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Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno più vino”. E Gesù rispose: “Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora”.  La madre dice ai servi: “Fate quello che vi dirà”. Gv 2 Vs 3/5 Primo tema


Titolo: L’evoluzione dei valori.


Argomenti: L’evidenziazione di Gesù. Il vino della festa. Il valore delle cose. Gesù attende sempre l’iniziativa del Padre. L’azione autonoma. La fede è accettare ciò che Dio mi presenta. La comunione con Dio. Il destino dell’uomo. Il mutamento dei valori. Il vino è il motivo che ci fa vivere. Costatare la vanità di tutto. L’ora di Cristo.L’attenzione unicamente a Gesù.


 

12/settembre/1976


 

Luigi: La volta scorsa ci eravamo fermati in modo particolare sul significato di questo terzo giorno in cui si facevano le nozze a Cana e sulla presenza della madre di Gesù. Ora dovremo ancora fermarci un poco ad osservare la dinamica di questo giorno di festa, di questo giorno di nozze: cioè il senso dell’evolversi degli avvenimenti.

Il senso dell’evolversi degli avvenimenti lo vediamo soprattutto nell’evolversi dei valori in questo giorno di festa. Cioè noi qui osserviamo che, man mano che cresce la festa, diminuisce il vino. La diminuzione di vino provoca un intervento della madre di Gesù; notiamo qui che Giovanni non chiama mai Maria, o la Vergine, ma la chiama sempre “la madre di Gesù” e penso che questo abbia un significato profondo.

Il diminuire del vino provoca l’intervento della madre di Gesù e quindi, di conseguenza, l’evidenziazione di Gesù, infatti già la volta scorsa abbiamo notato che in principio Gesù era un’aggiunta alla festa delle nozze, era uno qualunque, man mano che gli avvenimenti si evolvono, ad un certo momento, diventa il protagonista della festa stessa, cioè colui dal quale tutto viene a dipendere. Allora qui possiamo già capire, percepire, intuire il senso di questi avvenimenti: tutto si evolve per accentrare l’attenzione su Gesù.

Ora il giorno di nozze è la nostra stessa vita perché l’uomo è un essere chiamato all’unione con Dio quindi alle nozze con Dio. Questa è la vostra eredità: conoscere il vostro Signore e imparare a vivere con Lui, imparare ad essere uniti con Lui infatti Gesù conclude la sua vita terrena pregando il Padre affinché siano tutti una cosa sola con Lui.

Quindi il destino dell’uomo è questa comunione con Dio, è questa unione, quindi la vita dell’uomo è essenzialmente questo giorno di nozze. Ecco che allora noi troviamo nella dinamica di queste nozze di Cana, significato l’evolversi, o il senso dell’evolversi degli avvenimenti che avvengono nella nostra vita.

Allora questo crescere di festa, questo diminuire di vino, questo intervento della madre di Gesù, questo accentrarsi dell’attenzione su Gesù, noi lo ritroviamo nella nostra stessa vita.

Quindi la meditazione su questo giorno di nozze ci evidenzia, ci fa capire, se lo approfondiamo, il significato di quanto avviene nella nostra vita; perché nella vita di ognuno di noi, nella vita di ogni uomo, c’è una festa che cresce, c’è un vino che diminuisce, c’è una madre che interviene, che percepisce il senso dei tempi che avvengono nella nostra vita e c’è un accentrarci della nostra attenzione su Gesù.

Il primo mutamento dei valori che si nota in questa festa è il vino.

Ora il vino significa ciò che rallegra la festa, ciò che dà gioia alla festa. Ora, se in questo giorno di nozze noi ritroviamo il tempo della vita dell’uomo, ecco che nel vino noi troviamo significato ciò di cui gli uomini traggono gioia per la loro vita.

E cos’è che dà gioia alla vita dell’uomo? Quello che dà gioia alla vita dell’uomo è ciò per cui vive, cioè è il valore, è ciò che è il motivo del suo vivere.

Qui si dice che man mano che la festa prosegue, il vino diminuisce, cioè man mano che la nostra vita si svolge nel mondo, cresce la festa con il mondo, cioè cresce perché noi siamo orientati a cercare il benessere, la ricchezza, il valore del mondo, la figura, cresce la nostra festa nel mondo, con il mondo, però diminuisce il vino.

Se per vino noi intendiamo il motivo che ci fa vivere, la ragione del nostro vivere, ecco che quanto più noi aumentiamo il nostro benessere in terra, la nostra ricchezza, la nostra posizione, il nostro prestigio, tanto più viene a mancare in noi il senso, il valore stesso della vita.

Possiamo forse, facendo un esempio, quando si è poveri e si trova molta importanza nel lavorare per avere un pane, per avere qualcosa da mangiare, man mano che si arricchisce non ha più senso, o meglio, perde senso, perde valore il lavorare per mangiare, non c’è più bisogno, quindi scadono i valori, viene a mancare il vino. Cioè forse noi continuiamo ancora a lavorare, perché avevamo iniziato per quel motivo, però poi viene sempre più a manca l’incentivo, il motivo per cui si lavora, ma non c’è più la pressione, non c’è più il motivo, non c’è più la ragione per -.

Ora, mancata la ragione, manca la gioia, non è più giustificato, allora viene la routine.

Prendiamo l’esempio del rito, la funzione religiosa dovrebbe sorgere come espressione di una certa spiritualità; per cercare Dio mi devo inginocchiare, mi devo raccogliere nel silenzio. Ma se ad un certo momento, o perché ritengo di aver raggiunto una certa spiritualità, continuo ad inginocchiarmi, continuo a raccogliermi nel silenzio, ma non sono più sollecitato dal bisogno di cercare Dio e lo faccio solo più per dovere, ecco che viene a mancare la gioia, perché viene a mancare il vino, viene a mancare il motivo, viene a mancare lo Spirito.

Magari si parla ancora tanto, però non si dice più niente perché manca l’anima; si ascoltano magari tante parole però, sostanzialmente non si trattiene più niente; si fa tanto rumore ma non si comunica più niente di sostanziale, si corre magari per tutte le strade del mondo, ma si è sempre fermi allo stesso punto; ci si agita e non si muove niente.

Noi lo sentiamo questo problema perché manca la sostanza della vita, c’è soltanto più la recitazione, c’è soltanto più la figura, lo si fa ancora ma non si è più motivati.

E la madre, abbiamo detto che la madre di Gesù significa l’anima contemplativa, l’anima che guarda Dio, che ha presente l’essenziale della vita, nota il senso dei tempi: “Non hanno più vino”, viene a mancare il vino. Gli uomini recitano soltanto più la loro vita ma non c’è più in loro la ragione di vivere.

Questa ragione di vivere viene sempre a mancare, perché tutto si esaurisce, se noi non puntiamo direttamente sulla ricerca di Dio, per cui fintanto che noi rivolgiamo la nostra vita a delle cose che passano, queste in un primo tempo sostengono la nostra vita perché sono dei valori, ma tutti si esauriscono.

Intanto c’è una ragione, si esauriscono perché ci debbono orientare verso dei valori superiori, nello stesso tempo devono dimostrare che la nostra vita non è fatta per quello.

Se la nostra vita è un giorno di nozze con Dio, la nostra vita deve tendere a conoscere Dio, deve tendere ad imparare a convivere con Dio, è un matrimonio, è un’unione, una convivenza e quindi deve occuparsi, preoccuparsi di Dio: questo è il vero valore davanti al quale tutti gli altri valori scadono.

Per cui in un primo tempo della nostra vita ci sono delle cose che valgono, man mano che viviamo tutti questi valori si evolvono, scadono, non fanno più presa e se noi non ci orientiamo ad impegnarci a preoccuparci di Dio, la nostra vita muore, ecco viene a mancare il vino.

Su questo pensiero centrale della evoluzione dei valori, sul significato di questo vino c’è qualcosa da chiedere?

Pensieri tratti dalla conversazione:

Giovanni: Penso che la mancanza del vino, col tempo l’uomo viene a riconoscere Dio, perché anche materialmente l’uomo fino ad un certo punto ha la speranza nella vita e lavora per la carriera, poi dopo nella vecchiaia viene a riconoscere che era una cosa inutile. Umanamente questo dovrebbe venire di per sé.

Luigi: Ma non basta! Tutto è grazia di Dio. Anche il vino che viene a diminuire è opera di Dio:

però non è sufficiente!

Eligio: Non è sufficiente perché sarebbe un fatto automatico; arrivando alla vecchiaia, con lo scadimento di tutti i valori che all’inizio ci hanno sostenuti, e che non sono veri valori perché non sono Dio, non è che automaticamente ci troviamo con Dio.

Luigi: È il passaggio a Dio che è difficile! Ad esempio l’abitudine al fumare, ad un certo momento tu scopri che la sigaretta è dannosa per cui vorresti smettere; eppure non basta questo! Come mai non basta? Per cui uno ha raggiunto una certa carriera, un certo posto, poi ad un certo momento quello diventa inutile, assurdo perché non ha più bisogno di quello avendo raggiunto un certo benessere, un capitale, eppure, forse per il nome, la gloria, ci possono essere tanti motivi che giocano, che pesano sul nostro io, per cui noi non possiamo liberarci dalle cose inutili della nostra vita che constatiamo tali.

Non basta constatare l’inutilità, la vanità di una cosa per potercene liberare: noi ne constatiamo la vanità, ma non possiamo liberarcene; per liberarcene bisogna orientare la nostra vita a qualche cosa di superiore, cioè soltanto avendo un bene migliore, possiamo lasciare un bene inferiore, altrimenti non possiamo lasciarlo anche se vediamo la vanità di questo. Quante abitudini noi abbiamo assunto e che non possiamo lasciare, perché non c’è qualcosa d’altro che ci prende!

Quando Gesù parla degli operai della vigna, quelli ai quali il padrone rivolge l’invito alle cinque della sera, e dice: “Come mai ve ne state qui tutto il giorno a fare niente?”.

Anche nella nostra vita ad un certo punto noi scopriamo che tutto il nostro agitarci, tutto il nostro parlare, tutto il nostro muovere, tutto il nostro far rumore, è un “fare niente”, sostanzialmente, perché si formano in noi degli “altri” bisogni che poi scopriamo, ed è opera di Dio, che sono un “fare niente”. Magari noi credevamo di sacrificarci tanto per il bene degli altri e poi, in conclusione, ci accorgiamo, ed è Dio che ce ne fa accorgere, che abbiamo fatto niente, perché, magari, gli altri non sanno cosa farsene di tutto quello che noi abbiamo fatto per loro!

E così in tutti i valori: è il Signore che ci fa toccare con mano il loro decadimento!

Però, abbiamo detto, che non basta questo, perché quando il padrone si rivolge a quegli operai dicendo: “Perché state qui tutto il giorno senza fare niente?”, loro rispondono: “Perché nessuno ci ha presi a giornata!”, se noi non siamo presi da qualche cosa di superiore, noi giriamo a vuoto in tutte le nostre faccende inutili, vane anche constatandone la vanità; questo perché bisogna essere presi; se uno non è preso da qualche cosa che vale di più non lascia il meno, non può lasciare il meno. Noi non possiamo stare “senza”: noi siamo fatti per essere con “qualcosa” o con “qualcuno”, anche se questo “qualcosa” o questo “qualcuno” diventa “niente” o diventa “nessuno”, noi non possiamo lasciarlo, se non siamo presi da qualcosa di superiore.

Giovanni: In sostanza l’uomo riconosce la sua nullità, però resta schiavo.

Luigi: Resta schiavo, e la tristezza dell’uomo è data proprio da quello! Perché fintanto che l’uomo riconosce la validità di ciò che egli fa, anche se è un illuso, ma lo riconosce valido, trova gioia perché riconosce valida la cosa. Anche se gli altri dicono che è uno stupido, e che è niente quello che lui fa ma agli occhi suoi, quella cosa che egli fa è importante e, in quanto vale, trova gioia di vita, c’è ancora del vino: qui non abbiamo la tristezza della vita; la tristezza della vita è quando uno scopre l’inutilità! Allora la vita diventa pesantissima perché uno si accorge che gira a vuoto; però non basta constatare questo, ecco quello che dico! Non basta constatare che il vino viene meno, si resta senza, ma uno non sa come uscirne, bisogna che ci sia un intervento superiore, cioè bisogna che uno sia preso da qualche cosa che valga di più, che lo scopra, che orienti la sua vita lì, allora riuscirà a lasciare: ecco il passaggio.

Giovanni: Il vino in senso spirituale è la Parola di Dio?

Luigi: No, la Parola di Dio è quella che verrà poi dopo, all’ultimo. Ma ho detto che vino è ciò che dà gioia, è quello che vale, è quello che dà significato alla nostra vita, quello che vale per noi. Questo è il vino: quello che rallegra la nostra vita, un valore.

Ad un certo momento diventa parola di Dio, perché vediamo che il vino buono arriva all’ultimo, ma questo vino qui che si esaurisce, rappresentano i valori della nostra vita, è ciò che per noi è importante.

