Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la
madre di Gesù gli disse: “Non hanno più vino”. E Gesù rispose: “Che ho da fare con
te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora”.
La madre dice ai servi: “Fate quello che vi dirà”. Gv 2 Vs 3/5 Primo
tema
Titolo: L’evoluzione dei
valori.
Argomenti: L’evidenziazione di Gesù. Il vino della festa. Il valore delle cose. Gesù attende
sempre l’iniziativa del Padre. L’azione autonoma. La fede è accettare ciò che Dio mi presenta. La comunione con Dio. Il destino
dell’uomo. Il mutamento dei
valori. Il vino è il motivo
che ci fa vivere. Costatare la vanità
di tutto. L’ora di Cristo.L’attenzione unicamente a Gesù.
12/settembre/1976
Luigi: La volta scorsa ci eravamo
fermati in modo particolare sul significato di questo terzo giorno in cui si
facevano le nozze a Cana e sulla presenza della madre di Gesù. Ora dovremo ancora
fermarci un poco ad osservare la dinamica di questo giorno di festa, di questo
giorno di nozze: cioè il senso dell’evolversi degli avvenimenti.
Il
senso dell’evolversi degli avvenimenti lo vediamo soprattutto nell’evolversi
dei valori in questo giorno di festa. Cioè noi qui osserviamo che, man mano che
cresce la festa, diminuisce il vino. La diminuzione di vino provoca un
intervento della madre di Gesù; notiamo qui che Giovanni non chiama mai Maria,
o la Vergine, ma la chiama sempre “la madre di Gesù” e penso che questo abbia
un significato profondo.
Il
diminuire del vino provoca l’intervento della madre
di Gesù e quindi, di conseguenza, l’evidenziazione di Gesù, infatti già la
volta scorsa abbiamo notato che in principio Gesù era un’aggiunta alla festa
delle nozze, era uno qualunque, man mano che gli avvenimenti si evolvono, ad un
certo momento, diventa il protagonista della festa stessa, cioè colui dal quale
tutto viene a dipendere. Allora qui possiamo già capire, percepire, intuire
il senso di questi avvenimenti: tutto si evolve per accentrare l’attenzione su
Gesù.
Ora
il giorno di nozze è la nostra stessa vita perché l’uomo è un essere chiamato
all’unione con Dio quindi alle nozze con Dio. Questa è la vostra eredità:
conoscere il vostro Signore e imparare a vivere con Lui, imparare ad essere
uniti con Lui infatti Gesù conclude la sua vita terrena pregando il Padre
affinché siano tutti una cosa sola con Lui.
Quindi
il destino dell’uomo è questa comunione con Dio, è questa unione, quindi la
vita dell’uomo è essenzialmente questo giorno di nozze. Ecco che allora noi troviamo nella dinamica di queste
nozze di Cana, significato l’evolversi, o il senso dell’evolversi degli
avvenimenti che avvengono nella nostra vita.
Allora
questo crescere di festa, questo diminuire di vino, questo intervento della
madre di Gesù, questo accentrarsi dell’attenzione su Gesù, noi lo ritroviamo
nella nostra stessa vita.
Quindi
la meditazione su questo giorno di nozze ci evidenzia, ci fa capire, se lo approfondiamo,
il significato di quanto avviene nella nostra vita; perché nella vita di ognuno
di noi, nella vita di ogni uomo, c’è una festa che cresce, c’è un vino che
diminuisce, c’è una madre che interviene, che percepisce il senso dei tempi che
avvengono nella nostra vita e c’è un accentrarci della nostra attenzione su
Gesù.
Il
primo mutamento dei valori che si nota in questa festa è il
vino.
Ora
il vino significa ciò che rallegra la festa, ciò che dà gioia alla festa. Ora,
se in questo giorno di nozze noi ritroviamo il tempo della vita dell’uomo, ecco
che nel vino noi troviamo significato ciò di cui gli uomini traggono gioia per
la loro vita.
E
cos’è che dà gioia alla vita dell’uomo? Quello che dà gioia alla vita dell’uomo
è ciò per cui vive, cioè è il valore, è ciò che è il motivo del suo vivere.
Qui
si dice che man mano che la festa prosegue, il vino diminuisce, cioè man mano
che la nostra vita si svolge nel mondo, cresce la festa con il mondo, cioè
cresce perché noi siamo orientati a cercare il benessere, la ricchezza, il
valore del mondo, la figura, cresce la nostra festa nel mondo, con il mondo,
però diminuisce il vino.
Se
per vino noi intendiamo il motivo che ci fa vivere, la ragione del nostro
vivere, ecco che quanto più noi aumentiamo il nostro benessere in terra, la
nostra ricchezza, la nostra posizione, il nostro prestigio, tanto più viene a
mancare in noi il senso, il valore stesso della vita.
Possiamo
forse, facendo un esempio, quando si è poveri e si trova molta importanza nel
lavorare per avere un pane, per avere qualcosa da mangiare, man mano che si
arricchisce non ha più senso, o meglio, perde senso, perde valore il lavorare
per mangiare, non c’è più bisogno, quindi scadono i valori, viene a mancare il
vino. Cioè forse noi continuiamo ancora a lavorare, perché avevamo iniziato per
quel motivo, però poi viene sempre più a manca l’incentivo, il motivo per cui
si lavora, ma non c’è più la pressione, non c’è più il motivo, non c’è più la
ragione per -.
Ora,
mancata la ragione, manca la gioia, non è più giustificato, allora viene la
routine.
Prendiamo
l’esempio del rito, la funzione religiosa dovrebbe sorgere come espressione di
una certa spiritualità; per cercare Dio mi devo inginocchiare, mi devo
raccogliere nel silenzio. Ma se ad un certo momento, o perché ritengo di aver
raggiunto una certa spiritualità, continuo ad inginocchiarmi, continuo a
raccogliermi nel silenzio, ma non sono più sollecitato dal bisogno di cercare
Dio e lo faccio solo più per dovere, ecco che viene a mancare la gioia, perché
viene a mancare il vino, viene a mancare il motivo, viene a mancare lo Spirito.
Magari
si parla ancora tanto, però non si dice più niente perché manca l’anima; si
ascoltano magari tante parole però, sostanzialmente non si trattiene più
niente; si fa tanto rumore ma non si comunica più niente di sostanziale, si
corre magari per tutte le strade del mondo, ma si è sempre fermi allo stesso
punto; ci si agita e non si muove niente.
Noi
lo sentiamo questo problema perché manca la sostanza della vita, c’è soltanto
più la recitazione, c’è soltanto più la figura, lo si fa ancora ma non si è più
motivati.
E
la madre, abbiamo detto che la madre
di Gesù significa l’anima contemplativa, l’anima che guarda Dio, che ha
presente l’essenziale della vita, nota il senso dei tempi: “Non
hanno più vino”, viene a mancare il vino. Gli uomini recitano
soltanto più la loro vita ma non c’è più in loro la ragione di vivere.
Questa
ragione di vivere viene sempre a mancare, perché tutto si esaurisce, se noi non
puntiamo direttamente sulla ricerca di Dio, per cui fintanto che noi rivolgiamo la nostra vita a
delle cose che passano, queste in un primo tempo sostengono la nostra vita
perché sono dei valori, ma tutti si esauriscono.
Intanto
c’è una ragione, si esauriscono perché ci debbono orientare verso dei valori
superiori, nello stesso tempo devono dimostrare che la nostra vita non è
fatta per quello.
Se
la nostra vita è un giorno di nozze con Dio, la nostra vita deve
tendere a conoscere Dio, deve tendere ad imparare a convivere con
Dio, è un matrimonio, è un’unione, una convivenza e quindi deve occuparsi,
preoccuparsi di Dio: questo è il vero valore davanti al quale tutti gli
altri valori scadono.
