacità di assorbire.


Argomenti: L’angolo di riposo per Dio – Dalla schiavitù del mondo alla libertà in Dio – L’occasione della festa – Togliere il Regno - Contemplare la presenza di Dio nella realtà dell’uomo – Assorbire la notte dell’uomo nella Luce di Dio – La luce e le tenebre dei segni di Dio – Il segno di Giona a Ninive – Il segno unito o staccato da Dio – Ordine e disordine dei segni – Assorbire la terra nel cielo – Il frammento e il tutto -


 

7/ Marzo /1982


Gesù era salito al tempio a metà della festa e aveva cominciato ad insegnare.

Di fronte al suo insegnare, i giudei avevano posto un interrogativo: come mai Lui conoscesse le scritture, sapesse di lettere, senza avere mai studiato.

Abbiamo visto come attraverso questo, loro cercassero di far rientrare Gesù nei loro schemi, nella loro povertà, nella loro notte e quindi si sottraessero all’apporto di grazia che Gesù con il suo insegnamento nel tempio recava loro.

Abbiamo visto come attraverso questo impoverimento dello Spirito di Dio, loro praticamente stessero sprecando la seconda metà della festa.

Poiché la festa come occasione per occuparci di Dio sta passando.

Questa occasione per occuparsi di Dio, per cercarlo, per conoscerlo è un tempo che passa.

Non è un tempo in cui possiamo permanere, perché abbiamo visto che la condizione per potere occuparci di Dio è che noi siamo liberati da tutte le altre schiavitù e che a noi sia dato un tempo di riposo, un tempo di sollievo da ciò che ci fa correre.

Quando si è schiavi si è costretti a correre.

Nell’ordine delle cose fatte da Dio, nella creazione stessa di Dio, Dio ha creato tutte le cose in modo che ci sia in esse un angolo di sosta, un angolo di riposo, di sollievo, di non più pressione delle cose su di noi.

In modo che in quell’occasione possiamo alzare i nostri occhi, il nostro pensiero a Dio e avendo occasione di alzare i nostri occhi a Dio, noi possiamo prendere consapevolezza, noi possiamo conoscerlo.

Se lo conosciamo facciamo un salto di qualità ed è il passaggio dalla schiavitù al mondo alla libertà dei figli di Dio.

È la liberazione dalle nostre prigioni.

Ma se noi non conosciamo Dio in quell’occasione, se non approfittiamo del tacere della pressione del mondo su di noi, quest’occasione scade e noi rientriamo nella schiavitù alle cose e al mondo, peggio di prima.

Perché abbiamo perduto l’occasione che ci veniva data da Dio, per uscire dal nostro carcere.

Non abbiamo visto l’occasione che Dio ci dava.

La festa è questa occasione.

Ecco il senso del tempo, della festa che passa, è l’occasione per occuparci di Dio che passa.

Gesù dice che se non portiamo frutto, la scure è ai piedi dell’albero.

Il Regno di Dio ci verrà tolto e verrà dato a coloro che ne portano frutto, cioè viene tolta a noi la possibilità di occuparci di Dio.

Non siamo noi che possiamo occuparci di Dio quando e come vogliamo, perché noi non siamo liberi.

Non è dato a noi scegliere di occuparci di Dio quando e come vogliamo.

Se abbiamo la possibilità di pensare Dio, se abbiamo la possibilità di cercarlo e di avvicinarci a Lui, è tutta grazia di Dio che viene a noi.

Dobbiamo quindi essere molto attenti alle occasioni che Dio ci dà per raccoglierci in Lui, per pensare Lui, perché sono occasioni che passano.

E quando non si approfitta dell’occasione, la vita se ne va e si ritorna nel mondo di prima.

Di fronte a questo tentativo dei giudei di fagocitare nella loro morte lo Spirito che arrivava loro attraverso l’insegnamento di Gesù, Gesù continua il suo dialogo, scendendo sempre più a livello dell’uomo.