In verità ciò che per noi è importante dovrebbe essere Dio, la parola di Dio, però non è vero, perché l’importanza di una cosa è la conseguenza, è la sintesi di due fattori: un fattore oggettivo ed un fattore soggettivo. Per cui una cosa può essere importantissima in sé ma io vederla niente.

Perché Gesù qui dice: “Non è ancora giunta la mia ora”? Ma perché era inutile che Lui parlasse a della gente che si ubriacava, non era la sua ora; perché quella gente lì avrebbe ritenuto la sua parola niente anche se è importantissima. Abbiamo visto molte volte che ciò che dà importanza al pane è la fame; noi possiamo trovare il pane quando non abbiamo fame, il pane è importantissimo, però se noi non abbiamo fame, non gli diamo valore.

Ciò che dà valore ad una cosa, è costituito da due fattori: uno oggettivo, la presenza di quella cosa ed uno soggettivo, la fame, quello che parte da me.

Quindi noi possiamo dare molta importanza anche a delle cose che valgono poco, per dei motivi nostri, del nostro io, noi possiamo ritenere quelle cose molto interessanti, molto importanti; basta osservare nel campo della moda, o nel campo della politica, quante volte noi riteniamo importantissime tante cose che poi scopriamo che sono vane, inutili, che valgono niente.

Ora che cos’è che fa dare valore a queste cose che ad un certo momento rivelano di essere poco, di essere niente, tant’è vero che il Signore dice: “Ciò che è grande agli occhi degli uomini è niente, è abominevole presso Dio e ciò che invece agli occhi degli uomini è niente è molto grande presso Dio” quindi: “Beati i piccoli, se voi non diventerete piccoli non potrete entrare”, c’è un capovolgimento dei valori per poter vedere.

Giovanni: Prima il vino era importante, poi mancando il vino gli uomini incominciano a riflettere sulla mancanza…

Luigi: Però chi fa riflettere è la presenza di Gesù e la presenza della madre: è la madre che genera il Figlio di Dio dentro di noi.

Comunque dico, ciò che rallegra la vita dell’uomo è ciò che per lui è importante, fintanto che è importante, ciò che ritiene importante, ciò in cui giustifica la sua vita. Quindi se tu dici: “Ma se io non lavoro non mangio, se io non lavoro non posso tirare avanti la mia famiglia!”, tu ritieni il lavoro molto importante! Ecco, quello ti giustifica agli occhi tuoi, ti giustifica; ma non sei giustificato agli occhi del Signore! Uno può dire: “Ma io devo pensare a seppellire mio padre!”, cioè devo stare con lui fintanto che muoia, ma attualmente, agli occhi di questo figlio, la vita vissuta per suo padre è giustificata. Ora fintanto che lui lo vede giustificato, questo dà senso alla sua vita, scoprirà magari un giorno che quella vita non ha avuto senso, quando ci sarà un’altra luce, ma attualmente lui trae giustificazione e quindi trae anche gioia, da questo fatto qui.

Quando uno tende ad una meta, anche se quella meta è fasulla, ma in quanto tende ad una meta, in quanto è tutto proiettato verso quella meta, trova gioia da quello. Se si organizza una gita, se si vuole andare in un certo luogo, alla vigilia, tutto preso da quello, si trova gioia, si dà senso, poi ad un certo momento uno scopre che quella era una cosa fasulla, che non valeva niente, anzi magari ritieni di aver sprecato tutta la tua preparazione. Ma fintanto che vive, anche nell’illusione di quella meta, lui trae gioia: ecco il vino; è un valore, ed è un valore presente nella nostra vita.

Eligio: Mi ha sempre lasciato perplesso questo atteggiamento di Gesù, sia sotto il profilo umano, che sotto il profilo dell’applicazione che dobbiamo farne per l’anima nostra alla luce dell’interpretazione che hai dato. Sotto il profilo umano in quanto si rivolge a sua madre con termini che sembrano duri; poi quando la madre gli fa presente che non hanno più vino, Lui le risponde che non è ancora giunta la sua ora, perché sono nel pieno della festa e quindi, non sono in grado di capire il suo intervento. Ma poi, subito dopo, fa il miracolo moltiplicando il vino che li conferma nella festa del mondo.

Luigi: Sì, ma qui è successo un fatto straordinario! Ma di questo argomento non ne abbiamo ancora parlato, lo affronteremo più avanti.

Eligio: Possiamo solo affrontare il primo punto? La Madonna è l’ideale per ogni anima nostra, come disponibilità e apertura a Dio. Noi ci troviamo nella festa del mondo ma con noi c’è il Signore è c’è anche sua madre che fa presente questa necessità.

Luigi: Solo lei può far presente questa necessità, cioè solo chi ha presente Dio, chi è disponibile per Dio, vede il senso dei tempi; gli altri credono di essere nel pieno della festa, chi ha presente Dio, vede l’altro che sta morendo. Soltanto la madre di Gesù vede questo: è madre di Gesù cioè Colei che genera il Verbo di Dio tra noi, ed è proprio lei, è proprio questa contemplazione di Dio che ci renderà poi dopo attenti al Verbo di Dio, attenti alla Parola di Dio.

Eligio: Direi che Lei è attenta anche alla situazione ambientale, alle persone che in quell’occasione sono presenti alla festa. Non capisco la risposta di Gesù a sua madre.

Luigi: Ma la risposta di Gesù a sua madre è un rimprovero! La risposta di Gesù rientra sempre in quell’ordine: abbiamo sempre lo stesso di Gesù di dodici anni che risponde ai suoi genitori: “Perché mi cercavate?”. La madre che dice: “Perché ci hai fatto questo? Sono tre giorni che noi con angoscia ti cercavamo!” e Lui risponde: “Perché mi cercavate?”, vedi che abbiamo sempre lo stesso Gesù? Quando Maria e i parenti vanno a cercarlo e Gesù dice: “Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli?”, rivolto a tutta la gente, a tutta la folla che gli sta intorno dice: “Ecco mia madre, ecco i miei fratelli: coloro che ascoltano la parola di Dio”.

Eligio: Io mi sarei aspettato che desse questa risposta ma che poi uscisse dal gruppo e prendesse a braccetto sua madre. Qui in questa scena dà la risposta di rimprovero ma poi fa il miracolo.

Luigi: No, non è che Lui dà la risposta e poi fa il miracolo. Qui Maria, la madre di Gesù, non è che faccia una proposta di miracolo, generalmente l’interpretazione ufficiale è questa: è Lei che interviene, che sollecita il miracolo, ma non è vero! Lei non sollecita il miracolo! Constata! E lo constata con il Figlio: “Non hanno più vino” . Ora, la constatazione è effetto della contemplazione, la Madonna è Colei che non parla, è Colei che non prende iniziative, l’iniziativa è sempre di Dio, l’iniziativa è del Figlio è il Figlio Colui che parla, il Verbo.

Eligio: Quindi non dovrebbe parlare la Madonna.

Luigi: Maria constata e lo constata solo con Gesù: “Non hanno più vino!”, “Cosa deve importare questo a te e a me!”, ecco la risposta di Gesù. Che è la stessa risposta quando dice: “Perché mi cercavate? Non sapete che io mi debbo occupare delle cose del Padre mio?”. “Cosa deve importare a te e a me se il vino viene meno?”: non è questo l’argomento! Lei che è il frutto della contemplazione, constata il segno dei tempi, constata quello che sta avvenendo. “Cosa deve importare questo a te e a me?”, non è una cosa che importi perché questa è opera di Dio, è Dio che sta operando, questo deve importare se viene a mancare il vino. Anzi, il vino viene a mancare proprio perché le anime si aprano ai veri valori; se si crea una situazione di povertà, è opera di Dio per aprire le anime ai veri valori: e cosa ti devi preoccupare di questo? Lascia che le cose vadano!

Eligio: Ecco adesso vorrei che di qui ne traessimo un insegnamento personale. Quando per grazia di Dio noi fossimo in una situazione di apertura alla volontà di Dio, noi non dovremmo mai parlare? Cioè allora la Madonna ha parlato a sproposito?

Luigi: Noi dobbiamo constatare, constatare e cercare di capire i segni dei tempi. Parlare vuol dire intervenire, vuol dire proporre per-, ma qui la Madonna non propone il miracolo.

Pinuccia: Allora perché Gesù rimprovera la Madonna se constata? Lei fa quel che deve fare, constata semplicemente, contempla l’opera di Dio!

Luigi: Gesù le dice semplicemente: “Questo non deve importare né a te, né a me! Cosa importa se viene a mancare il vino?”.

Eligio: Allora c’è una lezione profondissima: noi non dovremmo mai parlare ma lasciare che sia Dio a operare, a manifestare la sua volontà.

Luigi: Sì, è logico, perché l’iniziativa è di Dio. Gesù, in un altro luogo del Vangelo dice: “Il Figlio non può fare niente se non lo vede fare dal Padre” e se noi lo seguiamo attentamente, ci accorgiamo che Gesù si rifiuta sempre di agire su proposta degli altri; Lui è sempre uno che agisce in quanto inizia il Padre, ma in quanto gli altri glielo propongono, Lui si rifiuta: Lui non agisce su iniziativa degli altri, fosse anche sua madre, Lui si rifiuta, la lezione sta lì! Perché bisogna essere figli del Padre! Aspetta l’iniziativa del Padre! “Non è la mia ora!”, è il Padre che decide l’ora, non sei tu, non è la creatura e non è la madre.

Eligio: Hai detto che Gesù aspetta l’iniziativa del Padre. Che cosa vorrebbe significare per noi?

Luigi: L’iniziativa è del Padre perché è Lui che semina, è Lui che porta. Infatti Gesù dice: “Io non rifiuto nessuno di coloro che il Padre mi manda”, però aggiunge: “Nessuno può venire a me se il Padre non l’attrae”.

Allora, Lui non rifiuta nessuno di coloro che il Padre manda, ma cosa vuol dire questo “mandare”? Far sentire la fame di-; fintanto che non c’è la fame di-, non è giunta la sua ora, perché Lui è il Pane, il Pane di vita.

Ma quand’è che è la sua ora? Quando c’è uno che incomincia ad aver fame, allora è la sua ora. Fintanto che gli altri si nutrono di altri pani, non è ancora giunta la sua ora, Lui non propone il suo pane. Lui deve aspettare che sia il Padre che conduce gli uomini alla fame, allora subentrerà il suo pane. Difatti quando Lui avrà compiuto la sua missione, si darà al mondo e il mondo lo uccide, perché è sangue versato.

Eligio: Il rimprovero che Lui fa alla Madonna, che significato ha e che insegnamento vuole essere per noi?

Luigi: Che non dobbiamo preoccuparci delle cose che vengono a mancarci, ma dobbiamo intendere il significato, il senso delle cose. Cioè se i valori crollano, non dobbiamo preoccuparci di rimediare questi valori, questo non interessa; dobbiamo capire il senso, il significato, cioè quello che vuol recare questo evolversi di valori nell’animo dell’uomo.

La fine del mondo avviene nella vita di ogni uomo ed è Dio che lo opera e quando parla della fine del mondo dice: “Crolleranno le stelle del vostro cielo….”, significato del crollo di tutti valori, “Si oscurerà il sole…”, quello che illumina la nostra vita, tutti i valori, quello che illumina, quello che dà senso crolla, cade: la fine del nostro mondo.

Perché questo? Ma perché c’è un altro valore che deve sorgere nella nostra vita, che deve essere messo in evidenza, è il vino all’ultimo, il vino buono che viene dato all’ultimo.

Per cui gli uomini in un primo tempo si soddisfano con tutti i vini del mondo, con tutti i vini della terra e tutti questi sono destinati alla fine del mondo, perché? Perché deve sorgere un altro vino. Ora non affannarti se vedi che i valori crollano, non darti da fare, non preoccuparti, cerca di capire, piuttosto, il senso di questi tempi, il significato del tempo in cui tu ti trovi, in quanto nella tua vita constati questa fine dei valori. Che cosa significa questo? Perché l’importante è sempre cogliere il significato delle cose, più che le cose, non ti preoccupare delle cose, preoccupati del significato delle cose.

Eligio: Ci sono però delle cose che oggettivamente mi impegnano con un dovere irrinunciabile ad agire più che star lì a capire il significato; davanti ad un povero, non posso fare tanti ragionamenti sul significato della povertà, ho il dovere, perché Dio stesso me lo impone, di aiutarlo. È legittimo dover interpretare il segno piuttosto che agire?

Luigi: Sì, è vero quello che tu dici, d’altronde penso a cosa deve succedere in noi se, vedendo un povero, ed avendo da dargli di che supplire, noi ci rifiutassimo per cercare il significato. Cosa ci deve essere in noi perché se noi abbiamo presente Dio, avendo presente Dio, non possiamo non guardare il povero, non vedere il povero ma non possiamo neanche dimenticare che noi abbiamo di che sfamarlo. Dio mi fa vedere chi ha fame e mi dà il pane in tasca: io non posso non vedere il povero, perché è Dio che me lo presenta e quindi non posso dire: “Non l’ho visto!”; non posso non vedere il pane che ho in tasca perché so che ce l’ho, cioè io so di avere quello che può supplire a quella fame, quindi io devo fare un atto di iniziativa mia per tradire ciò che ho presente se mi rifiuto di rispondere a quella fame, povero è uno che ha fame.