Per
cui in un primo tempo della nostra vita ci sono delle cose che valgono, man
mano che viviamo tutti questi valori si evolvono, scadono, non fanno più presa
e se noi non ci orientiamo ad impegnarci a preoccuparci di Dio, la nostra vita
muore, ecco viene a mancare il vino.
Su
questo pensiero centrale della evoluzione dei valori, sul significato di questo
vino c’è qualcosa da chiedere?
Pensieri tratti dalla conversazione:
Giovanni: Penso
che la mancanza del vino, col tempo l’uomo viene a riconoscere Dio, perché
anche materialmente l’uomo fino ad un certo punto ha la speranza nella vita e
lavora per la carriera, poi dopo nella vecchiaia viene a riconoscere che era
una cosa inutile. Umanamente questo dovrebbe venire di per sé.
Luigi: Ma non
basta! Tutto è grazia di Dio. Anche il vino che viene a diminuire è opera di
Dio:
però
non è sufficiente!
Eligio: Non è sufficiente perché sarebbe un fatto automatico;
arrivando alla vecchiaia, con lo scadimento di tutti i valori che all’inizio ci
hanno sostenuti, e che non sono veri valori perché non sono Dio, non è che
automaticamente ci troviamo con Dio.
Luigi: È il
passaggio a Dio che è difficile! Ad esempio l’abitudine al fumare, ad un
certo momento tu scopri che la sigaretta è dannosa per cui vorresti smettere;
eppure non basta questo! Come mai non basta? Per cui uno ha raggiunto una certa
carriera, un certo posto, poi ad un certo momento quello diventa inutile,
assurdo perché non ha più bisogno di quello avendo raggiunto un certo
benessere, un capitale, eppure, forse per il nome, la gloria, ci possono essere
tanti motivi che giocano, che pesano sul nostro io, per cui noi non possiamo
liberarci dalle cose inutili della nostra vita che constatiamo tali.
Non
basta constatare l’inutilità, la vanità di una cosa per potercene liberare: noi ne constatiamo la vanità, ma non possiamo
liberarcene; per liberarcene bisogna orientare la nostra vita a qualche cosa
di superiore, cioè soltanto avendo un bene migliore, possiamo lasciare un
bene inferiore, altrimenti non possiamo lasciarlo anche se vediamo la vanità di
questo. Quante abitudini noi abbiamo assunto e che non possiamo lasciare,
perché non c’è qualcosa d’altro che ci prende!
Quando
Gesù parla degli operai della vigna, quelli ai quali il padrone rivolge
l’invito alle cinque della sera, e dice: “Come mai ve ne state qui tutto il
giorno a fare niente?”.
Anche
nella nostra vita ad un certo punto noi scopriamo che tutto il nostro agitarci,
tutto il nostro parlare, tutto il nostro muovere, tutto il nostro far rumore, è
un “fare niente”, sostanzialmente, perché si formano in noi degli “altri”
bisogni che poi scopriamo, ed è opera di Dio, che sono un “fare niente”. Magari
noi credevamo di sacrificarci tanto per il bene degli altri e poi, in
conclusione, ci accorgiamo, ed è Dio che ce ne fa accorgere, che abbiamo fatto
niente, perché, magari, gli altri non sanno cosa farsene di tutto quello che
noi abbiamo fatto per loro!
E
così in tutti i valori: è il Signore che ci fa toccare con mano il loro
decadimento!
Però,
abbiamo detto, che non basta questo, perché quando il padrone si rivolge a
quegli operai dicendo: “Perché state qui tutto il giorno senza fare niente?”,
loro rispondono: “Perché nessuno ci ha presi a giornata!”, se noi non
siamo presi da qualche cosa di superiore, noi giriamo a vuoto in tutte le
nostre faccende inutili, vane anche constatandone la vanità; questo perché
bisogna essere presi; se uno non è preso da qualche cosa che vale di più non
lascia il meno, non può lasciare il meno. Noi non possiamo stare “senza”:
noi siamo fatti per essere con “qualcosa” o con “qualcuno”, anche se questo
“qualcosa” o questo “qualcuno” diventa “niente” o diventa “nessuno”, noi non
possiamo lasciarlo, se non siamo presi da qualcosa di superiore.
Giovanni: In
sostanza l’uomo riconosce la sua nullità, però resta schiavo.
Luigi: Resta
schiavo, e la tristezza dell’uomo è data proprio da quello! Perché fintanto
che l’uomo riconosce la validità di ciò che egli fa, anche se è un illuso, ma
lo riconosce valido, trova gioia perché riconosce valida la cosa. Anche se gli
altri dicono che è uno stupido, e che è niente quello che lui fa ma agli occhi
suoi, quella cosa che egli fa è importante e, in quanto vale, trova gioia di
vita, c’è ancora del vino: qui non abbiamo la tristezza della vita; la
tristezza della vita è quando uno scopre l’inutilità! Allora la vita diventa
pesantissima perché uno si accorge che gira a vuoto; però non basta constatare
questo, ecco quello che dico! Non basta constatare che il vino viene meno, si
resta senza, ma uno non sa come uscirne, bisogna che ci sia un intervento
superiore, cioè bisogna che uno sia preso da qualche cosa che valga di più,
che lo scopra, che orienti la sua vita lì, allora riuscirà a lasciare: ecco il
passaggio.
Giovanni: Il vino
in senso spirituale è la Parola di Dio?
Luigi: No, la
Parola di Dio è quella che verrà poi dopo, all’ultimo. Ma ho detto che vino è
ciò che dà gioia, è quello che vale, è quello che dà significato alla nostra
vita, quello che vale per noi. Questo è il vino: quello che rallegra la
nostra vita, un valore.
Ad
un certo momento diventa parola di Dio, perché vediamo che il vino buono arriva
all’ultimo, ma questo vino qui che si esaurisce, rappresentano i valori
della nostra vita, è ciò che per noi è importante.
In
verità ciò che per noi è importante dovrebbe essere Dio, la parola di Dio, però non è vero, perché l’importanza di una cosa è la
conseguenza, è la sintesi di due fattori: un fattore oggettivo ed un fattore
soggettivo. Per cui una cosa può essere importantissima in sé ma io vederla
niente.
Perché
Gesù qui dice: “Non è ancora giunta la mia ora”? Ma perché era inutile
che Lui parlasse a della gente che si ubriacava, non era la sua ora; perché
quella gente lì avrebbe ritenuto la sua parola niente anche se è importantissima.
Abbiamo visto molte volte che ciò che dà importanza al pane è la fame; noi
possiamo trovare il pane quando non abbiamo fame, il pane è importantissimo,
però se noi non abbiamo fame, non gli diamo valore.
Ciò
che dà valore ad una cosa, è costituito da due fattori: uno oggettivo, la
presenza di quella cosa ed uno soggettivo, la fame, quello che parte da me.
Quindi
noi possiamo dare molta importanza anche a delle cose che valgono poco, per dei
motivi nostri, del nostro io, noi possiamo ritenere quelle cose molto
interessanti, molto importanti; basta osservare nel campo della moda, o nel
campo della politica, quante volte noi riteniamo importantissime tante cose che
poi scopriamo che sono vane, inutili, che valgono niente.
Ora
che cos’è che fa dare valore a queste cose che ad un certo momento rivelano di
essere poco, di essere niente, tant’è vero che il Signore dice: “Ciò che è
grande agli occhi degli uomini è niente, è abominevole presso Dio e ciò che
invece agli occhi degli uomini è niente è molto grande presso Dio” quindi: “Beati
i piccoli, se voi non diventerete piccoli non potrete entrare”, c’è un
capovolgimento dei valori per poter vedere.
Giovanni: Prima
il vino era importante, poi mancando il vino gli uomini incominciano a
riflettere sulla mancanza…
Luigi: Però
chi fa riflettere è la presenza di Gesù e la presenza della madre: è la madre
che genera il Figlio di Dio dentro di noi.