Insegnava, cioè faceva vedere a chi ascoltava, le cause, i motivi per cui erano venuti a trovarsi nella paura, nel loro sepolcro, tenendo presente che loro avevano scartato Gesù in Galilea, preferendogli la festa di Gerusalemme.

Gesù adesso di fronte alla loro affermazione dice: “La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato”.

Ci rivela che di fronte a coloro che ritengono che sia valida la scuola, l’autorità degli uomini, la cultura, la dottrina che gli uomini traggono dai libri o dalle scienze umane, Gesù qui afferma un altra autorità.

La Sua dottrina non è sua, la sua dottrina è di un Altro.

Cioè afferma che la sua dottrina è di Dio, cioè di Colui che lo ha mandato.

E quindi li mette di fronte alla responsabilità dell’ascolto di quello che Lui sta dicendo.

Ecco la pazienza di Dio.

Gesù non soltanto scende alla creatura per fargli capire l’errore che ha fatto, ma di fronte alla superbia della creatura che spoglia Gesù del suo Spirito per vedere in esso solo l’aspetto umano, Lui rivela adesso la fonte della sua dottrina.

Dottrina non dobbiamo intenderla come un insieme di leggi o di insegnamenti morali, ma dobbiamo ricollegarla con il fatto che Gesù nel tempio insegnava.

Allora in cosa consiste questa dottrina che Gesù dice non essere sua ma di Chi lo ha mandato?

Chiunque può dirlo ma evidentemente dicendolo deve offrire a coloro che ascoltano la possibilità di verificare quello che Egli dice.

La sua dottrina è questa luce, questa sapienza che arriva a loro.

Perché l’uomo trascurando Gesù in Galilea e andando alla festa (luogo) in Giudea, è venuto a trovarsi in una conflittualità, è venuto a trovarsi nella notte, nelle tenebre, nella confusione.

Allora la dottrina di Gesù è quella che illumina questa notte, quella che chiarisce questa confusione.

Quindi a uomini che brancolano nel buio, la dottrina di Gesù è quella che reca la Luce.

Allora questa dottrina che Lui dice non essere sua ma di Dio, è capacità di assorbire la notte dell’uomo nella Luce di Dio.

Assorbire la notte, la confusione dell’uomo nella Luce di Dio, vuole dire avere la possibilità di contemplare la presenza di Dio nella realtà dell’uomo.

La realtà che l’uomo ha separato da Dio ed è diventata per l’uomo stesso notte, confusione, tenebra.

I segni di Dio sono un rischio per l’uomo, perché da luce possono diventare tenebre.

Dio manda i suoi segni come luce nel mondo.

La prima creazione di Dio è stata la luce, il che vuole dire che a fondamento di tutte le cose c’è la luce: segno di Dio.

Però questo segno di Dio, proprio perché è segno, parola di Dio va mantenuto unito a Dio, cioè deve sempre essere visto come segno di Dio.

E Gesù dirà che nessun altro segno viene dato agli uomini all’infuori del segno di Giona, il segno di Giona a Ninive è stata la parola, la parola di Dio che arrivava.

Quando dice che nessun segno verrà dato all’infuori del segno di Giona, vuol dire che nessun segno viene dato all’infuori della parola di Dio.

La parola di Dio è luce ma è parola di Dio, quindi la parola va tenuta unita a Dio, non deve essere staccata da Dio.

Di fronte a questo segno, Gesù dice che i niniviti fecero penitenza.

Teniamo presente che Ninive era una città pagana nella Mesopotamia, non apparteneva al popolo di Dio, non era del popolo ebreo.

Proprio una città pagana, di fronte alla parola di Dio fa penitenza.

Il che vuole dire che la parola di Dio ha un valore universale, valida ed efficace per tutti.

E dà a tutti la possibilità di fare penitenza, se la si ascolta.

Questo è il segno che è posto a fondamento di tutta l’opera di Dio.

Se l’uomo non vede questo segno, questo fondamento, non può ricevere nessun altro segno.

Però è segno ed in quanto segno, reca in sé una ambiguità.