Ora, c’è anche il povero spirituale, e il Signore quando dice povero non intende solo povero materiale, ma intende povero in tutti i sensi.

Perché quello che importa è sempre l’azione autonoma nostra, è quella che ci tradisce; l’azione autonoma nostra è sempre un rifiuto di vedere ciò che Dio ci presenta da vedere.

Per cui se io non vedo il povero, faccio un’azione autonoma, se non vedo il pane che ho con me, faccio un’azione autonoma, da queste azioni autonome nasce poi un rifiuto, per cui passo e non l’ho visto. Ma c’è un’azione autonoma.

Se io ubbidisco a Dio, ubbidendo a Dio debbo tenere presente il povero e debbo tenere presente il pane, non posso non farlo perché debbo ubbidire a Dio.

Ma proprio per ubbidire a Dio, non posso fermarmi, ecco per cui l’azione fatta per ubbidire a Dio mi porta la luce, mi porta a scoprire il significato.

Eligio: Ecco che allora direi che per ultimo viene il significato?

Luigi: Abbiamo visto come Giovanni Battista ubbidendo all’opera di Dio, ha accettato di battezzare Gesù e ha colto il significato, ha visto, è stato illuminato per cui ha potuto dire: “Ecco l’Agnello di Dio”.

Quindi, dal lato di ubbidienza, fede, e l’atto di ubbidienza è sempre questo: tener presente Dio, non mai agire autonomamente, l’azione autonoma è sempre una rottura nella fede, per cui io non vedo una cosa che vedo, mi rifiuto di vedere una cosa che vedo, allora non rispondo: qui abbiamo un’azione autonoma. L’azione autonoma è sempre un travisamento di una realtà; faccio un’azione secondo la fede se dico che questo è rosso, ma faccio un’azione autonoma se dico che questo è nero, allora traviso.

Eligio: Perché dici secondo la fede quando l’oggetto ce l’ho davanti?

Luigi: Dico fede in quanto io debbo rispettare ciò che Dio mi presenta, aderire anche se non capisco (es. non so cosa sia il rosso, però dico che è rosso).

La fede è sempre un’accettazione di ciò che Dio mi presenta. Giovanni Battista non capisce perché deve battezzare Gesù, perché Gesù è più grande di lui, però accetta, crede, aderisce. La fede è sempre un atto di adesione anche a ciò che non capiamo. Invece la rottura nella fede è l’atto autonomo per cui io traviso la cosa e dico che è nero. Però in coscienza so che il colore è diverso. Quindi quando io dico che non ho visto il povero, la mia coscienza mi dice: “Tu l’hai visto”, io non posso cancellare tutto, la Verità è superiore a me, ma è proprio perché la verità è superiore a me, chiede a me questo rispetto.

Ecco per cui il principio della sapienza è proprio questa attenzione, quello che chiamiamo il timore di Dio, siamo su un terreno di Dio: “Quella terra su cui tu stai è terra sacra, togliti i sandali” dice Dio apparendo nel roveto ardente a Mosè.

Ora, cosa vuol dire questo “togliti i sandali”? È questo timore di Dio! Stai attento che ti muovi nel sacro, tutto è di Dio, tutto è opera di Dio, tutta la nostra giornata è tutta di Dio, tu ti muovi nel sacro, stai attento a non fare niente di autonomo, di iniziativa tua, ma rispetta le opere di Dio.

Nel rispetto delle opere di Dio, uno si deve mettere in pace su un certo binario, perché deve sempre rispettare queste opere di Dio in tutto, questa presenza di Dio.

Allora se uno ha presente Dio in tutto certamente si comporta in un certo modo che lo apre alla luce, perché rispettando la fede, accettando, aderendo alla fede, questa ti porta a capire, alla luce.

Ecco allora l’apertura, l’intenzione, l’illuminazione; per cui attraverso l’amore, adesione, fede si giunge alla luce.

Quindi la luce non è la premessa, ma è la conseguenza di questo rispetto della presenza di Dio perché chi illumina è Dio non è l’uomo, però chiede all’uomo questa adesione, questa attenzione, questa fede, questa umiltà.

L'Episodio che troveremo domenica prossima di Gesù che parla della sua passione, della sua morte e i discepoli che pensano chi sia il primo fra loro, per cui Gesù quando li interroga si vergognano, vedi il senso della vergogna!

Perché l’uomo ha il senso della vergogna? Tutte le volte che l’uomo gira attorno al pensiero di sé, pensa a sé e si vergogna perché è circoscritto, c’è l’azione autonoma, c’è il travisamento della realtà, della verità per cui c’è questo senso di vergogna.

Se io dico che questo è rosso non ho il senso della vergogna, anzi mi sento fortificato e lo posso difendere davanti agli altri;se invece dico che questo è nero mi sento vergognato perché sto travisando per un mio interesse.

Perché qual è il motivo che ti fa travisare la realtà? È la menzogna. E qual è il motivo per cui tu devi dire la menzogna?

C’è un interesse personale che ti fa travisare, per cui non siamo aperti a Dio.

Cina: Io intuisco che c’è una lezione tanto profonda, la intuisco ma non riesco a capirla.

Emma: Sono d’accordo con Cina.

Giovanni: Il vino, la Madonna e Gesù, tutti e tre ….

Emma: Ma in un primo tempo, quando hai iniziato a parlare, ho capito che quando uno lavora da un po’ di tempo deve capire quando ha denaro a sufficienza….

Luigi: Quello l’ho detto per significare come i valori vengono meno nella nostra vita per cui in un primo tempo siamo sospinti da un bisogno, ad esempio dal bisogno di mangiare. Il bisogno di mangiare ci rende importante ad esempio il lavoro. Ma quando debbo lavorare non più sospinto dal bisogno di mangiare, il lavoro perde di importanza perché non c’è più la pressione, non è più motivato. Lo posso fare così per sport, ma non c’è più la pressione. Ora tutti i valori che in un primo tempo della nostra vita, se noi fossimo intelligenti, lo capiremmo subito dall’inizio, perché il Signore stesso ci dice: “Non preoccupatevi del mangiare e del vestire”, perché tutte le cose sono ordinate da Dio e se noi fossimo orientati a Dio, siccome Dio ha fatto bene tutte le cose: “Venite che tutto è pronto”, quindi Dio all’inizio della vita ci fa già trovare quello di cui abbiamo bisogno (infatti si dice che per ogni bambino che nasce c’è già una culla pronta).

Per ogni anima c’è già una culla pronta, Dio dispone tutto l’universo, tutte le creature, per accompagnare; quindi tutte le creature dovrebbero servire quell’anima affinché possa disporsi sempre di più a conoscere il suo Signore, a cercare Dio.

S. Agostino dice che Dio ha fatto tutto l’universo a servizio del nostro corpo, affinché il nostro corpo possa servire l’anima in modo che l’anima possa disporsi a contemplare a servire il Signore.

Noi quante volte diciamo che quando le cose sono a posto tutto è silenzioso, anche il nostro corpo non lo sentiamo; quando noi sentiamo il nostro corpo è perché abbiamo qualcosa fuori posto, o non stiamo bene, ma anche disordine dello spirito, però sentiamo il corpo.

Ma quando tutte le cose sono a posto, tutto tace. Guarda che l’ordine dell’universo tutto è in ordine, tutto è in silenzio; il c’è rumore è pieno di disordine, c’è qualcosa che non funziona, che non è a posto.

Una macchina quando incomincia a stridere, a far rumore, c’è qualcosa che non và. Allora quando tutto è a posto, perché c’è questo silenzio? Perché l’anima possa elevarsi verso Dio, liberamente, senza essere disturbata da nessun rumore; per cui anche il corpo è silenzioso affinché noi non ci accorgiamo nemmeno di averlo, ma che cos’è che dobbiamo elevare? Il pensiero. A che cosa tu pensi?

Ora, tutto il corpo è in silenzio affinché tu possa elevare la tua mente al Verbo di Dio, a concepire Dio, in questo silenzio.

Giovanni: Non è la preghiera di Tamir?

Luigi: È la preghiera di compieta: “Lascia, o Signore, che tutti i rumori della terra, vengano assorbiti nel Tuo Cielo”. Infatti guarda l’universo come è meraviglioso, praticamente riesce ad assorbire tutti i rumori degli uomini.

Cina: Per esempio l’anima si accorge di questa mancanza di vino o deve aspettarsi che la Madonna lo constati?

Luigi: L’anima se ne accorge ma non riesce a fare la diagnosi. Però se ne accorge nel senso che sente la noia, la tristezza della vita, lo denuncia in quei termini lì; cioè la vita viene ad essere privata della gioia; la mancanza della gioia è già il vino ormai esaurito, finito. Abbiamo detto che il vino significa quello che dà gioia alla vita, però abbiamo detto che quello che dà gioia alla vita è la motivazione; quando noi facciamo una cosa non giustificata, non motivata, senza ragione noi siamo tristi; noi abbiamo bisogno di fare una cosa ma vederla sempre giustificata, che abbia un certo valore, allora se la cosa è motivata, vale per qualche cosa. Se io devo fare una cosa inutile, leggere un libro già letto, che già conosciamo, diventa una fatica enorme perché non è giustificato.

Cina: C’è da augurarsi che cambino questi valori che non valgono, però ……

Luigi: Non basta però, come dicevo a Giovanni, che i valori crollino! Se i valori crollano, noi cadiamo nella tristezza.

Cina: ……di non restare solo in questo passaggio, ma di aggrapparsi ai valori veri.

Luigi: Ma i valori veri non è dato a noi per aggrapparci, bisogna che essi si presentino, si rivelino, per cui non basta essere in questa situazione di disagio, noi possiamo morire in questa situazione di disagio, nella tristezza noi possiamo morire. Ecco per cui: “Abbiamo trovato, finalmente quello di cui hanno parlato Mosè e i Profeti”, è un giorno di gioia in quanto abbiamo trovato! Erano nella tristezza! Però bisogna che il ladro venga.

Cina: Il binario, però, tra questo calare dei valori, fare questo passaggio….

Eligio: Sì, sì, l’aggancio è ai veri valori….

Luigi: No, no, sempre il Pensiero di Dio, la presenza di Dio perché Dio è il Principio. Infatti la madre di Gesù, quella che genera in noi il Verbo, questa contemplazione di Dio.

Eligio: Io penso che la lezione più bella di questo miracolo sia la conferma che anche immersi in quelli che noi chiamiamo i valori del mondo, che poi non sono valori messi a confronto con i veri valori, è che Gesù, la Verità, è presente comunque: i veri valori li abbiamo comunque sempre in noi. Direi che siamo immersi nella festa del mondo e cerchiamo di inebriarci di vini diversi ….

Luigi: C’è Gesù e c’è la Genitrice di Gesù: Colei che genera Gesù in noi perché quante volte abbiamo detto che noi possiamo incontrare mille volte Gesù solo per strada e non farcene niente.

Cosa c’è in noi di sbagliato perché non lo vediamo, non ci dice niente?

Certamente Gesù c’è in tutto perché Dio opera in tutto, quindi anche le cose più banali, più insignificanti sono cariche di significato, è terreno sacro, è opera di Dio.

Quindi anche le cose più banali sono cariche di spiritualità, sono cariche di vino, però non ci dicono niente.

E che cos’è che a noi dice qualche cosa? Ti dice qualche cosa in corrispondenza di quello che abbiamo dentro di noi, con l’interesse che abbiamo dentro di noi, allora lì siamo toccati.

Allora fintanto che non si crea questa sintonia di interessi con Dio, noi non scopriamo. Vedi come è tutta la dinamica, per cui per me vedo molto significato nella dinamica, nello svolgersi di questi avvenimenti qui, in questo giorno di nozze che sono poi la nostra vita; perché la nostra vita è un giorno di nozze a cui siamo chiamati.

Questa è l’eredità, non disprezzare l’eredità come Esaù che dice: “Cosa me ne faccio dell’eredità se io muoio di fame?” per cui lui dimostra di avere più interesse per un piatto di lenticchie che al diritto della primogenitura; la primogenitura gli sarà tolta con offesa, malamente per dire che colui che disprezza l’eredità (e l’eredità è questo: “Tu uomo sei stato creato per questa eredità, è questa la tua parte”), per cui Gesù dice al popolo ebreo di non lasciare niente in eredità ai sacerdoti perché: “Io sono la loro eredità”, quindi non date alcun lascito affinché abbiamo ad avere in me la loro eredità.

Ecco che l’uomo deve essere attento a non disprezzare il suo destino, a non disprezzare la sua anima, a non disprezzare questo suo desiderio di verità, di assoluto, questa fame di Dio che porta dentro di sé, perché se lo disprezza in nome di cose che passano, “Cosa importa a noi dello spirito, noi abbiamo bisogno attualmente di avere i piedi per terra, di cose materiali, dobbiamo risolvere i nostri problemi sociali, politici, economici, sono queste le cose che valgono”, ragionando in questo modo noi preferiamo il piatto di lenticchie al diritto alla primogenitura.