Comunque
dico, ciò che rallegra la vita dell’uomo è ciò che per lui è importante,
fintanto che è importante, ciò che ritiene importante, ciò in cui giustifica la
sua vita. Quindi se tu dici: “Ma se io non lavoro non mangio, se io non lavoro
non posso tirare avanti la mia famiglia!”, tu ritieni il lavoro molto importante!
Ecco, quello ti giustifica agli occhi tuoi, ti giustifica; ma non sei
giustificato agli occhi del Signore! Uno può dire: “Ma io devo pensare a
seppellire mio padre!”, cioè devo stare con lui fintanto che muoia, ma
attualmente, agli occhi di questo figlio, la vita vissuta per suo padre è
giustificata. Ora fintanto che lui lo vede giustificato, questo dà senso alla
sua vita, scoprirà magari un giorno che quella vita non ha avuto senso, quando
ci sarà un’altra luce, ma attualmente lui trae giustificazione e quindi trae
anche gioia, da questo fatto qui.
Quando
uno tende ad una meta, anche se quella meta è fasulla, ma in quanto tende ad
una meta, in quanto è tutto proiettato verso quella meta, trova gioia da
quello. Se si organizza una gita, se si vuole andare in un certo luogo, alla
vigilia, tutto preso da quello, si trova gioia, si dà senso, poi ad un certo
momento uno scopre che quella era una cosa fasulla, che non valeva niente, anzi
magari ritieni di aver sprecato tutta la tua preparazione. Ma fintanto che
vive, anche nell’illusione di quella meta, lui trae gioia: ecco il vino; è un
valore, ed è un valore presente nella nostra vita.
Eligio: Mi ha
sempre lasciato perplesso questo atteggiamento di Gesù, sia sotto il profilo
umano, che sotto il profilo dell’applicazione che dobbiamo farne per l’anima
nostra alla luce dell’interpretazione che hai dato. Sotto il profilo umano in
quanto si rivolge a sua madre con termini che sembrano duri; poi quando la
madre gli fa presente che non hanno più vino, Lui le risponde che non è ancora
giunta la sua ora, perché sono nel pieno della festa e quindi, non sono in
grado di capire il suo intervento. Ma poi, subito dopo, fa il miracolo
moltiplicando il vino che li conferma nella festa del mondo.
Luigi: Sì, ma
qui è successo un fatto straordinario! Ma di questo argomento non ne abbiamo
ancora parlato, lo affronteremo più avanti.
Eligio:
Possiamo solo affrontare il primo punto? La Madonna è l’ideale per ogni anima
nostra, come disponibilità e apertura a Dio. Noi ci troviamo nella festa del
mondo ma con noi c’è il Signore è c’è anche sua madre che fa presente questa
necessità.
Luigi: Solo
lei può far presente questa necessità, cioè solo chi ha presente Dio, chi è
disponibile per Dio, vede il senso dei tempi; gli altri credono di essere
nel pieno della festa, chi ha presente Dio, vede l’altro che sta morendo.
Soltanto la madre di Gesù vede questo: è madre di Gesù cioè Colei che genera il
Verbo di Dio tra noi, ed è proprio lei, è proprio questa contemplazione di Dio
che ci renderà poi dopo attenti al Verbo di Dio, attenti alla Parola di Dio.
Eligio: Direi
che Lei è attenta anche alla situazione ambientale, alle persone che in
quell’occasione sono presenti alla festa. Non capisco la risposta di Gesù a sua
madre.
Luigi: Ma la
risposta di Gesù a sua madre è un rimprovero! La risposta di Gesù rientra
sempre in quell’ordine: abbiamo sempre lo stesso di Gesù di dodici anni che
risponde ai suoi genitori: “Perché mi cercavate?”. La madre che dice: “Perché
ci hai fatto questo? Sono tre giorni che noi con angoscia ti cercavamo!” e
Lui risponde: “Perché mi cercavate?”, vedi che abbiamo sempre lo stesso
Gesù? Quando Maria e i parenti vanno a cercarlo e Gesù dice: “Chi è mia
madre, chi sono i miei fratelli?”, rivolto a tutta la gente, a tutta la
folla che gli sta intorno dice: “Ecco mia madre, ecco i miei fratelli:
coloro che ascoltano la parola di Dio”.
Eligio: Io mi
sarei aspettato che desse questa risposta ma che poi uscisse dal gruppo e prendesse
a braccetto sua madre. Qui in questa scena dà la risposta di rimprovero ma poi
fa il miracolo.
Luigi: No, non
è che Lui dà la risposta e poi fa il miracolo. Qui Maria, la madre di Gesù, non
è che faccia una proposta di miracolo, generalmente l’interpretazione ufficiale
è questa: è Lei che interviene, che sollecita il miracolo, ma non è vero! Lei
non sollecita il miracolo! Constata! E lo constata con il Figlio: “Non hanno
più vino” . Ora, la constatazione è effetto della contemplazione, la
Madonna è Colei che non parla, è Colei che non prende iniziative, l’iniziativa
è sempre di Dio, l’iniziativa è del Figlio è il Figlio Colui che parla, il
Verbo.
Eligio: Quindi
non dovrebbe parlare la Madonna.
Luigi: Maria
constata e lo constata solo con Gesù: “Non hanno più
vino!”, “Cosa deve importare questo a te e a me!”, ecco la risposta
di Gesù. Che è la stessa risposta quando dice: “Perché mi cercavate? Non
sapete che io mi debbo occupare delle cose del Padre mio?”. “Cosa deve
importare a te e a me se il vino viene meno?”: non è questo l’argomento!
Lei che è il frutto della contemplazione, constata il segno dei tempi, constata
quello che sta avvenendo. “Cosa deve importare questo a te e a me?”,
non è una cosa che importi perché questa è opera di Dio, è Dio che sta
operando, questo deve importare se viene a mancare il vino. Anzi, il vino viene
a mancare proprio perché le anime si aprano ai veri valori; se si crea una
situazione di povertà, è opera di Dio per aprire le anime ai veri valori: e
cosa ti devi preoccupare di questo? Lascia che le cose vadano!
Eligio: Ecco
adesso vorrei che di qui ne traessimo un insegnamento personale. Quando per
grazia di Dio noi fossimo in una situazione di apertura alla volontà di Dio,
noi non dovremmo mai parlare? Cioè allora la Madonna ha parlato a sproposito?
Luigi: Noi
dobbiamo constatare, constatare e cercare di capire i segni dei tempi.
Parlare vuol dire intervenire, vuol dire proporre per-, ma qui la Madonna non
propone il miracolo.
Pinuccia: Allora
perché Gesù rimprovera la Madonna se constata? Lei fa quel che deve fare,
constata semplicemente, contempla l’opera di Dio!
Luigi: Gesù le
dice semplicemente: “Questo non deve importare né a te, né a me! Cosa
importa se viene a mancare il vino?”.
Eligio: Allora
c’è una lezione profondissima: noi non dovremmo mai parlare ma lasciare che sia
Dio a operare, a manifestare la sua volontà.
Luigi: Sì, è
logico, perché l’iniziativa è di Dio. Gesù, in un altro luogo del Vangelo dice:
“Il Figlio non può fare niente se non lo vede fare dal Padre” e se noi
lo seguiamo attentamente, ci accorgiamo che Gesù si rifiuta sempre di agire
su proposta degli altri; Lui è sempre uno che agisce in quanto inizia il
Padre, ma in quanto gli altri glielo propongono, Lui si rifiuta: Lui non agisce
su iniziativa degli altri, fosse anche sua madre, Lui si rifiuta, la lezione
sta lì! Perché bisogna essere figli del Padre! Aspetta l’iniziativa del
Padre! “Non è la mia ora!”, è il Padre che decide l’ora, non sei tu,
non è la creatura e non è la madre.
