E come ebbe assaggiato l’acqua diventata
vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i
servi che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo e gli disse: “Tutti servono da principio il
vino buono e, quando sono un po’ brilli, quello meno buono; tu invece hai
conservato fin d’ora il vino buono”. Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in
Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in Lui.
Dopo questo fatto, discese a Cafàrnao insieme con sua madre, i fratelli, e i
suoi discepoli e si fermarono colà solo pochi giorni. Gv 2 Vs 9/12
Titolo: Capotavola,
servitori, discepoli.
Argomenti: Cristo da comparsa a
protagonista. Il miracolo (segno) e il significato. Le diverse
interpretazioni dei segni di Cristo. Capire il significato dell’opera di Dio
è`riservato ai discepoli. La veritá interiore dá la capacitá di riconoscere la
veritá esteriore. Il mondo, i servi, i discepoli. Le conferme esterne
di chi segue Cristo. La Pentecoste. Fare conto solo su Dio. Il rischio della
fede. L’ambiente sttorno a noi.
3/Ottobre/1976
Siamo arrivati alla conclusione dell'episodio e io
proporrei di fare una sintesi per fermarci su quest’ultima frase: “A Cana di
Galilea Gesù fece il primo dei suoi miracoli e manifestò la sua gloria…”. Già
la volta scorsa avevamo accennato che più che miracoli, nel Vangelo di
Giovanni, si parla di segni; quindi Gesù, a Cana di Galilea, fece il primo
dei suoi segni, perché per Giovanni non è tanto il miracolo che conta
quanto il segno. Poi vedremo il perché.
Riprendendo un pochino
tutta la scena cerchiamo d fare il confronto tra la situazione iniziale e la
situazione finale.
Abbiamo detto che qui ci
troviamo in un giorno di nozze il quale significa la nostra vita perché la
nostra vita, tutta la nostra vita è un giorno di nozze in quanto siamo stati
chiamati all’unione con Dio, quindi alle nozze con Dio.
Se questo giorno di nozze
significa la nostra vita, quello che è avvenuto in quel giorno di nozze, ci
apre la mente a capire un poco quello che avviene nella nostra vita.
All’inizio
noi abbiamo gli sposi che sono i protagonisti e gli invitati attorno a loro;
abbiamo poi la madre di Gesù e Gesù con i suoi discepoli che sono presenti marginalmente.
Anzi si direbbe che siano
capitati lì per caso e che siano stati “anche“ loro invitati alle nozze ma che
le nozze giravano attorno ad altri: i protagonisti sono soprattutto gli sposi.
Al termine della festa
notiamo però che la situazione si capovolge, infatti il protagonista diventa
uno solo, Gesù, e che attorno al protagonista centrale, che non sono più gli
sposi, noi abbiamo i discepoli, i servi, il capo di tavola e direi che gli
sposi sono diventati marginali.
Diciamo che gli sposi sono
venuti ad occupare “anche” il posto che prima occupava Gesù all’inizio, un
posto marginale, ma al centro abbiamo Gesù.
Come è avvenuto questo
spostamento di centralità nell’avvenimento, nel fatto?
È avvenuto attraverso la
crisi che in questo giorno di festa si è venuta a verificare con la mancanza di
vino.
Attraverso questa crisi i
servi, invitati dalla madre di Gesù, hanno rivolto la loro attenzione a Gesù.
Gesù disse loro di riempire
di acqua le idrie e la volta scorsa abbiamo visto cosa si deve intendere per riempire
di acqua le idrie; ricordo che per idrie si intende il nostro mondo interiore e
queste idrie di acqua le dobbiamo riempire della verità di Dio, tutto il nostro
mondo interiore, fare questa giustizia dentro di noi e poi sarà la parola di
Dio che cambia l’acqua in vino.
E alla conclusione noi
abbiamo: il maestro di tavola che, ricevendo il vino, constata la novità, la
bontà per cui manifesta uno stupore; abbiamo i servi che avevano messo l’acqua
e ora attingevano vino quindi constatavano il miracolo, ed abbiamo i discepoli
che invece vedono il segno.
Vedere il segno vuol dire
capire il significato di quello che è avvenuto. Ora noi ci troviamo con queste
tre categorie di persone che poste di fronte allo stesso avvenimento operato da
Gesù reagiscono in modo diverso.
Gesù è il protagonista di
questo fatto nuovo e di questo avvenimento tutti ne approfittano, tutti ne
godono, però alcuni vedono il fatto nuovo e lo attribuiscono agli sposi, agli
uomini, gli altri vedono il fatto nuovo e ritengono miracolo, gli altri ancora
vedono il fatto nuovo e ne capiscono il significato, quindi vedono la gloria e
credono.
Quindi l’anima di tutto sta
in questo segno dato da Gesù che però ha riflessi diversi a seconda degli stati
d’animo degli spettatori.