Allora il diritto alla primogenitura ci sarà tolta malamente, con offesa, ci reca un’offesa.

Eligio: Quello, direi che è confortante è che Gesù, mentre viene meno il vino, quindi il motivo di allegria del mondo, subentra Lui per agganciarci ai veri valori.

Luigi: No, no, no, la lezione è ben più complicata, non è soltanto perché viene meno il vino resti agganciato…

Eligio: No, no, Lui c’è comunque, mente i valori crollano…

Luigi: Lui c’è, Lui c’è…

Eligio: Lui c’è e nel miracolo di Cana c’è e subentra con un’azione diretta…

Luigi; Lui c’è, però l’evangelista dice: “….ed anche Gesù fu invitato alle nozze”, capisci? “Anche”, quell’anche è eccezionale come importanza! Perché c’era anche. Tu capisci che Dio non è un “anche”.

Eligio: Dio è un soprattutto.

Luigi: Noi viviamo la nostra festa e invitiamo anche Gesù, ma chi vive, praticamente noi, i protagonisti, sono gli sposi, basta che ci sia da bere e poi aggiungiamoci pure “anche” l’aspetto religioso.

Eligio: D’altronde, nella maggioranza dei casi partiamo così….

Luigi: Fintanto che Lui è uno fra tutti, Dio non dice niente e rimprovera la Madonna, la Madre, se gli dice qualche cosa: “Cosa deve interessare questo? Non è questo il momento!”, non è questo il momento, perché fintanto che Lui è un “anche”, Lui non interviene.

Bisogna che siano gli avvenimenti, il Padre, che svolge gli avvenimenti per cui ad un certo momento l’attenzione cada su Gesù.

Maria ha capito che l’iniziativa era in mano di Gesù, non quando l’ha rimproverata perché in quel caso Lui risponde soltanto ad un suo intervento; poi fa l’iniziativa, “l’ora mia”. Richiamando “l’ora mia” lì tutto, capisci, presenta una cosa che si sta enormemente dimenticando, per questo Li dice: “Fate attenzione a Lui”: ecco il momento. Il momento è lì, per cui, facendo attenzione, Lui diventa il Protagonista, ma c’è l’attenzione, l’animo è attento. Allora in quanto c’è uno, anche un servo, un semplice servo, mica gli sposi, perché purtroppo, al culmine della festa, probabilmente gli sposi e i capotavola ignoravano addirittura la vicenda del miracolo, ma basta che ci sia un servo, forse la creatura più umile, che faccia attenzione, per determinare l’ora.

Perché se c’è un servo che fa attenzione, è il Padre che ha iniziato l’opera.

Eligio: Però l’attenzione lì è tutta circoscritta tra la Madonna e Gesù.

Luigi: Sì, ma è il termine “madre”, colei che genera il Verbo in noi, che apre l’anima all’attenzione.

Cina: È quello che volevo dire, se dipende da noi questo passaggio, oppure bisogna star lì ad aspettare….

Luigi: No, è l’attenzione, senza attenzione Dio non parla.

Il rispetto è attenzione perché l’anima nostra è fame di Dio, è desiderio di Dio, ora quando uno ha fame è attento, quando uno ha altre fami non è attento a quel pane lì perché la sua attenzione è tutta rivolta altrove: quel pane lì tace, non dice niente, è presente ma non dice niente, non può dire niente e rimprovera coloro che lo sollecitano a dire qualche cosa.

Perché il Figlio non può fare niente se non lo vede fare dal Padre” e Lui dice: “Nessuno può venire a me se non è attratto dal Padre” però dice anche: “Io non respingo nessuno di coloro che il Padre mi manda”, ma deve essere sempre il Padre.

È il Padre che manda ed è il Padre che attrae, tutto è il Padre, allora il Figlio raccoglie quello che il Padre manda e porta alla conclusione, al frutto.

Il Figlio è Figlio in quanto è sempre attento all’iniziativa del Padre. L’iniziativa è del Padre e il Figlio rifiuta qualsiasi iniziativa, Lui continuamente rifiuta qualsiasi iniziativa.

Pinuccia: Mi risulta difficile capire l’iniziativa della Madonna, mi pare che fa una constatazione, non sollecita il miracolo. Tu dici che Gesù rimprovera coloro che sollecitano il miracolo….

Luigi: Fa una constatazione, non sollecita il miracolo…..

Eligio: A me pare più di una constatazione perché fa presente a Gesù se non dicesse più niente però dopo dice: “Fate tutto quello che Lui vi dirà”

Pinuccia: Lì convoglia tutta l’attenzione su Gesù……

Eligio: Ma in previsione di un intervento miracoloso, altrimenti che senso avrebbe!

Luigi: No, la versione ufficiale è quella che la Madonna abbia anticipato l’ora della manifestazione di Gesù, ma io non credo perché Gesù rifiuta, allora che senso avrebbe il rifiuto di Gesù? Egli dice: “Non è giunta l’ora” e dopo cinque minuti fa il miracolo?

Eligio: Allora che senso ha che la Madonna gli dica che non hanno più vino, che Gesù la rimproveri ma che dopo compia il miracolo?

Luigi: Penso che bisogna andare più in profondità proprio sulla parola che Gesù dice “L’ora mia non è ancora venuta”, è lì l’iniziativa.

L’iniziativa è di Gesù non della Madonna, per cui la Madonna si accoda. Gesù dicendo: “L’ora mia non è ancora venuta”, propone, ma è Lui che propone quest’ora all’attenzione. La Madonna sapeva perfettamente cosa voleva dire “l’ora di Gesù” e in quanto gliela propone, rende evidente che gli animi non sono attenti a Lui.

Ma la Madonna è una conseguenza della proposta di Gesù. Chi ha proposto qui è Gesù, non è la Madonna è il Verbo che ha detto: “L’ora mia non è ancora venuta”.

Mettiamo di essere in comitiva in una sala e tutti fanno brusio e uno dice: “Dì qualcosa!”, l’altro gli risponde: “No, non è proprio il momento di parlare”, ma questo vuol dire che propone di parlare: “Fate silenzio!” ma l’iniziativa è di colui che ha detto: “Non è proprio il momento di parlare!”.

Eligio: Non capisco perché la Madonna, pura contemplazione, viene rimproverata perché ha parlato, e dopo il rimprovero dice: “Fate tutto quello che vi dirà!”.

Luigi: Perché Gesù le propone quello, le propone la sua ora. Diamo un’altra versione, anziché dire “ora” diciamo: “Ma non c’è nessuno che fa attenzione a me!”. Cosa ti dice questo: “Non c’è nessuno che fa attenzione a me!”? l’altro dice: “Fate attenzione!”, ma chi è che ha invitato a fare attenzione? Quello che ha detto: “Non c’è nessuno che fa attenzione a me!”, l’ora è questa! Per interpretare cosa vuol dire quell’ora…

Eligio: Cioè la Madonna ha detto: “State attenti che quest’ora….”

Luigi: Non “……che quest’ora”, perché Gesù si lamenta dicendo che la sua ora non è ancora venuta, manifesta la sua tristezza perché Lui è venuto solo per quello! Nel Vangelo di San Marco Gesù dice: “Io sono venuto per predicare il Regno di Dio! Andiamo in tutti i paesi perché io sono venuto per questo!”, Lui è venuto per quello. Ora quando uno dice: “Io sono venuto per quello però non c’è nessuno che faccia attenzione” fa un lamento “L’ora mia non è ancora venuta!”.

Pinuccia: “L’ora mia…” vuol dire la sua manifestazione?

Luigi: L’ora di parlare, l’ora di recare il suo messaggio, ma non c’è nessuno che ha fame! l’ora di dare il suo pane, ma non c’è nessuno che ha fame! Si stanno ubriacando di vini…La parola successiva della Madonna è ubbidienza al Figlio, Lei sta servendo il Figlio. Il Figlio si lamenta di una cosa, la madre serve il Figlio; la madre non è l’iniziatrice, Gesù è l’iniziatore, la madre serve all’iniziatore: ecco la contemplativa, non parla, Lei non parla, Lei è la mano del figlio.

Pinuccia: Puoi spiegare il rimprovero che fa alla Madonna? Che cosa le rimprovera? La rimprovera perché parla? Qual è il male della Madonna, perché il rimprovero presuppone un male.

Luigi: Certo, è logico! È quello di preoccuparsi del fatto che non hanno più vino, fa una constatazione e Gesù le dice: “Che cosa ti deve interessare questo a te e a me? Fa attenzione a Dio!”. L’attenzione deve sempre essere rivolta a Dio, se noi sappiamo che in tutto c’è la mano di Dio, in un terremoto, ad esempio, “Che cosa deve interessare a te? Cerca il significato presso Dio!”. È un richiamo a fare attenzione a Dio. Io lo vedo nella linea dei rimproveri, perché non presuppone un male ma dice: “Cosa deve interessare questo a te e a me, donna!”, non è in senso offensivo, Lui non è che disprezzi la Madonna quando dice: “Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli? Oppure: “Perché mi cercate?”, non è che Gesù disprezzi. Però se la madre entra in coloro che ascoltano la parola, anche lei è madre, però Lui non dice “madre”, Lui dice “donna”.

Pinuccia: E perché la chiama “donna”?

Luigi: Perché è sempre in quella linea per cui Lui non fa valere i rapporti naturali, non sono valori, il vero valore è uno solo, è Dio. D’altronde cosa vuol dire essere madre in senso naturale, ma è un servizio di Dio, è Dio che genera.

Ora Gesù si mantiene sempre in questa linea qui, già a dodici anni, noi qui vediamo la continuità di spirito, il bambino di dodici anni che dice: “Ma perché mi state cercando?”, intanto fa già stupire, ed è significativo che parli la madre e non parli Giuseppe che è il padre, perché in quei casi il primo che interviene è sempre il padre, magari gli prudevano le mani, eppure è strano, ma la scena la fa la Madonna, quindi evidentemente …

Eligio: Però Lei dice: “Tuo padre ed io ti cercavamo….”, mette prima il padre.

Luigi: Ma questa è l’opera della Madonna, però chi parla lì è la Madonna, anche lì si rivelano tante cose, non fosse anche in Giuseppe che tace…. ci sono tante cose …. Però il fatto che Gesù dice: “Perché mi state cercando?” sai un ragazzo di dodici anni che dice questo, non so se mi spiego!

Comunque, lo vedi che siamo sulla stessa linea del Gesù che a trent’anni dice: “Cosa deve importare questo a te e a me?”, o del Gesù che dice: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli ?”, vedi che siamo sempre sulla stessa linea? Vedi che è sempre lo stesso spirito?

È sempre uno che dice: “Mio padre è Dio!”. Per cui anche la madre è una creatura e in quanto è una creatura: “Guarda Dio, non preoccuparti del resto!” perché in tutto c’è la mano di Dio: “Lascia che Dio operi!”; e quando Dio, attraverso queste opere qui suscita la fame allora Gesù dice: “È arrivata la mia ora!”.

Ora Gesù questo miracolo l’ha fatto sempre per dare lezioni ad ognuno di noi, mica l’ha fatto per sé, è logico, o per sua madre, questo l’ha fatto per ognuno di noi perché noi siamo schiavi di tanti valori, ambientali, sociali e anche religiosi.

Infatti uno dei tabù religiosi contro cui Gesù ha lottato è il culto del sabato perché non abbiamo a mettere dei valori che non siano Dio, come la ricerca di Dio, come giustificazione nella nostra vita.

Gesù è venuto, prima di tutto, a sgombrare il terreno da tutto questo per cui chi dice: “Io ho i buoi, io ho i campi, io ho la madre, io ho il padre…”, non è fatto per il regno, ecco vedi come sgombra. Dopo che ha sgombrato il terreno, abbiamo l’anima che è disposto ad ascoltare il suo messaggio, ed è un messaggio che non sono mica parole!

È un messaggio che è lunghissimo che ci deve portare alla conoscenza del Padre, quindi all’individuazione della Presenza di Dio in noi; ma tutto questo presuppone una liberazione del terreno da tutto quello che ci blocca, che blocca il nostro io all’ascolto della parola di Dio.



Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno più vino”. E Gesù rispose: “Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora”.  La madre dice ai servi: “Fate quello che vi dirà”. Gv 2 Vs 3/5 Secondo tema


Titolo: “L’ora mia”.


Argomenti: Le nozze con Dio o col mondo. Festa che cresce e vita che diminuisce. La Madonna, la nostra anima. L’ora di Cristo è il silenzio della creatura. Il centro della festa. L’attenzione dei servi. La giustizia essenziale. La diminuzione di vita. L’evidenziazione dell’essenziale. L’attenzione a Cristo.  La fede dei discepoli. I miracoli. La gloria di Cristo.


 

19/settembre/1976


 

Questa volta fermiamoci sul dialogo che avviene tra la madre di Gesù e Gesù, cioè su questa frase:

·         la madre di Gesù dice: ” Non hanno più vino”,

·         Gesù le risponde: “Che importa questo a me e a te, o donna? L’ora mia non è ancora venuta”,

·         la madre dice ai servitori: ”Fate tutto ciò che Egli vi dirà”.