Eligio: Hai detto
che Gesù aspetta l’iniziativa del Padre. Che cosa vorrebbe significare per noi?
Luigi:
L’iniziativa è del Padre perché è Lui che semina, è Lui che porta. Infatti Gesù
dice: “Io non rifiuto nessuno di coloro che il Padre mi manda”, però
aggiunge: “Nessuno può venire a me se il Padre non l’attrae”.
Allora,
Lui non rifiuta nessuno di coloro che il Padre manda, ma cosa vuol dire
questo “mandare”? Far sentire la fame di-; fintanto che non c’è la fame
di-, non è giunta la sua ora, perché Lui è il Pane, il Pane di vita.
Ma
quand’è che è la sua ora? Quando c’è uno che incomincia ad aver fame, allora è
la sua ora. Fintanto che gli altri si nutrono di altri pani, non è ancora
giunta la sua ora, Lui non propone il suo pane. Lui deve aspettare che sia
il Padre che conduce gli uomini alla fame, allora subentrerà il suo pane.
Difatti quando Lui avrà compiuto la sua missione, si darà al mondo e il mondo
lo uccide, perché è sangue versato.
Eligio: Il
rimprovero che Lui fa alla Madonna, che significato ha e che insegnamento vuole
essere per noi?
Luigi: Che
non dobbiamo preoccuparci delle cose che vengono a mancarci, ma dobbiamo
intendere il significato, il senso delle cose. Cioè se i valori crollano,
non dobbiamo preoccuparci di rimediare questi valori, questo non interessa;
dobbiamo capire il senso, il significato, cioè quello che vuol recare questo
evolversi di valori nell’animo dell’uomo.
La
fine del mondo avviene nella vita di ogni uomo ed è Dio che lo opera e quando
parla della fine del mondo dice: “Crolleranno le stelle del vostro cielo….”,
significato del crollo di tutti valori, “Si oscurerà il sole…”, quello
che illumina la nostra vita, tutti i valori, quello che illumina, quello che dà
senso crolla, cade: la fine del nostro mondo.
Perché
questo? Ma perché c’è un altro valore che deve sorgere nella nostra vita,
che deve essere messo in evidenza, è il vino all’ultimo, il vino buono che
viene dato all’ultimo.
Per
cui gli uomini in un primo tempo si soddisfano con tutti i vini del mondo, con
tutti i vini della terra e tutti questi sono destinati alla fine del mondo,
perché? Perché deve sorgere un altro vino. Ora non affannarti se vedi che i
valori crollano, non darti da fare, non preoccuparti, cerca di capire,
piuttosto, il senso di questi tempi, il significato del tempo in cui tu ti
trovi, in quanto nella tua vita constati questa fine dei valori. Che cosa
significa questo? Perché l’importante è sempre cogliere il significato delle
cose, più che le cose, non ti preoccupare delle cose, preoccupati del
significato delle cose.
Eligio: Ci sono però delle cose che oggettivamente mi impegnano con un
dovere irrinunciabile ad agire più che star lì a capire il significato; davanti
ad un povero, non posso fare tanti ragionamenti sul significato della povertà,
ho il dovere, perché Dio stesso me lo impone, di aiutarlo. È legittimo dover
interpretare il segno piuttosto che agire?
Luigi: Sì, è
vero quello che tu dici, d’altronde penso a cosa deve succedere in noi se, vedendo
un povero, ed avendo da dargli di che supplire, noi ci rifiutassimo per cercare
il significato. Cosa ci deve essere in noi perché se noi abbiamo presente Dio,
avendo presente Dio, non possiamo non guardare il povero, non vedere il povero
ma non possiamo neanche dimenticare che noi abbiamo di che sfamarlo. Dio mi fa
vedere chi ha fame e mi dà il pane in tasca: io non posso non vedere il povero,
perché è Dio che me lo presenta e quindi non posso dire: “Non l’ho visto!”; non
posso non vedere il pane che ho in tasca perché so che ce l’ho, cioè io so di
avere quello che può supplire a quella fame, quindi io devo fare un atto di
iniziativa mia per tradire ciò che ho presente se mi rifiuto di rispondere a
quella fame, povero è uno che ha fame.
Ora,
c’è anche il povero spirituale, e il Signore quando dice povero non intende
solo povero materiale, ma intende povero in tutti i sensi.
Perché
quello che importa è sempre l’azione autonoma nostra, è quella che ci tradisce;
l’azione autonoma nostra è sempre un rifiuto di vedere ciò che Dio ci
presenta da vedere.
Per
cui se io non vedo il povero, faccio un’azione autonoma, se non vedo il pane
che ho con me, faccio un’azione autonoma, da queste azioni autonome nasce poi
un rifiuto, per cui passo e non l’ho visto. Ma c’è un’azione autonoma.
Se
io ubbidisco a Dio, ubbidendo a Dio debbo tenere presente il povero e debbo
tenere presente il pane, non posso non farlo perché debbo ubbidire a Dio.
Ma
proprio per ubbidire a Dio, non posso fermarmi, ecco per cui l’azione fatta per
ubbidire a Dio mi porta la luce, mi porta a scoprire il significato.
Eligio: Ecco
che allora direi che per ultimo viene il significato?
Luigi: Abbiamo
visto come Giovanni Battista ubbidendo all’opera di Dio, ha accettato di
battezzare Gesù e ha colto il significato, ha visto, è stato illuminato per cui
ha potuto dire: “Ecco l’Agnello di Dio”.
Quindi,
dal lato di ubbidienza, fede, e l’atto di ubbidienza è sempre questo: tener
presente Dio, non mai agire autonomamente, l’azione autonoma è sempre una rottura
nella fede, per cui io non vedo una cosa che vedo, mi rifiuto di vedere una
cosa che vedo, allora non rispondo: qui abbiamo un’azione autonoma. L’azione
autonoma è sempre un travisamento di una realtà; faccio un’azione secondo
la fede se dico che questo è rosso, ma faccio un’azione autonoma se dico che
questo è nero, allora traviso.
Eligio: Perché
dici secondo la fede quando l’oggetto ce l’ho davanti?
Luigi: Dico
fede in quanto io debbo rispettare ciò che Dio mi presenta, aderire anche se
non capisco (es. non so cosa sia il rosso, però dico che è rosso).
La
fede è sempre un’accettazione di ciò che Dio mi presenta. Giovanni Battista non capisce perché deve battezzare
Gesù, perché Gesù è più grande di lui, però accetta, crede, aderisce. La fede è
sempre un atto di adesione anche a ciò che non capiamo. Invece la rottura nella
fede è l’atto autonomo per cui io traviso la cosa e dico che è nero. Però in
coscienza so che il colore è diverso. Quindi quando io dico che non ho visto il
povero, la mia coscienza mi dice: “Tu l’hai visto”, io non posso cancellare
tutto, la Verità è superiore a me, ma è proprio perché la verità è superiore a
me, chiede a me questo rispetto.
Ecco
per cui il principio della sapienza è proprio questa attenzione, quello che chiamiamo il timore di Dio, siamo su un
terreno di Dio: “Quella terra su cui tu stai è terra sacra, togliti i
sandali” dice Dio apparendo nel roveto ardente a Mosè.
Ora,
cosa vuol dire questo “togliti i sandali”? È questo timore di Dio! Stai
attento che ti muovi nel sacro, tutto è di Dio, tutto è opera di Dio, tutta la
nostra giornata è tutta di Dio, tu ti muovi nel sacro, stai attento a non fare
niente di autonomo, di iniziativa tua, ma rispetta le opere di Dio.
Nel
rispetto delle opere di Dio, uno si deve mettere in pace su un certo binario,
perché deve sempre rispettare queste opere di Dio in tutto, questa presenza di
Dio.