Ora, per approfondire,
abbiamo detto che dobbiamo fermarci un poco sopra questo segno dato da Gesù a
Cana di Galilea.
Richiamiamo l'episodio della moltiplicazione dei pani che Gesù fece e che
viene riportata in modo particolare nei capitoli successivi dall’apostolo
Giovanni, perché proprio l’apostolo Giovanni, anche se la moltiplicazione dei
pani viene riportata anche da alti evangelisti, fa notare qualche cosa di
particolare quindi può aiutare per penetrare l’opera di Dio.
Si tratta di questo: dopo
aver compiuto la moltiplicazione dei pani, quindi dopo aver operato il
miracolo, qui ha cambiato l’acqua in vino mentre là ha trasformato cinque pani
e due pesci in un numero tanto grande di pani e di pesci da sfamare più di
cinquemila persone, però il giorno dopo, quando la ente torna a cercarlo, Gesù
fa un rimprovero e dice: “Voi mi cercate non perché avete visto il segno ma
perché avete mangiato di quei pani e vi siete sfamati”. Allora lo cercavano per
il miracolo! Qui siamo nella stessa posizione dei servi che avevano messo l’acqua
e che ora attingono vino: siamo nel campo dei miracoli.
Il miracolo naturalmente
soddisfa, in un certo senso, l’uomo guarito in quanto era affetto da una
malattia. Noi abbiamo una certa categoria di uomini che ricevono da Dio un bene
ma che si fermano lì e cercano Dio per ottenere questo bene.
E Gesù fa un rimprovero:
“Voi mi cercate non perché avete veduto un segno….” E dicendo questo vuol dire:
“ non perché avete capito il significato di quello che vi ho fatto ma voi mi
cercate per il miracolo che io vi ho fatto! Ecco l’importanza di intendere la
differenza che c’è tra il ricevere il miracolo e il capire il significato.
Molte volta l’abbiamo fatto
notare che il miracolo non è sufficiente per rivelare la divinità del Cristo
tra noi, per farci scoprire la Presenza di Dio e quindi abbiamo Gesù stesso che
lo afferma quando, attraverso la parabola del ricco Epulone dice che se anche
resuscitassero i morti non basterebbe per convincere coloro che non credono in
Mosè, che non colgono le lezioni dell’Antico Testamento, che non credono alla
Parola di Dio cioè che non accettano questa giustizia fondamentale che consiste
nel mettere Dio al centro della nostra vita.
Per cui non c’è nessun
miracolo, né morto che risusciti che valga per convincere l’uomo che non faccia,
che non accolga di fare questa giustizia essenziale dentro di sé.
Allora noi abbiamo il campo
dei miracoli, i segni di Dio ed abbiamo il campo del significato dei segni ed è
in questo campo che la folla non vuole andare e Gesù li sta sollecitando a cercarlo
non per il miracolo ma per quello che Lui ha voluto significare.
Lui attraverso tutte le
cose vuole significare a no quel pane di vita eterna che ci vuol dare.
E soltanto comprendendo il
significato di ciò che Egli fa che noi arriviamo a cercare Lui non più per ciò
che Lui mi ha fatto, non più per il pane, non più per il vino che Lui ha fatto,
non più per il miracolo che ha operato ma per ciò che Lui ci vuole dare, il
pane della vita eterna che il Figlio Gesù ci darà: il pane di vita eterna. Per cui
non preoccupatevi, non affaticatevi per avere il pane che passa, il miracolo,
ma preoccupatevi dell’unica cosa necessaria alla quale si arriva soltanto
attraverso il capire il significato di ciò che Dio fa perché proprio Dio opera
per risvegliare in noi questa ricerca di qualche cosa che ci viene solo da lì
se noi capiremo quel che vogliamo, cioè a cercare presso di Lui la rivelazione,
il pane della vita eterna che arriverà dal Padre: la conoscenza di Dio.
Quindi soltanto coloro che
intendono il significato di ciò che Egli fa, allora passano alla ricerca non
più del miracolo, non più del pane materiale, non più di quello che può
soddisfare la nostra vita in questo mondo, ma di quello invece che ci fa
entrare nella vita eterna.
A
questo punto noi dobbiamo chiederci siccome abbiamo visto che alla fine di
questo giorno di nozze noi ci siamo trovati con tre categorie di persone che di
fronte allo stesso fatto operato da Gesù danno tre interpretazioni diverse,
cioè:
·
il capo di tavola attribuisce il
vino nuovo agli sposi;
·
i servi attribuiscono il vino
nuovo al miracolo operato da Gesù;
·
i discepoli che capiscono il
significato.
Ora, dico, di fronte a
questa differenziazione di uomini che intendono o fraintendono l’opera di Dio,
tutto l’universo, tutta la storia, tutti gli avvenimenti, la cronaca, i fatti
della nostra vita, che sono poi quell’operare di Dio continuo tra noi, questo
continuo cambiare l’acqua in vino, noi possiamo capire come di fronte a tutti
questi avvenimenti vi siano uomini che danno interpretazioni per cui c’è chi
l’attribuisce agli uomini, o alla natura o al caso, c’è chi l’attribuisce al
miracolo e c’è chi capisce il significato di ciò che Dio offre attraverso il
miracolo.