La prima frase: “Non hanno più vino”.

Abbiamo visto che la madre di Gesù fa una constatazione, un atto di confidenza verso il figlio, su una situazione che lei è venuta a notare.

Teniamo sempre presente che questa festa di nozze significa la nostra vita perché la nostra vita è un giorno di nozze: siamo chiamati all’unione con Dio e i veri protagonisti di questo giorno di nozze sono la nostra anima e Dio.

Invece qui notiamo che i protagonisti di questo giorno di nozze sono i due sposi umani e che Gesù è uno dei tanti invitati.

Già questo ci fa pensare che nella nostra vita, rappresentata in questo giorno di nozze, che è e che dovrebbe essere un giorno di nozze tra noi e Dio, nella quale i veri protagonisti, gli animatori della festa, il centro della festa, dovrebbero essere la nostra anima e Dio.

Invece noi rivolgiamo questa festa ad altre nozze e cadiamo in quelle nozze di cui parla Gesù che sono un rischio per accecare gli uomini e renderli incapaci di intendere il segno dei tempi.

Infatti quando dice: “Come i giorni di Noè, come i giorni di Lot, si sposavano, costruivano, vendevano, comperavano, si sposavano e venne il diluvio, piovve il fuoco dal cielo, all’improvviso li sorprese ….”, vuol dire che ci sono delle nozze che accecano gli uomini e li rendono incapaci di vedere i segni dei tempi.

Cioè diventiamo noi i protagonisti delle nostre nozze; anziché trovarci con Dio protagonista, noi ci troviamo ad essere noi uomini protagonisti.

Ora evidentemente non dobbiamo intendere queste nozze soltanto nel senso di “nozze”, ma anche di tutto quello che può essere sposalizio con il mondo, quindi affari, lavori.

Infatti nella parabola degli invitati Gesù mette sullo stesso piano coloro che dicono: “Io ho i buoi, io ho i campi, io ho la moglie, non posso venire: abbimi per giustificato”.

Cioè noi sostituiamo le nostre nozze con il mondo alle nozze con Dio e Dio in queste nozze è uno fra i tanti invitati, uno qualunque.

Allora noi in queste nozze abbiamo tre protagonisti:

·         abbiamo gli sposi che sono al centro della festa, sotto l’aspetto umano,

·         abbiamo la madre di Gesù

·         ed abbiamo Gesù.

Gesù, che direi, è il meno evidenziato in questo giorno di nozze, attualmente.

Quindi i due sposi sono i protagonisti, con tutti gli altri che fanno festa intorno a loro che sono ciechi e che quindi non notano l’abisso che si sta scavando sotto i loro piedi che li fa precipitare.

C’è la madre di Gesù che invece vede il rischio in cui la festa sta per andare a finire ed abbiamo Gesù che è indifferente, è estraneo perché gli altri sono estranei e che quindi non si cura di quello che sta succedendo.

Tant’è vero che quando la madre gli dice: “Non hanno più vino”, Lui le risponde: “Cosa importa questo a me e a te o donna?”.

Evidentemente richiama a qualcos’altro che deve molto importare, non deve essere questo che importa è altro che importa: “Cosa deve importare questo a me e a te, o donna?”, non è quello che deve importare.

E questo ci fa capire che quello che viene importare nella nostra vita, ed abbiamo visto che nella festa del mondo in cui noi sprofondiamo, mentre aumenta il nostro benessere, nel mondo il nostro prestigio, la nostra gloria: “Guai a voi che cercate la vostra gloria”, “Come potete credere voi che elemosinate la gloria gli uni dagli altri?” e il Signore ci fa capire che cercando, pensando a noi stessi, cercando la nostra gloria, la nostra figura davanti agli altri, non possiamo credere in Dio, abbiamo si una fede nominale, ma che non è quella la vera fede.

Abbiamo una festa crescente ma abbiamo anche una vita che diminuisce, che si impoverisce, abbiamo un’anima che si svuota e di questo noi non ce ne accorgiamo: ma ad un certo momento non abbiamo più vita, abbiamo solo più l’esteriorità della vita ma non abbiamo più l’anima, non abbiamo più vita.

Di questo noi non ce ne accorgiamo ma se ne accorge Colei che contempla Dio, la Vergine che non è appassionata delle cose del mondo, che è presente e che significa la nostra anima, questo desiderio di Dio, che ognuno di noi porta in sé e che quindi avverte, pur nel pieno della festa, avverte la tristezza.

Cioè la tristezza del vivere immerso nella gloria del mondo, immerso nel benessere, nella ricchezza, negli affari: c’è l’anima che prova questa noia, questa tristezza, è la Madonna, è la Madre che nota che non c’è vita, che non c’è più vita.

Però Gesù fa notare: “Cosa importa questo a me e a te, o donna?”, non è quello che viene a mancare che importa, è altro quello che deve veramente importare, non è quello che manca agli uomini, non è denunciare la tristezza degli uomini quello che veramente importa.

Qui ci fa notare, e ce lo fa notare sua Madre, che quello che veramente importa, è altro: che cos’è quest’altro? Dice Gesù: “L’ora mia non e ancora venuta”.

Noi, generalmente interpretiamo “L’ora mia non è ancora venuta”, come un rifiuto di Gesù ad intervenire nella sollecitazione che gli fa la Madre, ma non è questo perché altrimenti non avrebbe senso che cinque minuti dopo Lui intervenga e cambi l’acqua in vino.

Come d’altronde, proprio da quello che Gesù dice non dobbiamo assolutamente interpretare che Gesù abbia voluto rallegrare la festa, perché altrimenti non avrebbe senso quello che Gesù dice: “Che importa questo?”, che il vino venga a mancare, non importa perché è Dio stesso che lo fa mancare; cioè è Dio che fa fallire la festa e non è il fallire la festa che deve interessare, quello che interessa è altro, è l’ora.

Ora Gesù non dice: “L’ora mia non è ancora venuta” nel senso di voler affermare che non sia ancora il suo tempo, ma lo dice con tristezza, lo dice con pena, quindi è un rimprovero che Gesù fa perché non è giunta l’ora sua per parlare.

Ma perché non è giunta l’ora sua per parlare? Perché non c’è nessuno che faccia attenzione, non c’è nessuno che abbia orecchi per Lui. Infatti Lui non è il protagonista della festa, se fosse il protagonista della festa tutti farebbero attenzione a Lui, allora sarebbe giunta la sua ora, invece non era giunta la sua ora.

Abbiamo sempre un passo del Vangelo di S. Giovanni al cap. VII in cui si dice che Gesù va in Giudea e i suoi fratelli gli dicono: “Manifesta te stesso al mondo”, e Lui dice: “Andate voi a questa festa, l’ora mia non è ancora venuta”, e anche qui dopo va alla festa.

Abbiamo il modo di fare di Gesù che nasconde un senso profondo perché Lui rifiuta e poi fa.

Anche a dodici anni quando i suoi genitori lo smarriscono in Gerusalemme, lo ritrovano perché lo cercano; Lui dice: “Perché mi cercavate? Non sapevate che mi debbo trovare nelle cose del Padre mio?”, detto questo, però, va con loro ubbidiente, ritorna a Nazareth.

Ai suoi fratelli che gli dicono: “Vai in Giudea……”, Lui dice: “No, non vado perché non è ancora giunta la mia ora, andate voi” e poi dopo và. Qui dice alla Madre: “Cosa importa a me e a te?” cinque minuti dopo supplisce a quella mancanza di vino che si sta verificando.

Però in tutto quello che, direi, preoccupa Gesù è quello di evidenziare l’essenziale; una volta che lo ha evidenziato poi non importa, ma Lui vuol sempre mettere in evidenza: “Cercate prima di tutto il Regno di Dio”, poi non importa perché tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù, quello che importa è questo.

Lui non interviene per evitare agli sposi lo smacco durante la festa, questo non lo interessa, quello che interessa è altro, è la sua ora infatti non appena Lui dice: “L’ora mia non è ancora venuta” e la Madre capisce, è un lamento, come dire: “Non c’è nessuno che abbia orecchi attenti per ascoltare il messaggio che io sono venuto a recare: io sono venuto per predicare il Regno di Dio”, questo è il suo messaggio, è la sua missione, però questo richiede l’apertura da parte degli uomini, l’orecchio attento, l’orecchio per ascoltare, per intendere.

Se questi orecchi non sono attenti, non è l’ora per parlare, non è arrivata la sua ora.

Ecco che la Madonna dice: “Fate tutto quello che vi dirà”, lo dice ai servi.

Anche qui ci fa capire qualcosa di profondo, mentre prima i protagonisti erano gli sposi qui passano in primo piano i servi che ammoniti dalla Madre, prestano attenzione, aprono l’orecchio al Maestro Gesù.

I servi, non gli sposi, non tutti gli altri e saranno costoro che constatano il miracolo, non gli sposi, non tutti gli altri, gli altri non ne capiranno niente, non ne sapranno niente.

Infatti, all’ultimo Giovanni dirà che Gesù manifestò la sua gloria ai discepoli e dice che i servi sapevano quello che avevano attinto.

Quindi la Madre apre l’orecchio, rivolge l’attenzione e rivolgendo l’attenzione, l’ora di Gesù scocca.

Ora, in quanto c’è stata l’apertura, l’attenzione a Gesù, adesso, a questo punto i valori sono a posto; quindi ritorniamo nel: “Cercate prima di tutto il Regno di Dio e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù”, ora qui Gesù non ha più difficoltà al soprappiù, ha messo le cose a posto.

È come nella moltiplicazione dei pani, prima Lui aspetta che la folla vada dietro di Lui per tre giorni a sentire gli argomenti del Regno di Dio, quando hanno dimostrato la fede, quello che veramente interessava loro, tanto che rischiano di morire di fame per strada, per cui intervengono addirittura gli apostoli a dire: “Licenziali affinché abbiano da procurarsi di che mangiare”, ecco che a questo punto in cui le cose erano a posto, provvede Lui il cibo per tutti.

Quindi conferma il: “Cercate prima di tutto il Regno di Dio e tutto il resto vi sarà dato in soprappiù”.

Pensieri tratti dalla conversazione:

Eligio: Come mai si mette in evidenza che i discepoli credettero in conseguenza di questo miracolo, mentre abbiamo sempre parlato della non necessità dei segni esteriori per credere in Cristo?

Luigi: Non è che la fede sia conseguente al miracolo, perché i discepoli suoi avevano già creduto. Avevano creduto in quanto, abbiamo visto nel capitolo precedente, sulla segnalazione del Battista, erano discepoli del Battista, poi sono diventati discepoli di Gesù, andarono dietro a Gesù, quindi credettero in Lui, erano preparati. Gli stessi hanno detto prima: “Abbiamo trovato il Messia!”.

Se dicono questo vuol dire che il loro cuore era con Lui e la loro fede era in Lui, solo che abbiamo una fede che cresce di gloria in gloria, che cresce di conoscenza in conoscenza. Ad ogni segno di Gesù, l’anima viene confermata nella fede, per cui ha creduto bene, viene confermata. Infatti Gesù confermerà, fino a Pentecoste Gesù non farà altro che confermare, confermando però amplia la panoramica della sua verità, della sua gloria.

Qui dice: “Manifestò la sua gloria”, ma noi abbiamo visto che la gloria è qualche cosa di ben diverso che si scoprirà soltanto nel Padre.

Quindi qui abbiamo questa conoscenza che sta crescendo, quindi abbiamo già un segno di gloria, come avremo un segno di gloria sul Tabor, nella Resurrezione, ma è una gloria crescente che si integrerà e si rivelerà, si evidenzierà, per cui si va di conoscenza in conoscenza.

Ed è così anche nella fede, la fede è crescente, che ad ogni segno viene confermata. Per cui qui si conferma come il Giovanni Battista che scopre l’Agnello di Dio e poi il giorno seguente è ancora sempre fermo lì a segnalare: “Ecco l’Agnello di Dio” e il terzo giorno è ancora lì fermo a segnalare “Ecco l’Agnello di Dio”.

Con Dio non abbiamo passaggi da una conoscenza ad un’altra conoscenza ma abbiamo un approfondimento nella stessa conoscenza ed è approfondendo questa conoscenza che si arriva al centro da cui poi tutto si irradia.

Quindi non abbiamo passaggi, non abbiamo dei salti, non è come apparentemente sembra, soprattutto nelle parabole, si salta da un argomento all’altro, la parabola del seminatore, la parabola della zizzania, invece direi che si integrano, si approfondiscono, ma è sempre la stessa.

È la stessa che si approfondisce sempre di più fino a portarci ad un nucleo essenziale. E così è il problema della fede con Cristo, non è che abbia bisogno dei segni altrimenti ci sarebbe la contraddizione con quello che dice Gesù. “Anche se un morto risuscitasse, non basterebbe loro”, non sono i miracoli che possono…

Eligio: Questo vale per una certa categoria di persone….