Cioè se è mantenuto unito a Dio è luce, se è staccato da Dio è tenebra.

Se l’uomo si separa da Dio, quello stesso segno che è luce, diventa per l’uomo motivo di tenebre e confusione.

E l’abbiamo visto nei galilei che avendo trascurato Gesù in Galilea: preferendo a Gesù la festa (luogo) sono venuti a trovarsi nella confusione.

La festa (segno di Dio), separata da Dio (Gesù nel campo dei segni) diventa motivo di confusione.

E i galilei sono stati confusi a Gerusalemme dai giudei, per cui ad un certo momento vengono assimilati all’anima giudea di confusione.

Solo il Figlio di Dio che contempla tutte le cose nel Padre, ha la possibilità di contemplare anche la confusione degli uomini in Dio.

E il Figlio di Dio ha la possibilità di scendere a dialogare con gli uomini nella loro notte per illuminare questa loro notte.

È grazia, è misericordia, è pazienza di Dio che viene incontro alla confusione dell’uomo per assorbire  questi segni impazziti nell’uomo perché sganciati dal Padre.

È come se la nostra terra fosse sganciata dall’attrazione del sole, impazzirebbe nell’universo.

Il Figlio di Dio viene a riportare nell’ordine di Dio, i segni di Dio impazziti nella mente dell’uomo.

Soltanto il Figlio di Dio può fare questo, perché soltanto il Figlio di Dio ha la possibilità di contemplare anche la notte dell’uomo in Dio.

Mentre invece per l’uomo che si trova nella notte, c’è l’impossibilità assoluta di contemplare la sua notte in Dio.

Per cui la sua notte diventa solo motivo di confusione.

Dottrina è uguale capacità, come festa è uguale a occasione per occuparci di Dio, così la dottrina essendo luce, essendo sapienza è capacità di assorbire, capacità di assorbire in Dio quello che l’uomo non può assorbire.

“Solo Colui che discende dall’alto può ritornare in alto”, questo “salire in alto”, vuole proprio dire questo assorbire la nostra terra nel cielo, nello spirito di Dio.

Ma chi può andare in alto è soltanto Colui che discende dall’alto, cioè Colui che contempla Dio.

Ecco che questa capacità di assorbimento nella luce denota la fonte della luce, cioè denota l’appartenenza a Dio.

Soltanto Dio può assorbire la notte nella sua luce ma chi non è Dio, subisce il danno della notte, subisce il danno del frammento.

Solo colui che ha presente il disegno di tutto il mosaico, può riportare tutti i frammenti nel mosaico stesso.

Ma soltanto colui che ha presente tutto il mosaico.

Colui che ha presente tutto il mosaico, evidentemente è soltanto Dio, il Creatore.

Anche la notte, anche la confusione, anche il frammento disperso è contemplato in Dio, è giustificato in Dio.

Dio vede la sua opera in tutto e regna in tutto, anche nell’inferno, la creatura che subisce il frammento non vede l’unità, la totalità.

Ecco per cui qui Gesù dice che la sua capacità di illuminare la loro notte non è sua ma è di Dio.

E con questo richiama gli uomini non solo all’attenzione ma anche alla grande responsabilità che si assumono di fronte al suo insegnamento.

Perché non si accorgono che stanno rifiutando quel pane di misericordia che Gesù offre loro.

Stanno rifiutando quella mano che Gesù dà a loro per evitargli il naufragio, o quel raggio di luce che entra nei loro sepolcri per farli uscire e reinserirli nella vita dello Spirito in comunione con Dio.


Gesù rispose: «La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato. Gv 7 Vs 16 Secondo tema.


Titolo: State attenti alla dottrina che rifiutate.


Argomenti: Possedere la sapienza – Trascurare la Verità – Dottrina e persona – Induzione e deduzione – Il tutto e il frammento – La Parola il segno più vicino a Dio – La funzione doppia del segno – Lo specchio dell’io nel segno – Il corto circuito -


 

8/ Marzo /1982