Allora a questo punto è
interessante cercare di capire che cosa è che a noi dà la possibilità di
intendere il significato dell’opera di Dio.
Quindi chi è che ha capito,
chi ha visto il significato del segno sono stati i discepoli, gli altri no,
anche se alcuni hanno visto il miracolo senza capire il segno.
Che cosa c’era in questi
discepoli da capire il segno?
E cosa non c’era negli
altri per non capirlo?
Qui richiamiamo la spiegazione di Gesù quando dice ai suoi discepoli che
tutto è detto in parabole, a voi è dato di capire il mistero del Regno di Dio,
ma tutti gli altri, e dicendo tutti gli altri si riferisce a coloro che sono
fuori, a tutti gli altri viene detto in parabole, affinché non capiscano. Ecco
qui bisogna fare attenzione: capiscono il mistero quindi capiscono il
significato dell’opera di Dio, e tutto è parabola di Dio, tutto l’universo,
tutta la creazione, tutto è parabola di Dio e qui, in questo giorno di nozze la
parabola ha assunto questo aspetto: ha trasformato l’acqua in vino.
Però Gesù dice che i
misteri del Regno di Dio, cioè il significato dell’opera di Dio è riservato a
coloro che sono dentro, è per i discepoli.
Ora, questo essere dentro,
cosa vuol dire?
Essere dentro, nel Regno di
Dio, si è nel Regno di Dio quando si sperimenta ciò che Dio opera, si prova
quello che Dio opera.
Cioè noi abbiamo visto che ciò che dà all’uomo la capacità di scoprire fuori
la salvezza di Dio, dipende dall’interesse, dalla fame, dal desiderio che uno
porta dentro di sé.
Cioè dipende dalla verità
che uno già porta dentro di sé: è la verità interiore che dà all’uomo la
capacità di individuare e di scoprire la verità esteriore.
Ora, questo segno, o
meglio, il significato di questo segno, acqua cambiata in vino da Gesù, è stato
capito dai discepoli perché avevano già sperimentato dentro di sé la verità
interiore: è quello che ha dato loro la possibilità di capire!
Già al primo incontro con
Gesù i discepoli avevano fatto una scoperta, cioè avevano sperimentato qualcosa
di buono e hanno trovato Colui che cambiava la loro vita, cambiava i loro nomi,
faceva scoprire dove abitava, faceva promesse di un cielo aperto.
Ecco la vita! Ecco il vino
nuovo!
Quindi quei discepoli,
seguendo Gesù, hanno sperimentato la novità che Gesù recava loro, e
loro, di fronte al segno di Gesù, dell’acqua trasformata in vino, della novità,
hanno capito il significato: sono stati confermati nella fede in Lui.
Qui dice: “…. E i suoi
credettero in Lui” non perché prima non credessero in Lui! Credettero in
Lui perché già credevano in Lui e sono stati confermati in quello in cui
credevano!
Pensieri tratti dalla conversazione
Eligio:
Intanto per quale ragione Gesù si rivolge ai servi quando essi, in commenti
precedenti, li abbiamo identificati in quell’atteggiamento di umiltà necessario
per capire il messaggio della verità. Ora, a questa categoria si rivolge il
Signore per mettere in opera il suo miracolo e proprio da questa categoria il
miracolo non è inteso: cosa manca loro?
Luigi:
Ai servi manca l’esperienza precedente.
Eligio:
Allora quale vantaggio porta a questa categoria il miracolo se non è inteso come
tale? Se non è interpretato?
Luigi:
Anche se non è interpretato, del segno si vede la straordinarietà; dire che
attira l’attenzione dei servi sulla persona di Gesù. Per cui i servi si aprono,
si rendono disponibili. C’è una differenza tra i servi, ad esempio, e il
maestro di tavola.
·
il maestro di tavola rappresenta
il mondo, colui che presiede a quella festa di mondo;
·
i poveri, i servi di Dio;
·
i discepoli.
Quindi abbiamo il mondo che
è fuori, i servi non lo sono ancora ma possono diventare discepoli e i
discepoli che sono discepoli.
Però il servo può anche non
diventare discepolo, può restare servo e Gesù dirà che il servo non resta
sempre in casa del padre ma che solo i figli restano sempre nella casa del
padre.
Quindi abbiamo tre passaggi:
·
il mondo che è chiamato a
diventare servo e che per diventare servo deve scoprire la propria povertà.
Fintanto che il mondo si ritiene superiore, si ritiene ricco, non può passare
nella categoria dei servi, quindi non può vedere il miracolo; il miracolo
arriva anche a loro, però essi lo attribuiscono al mondo, agli uomini perché
hanno presente solo se stessi.