Luigi: Per coloro che credono tutto diventa miracolo, tutto diventa segno.

Eligio: Il miracolo di per sé non stimola la fede…

Luigi: No, perché è la fede che scopre il miracolo. Infatti qui Lui ha cambiato l’acqua in vino e quel vino è servito per tutti, però l’hanno visto solo i servi e i discepoli.

Quindi hanno visto il miracolo solo coloro per i quali Gesù era il protagonista della festa, era al centro dei loro interessi; per coloro che ebbero altri protagonisti, gli sposi ad esempio, la festa di per sé, non videro niente, non poterono vedere.

Quindi quello che fa vedere, ed è il rimprovero che Gesù fa a Tommaso, che aveva posto come condizione per credere di vedere, e quindi aveva capovolto i termini, non si può mettere come condizione per credere il vedere, perché il vedere è una conseguenza del credere.

Quindi prima bisogna credere, aderire e aderendo si giunge a vedere, perché chi ci fa vedere è il Maestro, ma per potersi abbandonare al Maestro, bisogna aderire al Maestro, bisogna credere al Maestro.

Quindi quanti credettero al Maestro, giunsero a vedere, quanti non credettero al Maestro, per quanti segni e quando chiedono un segno affinché noi possiamo credere in te, Lui si rifiuta di dare un segno.

Perché si rifiuta di dare il segno? Perché il segno non basta, tutto è segno di Dio, ma per chi non ha la fede non c’è nessun segno che valga per portarlo alla fede.

Perché se non si fa, e ricadiamo di nuovo nel problema dell’Antico Testamento, del Giovanni Battista, questa giustizia essenziale dentro i nostri cuori, dentro di noi e se non si mette Dio al centro e si toglie il nostro io dal centro dei nostri interessi, noi siamo in una situazione di cecità assoluta per scoprire la verità di Dio.

Se noi non facciamo questa giustizia essenziale, tutti quanti noi sappiamo con sicurezza che non siamo Dio, questo lo sappiamo con certezza, per cui non dobbiamo considerare il nostro io come fosse Dio, cioè farne centro di riferimento della nostra vita, dei nostri pensieri, dei nostri interessi.

Questo è un primo atto di giustizia che si richiede ad ognuno di noi, se noi non facciamo questo, e quindi non superiamo il nostro io, mettendolo in periferia per riportare le cose a Dio, per cui non basta che noi accogliamo tutto da Dio, perché si può anche accogliere tutto da Dio sul piano di base, ma bisogna anche riferire tutto a Dio, riportare tutto a Dio.

Perché noi potremo anche accogliere tutto da Dio e dire: “Dio me l’ha dato ed io me lo tengo”, no! Dio te l’ha dato, adesso tu portalo a Dio per vedere quello che Dio vuole che tu faccia di quello che Lui ti ha dato: perché soltanto riportando a Dio intendi la sua volontà, se non riporti a Dio, noi possiamo anche ricevere tutto da Dio e dire: “Dio me l’ha dato” e incentrarlo sul mio io.

Invece è necessario il superamento, il nostro io diventa un posto di blocco, quindi non vediamo più e ci acceca, ci impedisce di vedere, ci travisa.

Vedete che i segni rivelano soltanto, per cui Gesù si rifiuta di interessarsi del vino, non lo fa per fare il miracolo. È sbagliato il fatto dire che Gesù è intervenuto alle nozze, ha anche rallegrato la festa, ha provveduto, non è quello!

Anzi Gesù si rifiuta in pieno perché è altro che deve importare; deve importare quello che sta veramente a cuore a Lui: la sua ora! Infatti dice: “La mia ora non è ancora venuta”.

Eligio: Il fatto che la sua ora non è ancora venuta non dipende tanto da Gesù ma dalla maturazione spirituale nostra. Cioè siamo noi che impediamo a questa ora di sopraggiungere.

Luigi: Cioè, diciamo meglio, l’ora è il Padre che la fa nelle anime. Per cui Lui dice: “Nessuno può venire a Me se non è attratto dal Padre” e in un altro punto dice: “Ma io non rifiuto nessuno di quelli che il Padre mi manda, perché io non sono venuto per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato. E la volontà è questa: che io non perda nessuno di coloro che il Padre mi manda”, perché è il Padre che manda, cioè è la fame di Dio.

È la fame di Dio che si forma nelle anime che provoca l’ora del Cristo, per cui il Cristo dice: “Io non rifiuto nessuno di coloro che il Padre mi manda”: ecco l’ora.

Qual è l’ora? È l’ora di annunciare il suo messaggio, perché “Io sono venuto per questo”. Poi all’ultimo, quando Lui avrà annunciato il suo messaggio a coloro ai quali doveva annunciarlo, cioè quando avrà compiuto la sua opera, allora si darà nelle mani dei nemici. Cioè porta l’ora a compimento, la croce e la morte, perché Lui cerca di salvare: anche morto Lui salva ancora, perché si fa opera di ogni uomo nelle mani dell’uomo.

Eligio: Vedendoci però in questi protagonisti delle nozze, c’è una parte di responsabilità personale, nel non lasciar iniziare l’opera di Gesù in cui Lui può agire verificandosi quest’ora.

Luigi: Cioè la responsabilità sta in questo: che noi pensiamo alle nostre nozze.

Eligio: Quindi ci ritardiamo quest’ora.

Luigi: Ah, senz’altro. Noi siamo stati creati per le nozze con Dio: “Cerca prima di tutto il Regno di Dio”, quindi “tu uomo, tu sei stato creato per conoscere il tuo Signore, troverai il tuo Signore quando lo cercherai con tutto il tuo cuore”.

Il primo, massimo comandamento, che è l’anima di tutti i comandamenti e di tutta la morale è: “Ama il Signore Dio tuo con tutta la tua mente, con tutto il tuo cuore, con tutte le tue forze, con tutta la tua vita”. Quindi l’uomo è stato creato per occuparsi di Dio.

Questo è il giorno di nozze. L’uomo è chiamato all’unione con Dio e il Signore dice: “L’uomo non divida, non separi ciò che Dio ha unito”, Dio creando l’uomo ha unito la sua anima al suo Spirito, quindi l’uomo non deve separarla, altrimenti abbiamo il peccato originale.

L’uomo non deve separarsi da questa unione: l’uomo deve vivere per questa unione, le nozze sono queste. Se Lui cerca altre unioni, preferisce la creatura al Creatore, abbiamo altre nozze e allora abbiamo quelle nozze in cui l’uomo rifiuta il convito al quale è invitato. Per cui lui ha il lavoro, ha sposato il lavoro, ha i buoi, ha sposato i buoi, ha il denaro, ha il benessere, ha la figura, la gloria, ha sposato la gloria; ha la moglie, ha sposato la moglie. Non è che la moglie sia cattiva perché la moglie è creazione di Dio, e il matrimonio è creazione di Dio, ma pensano a -, vivere per -. Questo è il fatto, anche il lavoro è tutt’altro che sbagliato, è parola di Dio: “Ti guadagnerai il pane …”, a parte che spiritualmente ha un altro senso, ma anche il lavoro, anche i buoi sono creature di Dio, tutto è opera di Dio. Quando però questo diventa motivo per cui io mi distraggo dal mio fine, dalle mie nozze, per questo ecco che allora mi separo da questa unione con Dio.

Eligio: infatti Gesù non accetta nessun affetto umano…

Luigi: Nessuno, neanche il padre: “Lascia che io prima vada a seppellire mio padre”, no, neanche il padre. Non c’è nessun dovere umano agli occhi di Dio che giustifichi questa sottrazione dal nostro destino, da questo impegno essenziale. Per cui se noi siamo occupati in altra festa, e qui si vede che sono occupati in un'altra festa perché il protagonista non è il Cristo, perché se noi siamo occupati nella vera nostra festa per la quale siamo stati creati, Cristo è il protagonista, Cristo è il centro. Se invece Cristo è in periferia, come è qui, uno dei tanti, “…c’era anche Gesù con i suoi discepoli”, nella nostra vita se c’è anche Gesù con i suoi discepoli, Gesù non è il protagonista. Non è l’anima, il nostro interesse principale non è Lui, “Dov’è il tuo cuore?”, “Il mio cuore è altrove”. Se invece la nostra vera preoccupazione è Dio, è la ricerca di Dio, sono queste nozze, Cristo è il protagonista, è il centro.

Allora, indubbiamente, vivendo lontano da Dio, cioè non occupandoci di questo, nel pieno della nostra festa, viene a mancare l’essenziale, viene a mancare la vita, noi ci accorgiamo che c’è insoddisfazione, per cui guadagniamo di mondo, ma perdiamo l’anima. La perdita di quest’anima non è che noi la notiamo, per cui si dice: “dobbiamo aspettare quando saremo dall’altra di vedere che l’anima è persa”, noi lo notiamo già qui, perché è vita che viene meno, è tristezza infinita, è non più vivere. Ma questo è logico, è naturale, è Dio che lo fa per farci toccare con mano che abbiamo sbagliato strada. Ma non è questo!

Non basta che ci venga a mancare la vita, la gioia, la pace, la felicità, la luce, non è sufficiente questo per provocare l’ora di Dio. Non basta! Non basta che io tocchi l’abisso, il fondo dell’abisso per provocare l’ora di Dio, no! Per questo Gesù rimprovera sua madre, non basta constatare l’infelicità dell’uomo perché questo provochi l’ora di Dio.

Quello che provoca l’ora di Dio è l’attenzione. Ecco la lezione essenziale di questo dialogo. Per cui, direi, questo dialogo che sembra fatto a sbalzi, che sembra illogico nel suo procedere, perché uno dice una cosa e l’altro ne risponde un’altra, invece ha una visione molto unitaria, perché dicendo: “Cosa importa questo a te e a me”, e “L’ora mia non è ancora venuta”, non parla dell’ora in cui deve intervenire come vino, la Madonna non chiede a Lui di intervenire circa il vino; ed è sbagliata questa interpretazione, Lei constata soltanto questa situazione; perché Lei capisce i segni dei tempi, chi vigila, chi contempla Dio vede la situazione, però non è quello che deve importare. Quello che deve importare è che gli animi siano attenti; allora ecco che, dicendo questo, l’iniziativa passa dalle mani della Madonna, alle mani di Gesù. Qui fa notare che l’iniziativa non è nelle mani della Madonna, l’iniziativa è di Gesù e anche lì è sbagliato voler dire che la Madonna è iniziatrice perché è Lei che ha anticipato l’ora di Gesù, no! È Gesù che ha presentato alla Madonna e l’ha richiamata a quello che veramente importa e l’ha detto con tristezza perché vede che tutti gli altri sono attenti ad altre cose, sono tutti occupati in altro.

Allora lei si rivolge ai più poveri, a quei che servono, e rivolge la loro attenzione a Gesù: “Fate tutto quello che vi dirà”. Notiamo questo, che questa è l’unica parola, secondo il Vangelo, che la Madonna dica al mondo, agli uomini, è l’unica, non c’è altra parola che la Madonna dica agli uomini. Per cui noi troviamo nel vangelo qualche parola che Lei dice a Gesù, qualche parola con Elisabetta, ma è un canto, il Magnificat, ma l’unica parola che dica agli uomini è questa: “Fate tutto quello che vi dirà”. Direi che il compito della Madonna verso gli uomini, è quello di rivolgere la loro attenzione al Figlio, perché è proprio con questa attenzione che scatta l’ora di Gesù, l’ora di comunicare il messaggio.

Eligio: La Madonna nei Vangeli rappresenta l’anima pura, totalmente disponibile a Dio.

Luigi: Sì, che poi in questo giorno di nozze abbiamo:

·         la nostra natura che fa la festa nel mondo,

·         la nostra anima che piange, che è la Madonna, perché non hanno più vino,

·         ed abbiamo Dio che è presente ma è in periferia, che tace, quasi indifferente alla nostra situazione, silenzio.

Tu vedi che il Cristo qui è silenzioso, e rimprovera se qualcuno vuol farlo intervenire, è come se non ci fosse. Perché noi viviamo come se Lui non ci fosse.

Eligio: Volevo chiedere che cosa rappresenta per noi la Madonna rivolgendo questa domanda al Figlio.

Luigi: È la tristezza della nostra anima. “Che vale” dice Gesù “conquistare, anche possedere tutto il mondo se la tua anima soffre, patisce”, l’anima è il desiderio di Dio e quindi portata alle estreme conseguenze di questo desiderio noi abbiamo la Madonna che è puro ascolto di Dio, perché l’anima nostra è puro ascolto di Dio.

Eligio: La Madonna viene sempre presentata come mediatrice, sembra quasi che Gesù abbia bisogno di essere piegato sentimentalmente…

Luigi: No, perché vedi che Gesù la rimprovera, però Lui la richiama a quello che veramente importa. Niente può giungere a noi se non attraverso la nostra anima contemplativa.

Eligio: La presenza della Madonna nella nostra ricerca della Verità, per poter incontrare il Cristo per giungere al Padre, che funzione ha la Madonna.