Allora
se uno ha presente Dio in tutto certamente si comporta in un certo modo che lo apre
alla luce, perché rispettando la fede, accettando, aderendo alla fede, questa
ti porta a capire, alla luce.
Ecco
allora l’apertura, l’intenzione, l’illuminazione; per cui attraverso l’amore,
adesione, fede si giunge alla luce.
Quindi
la luce non è la premessa, ma è la conseguenza di questo rispetto della
presenza di Dio perché chi illumina è Dio non è l’uomo, però chiede all’uomo
questa adesione, questa attenzione, questa fede, questa umiltà.
L'Episodio
che troveremo domenica prossima di Gesù che parla della sua passione, della sua
morte e i discepoli che pensano chi sia il primo fra loro, per cui Gesù quando
li interroga si vergognano, vedi il senso della vergogna!
Perché
l’uomo ha il senso della vergogna? Tutte le volte che l’uomo gira attorno al pensiero
di sé, pensa a sé e si vergogna perché è circoscritto, c’è l’azione autonoma, c’è il travisamento della realtà, della verità per cui
c’è questo senso di vergogna.
Se
io dico che questo è rosso non ho il senso della vergogna, anzi mi sento
fortificato e lo posso difendere davanti agli altri;se invece dico che questo è
nero mi sento vergognato perché sto travisando per un mio interesse.
Perché
qual è il motivo che ti fa travisare la realtà? È la menzogna. E qual è il
motivo per cui tu devi dire la menzogna?
C’è
un interesse personale che ti fa travisare, per cui non siamo aperti a Dio.
Cina: Io
intuisco che c’è una lezione tanto profonda, la intuisco ma non riesco a
capirla.
Emma: Sono
d’accordo con Cina.
Giovanni: Il
vino, la Madonna e Gesù, tutti e tre ….
Emma: Ma in
un primo tempo, quando hai iniziato a parlare, ho capito che quando uno lavora
da un po’ di tempo deve capire quando ha denaro a sufficienza….
Luigi: Quello
l’ho detto per significare come i valori vengono meno nella nostra vita per cui
in un primo tempo siamo sospinti da un bisogno, ad esempio dal bisogno di
mangiare. Il bisogno di mangiare ci rende importante ad esempio il lavoro. Ma
quando debbo lavorare non più sospinto dal bisogno di mangiare, il lavoro perde
di importanza perché non c’è più la pressione, non è più motivato. Lo posso
fare così per sport, ma non c’è più la pressione. Ora tutti i valori che in un
primo tempo della nostra vita, se noi fossimo intelligenti, lo capiremmo subito
dall’inizio, perché il Signore stesso ci dice: “Non preoccupatevi del
mangiare e del vestire”, perché tutte le cose sono ordinate da Dio e se noi
fossimo orientati a Dio, siccome Dio ha fatto bene tutte le cose: “Venite
che tutto è pronto”, quindi Dio all’inizio della vita ci fa già trovare
quello di cui abbiamo bisogno (infatti si dice che per ogni bambino che nasce
c’è già una culla pronta).
Per
ogni anima c’è già una culla pronta, Dio dispone tutto l’universo, tutte le
creature, per accompagnare; quindi tutte le creature dovrebbero servire quell’anima
affinché possa disporsi sempre di più a conoscere il suo Signore, a cercare
Dio.
S.
Agostino dice che Dio ha fatto tutto l’universo a servizio del nostro corpo,
affinché il nostro corpo possa servire l’anima in modo che l’anima possa
disporsi a contemplare a servire il Signore.
Noi
quante volte diciamo che quando le cose sono a posto tutto è silenzioso, anche
il nostro corpo non lo sentiamo; quando noi sentiamo il nostro corpo è perché
abbiamo qualcosa fuori posto, o non stiamo bene, ma anche disordine dello
spirito, però sentiamo il corpo.
Ma
quando tutte le cose sono a posto, tutto tace. Guarda che l’ordine
dell’universo tutto è in ordine, tutto è in silenzio; il c’è rumore è pieno di
disordine, c’è qualcosa che non funziona, che non è a posto.
Una
macchina quando incomincia a stridere, a far rumore, c’è qualcosa che non và.
Allora quando tutto è a posto, perché c’è questo silenzio? Perché l’anima possa
elevarsi verso Dio, liberamente, senza essere disturbata da nessun rumore; per
cui anche il corpo è silenzioso affinché noi non ci accorgiamo nemmeno di
averlo, ma che cos’è che dobbiamo elevare? Il pensiero. A che cosa tu pensi?
Ora,
tutto il corpo è in silenzio affinché tu possa elevare la tua mente al Verbo di
Dio, a concepire Dio, in questo silenzio.
Giovanni: Non è
la preghiera di Tamir?
Luigi: È la
preghiera di compieta: “Lascia, o Signore, che tutti i rumori della terra,
vengano assorbiti nel Tuo Cielo”. Infatti guarda l’universo come è
meraviglioso, praticamente riesce ad assorbire tutti i rumori degli uomini.
Cina: Per
esempio l’anima si accorge di questa mancanza di vino o deve aspettarsi che la
Madonna lo constati?
Luigi: L’anima
se ne accorge ma non riesce a fare la diagnosi. Però se ne accorge nel senso
che sente la noia, la tristezza della vita, lo denuncia in quei termini lì;
cioè la vita viene ad essere privata della gioia; la mancanza della gioia è già
il vino ormai esaurito, finito. Abbiamo detto che il vino significa quello che
dà gioia alla vita, però abbiamo detto che quello che dà gioia alla vita è la
motivazione; quando noi facciamo una cosa non giustificata, non motivata, senza
ragione noi siamo tristi; noi abbiamo bisogno di fare una cosa ma vederla
sempre giustificata, che abbia un certo valore, allora se la cosa è motivata,
vale per qualche cosa. Se io devo fare una cosa inutile, leggere un libro già
letto, che già conosciamo, diventa una fatica enorme perché non è giustificato.
Cina: C’è da
augurarsi che cambino questi valori che non valgono, però ……
Luigi: Non
basta però, come dicevo a Giovanni, che i valori crollino! Se i
valori crollano, noi cadiamo nella tristezza.
Cina: ……di
non restare solo in questo passaggio, ma di aggrapparsi ai valori veri.
Luigi: Ma i valori
veri non è dato a noi per aggrapparci, bisogna che essi si presentino, si
rivelino, per cui non basta essere in questa situazione di disagio, noi
possiamo morire in questa situazione di disagio, nella tristezza noi possiamo
morire. Ecco per cui: “Abbiamo
trovato, finalmente quello di cui hanno parlato Mosè e i Profeti”, è un
giorno di gioia in quanto abbiamo trovato! Erano nella tristezza! Però bisogna
che il ladro venga.
Cina: Il
binario, però, tra questo calare dei valori, fare questo passaggio….
Eligio: Sì, sì,
l’aggancio è ai veri valori….
Luigi: No, no,
sempre il Pensiero di Dio, la presenza di Dio perché Dio è il Principio.
Infatti la madre di Gesù, quella che genera in noi il Verbo, questa
contemplazione di Dio.
Eligio: Io
penso che la lezione più bella di questo miracolo sia la conferma che anche
immersi in quelli che noi chiamiamo i valori del mondo, che poi non sono valori
messi a confronto con i veri valori, è che Gesù, la Verità, è presente
comunque: i veri valori li abbiamo comunque sempre in noi. Direi che siamo
immersi nella festa del mondo e cerchiamo di inebriarci di vini diversi ….
Luigi: C’è
Gesù e c’è la Genitrice di Gesù: Colei che genera Gesù in noi perché quante
volte abbiamo detto che noi possiamo incontrare mille volte Gesù solo per
strada e non farcene niente.
Cosa
c’è in noi di sbagliato perché non lo vediamo, non ci dice niente?