Questo è il primo passaggio
che è abbastanza difficile: passaggio dal mondo al servo, all’essere povero,
può essere povero e servo.
Ora, il servo non resta
sempre in casa, viene il giorno in cui il Signore dirà che deve fare il
passaggio a figlio oppure viene cacciato fuori.
·
poi abbiamo un passaggio ulteriore
da servo a discepolo. Il discepoli è dentro: essendo dentro intende il
significato e viene sempre più confermato da tutte le opere di Dio, riceve una
conferma, non siamo nella situazione di crisi dei primi.
Eligio:
Quindi sono nella stessa situazione dei discepoli al loro primo incontro con
Gesù?
Luigi: Sì,
avendo in se stessi sperimentato la novità, hanno potuto intendere la novità,
poiché noi intendiamo fuori soltanto per quello che abbiamo dentro; se una cosa
non l’abbiamo interiorizzata non possiamo vederla fuori.
Emma:
Pensavo che vediamo fuori quello che abbiamo dentro …
Luigi:
No, soltanto se l’abbiamo dentro lo possiamo vedere fuori: quindi si tratta di
cambiare l’interno. Fintanto che noi abbiamo il pensiero del nostro io al
centro, noi fraintendiamo e quello ci impedisce di vedere quando nel nostro
interiore riempiamo le idrie di acqua, facciamo la giustizia quindi mettiamo
Dio al centro; ma non basta mettere Dio al centro bisogna riempire questo mondo
interiore della Presenza di Dio.
Bisogna fare la giustizia
su tutto il nostro mondo, non solo su qualcosa: questo ci dà la possibilità di
vedere il miracolo di Dio, cioè centralità dentro e centralità fuori.
Questo ci dà la possibilità
di seguire, e seguendo di esperimentare, e esperimentando si entra e si diventa
discepoli: allora che si intende il significato dell’opera di Dio.
Questo giorno di nozze
sintetizza, simboleggia il grande giorno che si conclude con la Pentecoste (che
è poi un cambiamento).
Tutta la nostra vita è un
giorno di nozze e qui ne abbiamo la significazione perché in un primo tempo
della nostra vita gustiamo tutti i vini del mondo, godiamo di tutti i vini del
mondo per cui constatiamo il trionfo del mondo; poi, nel pieno della festa,
arriva il momento di crisi, il terremoto, il crollo di certi valori per cui
restiamo smarriti. Se lì c’è qualcuno che ci orienta, che orienta la nostra
attenzione al Cristo, ecco che ci viene detto quello che dobbiamo fare.
Se lo facciamo, allora si
verifica il miracolo, se siamo dentro ne intendiamo il significato.
Pinuccia:
Tu hai detto che chi è nel Regno di Dio, sperimenta dentro quello che Dio opera
fuori….
Luigi:
Quello che Dio opera in noi, quello che Dio opera in noi! Andando dietro a Gesù
i discepoli hanno sperimentato:
·
prima, ed è stata una scoperta
stupenda, dove Lui abitava;
·
poi hanno sperimentato il
cambiamento di nome;
·
hanno sperimentato una
straordinarietà di vita
·
hanno sperimentato quello che Lui
promette “…vedrete i cieli aperti…”
Quello hanno sperimentato!
Hanno sperimentato la novità di vita che prima non conoscevano, è stata una
sorpresa e questa sorpresa, naturalmente, li ha aperti a ricevere altra
sorprese.
Per cui hanno visto Colui
che opera le sorprese e hanno capito il significato di queste sorprese, invece
gli altri hanno assistito alle sorprese ma non hanno potuto intendere il
significato.
Quindi soltanto colui che
appartiene al Regno di Dio vede il significato delle opere di Dio; gli altri
vedono i segni delle opere di Dio ma non intendono il significato quindi sono
fuori.
Per cui il Signore dice:
“Voi correte quando io vi significo di stare fermi e state fermi quando io vi
dico di correre”, perché fraintendiamo i segni non avendo la possibilità di
intendere.
Pinuccia:
Ma questo essere dentro è già la conclusione di un lungo processo…
Luigi:
Certo, logico! Anzi, dico, si è dentro a Pentecoste! In questo episodio abbiamo
già la simbologia di Pentecoste, la trasformazione dell’acqua in vino e i
discepoli che hanno visto. Abbiamo detto che il Signore opera a livelli
diversi, già la sintesi, la grande conclusione di Pentecoste opera tante
piccole Pentecoste che preannunciano la grande Pentecoste, come nella nostra
vita abbiamo tante piccoli sacrifici, tante piccole delusioni, tanti piccoli
cambiamenti che preannunciano il grande cambiamento, oppure la grande delusione.