Luigi: Ha la funzione esemplare di farci capire qual è la condizione. Perché noi potremo anche confondere la missione della Madonna con la funzione di Giovanni Battista.

Eligio: La formula “Ab Jesum per Mariae” non si capisce tanto.

Luigi: La Madonna ha il compito dell’esemplarità.

Eligio: Come tutti santi.

Luigi: No, ma c’è differenza tra la Madonna e tutti i santi: la Madonna è la creatura che non conosce uomo, quindi è pura contemplazione di Dio, quindi ci evidenzia l’esemplarità della nostra anima. Quindi la condizione, ecco l’intermediazione, per ricevere i doni di Dio, per ricevere il messaggio del Cristo: cioè è questa apertura, netta a Dio, “Non conosco uomo”. Quello che ha concepito la Madre, notiamo che qui si parla della Madre di Gesù, non dice Maria, non dice la Vergine, dice la Madre di Gesù, cioè per dire che la nostra anima, ognuno di noi è chiamato a diventare la madre di Gesù, spiritualmente nella nostra anima, ognuno di noi è chiamato a generare Gesù.

Ma qual è la condizione per generare il Figlio di Dio in noi, e diventare a nostra volta figli di Dio, per diventare figli delle nostre opere,qual è la condizione?

È quella di essere nella condizione della Madre di Gesù “Non conosco uomo”, non fare più assegnamento su niente di umano, fare assegnamento solo su Dio: ecco qui la figura esemplare. È quella che dice a noi come si ascolta Dio, “come”. E fintanto che noi non siamo in quella disponibilità di ascoltare Dio “come” lo ascolta Lei, “Sia fatto di me secondo la tua parola”, non chiede niente per sé, non vuole salvare la sua figura ma “Sia fatto di me secondo la tua parola”. Ecco come si ascolta, per questo dico che è la creatura tutta concepita da Dio, senza niente di umano in mezzo. È la figura esemplare per noi e per il pensiero del nostro io affinché capiamo “come” dobbiamo diventare per poter generare in noi il figlio di Dio e quindi trovare questa presenza di Dio in noi. L’intermediazione è nel senso di esemplarità, per cui se tu ascolti come ascolto io intenderai, ma se tu non ascolti come ascolto io, non puoi intendere. Dio parla ma tu non puoi intendere perché non hai ascoltato. Ecco l’intermediazione è in questo senso, ci fa capire “come” dobbiamo ascoltare. Perché noi possiamo anche illuderci, credere magari di ascoltare Dio, allora abbiamo la possibilità di confrontarci, ma io ascolto come ha ascoltato la Madre di Gesù? E allora se io non ascolto come ha ascoltato Lei, non posso generare il Verbo, quindi non trovo, perché non c’è quella totalità, “Mi troverete quando mi cercherete con tutto il vostro cuore”, ecco fintanto che noi non cerchiamo con questa totalità qui noi non possiamo trovare quindi non possiamo generare il Verbo in noi.

Quindi la funzione della Madonna è questa. Non sta nel fatto che chiede e che Gesù si commuove e fa il miracolo, non è in questi termini qui! Per questo, in funzione di questa pietà, anche qui è presentata la Madonna come colei che ottiene il miracolo da Gesù, ma la cosa è diversa! Allora non si capirebbe nemmeno il rimprovero di Gesù, quale sia la sua ora. Le parole di Dio sono bellissime per questo, fintanto che noi non le capiamo nella loro essenzialità, nello spirito, sono in contraddizione una con l’altra e quindi questa tesi non può essere sostenuta. Per cui noi sentiamo una cosa e poi due pagine dopo abbiamo la stessa parola di Gesù che contraddice la nostra interpretazione, per farmi capire che non ho capito.

Eligio: Prima hai detto che solo coloro che il Padre chiama possono andare al Figlio e poi hai detto che la giustizia essenziale sta nel mettere Dio prima di tutto, non capisco allora vuol dire che solo chi Dio chiama può andare al Figlio, allora c’è una selettività.

Luigi: No, Dio chiama tutti, propone a tutti. Tutti quanti noi sappiamo di non essere Dio.

Eligio: Allora perché dice: “Coloro che Dio chiama”? se Dio chiama tutti?

Luigi: Dio chiama tutti, non tutti mettono Dio al centro, non tutti rispondono a questa chiamata. Fintanto che noi non mettiamo Dio al centro, al posto che gli spetta, noi non iniziamo questa attrazione, noi non siamo attratti da Dio. Per cui la giustizia essenziale sta in questo: tutti quanti gli uomini sanno di non essere Dio, questa è la dimostrazione che Dio dà di sé ad ogni uomo pagano o non pagano, credente o non credente. Dio dà questa dimostrazione qui di sé: ogni uomo sa di non essere il Creatore, sa di non essere Dio, quindi basta la minima creazione, il filo d’erba per dimostrare all’uomo che non è lui il creatore.

Eligio: Quando Gesù dice nella preghiera: “Quelli che tu mi hai affidato”, quali sono?

Luigi: Sono quelli che sono attratti dal Padre avendo fatto la giustizia essenziale, hanno sentito il bisogno di Dio, in questo bisogno di Dio hanno scoperto il Messia, il Salvatore, perché avevano bisogno di questo pane, e loro si sono affidati a Lui e Lui li portati al Padre.

Cina: È una scoperta sapere che siamo i protagonisti di queste nozze.

Luigi: No, il protagonista è il Cristo, noi possiamo essere i protagonisti sbagliati, in quanto la nostra vita è un giorno di nozze, però noi possiamo avere ben altre nozze nella testa. Infatti qui ci sono ben altre nozze. Non è che parlare di nozze significhi parlare sempre di un giorno sacro, perché noi abbiamo Gesù che ci dice: “Pensavano a sposarsi e sono stati sorpresi dal diluvio. Pensavano a sposarsi e sono stati sorpresi dalla pioggia di fuoco”. Cioè pensavano a sposarsi, ricevettero l’invito ma non poterono far seguire all’invito il convito”. Quindi noi siamo protagonisti di nozze molto sbagliate, perché il vero protagonista delle nozze è il Cristo, se noi siamo a posto. Qui noi notiamo che il Cristo non è il protagonista, diventerà il protagonista per i servi, per i suoi discepoli, dopo, quando l’attenzione si è rivolta a Lui, da cui è dipesa la festa perché prima la festa dipendeva da altro. Ma la festa incomincia a dipendere da Lui quando i cuori incominciano ad essere attenti a Lui: ecco allora le cose cambiano.

Giovanni: Non può anche significare il passaggio dalla schiavitù, alla liberazione degli Ebrei in Egitto?

Luigi: Il passaggio c’è già in quanto c’è l’ubbidienza.

Giovanni: Ci sono le due nozze, una spirituale e una materiale….

Luigi: Sì, ma in mezzo alle due nozze, c’è Lui che parla, e perché Lui parli, altrimenti Lui non parla, bisogna che ci siano degli orecchi attenti a Lui. Lui è venuto per tutti, ma non ha parlato per tutti. La sua ora Lui l’aspetta dal Padre, dal Padre che attragga, perché “Io da solo non posso fare niente se non lo vedo fare dal Padre”, ecco la sua ora. L’ora è il Padre che la determina, la determina portandogli uomini con fame, fame di Dio. Quindi uomini chiamati a delle nozze con Dio, coloro che sono chiamati alle nozze con Dio, allora vengono al Cristo.

Pinuccia: Siamo chiamati tutti però…..

Luigi: Siamo chiamati tutti.

Giovanni: E come si può interpretare in noi: “L’ora mia non è ancora venuta”?

Luigi: Fintanto che noi siamo occupati in altro, cioè abbiamo interesse per altro, non è l’ora.

Giovanni: L’ora è quando comprendiamo la parola di Dio, l’accettiamo…

Luigi: Quando noi incominciamo ad aver fame di Lui, quando abbiamo interesse per Lui, quando si risveglia in noi l’interesse per Lui, è questa apertura a Lui.

Giovanni: Abbiamo amore verso le parole di Dio…

Luigi: Quando noi abbiamo interesse per Dio, quando noi capiamo che tutto il nostro problema si risolve solo con Lui; che solo Lui può risolvere il nostro problema, che senza di Lui noi non possiamo risolvere niente, che la cosa dipende da Lui.

Giovanni: Che attraverso le sue parole Lui ci porta alle nozze spirituali…

Luigi: Ah quando Lui parlerà ci porterà alle nozze spirituali, ma bisogna che in noi si formi questa fame, questa attenzione. “Chi ha orecchi per intendere intenda”, si deve formare l’orecchio perché la Madonna ha concepito con l’orecchio, attraverso l’orecchio.

Però l’anima dell’ascolto è l’interesse per -, bisogna che si formi in noi questo interesse, ma fintanto che noi abbiamo altri interessi, il nostro cuore è altrove, non c’è la sua ora.

Ma il fatto che non sia la sua ora, non ci giustifica, perché Gesù viene a cercare frutti dal fico fuori stagione, per insegnare che per noi è sempre ora, per noi per rispondere a Dio è sempre ora, la sua ora no! Per cui non possiamo dire: “Non è la mia stagione!”.

Perché il piano base è che Dio continuamente parla all’uomo e dice: “Non sei tu il creatore! Non ti sei fatto sa solo! Un Altro è il tuo Dio!”. Quindi se un Altro è il tuo Dio, metti Dio nella tua vita al posto che gli spetta, cioè al centro! E non mettere il tuo io al centro! Fintanto che noi abbiamo il nostro io al centro, non è l’ora, l’ora sua, l’ora che Lui parli. Quindi Lui tace, ma tace perché ha già parlato e noi non abbiamo sentito! E come ha parlato? Ha parlato dicendo: “Io sono Dio e tu sei la creatura!” e noi non abbiamo sentito e abbiamo messo al centro della nostra vita come nostro Dio l’io o il mondo, e quindi abbiamo altre nozze. Qui Dio è sempre in periferia, Dio tace, noi viviamo come se Dio non ci fosse, noi non sentiamo per cui Dio non parla: non è la sua ora per parlare. Ma non parla proprio perché ha già parlato, quindi abbiamo una zona di silenzio.

Quindi tutte le volte che noi non rispondiamo al Dio che ha già parlato, si forma tra noi e Dio la zona del silenzio e Dio tace, non parla più. Ecco abbiamo la lontananza da Dio, ma non è che Dio sia andato in periferia ma: “…sono le vostre colpe che hanno creato la distanza tra me e voi!” , è il pensiero diverso, è l’interesse diverso che provoca la distanza.

Quindi Dio viene a noi per attrarci ma l’attrazione presuppone questa giustizia: tutti quanti noi sappiamo “Date a Dio quel che è di Dio”, che la giustizia essenziale non sta nel pretendere cose per il nostro io, nel pretendere i nostri diritti, nel riferire la nostra vita al nostro io come centro. Ora se noi non capiamo questo linguaggio, questa giustizia, questa prima giustizia, noi ce lo sogniamo lontanamente che Gesù parli, Dio non parla assolutamente. Parlerà con gli avvenimenti, con i fatti, nel senso che fa mancare il vino, questa è opera di Dio, no? Cioè rovina la nostra festa, per cui noi crediamo di aver toccato, grideranno: “Pace, pace!” e sprofonderanno nella guerra. Quando noi crediamo di aver trovato la nostra sicurezza, si apre l’abisso, ma è Dio che fa questo, capisci? Ma noi però non capiamo, non possiamo capire, chi capisce è la Madonna, cioè è l’anima che è in contemplazione di Dio; quell’anima lì capisce, le altre non capiscono, subisce gli eventi però attribuisce gli eventi a fatti sociali o a uomini o alla natura o al caso ma non può vedere il disegno di Dio, perché per vedere il disegno di Dio bisogna essere nella luce. Lontano dalla luce uno subisce gli eventi, quindi subisce l’opera di Dio ma non può intendere, quindi travisa tutto. Dio non parla che non è giunta la sua ora, perché non abbiamo visto l’altra ora, la prima ora.

Emma: Prima dicevi che il lavoro è stato creato da Dio……

Luigi: Tutto, però tutto ciò che non è Dio può diventare motivo di rovina per l’uomo, tutto ciò che non è Dio.