Certamente
Gesù c’è in tutto perché Dio opera in tutto, quindi anche le cose più banali,
più insignificanti sono cariche di significato, è terreno sacro, è opera di
Dio.
Quindi
anche le cose più banali sono cariche di spiritualità, sono cariche di vino,
però non ci dicono niente.
E
che cos’è che a noi dice qualche cosa? Ti dice qualche cosa in corrispondenza
di quello che abbiamo dentro di noi, con l’interesse che abbiamo dentro di noi,
allora lì siamo toccati.
Allora
fintanto che non si crea questa sintonia di interessi con Dio, noi non
scopriamo. Vedi come è tutta la
dinamica, per cui per me vedo molto significato nella dinamica, nello svolgersi
di questi avvenimenti qui, in questo giorno di nozze che sono poi la nostra
vita; perché la nostra vita è un giorno di nozze a cui siamo chiamati.
Questa
è l’eredità, non disprezzare l’eredità come Esaù che dice: “Cosa me ne
faccio dell’eredità se io muoio di fame?” per cui lui dimostra di avere più
interesse per un piatto di lenticchie che al diritto della primogenitura; la
primogenitura gli sarà tolta con offesa, malamente per dire che colui che
disprezza l’eredità (e l’eredità è questo: “Tu uomo sei stato creato per questa
eredità, è questa la tua parte”), per cui Gesù dice al popolo ebreo di non
lasciare niente in eredità ai sacerdoti perché: “Io sono la loro eredità”,
quindi non date alcun lascito affinché abbiamo ad avere in me la loro eredità.
Ecco
che l’uomo deve essere attento a non disprezzare il suo destino, a non
disprezzare la sua anima, a non
disprezzare questo suo desiderio di verità, di assoluto, questa fame di Dio che
porta dentro di sé, perché se lo disprezza in nome di cose che passano, “Cosa
importa a noi dello spirito, noi abbiamo bisogno attualmente di avere i piedi
per terra, di cose materiali, dobbiamo risolvere i nostri problemi sociali,
politici, economici, sono queste le cose che valgono”, ragionando in questo
modo noi preferiamo il piatto di lenticchie al diritto alla primogenitura.
Allora
il diritto alla primogenitura ci sarà tolta malamente, con offesa, ci reca
un’offesa.
Eligio: Quello,
direi che è confortante è che Gesù, mentre viene meno il vino, quindi il motivo
di allegria del mondo, subentra Lui per agganciarci ai veri valori.
Luigi: No, no,
no, la lezione è ben più complicata, non è soltanto perché viene meno il vino
resti agganciato…
Eligio: No, no,
Lui c’è comunque, mente i valori crollano…
Luigi: Lui
c’è, Lui c’è…
Eligio: Lui c’è
e nel miracolo di Cana c’è e subentra con un’azione diretta…
Luigi;
Lui c’è, però l’evangelista dice: “….ed anche Gesù fu invitato alle nozze”,
capisci? “Anche”, quell’anche è eccezionale come importanza! Perché c’era anche.
Tu capisci che Dio non è un “anche”.
Eligio: Dio è
un soprattutto.
Luigi: Noi
viviamo la nostra festa e invitiamo anche Gesù, ma chi vive, praticamente noi,
i protagonisti, sono gli sposi, basta che ci sia da bere e poi aggiungiamoci
pure “anche” l’aspetto religioso.
Eligio:
D’altronde, nella maggioranza dei casi partiamo così….
Luigi: Fintanto
che Lui è uno fra tutti, Dio non dice niente e rimprovera la Madonna, la Madre,
se gli dice qualche cosa: “Cosa deve interessare questo? Non è questo il
momento!”, non è questo il momento, perché fintanto che Lui è un “anche”,
Lui non interviene.
Bisogna
che siano gli avvenimenti, il Padre, che svolge gli avvenimenti per cui ad un
certo momento l’attenzione cada su Gesù.
Maria
ha capito che l’iniziativa era in mano di Gesù, non quando l’ha rimproverata
perché in quel caso Lui risponde soltanto ad un suo intervento; poi fa
l’iniziativa, “l’ora mia”. Richiamando “l’ora mia” lì tutto, capisci, presenta
una cosa che si sta enormemente dimenticando, per questo Li dice: “Fate
attenzione a Lui”: ecco il momento. Il momento è lì, per cui, facendo
attenzione, Lui diventa il Protagonista, ma c’è l’attenzione, l’animo è
attento. Allora in quanto c’è uno, anche un servo, un semplice servo, mica
gli sposi, perché purtroppo, al culmine della festa, probabilmente gli sposi e
i capotavola ignoravano addirittura la vicenda del miracolo, ma basta che ci
sia un servo, forse la creatura più umile, che faccia attenzione, per
determinare l’ora.
Perché
se c’è un servo che fa attenzione, è il Padre che ha iniziato l’opera.
Eligio: Però
l’attenzione lì è tutta circoscritta tra la Madonna e Gesù.
Luigi: Sì, ma
è il termine “madre”, colei che genera il Verbo in noi, che apre l’anima
all’attenzione.
Cina: È
quello che volevo dire, se dipende da noi questo passaggio, oppure bisogna star
lì ad aspettare….
Luigi: No,
è l’attenzione, senza attenzione Dio non parla.
Il
rispetto è attenzione perché l’anima nostra è fame di Dio, è desiderio di Dio,
ora quando uno ha fame è attento, quando uno ha altre fami non è attento a quel
pane lì perché la sua attenzione è tutta rivolta altrove: quel pane lì tace,
non dice niente, è presente ma non dice niente, non può dire niente e
rimprovera coloro che lo sollecitano a dire qualche cosa.
“Perché il Figlio non può fare niente se non lo vede fare
dal Padre” e Lui dice: “Nessuno può
venire a me se non è attratto dal Padre” però dice anche: “Io non respingo
nessuno di coloro che il Padre mi manda”, ma deve essere sempre il Padre.
È
il Padre che manda ed è il Padre che attrae, tutto è il Padre, allora il Figlio
raccoglie quello che il Padre manda e porta alla conclusione, al frutto.
Il
Figlio è Figlio in quanto è sempre attento all’iniziativa del Padre.
L’iniziativa è del Padre e il Figlio rifiuta qualsiasi iniziativa, Lui
continuamente rifiuta qualsiasi iniziativa.
Pinuccia: Mi
risulta difficile capire l’iniziativa della Madonna, mi pare che fa una
constatazione, non sollecita il miracolo. Tu dici che Gesù rimprovera coloro
che sollecitano il miracolo….
Luigi: Fa una
constatazione, non sollecita il miracolo…..
Eligio: A me
pare più di una constatazione perché fa presente a Gesù se non dicesse più
niente però dopo dice: “Fate tutto quello che Lui vi dirà”…
Pinuccia: Lì
convoglia tutta l’attenzione su Gesù……
Eligio: Ma in
previsione di un intervento miracoloso, altrimenti che senso avrebbe!
Luigi: No, la
versione ufficiale è quella che la Madonna abbia anticipato l’ora della
manifestazione di Gesù, ma io non credo perché Gesù rifiuta, allora che senso
avrebbe il rifiuto di Gesù? Egli dice: “Non è giunta l’ora” e dopo
cinque minuti fa il miracolo?
Eligio: Allora
che senso ha che la Madonna gli dica che non hanno più vino, che Gesù la
rimproveri ma che dopo compia il miracolo?
Luigi: Penso
che bisogna andare più in profondità proprio sulla parola che Gesù dice “L’ora
mia non è ancora venuta”, è lì l’iniziativa.
L’iniziativa
è di Gesù non della Madonna, per cui la Madonna si accoda. Gesù dicendo: “L’ora
mia non è ancora venuta”, propone, ma è Lui che propone quest’ora
all’attenzione. La Madonna sapeva perfettamente cosa voleva dire “l’ora di
Gesù” e in quanto gliela propone, rende evidente che gli animi non sono attenti
a Lui.