Abbiamo tante piccole tentazioni che preannunciano la grande prova del
superamento del nostro io, del superamento di noi stessi. Dio fa sempre
rivenire a seconda della situazione della creatura, sempre una sua opera,
genera sempre il suo Verbo però noi, a livelli diversi, riceviamo lezioni
diverse, quindi diciamo che la lezione che ha avuto il maestro di tavola, è
diversa dalla lettura che hanno ricevuto i servi ed è diversa da quella che
hanno ricevuto i discepoli: ecco i diversi livelli.
Cina:
Penso che questi discepoli sono confermati nel capire queste lezioni…
Luigi:
Sono confermati, è stata una conferma questa! Infatti dice il Vangelo: “…credettero…”,
non come novità, ma credettero perché sono stati confermati nel loro credere!
Altrimenti non avrebbero creduto! Anche i discepoli di Giovanni Battista sono
andati dietro a Gesù, hanno visto, hanno creduto, infatti hanno comunicato, nel
primo capitolo del Vangelo: “Abbiamo trovato…”.
Cina: E
ci sono tutti i discepoli….
Luigi:
No, qui non ci sono tutti, questi sono i primi. In questo punto Gesù non ha
ancora scelto i dodici discepoli, qui ce ne sono quattro o cinque. Infatti
Giovanni non appare nemmeno nel momento in cui Lui li chiama, abbiamo diversi
momenti di chiamate da parte di Gesù. Abbiamo un momento in cui su segnalazione
del Battista, alcuni vanno dietro a Gesù. Abbiamo un momento in cui Gesù
passando in riva la lago vede alcuni uomini che pescano e dice loro: “Venite,
vi farò pescatori di uomini” e abbiamo un momento in cui Lui li sceglie,
dopo una notte passata in preghiera, li sceglie tutti e dodici affinché fossero
sempre con Lui.
Eligio:
Quindi questo vorrebbe significare che per coloro che si
affidano, quando affidarsi a Lui significa credere senza ancora conoscere, per
questi che si affidano, avviene la conferma anche in modo esteriore?
Luigi:
Sì, coloro che si affidano a Lui i quali, anzi, ricevono sempre di più conferme
esteriori di essere sulla strada buona. Cioè, direi, tutti gli avvenimenti a
poco per volta, li confermano sempre di più che quella è la vera strada. Mentre
chi cerca altro è deluso, magari non capisce perché attribuisce le sue
delusioni a ingiustizie sociali, le attribuisce all’ingiustizia degli uomini,
per questo non intende il significato. Colui invece che intende il significato
è sempre più confermato, anche i nemici lo confermano, anche quegli elementi
del mondo contrario confermano che quella è la strada.
Eligio:
Perché ci sono anche molti motivi di sofferenza e apparentemente di smentita
alla scelta di chi si affida a Dio.
Luigi:
Quella che può essere una smentita apparentemente è per coloro del mondo, per
coloro che sono dentro è una conferma. Ad esempio, davanti ad una disgrazia,
per coloro che sono dentro, la vedono come una liberazione, oppure come un
miglioramento, oppure un maggior silenzio: cioè viene confermata la via di Dio.
“Ecco, è quello che volevo, è quello a cui aspiravo, è quello che aspettavo,
magari non ero capace di liberarmene da solo allora Dio è intervenuto”: ma vedo
l’opera di Dio che mi conferma che la strada è giusta, quindi credo sempre di
più. Per cui chi ha riceve e chi non ha perde anche quello che crede di avere.
Emma:
C’è un passo del Vangelo che dice: “A che ha sarà dato e a chi non ha sarà
tolto anche quello che crede di avere”.
Eligio:
Qui la conferma avviene con un fatto straordinario che quindi conferma
maggiormente rispetto ad un fatto ordinario.
Luigi:
Ma guarda, io credo che con il Signore, tutto diventi ad un certo momento
straordinario. Più uno è lontano da Dio e più vede l’aspetto naturale,
materiale, scontato, per cui tutto diventa piatto, non trovo più novità in
niente. Più uno è dentro a Dio, nel Regno di Dio, in tutto trova la novità, in
tutto! Anche nelle cose che sembrano più banali vede il miracolo. siamo sempre
nel pensiero interiore, altrimenti noi restiamo alla scorza, alla vernice, alla
superficie. Non si vede con l’apparenza, è con lo Spirito che si comprende.
“Dio è dentro, quindi cercatelo dentro!”; la lampada che illumina il mondo è
dentro, ma se questa lampada è spenta non possiamo intendere, bisogna che la
lampada sia accesa: la lampada è dentro di noi.
Pinuccia: ”…Gesù
mostrò la sua gloria…” direi che voglia dire qualcosa di più…
Luigi:
Della “gloria” ne abbiamo già parlato…
Pinuccia: È
qui che Gesù ha manifestato la sua gloria?
Luigi:
No, il Signore opera preannunciando il grande avvenimento della Pentecoste con
segni degradanti fino ad arrivare al livello in cui si trova la creatura, Dio
si abbassa fino al livello in cui siamo capaci di intendere. Se noi capiamo
soltanto la pietruzza, Dio si fa pietruzza per manifestare la sua gloria.