Emma: Come si fa a fare un lavoro senza pensare a quello che si fa, cioè se uno pensa a Dio non può eseguire quel tale lavoro…

Luigi: Prima di tutto perché dice che non si può pensare a Dio mentre si sta lavorando? Perché guarda che Dio è attività infinita e chi è con Dio non è che faccia niente, chi è con Dio fa tanto! Dio non è una statua immobile, anzi Dio è il Creatore, l’Attivatore di tutto l’universo, Dio è un Iniziatore. Siamo noi che nel pensiero del nostro io, ad un certo momento, moriamo all’amore, nel Pensiero di Dio, ci allarghiamo all’Amore. Ora, l’amore non è forse un attivatore di vita? Guarda, ad esempio, quanti interessi suscita l’amore, per cui uno incomincia ad occuparsi del prossimo, perché è mosso da Dio! E questo non è un lavorare? Soprattutto il lavoro dell’anima, della mente, del pensiero, Dio fa lavorare molto la mente, perché fa cercare e tutti i giorni Lui è il Pane, diciamo, della giornata. Il pane della giornata è proprio questo, e’ dare un alimento per la nostra mente perché la nostra mente resta con Dio occupata a pensare qualche cosa di Lui perché più pensa, più Lui si dona quindi cresce la vita intima con Lui, l’amicizia con Lui, la conoscenza di Lui, quindi la vita eterna. Quindi Dio non soltanto ci impegna nell’azione esterna, amore verso i fratelli, ma impegna soprattutto il lavoro interiore, Dio è un grande attivatore. Mentre invece noi, vivendo nel nostro io, poco per volta ci afflosciamo, ci sediamo in poltrona, capisci? In un primo tempo, magari lavoriamo perché abbiamo ricevuto, poi, a poco per volta, ci sediamo e non muoviamo più. Invece con Dio no! Lui non ci lascia mai sedere sulla poltrona! Il processo del mondo che sembra apparentemente un attivatore di vita, invece è un ammortizzatore di vita. Invece con Dio abbiamo il vero attivatore di vita, perché, come dico, Dio non ti lascerà mai sedere sulla poltrona.

Pinuccia: Tante volte si trova questa traduzione: “Che c’è tra me e te, o donna?”.

Luigi: Effettivamente la frase è quella, è una frase dura. Però a noi interessa cosa vuol dire questo sostanzialmente, cioè: “Cosa deve importare questo a te e a me?”.

Pinuccia: “Che c’è tra me e te…” significa un’altra cosa: “Non voglio dipendere da te”…..

Luigi: Effettivamente Lui non dipende da lei, logico! E tutte le volte che c’è un’ombra o di rapporto tra figlio e madre, rapporti naturali, Lui non fa mai dipendere le cose da questo! Quando gli dicono: “C’è tua madre, ci sono i tuoi parenti fuori che ti cercano!” Lui risponde: “Chi è mia madre…..”; oppure: “Beata colei che ti ha concepito e il seno che tu hai succhiato….”, Lui risponde: “Più beato è colui che ascolta la parola di Dio…”. Quindi vedi che continuamente Lui si difende, perché Lui non può mai essere iniziato da un altro, chi lo inizia è il Padre, Lui non ubbidisce alla creatura. Infatti quante volte Lui dice: “Io sono di lassù, voi siete di quaggiù”.

Ad un certo momento c’è una frase strana, che dev’essere sbagliata quando Gesù dice: “Chi non è contro di noi è per noi!”, non è vero, Gesù non ha mai detto “noi”, Gesù non si è mai confuso con i suoi discepoli, non ha mai detto: “noi”. La frase giusta è: “Chi non è con me è contro di me”, quando parla di sé, ma non dice mai il “noi”.

Pinuccia: Questa frase c’è anche in altri vangeli………

Luigi: Sì, ma dice: “Chi non è contro di voi è per voi!”, perché una caratteristica di Gesù è questa: Gesù non parla mai di “noi”, non si identifica mai con noi.

Eligio: Di chi è quel vangelo?

Luigi: Di Marco.

Pinuccia: Ma bisogna vedere da chi è tradotto….

Luigi: No, perché è tradotto dallo stesso….

Eligio: Se fosse stato di Luca o di Giovanni……

Luigi: È proprio una versione in cui in un primo tempo c’è anche il “voi”, ma poi è una frase che non rientra nello Spirito, Gesù non usa mai il “noi”. Addirittura arriva a dire: “Vado al Padre mio e Padre vostro….”, non dice: “vado al Padre nostro…”.

Pinuccia: Però per pregare ci insegna il “Padre nostro….”

Luigi: Ah, sì! Quando volete pregare dite: “Padre nostro…”, l’uomo sì, ma Lui non lo dice. E ci salva proprio per questo, appunto perché noi non abbiamo a confondere, mica per affermare un suo privilegio! Perché Lui è venuto a parlare proprio per fare una cosa sola, prega il Padre, ma è il Padre che deve formare una cosa sola anche con Lui, “…affinché siano tutti una cosa sola come noi siamo…”, Padre e Figlio: ma è l’opera del Padre!

Pinuccia: D’altronde noi siamo creature…

Luigi: Ma Lui non lo fa per tenerci distinti, anche se Lui è venuto tra noi per unirci, la salvezza sta in questa unione, è un giorno di nozze, quindi un giorno di unione, non è che Lui vuole dire: “Io sono diverso da voi”, no questo! sia ben chiaro, ma lo dice affinché noi non abbiamo a confondere e dire: “Ma tanto siamo una cosa sola”. Siamo una cosa sola se il Padre ci unirà, cioè se otterrà, dentro di noi questa liberazione dal nostro io, altrimenti no! Altrimenti Gesù dice: “Non vi conosco!”. Perché anche le vergini stolte quando bussano e chiamano, Lui dice: “Non vi conosco!”, Lui che è venuto per favorire questo giorno di nozze. Gesù dice questo appunto perché noi non ci illudiamo che naturalmente siamo salvati, o che naturalmente facciamo una cosa sola con Dio. Ecco, allora, per evitare questo “naturalmente”, cioè questo: “comunque vada io sono a posto, io sono salvo…..”, no! Perché “Chi vuol venire dietro di me rinneghi se stesso…”.

Cina: Penso a questa vita intensa che ci dovrebbe essere……….

Pinuccia: Penso che si dovrebbe approfondire questo concetto: questo giorno di nozze con Dio….

Luigi: Le nozze con Dio è tutto! È la conclusione della Pentecoste, in tutta l’opera di Gesù che deve passare attraverso quell’attribuire al Padre, “…affinché siano una cosa sola come noi siamo”, l’approfondimento avviene seguendo Gesù, ma avendo tutto questo interesse per Dio. Cioè, tanto più in noi si forma tanto interesse, tanto amore per Dio, è l’amore che portando a questo tanto bisogno, a questo tanto desiderio di conoscere Dio, è la tanta conoscenza di Dio che unisce. Cioè noi siamo tanto uniti a coloro che conosciamo tanto, più conosciamo e più c’è l’unione; l’unione è data come la separazione è data dall’ignoranza, ma non ignoranza come possiamo intendere noi! Così anche: è la tanta conoscenza che unisce. Per questo Gesù non dice di unirci….

Cina: Ecco questo può essere un modo di unione, questa conoscenza…..

Luigi: Questo è un modo? È il solo modo, è il solo modo per unirci. Perché Gesù stesso non dà delle regole per unirci, chi ci unisce è il Padre, in quanto conosciamo il Padre. Infatti Lui quando va, affida i suoi al Padre, affinché abbiano ad essere tutti attenti al Padre, ma attenti al Padre in quanto ormai hanno lasciato il mondo, hanno seguito Lui e poi ancora, “Perché se io non vado non può venire in voi lo Spirito”, quindi è necessario che Lui se ne vada e li affida al Padre, ma quell’affidarli al Padre non è come noi possiamo intendere, ha fatto un atto magico e li ha affidati al Padre, affidandoli al Padre ha detto: “Adesso che io me ne vado, voi guardate il Padre, perché il Padre vi ama, il Padre è con voi e mi troverete nel Padre”, quindi li ha affidati al Padre nel senso che ha rivolto l’attenzione di tutti coloro che erano con Lui non più a se stesso ma ormai al Padre, perché erano ormai preparati per fermare il loro sguardo sul Padre.

Cina: Cioè sono le opere malvagie che ci impediscono di conoscere……

Luigi: Niente, le opere malvagie impediscono qualsiasi conoscenza. Le opere malvagie non sono a questo punto qui, le opere malvagie sono all’attacco della strada, all’inizio della strada. Le opere malvagie sono per il giudizio di separazione. Il giudizio sta in questo, che la luce è venuta e gli uomini hanno preferito le tenebre perché le loro opere erano malvagie. Quindi siamo all’inizio….

Pinuccia: Cioè questa opera malvagia sarebbe a monte nel nostro pensiero, non è tanto un’azione esterna malvagia…

Luigi: È tutto quello che parte da noi, quindi è l’io autonomo, l’io che si è staccato da Dio che ci impedisce di aderire, non di conoscere, perché la conoscenza è all’ultimo! “Sarete veri miei discepoli se resterete nelle mie parole, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”, ma per essere discepoli suoi, bisogna già aver accolto il battesimo del Battista e per aver accolto il battesimo del Battista bisogna aver messo Dio al centro e per mettere Dio al centro “la luce che splende nelle tenebre”, bisogna non aver queste opere malvagie; perché le opere malvagie impediscono, ma siamo all’inizio, non abbiamo nemmeno ancora incontrato il Cristo perché “La luce splende nelle tenebre ma le tenebre non la comprendono”, come mai non comprendono? Le opere loro sono malvagie. Siamo all’inizio! In questo mondo, con queste opere malvagie, ecco il Battista che dice: “Fate penitenza, date a Dio quel che è di Dio, preparate la via al Signore perché….”, perché sta per arrivare il terremoto, sta per arrivare la fine del mondo. È la minaccia, è il vino che viene a mancare, è l’ammonimento, la penitenza perché è necessario parlare il linguaggio all’io, all’io disordinato, all’io che è preso dalle opere malvagie che non può accogliere la luce, che non vede la luce. Cioè abbiamo l’azione di recupero da parte di Giovanni Battista, perché altrimenti cadiamo sotto il giudizio! Il giudizio sta qui: il giudizio è già all’inizio, chi non crede è già giudicato, non è che sarà giudicato perché c’erano le opere malvagie, è già giudicato perché non crede nella luce. Il giudizio è già a monte, Gesù dice che il mondo è già giudicato, non lo dà come sarà giudicato dopo; per cui chi rifiuta la luce, chi rifiuta l’interesse per Dio è già giudicato. Qui Gesù è nettissimo, non dà un giudizio futuro, lo dà adesso: “La luce è venuta nel mondo”, “chi crede in Lui non è giudicato, ma chi non crede è già giudicato perché non ha creduto nel nome del Figlio di Dio, cioè nella parola di Dio. E il giudizio è questo: “La luce è venuta nel mondo ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce perché le loro opere erano malvagie”. Per cui noi non abbiamo due elementi che concorrono per -, e la conoscenza e la ….., no, assolutamente no! Le opere sono all’inizio, sono all’attacco della strada e sono anche quelle che ci fanno capire tutta la difficoltà per iniziare la strada per cui tu dici: “Come mai la strada è così difficile?”. Non è che Dio l’abbia fatta difficile, sono i nostri bauli che la rendono difficile, non è che la porta sia stretta, perché la porta è una cosa relativa, se io sono magro la porta per me è larghissima, se io ho un baule larghissimo, anche se la porta è larga ma il mio baule è più largo, per me la porta è stretta, non c’entro! Quindi la cosa è tutta relativa, capisci? Quindi siamo noi che facciamo la via difficile e rendiamo la porta stretta, perché vogliamo entrare con tutte le nostre opere per cui per renderla più facile dobbiamo diventare sottili, cioè bisogna mettere Dio al centro della nostra vita. Ora per mettere Dio al centro, quel raggio che è conseguenza di questa centralità di Dio come nostro interesse, per cui bisogna capovolgere completamente la nostra vita, non soltanto ma bisogna resistere a tutta la pressione del mondo attorno “Voi piangerete, gemerete e il mondo riderà” che tende….. come mai allora Dio ha fatto il mondo malvagio? No, ma tutta questa pressione del mondo attorno ha lo scopo di purificare questa centralità su Dio e di accelerare i tempi per renderci accessibile la conoscenza. Ma come dico, noi troviamo molto difficile perché abbiamo tanto bagaglio che è costituito dalle nostre abitudini, dal nostro mondo, dalla nostra mentalità, da tutto quello che portiamo con noi, perché tutto quello che noi facciamo, diciamo, pensiamo, non è che in quanto l’ho detto ieri, se ne sia andato! No, l’ho detto ieri e adesso lo porto nel mio sacco e questo sacco si gonfia al punto che non posso più passare. Noi da soli non possiamo liberarci, Gesù dice che “Chi fa il male resta schiavo di esso”, non è che dico una parola e la dimentico, no! Tu hai detto una parola e quella parola ti domina e ti condiziona domani, non siamo liberi, assolutamente, capisci? E soltanto se impariamo a pensare, a parlare e ad agire secondo lo spirito di Dio, questo spirito di Dio ci libererà. Ma bisogna pensare secondo lo spirito, parlare secondo lo spirito e agire secondo lo spirito, allora lo spirito di Dio ci libera. Bisogna lasciarci guidare da Lui, non lasciarci guidare dal mondo, dagli altri, dal pensiero del nostro io, dal pensiero della figura, bisogna lasciarci guidare da Lui. Allora è Lui il liberatore, non siamo noi che ci liberiamo, Lui ci libera e ci libera nella misura in cui noi ci lasciamo guidare. Lasciandoci guidare dallo Spirito si accetta tutto da Lui e tutte le cose poi si riportano a Lui per vederle secondo Lui e quindi è necessario questo lavoro di riferire tutto a Lui.