Ma
la Madonna è una conseguenza della proposta di Gesù. Chi ha proposto qui è
Gesù, non è la Madonna è il Verbo che ha detto: “L’ora mia non è ancora
venuta”.
Mettiamo
di essere in comitiva in una sala e tutti fanno brusio e uno dice: “Dì
qualcosa!”, l’altro gli risponde: “No, non è proprio il momento di parlare”, ma
questo vuol dire che propone di parlare: “Fate silenzio!” ma l’iniziativa è di
colui che ha detto: “Non è proprio il momento di parlare!”.
Eligio: Non
capisco perché la Madonna, pura contemplazione, viene rimproverata perché ha
parlato, e dopo il rimprovero dice: “Fate tutto quello che vi dirà!”.
Luigi: Perché
Gesù le propone quello, le propone la sua ora. Diamo un’altra versione, anziché
dire “ora” diciamo: “Ma non c’è nessuno che fa attenzione a me!”. Cosa
ti dice questo: “Non c’è nessuno che fa attenzione a me!”? l’altro dice:
“Fate attenzione!”, ma chi è che ha invitato a fare attenzione? Quello
che ha detto: “Non c’è nessuno che fa attenzione a me!”, l’ora è questa!
Per interpretare cosa vuol dire quell’ora…
Eligio: Cioè la
Madonna ha detto: “State attenti che quest’ora….”
Luigi: Non
“……che quest’ora”, perché Gesù si lamenta dicendo che la sua ora non è ancora
venuta, manifesta la sua tristezza perché Lui è venuto solo per quello! Nel
Vangelo di San Marco Gesù dice: “Io sono venuto per predicare il Regno di
Dio! Andiamo in tutti i paesi perché io sono venuto per questo!”, Lui è
venuto per quello. Ora quando uno dice: “Io sono venuto per quello però non
c’è nessuno che faccia attenzione” fa un lamento “L’ora mia non è ancora
venuta!”.
Pinuccia: “L’ora
mia…” vuol dire la sua manifestazione?
Luigi: L’ora
di parlare, l’ora di recare il suo messaggio, ma non c’è nessuno che ha fame!
l’ora di dare il suo pane, ma non c’è nessuno che ha fame! Si stanno ubriacando
di vini…La parola successiva della Madonna è ubbidienza al Figlio, Lei sta servendo
il Figlio. Il Figlio si lamenta di una cosa, la madre serve il Figlio; la madre
non è l’iniziatrice, Gesù è l’iniziatore, la madre serve all’iniziatore: ecco
la contemplativa, non parla, Lei non parla, Lei è la mano del figlio.
Pinuccia: Puoi
spiegare il rimprovero che fa alla Madonna? Che cosa le rimprovera? La
rimprovera perché parla? Qual è il male della Madonna, perché il rimprovero
presuppone un male.
Luigi: Certo,
è logico! È quello di preoccuparsi del fatto che non hanno più vino, fa una constatazione
e Gesù le dice: “Che cosa ti deve interessare questo a te e a me? Fa
attenzione a Dio!”. L’attenzione deve sempre essere rivolta a Dio, se noi
sappiamo che in tutto c’è la mano di Dio, in un terremoto, ad esempio, “Che
cosa deve interessare a te? Cerca il significato presso Dio!”. È un richiamo a
fare attenzione a Dio. Io lo vedo nella linea dei rimproveri, perché non
presuppone un male ma dice: “Cosa deve interessare questo a te e a me,
donna!”, non è in senso offensivo, Lui non è che disprezzi la Madonna
quando dice: “Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli? Oppure:
“Perché mi cercate?”, non è che Gesù disprezzi. Però se la madre entra in
coloro che ascoltano la parola, anche lei è madre, però Lui non dice “madre”,
Lui dice “donna”.
Pinuccia: E
perché la chiama “donna”?
Luigi: Perché
è sempre in quella linea per cui Lui non fa valere i rapporti naturali, non
sono valori, il vero valore è uno solo, è Dio. D’altronde cosa vuol dire
essere madre in senso naturale, ma è un servizio di Dio, è Dio che genera.
Ora
Gesù si mantiene sempre in questa linea qui, già a dodici anni, noi qui vediamo
la continuità di spirito, il bambino di dodici anni che dice: “Ma perché mi
state cercando?”, intanto fa già stupire, ed è significativo che parli la
madre e non parli Giuseppe che è il padre, perché in quei casi il primo che
interviene è sempre il padre, magari gli prudevano le mani, eppure è strano, ma
la scena la fa la Madonna, quindi evidentemente …
Eligio: Però
Lei dice: “Tuo padre ed io ti cercavamo….”, mette prima il padre.
Luigi: Ma
questa è l’opera della Madonna, però chi parla lì è la Madonna, anche lì si
rivelano tante cose, non fosse anche in Giuseppe che tace…. ci sono tante cose
…. Però il fatto che Gesù dice: “Perché mi state cercando?” sai un
ragazzo di dodici anni che dice questo, non so se mi spiego!
Comunque,
lo vedi che siamo sulla stessa linea del Gesù che a trent’anni dice: “Cosa
deve importare questo a te e a me?”, o del Gesù che dice: “Chi è mia
madre e chi sono i miei fratelli ?”, vedi che siamo sempre sulla stessa
linea? Vedi che è sempre lo stesso spirito?
È
sempre uno che dice: “Mio padre è Dio!”. Per cui anche la madre è una
creatura e in quanto è una creatura: “Guarda Dio, non preoccuparti del
resto!” perché in tutto c’è la mano di Dio: “Lascia che Dio operi!”;
e quando Dio, attraverso queste opere qui suscita la fame allora Gesù dice: “È
arrivata la mia ora!”.
Ora
Gesù questo miracolo l’ha fatto sempre per dare lezioni ad ognuno di noi, mica
l’ha fatto per sé, è logico, o per sua madre, questo l’ha fatto per ognuno di
noi perché noi siamo schiavi di tanti valori, ambientali, sociali e anche
religiosi.
Infatti
uno dei tabù religiosi contro cui Gesù ha lottato è il culto del sabato perché
non abbiamo a mettere dei valori che non siano Dio, come la ricerca di Dio,
come giustificazione nella nostra vita.
Gesù
è venuto, prima di tutto, a sgombrare il terreno da tutto questo per cui chi
dice: “Io ho i buoi, io ho i campi, io ho la madre, io ho il padre…”,
non è fatto per il regno, ecco vedi come sgombra. Dopo che ha sgombrato il
terreno, abbiamo l’anima che è disposto ad ascoltare il suo messaggio, ed è un
messaggio che non sono mica parole!
È
un messaggio che è lunghissimo che ci deve portare alla conoscenza del Padre,
quindi all’individuazione della Presenza di Dio in noi; ma tutto questo
presuppone una liberazione del terreno da tutto quello che ci blocca, che
blocca il nostro io all’ascolto della parola di Dio.
Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la
madre di Gesù gli disse: “Non hanno più vino”. E Gesù rispose: “Che ho da fare
con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora”. La madre dice ai servi: “Fate quello che vi
dirà”. Gv 2 Vs 3/5
Secondo tema
Titolo: “L’ora mia”.
Argomenti: Le nozze con Dio o
col mondo. Festa che cresce e vita che diminuisce. La Madonna, la
nostra anima. L’ora di Cristo è il silenzio della creatura. Il centro della
festa. L’attenzione dei servi. La giustizia essenziale. La diminuzione di
vita. L’evidenziazione dell’essenziale. L’attenzione a Cristo. La fede dei discepoli. I miracoli. La gloria di Cristo.