Quando noi diventiamo capaci di intendere il vegetale, Dio si fa vegetale e con
questo manifesta sempre la sua gloria. Dio opera a livelli diversi, ma questa
piccola manifestazione di gloria, preannuncia quella grande manifestazione di
gloria del Padre, che ci viene solo dal Padre, poiché solo nel Padre si vede la
gloria del Figlio.
Sono segni che
preannunciano la grande manifestazione a livelli diversi, ma è sempre la stessa
cosa. Per cui tutto l’universo, in tutta la creazione, Dio parla di sé a noi in
maniera diversa. Noi vediamo che l’universo è disposto verticalmente, a piani
diversi e che anche se i piani sono diversi, vuol dire la stessa cosa: ma a
seconda di dove siamo noi leggiamo. Se noi siamo uniti a Dio, saltiamo,
passiamo da un livello ad un altro, fino ad arrivare a quella vetta dove si
contempla il Padre e quindi dove si vede la gloria di Dio. Ma per poter
ascendere, per poter fare il passaggio, bisogna intendere (mentre se si fraintende
si resta fermi), l’anima del passaggio è il Pensiero di Dio in noi al centro:
è quello che ti mette in movimento perché è mettendo Dio al centro che i primi
discepoli hanno incominciato a camminare. E così di passaggio in passaggio,
arriviamo alla vetta.
Pinuccia:
L’anima che determina questo è sempre la stessa…
Luigi:
L’anima è sempre la stessa e il parlare di Dio è uno solo: per cui è Dio che
anima. Ecco perché i discepoli attribuiscono tutto a Dio, perché al centro è Dio
che anima, è io che semina, è Dio che fa crescere, è Dio che conclude e si
rivela, per cui tutto ti devi aspettare da Dio, e niente di aspettare dalla
creatura.
Perché anche il salto, il
passaggio da un livello all’altro, avviene in quanto uno vede l’opera di Dio,
altrimenti la creatura sta ferma, cioè diciamo che sta ferma ma in realtà va
indietro.
Eligio:
Sto pensando che i discepoli ai quali Gesù manifestò la sua gloria, poi vediamo
che parlano di un eventuale loro primato…..
Luigi: Quello
ti fa capire che non era ancora la vera gloria, l’ultima.
Eligio:
Mi rimane molto difficile realizzare una continuità di permanenza nel Pensiero
di Dio.
Luigi:
Quello ti fa capire tante cose, ci fa capire come il nostro io venga fuori e
come sia difficile. E ci fa capire anche che i discepoli, nonostante queste
deviazioni, avevano qualche cosa di particolare che li teneva legati e quel
qualcosa di particolare era che loro avevano lasciato tutto per Gesù, avevano
lasciato tutto. Ad esempio, quando si presenta il giovane ricco e dice a Gesù: “Che
cosa devo fare per avere la vita eterna?”, Gesù lo amò e gli rispose: “Vai
vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri, poi vieni e seguimi”. Ad un
certo punto, i suoi discepoli gli dicono: “Ma noi abbiamo lasciato tutto per
te”, quello che li tiene legati a Lui è il fatto che loro hanno giocato la
loro vita dietro di Lui, hanno rischiato tutto per Lui, dipendono da Lui, non
fanno più conto su altro. Praticamente sono partiti da una sponda e sono
approdati su un’altra però ormai erano imbarcati. Il guaio nostro è che noi
crediamo di essere imbarcati con Lui allora diciamo: “Ma io non faccio
questioni di primato…”, ma se io sono imbarcato con Lui, vedi, la cosa è ben
diversa; cioè noi siamo con Lui solo ogni tanto, e non abbiamo giocato la
nostra vita su di Lui, come invece hanno fatto questi discepoli! Avendo giocato
tutta la loro vita su di Lui, è logico che sentano le tempeste, anche se poi
tempeste non sono; il fatto è che Gesù è uno che tira, è uno che cammina, non
sta lì a tirare tardi: è uno che pretende perché ha una meta altissima (e lo
vediamo quando fa il discorso del pane a Cafàrnao). Però un uomo che ha giocato
la sua vita su Gesù è diverso da un’ altro che invece dice: “Va beh, se io me
ne vado o se Lui mi scaccia o se ne va, io ho sempre questi appoggi, ho qualche
altra sicurezza”, per cui, in questo caso, non ho rischiato tutto. Ma se ci
comportiamo in questo modo, non ci rendiamo conto che ci freghiamo da soli
perché non rischiando non otteniamo. Ad esempio, quando abbiamo tanto denaro,
questo ci dà la possibilità di ottenere nella misura in cui siamo disposti a
spenderlo.
Cina:
Ad esempio anche Pietro …
Luigi:
Tutti, tutti. Gesù dice al Padre: “Tu li hai dati a me…”..
Emma:
Perché Gesù scelse dodici apostoli? Cosa significa il dodici?
Eligio:
come fare a giocare la nostra vita per Dio, per Gesù, con la stessa intensità
con cui l’hanno giocata gli apostoli?
Luigi:
Bisogna giocare l’esistenza dietro di Lui, come l’hanno giocata i discepoli,
bisogna rischiare tutto, lasciare tutto. Infatti Pietro dice: “Noi abbiamo
lasciato tutto per te…”, Lui è diventato la loro vita. Certamente lasciando
tutto per seguirlo hanno rischiato ed è questo rischio che li ha legati molto a
Lui; loro si sono affidati e non possono più tornare indietro perché ormai
hanno perso la partita con il mondo, hanno perso ogni garanzia col mondo per
cui dipendono soltanto più da Lui: o muoiono o seguono Lui.
Eligio:
Quindi secondo te cosa bisogna fare?
Luigi:
Ti posso rispondere solo con le parole di Gesù: “Và vendi tutto quello che
hai e dallo ai poveri, poi vieni e seguimi”. Sì, ho capito che non ho
risposto secondo le tue aspettative……
Eligio:
Sì, forse è possibile interiormente realizzare questo precetto, ma io ad
esempio non potrei…
Luigi:bisogna
fare, o meglio facendo solo quello che piace a Lui che Lui stesso ci conduce.
Bisogna non fare più assegnamento su altro e quando uno non fa più assegnamento
su altro, si comporta solo più secondo Dio.
Eligio:
Perché a volte uno crede di fare come gli apostoli invece …
Luigi:
Guarda San Francesco, nel giro di ventiquattr’ore si è spogliato di tutto, ha
lasciato il padre e immediatamente si è tuffato dentro, perché il miglio modo
per imparare a nuotare è buttarsi in mare, o affoghi o impari a nuotare. Noi a
volte crediamo, facciamo i compromessi per salvare una cosa e l’altra così
perdiamo tutto.
Eligio: A
volte mi paragono a certi personaggi del Vangelo per vedere a che punto sono
del cammino…..
Luigi:
Noi a volte consideriamo solo i fatti complementari ma dimentichiamo l’anima.
Noi ci preoccupiamo molto dei fatti mentre ci manca l’anima (la preghiera del
fariseo al tempio), magari Dio preferisce una prostituta perché la prostituta
ha un’anima mentre una vergine o un santo tutto pieno di virtù ma ai quali
manca l’anima.. allora il Signore ci fa capire che è meglio un fiore in un
letamaio, che un po’ di letame in una casa pulita, perché quello che conta agli
occhi di Dio è l’anima cioè è l’amore, è la passione che uno porta dentro.
Allora se una donna è una prostituta ma ha la passione per Dio, lì verrà poi
fuori il santo, se invece uno è anche in un convento o in una chiesa ma non ha
la passione per Dio, dire che verrà poi fuori la prostituta….
Eligio:C’è
una prostituzione che è maggiore di quella fisica..
Luigi:
Quello che forma è l’animo, non l’esteriorità.
Eligio:
Non è poi tanto semplice…
Luigi:
Gesù dice: “Ho capito che in voi non c’è amore per Dio”, e poi dice alla
Maddalena: “Molto le sarà perdonato perché molto ha amato” non si tratta
dell’amore che intendiamo noi, sia chiaro; è un altro amore, non è sentimento!
A volte noi diciamo di amare Dio, di amare il prossimo, ma magari è sentimento,
non è vero amore!
Emma: È
disponibilità…
Luigi:
Ma non è nemmeno disponibilità, è passione per-, passione per Dio è amore,
amore per Dio che trasforma tutto! Guarda l’esempio del seme dell’anemone in un
letamaio e ti salta fuori un anemone bianco perché c’è il seme, non è il
letamaio che conta, il letamaio non conta niente. Così è anche tutto l’ambiente
che abbiamo intorno, può essere tutto letame, oppure essere tutto un ambiente
di santità e serve a un cavolo di niente se manca il seme. Ecco per cui ad un
certo punto capiamo che non è l’ambiente, non sono le strutture per cui il
Signore dice: “È inutile andare qui o andare là…”, è questa passione per-.
Pinuccia: È
un interesse per Dio..
Luigi:
Sì ma non è soltanto interesse per Dio a parole, è un problema di desiderio, è
un problema che ti trasforma, perché Dio è tutto.
Eligio: È
anche difficile capire questo tipo di amore…
Luigi: È
un incontro, uno incomincia ad avere dentro una problematica e poi ad un certo
momento ha un incontro, una scoperta, da qui nasce l’amore.
Cina:
Oppure è quel cercare …..
Luigi:
Ma la ricerca, se manca l’anima, è sterile.
Cina: “Ama
con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutte le tue forze…”.
Luigi:
Ma è proprio quella totalità di cuore di quando uno è innamorato di una
persona: in qualunque luogo sia ha sempre il suo pensiero che gira intorno, che
edifica intorno all’essere amato. Se ha scoperto Dio, tutto porta lì, qualunque
cosa, tutto alimenta, si sta costruendo qualcosa di meraviglioso, è una vita
polarizzata, mentre prima era dispersa ora è polarizzata su qualche cosa, si
dirige tutto lì e da quella cosa salta fuori il fiore. Ma quando appare già
esteriormente, è già la conclusione di uno sviluppo immenso che è avvenuto
dentro, mentre fuori non si vedeva ancora niente, c’è tutto questo lavorio in
noi. “Abbiamo trovato Colui di cui parlavano Mosè e i profeti”, ma per
giungere a dire questo, quanto lavorio interiore! Quante volte abbiamo letto
magari nella Bibbia di Mosè e i Profeti e non abbiamo capito che parlavano di
Gesù, mentre noi vediamo solo le regole morali, gli avvenimenti,le profezie. Eppure
Gesù dice: “Scrutate le scritture, parlano di me” qui ce lo dice che
tutte le scritture parlano di Lui, ma chi lo capisce? Soltanto quell’anima che
ha fatto quel lavorio interiore penetra, che non si ferma all’apparenza ma
penetra in profondità e ad un certo punto capisce che quell’avvenimento, qui
fatti, la natura, la storia, le scritture, parlano di Uno, non si tratta
soltanto di una norma morale. Chi guarda la bella regola, vede l’involucro e
non che quello che sta dietro è molto profondo, cioè c’è da scoprire la
persona!
Eligio: E
cosa si deve fare per scoprire, per conoscere quella persona?
Luigi:
Ma questo è Dio stesso che conduce a scoprirla. Per cui se io ho presente il
mio io e guardo un albero, lo rivesto della mia intenzione e penso al modo per
utilizzarlo per i miei bisogni: fare legna, farmi ombra, ecc.. Se invece ho
presente Dio cerco il suo pensiero nell’albero, quello che Dio mi vuole
significare di Sé presentandomi l’albero. “Chissà Dio che cosa mi vuol dire di
Sé in questo albero?” in quanto ho presente Dio, non posso non vedere che Dio
in quello significa qualche cosa di Sé. Qualsiasi persona intelligente che vede
Dio operare pensa: “Chissà cosa mi vuole significare Dio in quello che sta
facendo”, c’è una ricerca del pensiero. Avendo presente la persona, si instaura
un processo d’amore, di fatto uno va alla ricerca del pensiero e non si ferma
all’apparenza. Se uno non ama la persona si ferma soltanto all’apparenza, ma se
ama la persona, s’impegna a scrutarne il pensiero. Non è la difficoltà che ci
deve bloccare perché con Dio ci sono tante difficoltà ma non sono quelle che ci
impediscono di andare con Lui, anche se ci sono le tempeste uno và, direi che
anzi, la difficoltà rafforza l’amore; è Dio che ci mette nelle difficoltà per
evidenziare la carica perché ci vuole molta forza in quanto attualmente siamo
capaci a restare con il Signore soltanto cinque secondi e già veniamo portati
via. Ecco per cui abbiamo bisogno di avere la significazione di Dio nella
pietruzza, che Dio si manifesti nella pietruzza perché siamo capaci di fermarci
alla pietra e invece dobbiamo imparare a restare con Lui eternamente. Quindi si
parte dalla capacità di restare con Lui per un secondo e siamo chiamati ad una
potenza tale da diventare capaci di restare con Lui eternamente, per sempre con
Lui il che vuol dire vedere in tutto, sempre il suo Verbo, il suo Pensiero in
qualunque cosa, basta di restare con Lui. per cui io posso restare con Lui solo
quando chiudo gli occhi, faccio silenzio, mi ritiro in una chiesa, resto con
Lui quel poco e poi mi subito mi distraggo e invece Lui mi chiama a restare con
Lui eternamente cioè in tutte le sue opere passate, presenti e future, in
tutto, allora starò sempre con Lui eternamente. Bisogna imparare a restare
sempre in un pensiero unico, il Suo Pensiero Unico, quindi pensa che razza di
potenza d’animo infinito, un animo infinito capace di possedere questa
Presenza, di restare in questa Presenza.
Pinuccia:
Quindi ci porta a scoprire la sua Presenza anche nel passato a noi sconosciuto.
Luigi:
Ah, in tutto, in tutto! Non soltanto in quello che Dio fa oggi, ma in tutto
quello che Dio ha fatto e in tutto quello che farà.
Eligio:
In Dio non c’è passato, presente e futuro perché Dio è fuori dal tempo.
Luigi:
In Dio si recupera tutto; un giorno scopriremo tutto quello che il Signore ha
fatto per portarmi alla partecipazione della vita eterna, quello che ha fatto e
che io non presupponevo nemmeno minimamente. È come scoprire che una persona
lavorava da mille anni per me ed io non lo sapevo….