19/settembre/1976
Questa volta fermiamoci sul dialogo che avviene tra la madre di Gesù e Gesù,
cioè su questa frase:
·
la madre
di Gesù dice: ” Non hanno più vino”,
·
Gesù le
risponde: “Che importa questo a me e a te, o donna? L’ora mia non è ancora
venuta”,
·
la madre
dice ai servitori: ”Fate tutto ciò che Egli vi dirà”.
La
prima frase: “Non hanno più vino”.
Abbiamo
visto che la madre di Gesù fa una constatazione, un atto di confidenza verso il
figlio, su una situazione che lei è venuta a notare.
Teniamo sempre presente che questa festa di nozze significa la
nostra vita perché la nostra vita è un giorno di nozze: siamo chiamati
all’unione con Dio e i veri protagonisti di questo giorno di nozze sono la
nostra anima e Dio.
Invece
qui notiamo che i protagonisti di questo giorno di nozze sono i due sposi umani
e che Gesù è uno dei tanti invitati.
Già
questo ci fa pensare che nella nostra vita, rappresentata in questo
giorno di nozze, che è e che dovrebbe essere un giorno di nozze tra noi e Dio,
nella quale i veri protagonisti, gli animatori della festa, il centro
della festa, dovrebbero essere la nostra anima e Dio.
Invece
noi rivolgiamo questa festa ad altre nozze e cadiamo in quelle nozze di cui
parla Gesù che sono un rischio per accecare gli uomini e renderli incapaci di
intendere il segno dei tempi.
Infatti
quando dice: “Come i giorni di Noè, come i giorni di Lot, si sposavano,
costruivano, vendevano, comperavano, si sposavano e venne il diluvio, piovve il
fuoco dal cielo, all’improvviso li sorprese ….”, vuol dire che ci sono
delle nozze che accecano gli uomini e li rendono incapaci di vedere i
segni dei tempi.
Cioè
diventiamo noi i protagonisti delle nostre nozze; anziché trovarci con Dio
protagonista, noi ci troviamo ad essere noi uomini protagonisti.
Ora
evidentemente non dobbiamo intendere queste nozze soltanto nel senso di
“nozze”, ma anche di tutto quello che può essere sposalizio con il mondo,
quindi affari, lavori.
Infatti
nella parabola degli invitati Gesù mette sullo stesso piano coloro che dicono: “Io
ho i buoi, io ho i campi, io ho la moglie, non posso venire: abbimi per giustificato”.
Cioè
noi sostituiamo le nostre nozze con il mondo alle nozze con Dio e Dio in queste
nozze è uno fra i tanti invitati, uno qualunque.
Allora
noi in queste nozze abbiamo tre protagonisti:
·
abbiamo
gli sposi che sono al centro della festa, sotto l’aspetto umano,
·
abbiamo
la madre di Gesù
·
ed
abbiamo Gesù.
Gesù,
che direi, è il meno evidenziato in questo giorno di nozze, attualmente.
Quindi
i due sposi sono i protagonisti, con tutti gli altri che fanno festa intorno a
loro che sono ciechi e che quindi non notano l’abisso che si sta scavando sotto
i loro piedi che li fa precipitare.
C’è
la madre di Gesù che invece vede il rischio in cui la festa
sta per andare a finire ed abbiamo Gesù che è indifferente, è estraneo perché
gli altri sono estranei e che quindi non si cura di quello che sta succedendo.
Tant’è
vero che quando la madre gli dice: “Non hanno più vino”, Lui le
risponde: “Cosa importa questo a me e a te o donna?”.
Evidentemente
richiama a qualcos’altro che deve molto importare, non deve essere questo che
importa è altro che importa: “Cosa deve importare questo a me e a te, o
donna?”, non è quello che deve importare.
E
questo ci fa capire che quello che viene importare nella nostra vita, ed
abbiamo visto che nella festa del mondo in cui noi sprofondiamo, mentre aumenta
il nostro benessere, nel mondo il nostro prestigio, la nostra gloria: “Guai
a voi che cercate la vostra gloria”, “Come potete credere voi che elemosinate
la gloria gli uni dagli altri?” e il Signore ci fa capire che cercando, pensando
a noi stessi, cercando la nostra gloria, la nostra figura davanti agli altri,
non possiamo credere in Dio, abbiamo si una fede nominale, ma che non è quella
la vera fede.
Abbiamo
una festa crescente ma abbiamo anche una vita che diminuisce, che si impoverisce, abbiamo un’anima che si svuota e di
questo noi non ce ne accorgiamo: ma ad un certo momento non abbiamo più vita,
abbiamo solo più l’esteriorità della vita ma non abbiamo più l’anima, non
abbiamo più vita.
Di
questo noi non ce ne accorgiamo ma se ne accorge Colei che
contempla Dio, la Vergine che non è appassionata delle cose del mondo, che è presente e che significa la nostra anima, questo
desiderio di Dio, che ognuno di noi porta in sé e che quindi avverte, pur nel
pieno della festa, avverte la tristezza.
Cioè
la tristezza del vivere immerso nella gloria del mondo, immerso nel benessere,
nella ricchezza, negli affari: c’è l’anima che prova questa noia, questa
tristezza, è la Madonna, è la Madre che nota che non c’è vita, che non c’è più vita.
Però
Gesù fa notare: “Cosa importa questo a me e a te, o donna?”, non è
quello che viene a mancare che importa, è altro quello che deve veramente
importare, non è quello che manca agli uomini, non è denunciare la tristezza degli
uomini quello che veramente importa.
Qui
ci fa notare, e ce lo fa notare sua Madre, che quello che veramente importa, è
altro: che cos’è quest’altro? Dice Gesù: “L’ora mia non e ancora venuta”.
Noi,
generalmente interpretiamo “L’ora mia non è ancora venuta”,
come un rifiuto di Gesù ad intervenire nella sollecitazione che gli fa la
Madre, ma non è questo perché altrimenti non avrebbe senso che cinque minuti
dopo Lui intervenga e cambi l’acqua in vino.
Come
d’altronde, proprio da quello che Gesù dice non dobbiamo assolutamente
interpretare che Gesù abbia voluto rallegrare la festa, perché altrimenti non
avrebbe senso quello che Gesù dice: “Che importa questo?”, che il vino
venga a mancare, non importa perché è Dio stesso che lo fa mancare; cioè è
Dio che fa fallire la festa e non è il fallire la festa che deve
interessare, quello che interessa è altro, è l’ora.
Ora
Gesù non dice: “L’ora mia non è ancora venuta” nel senso di voler
affermare che non sia ancora il suo tempo, ma lo dice con tristezza, lo dice
con pena, quindi è un rimprovero che Gesù fa perché non è giunta l’ora sua
per parlare.
Ma
perché non è giunta l’ora sua per parlare? Perché non c’è nessuno che faccia
attenzione, non c’è nessuno che abbia orecchi per Lui. Infatti Lui non è il
protagonista della festa, se fosse il protagonista della festa tutti farebbero
attenzione a Lui, allora sarebbe giunta la sua ora, invece non era giunta la
sua ora.
Abbiamo
sempre un passo del Vangelo di S. Giovanni al cap. VII in cui si dice che Gesù
va in Giudea e i suoi fratelli gli dicono: “Manifesta te stesso al mondo”,
e Lui dice: “Andate voi a questa festa, l’ora mia non è ancora venuta”,
e anche qui dopo va alla festa.
Abbiamo
il modo di fare di Gesù che nasconde un senso profondo perché Lui rifiuta e poi
fa.
Anche
a dodici anni quando i suoi genitori lo smarriscono in Gerusalemme, lo
ritrovano perché lo cercano; Lui dice: “Perché mi cercavate? Non sapevate
che mi debbo trovare nelle cose del Padre mio?”, detto questo, però, va con
loro ubbidiente, ritorna a Nazareth.
Ai
suoi fratelli che gli dicono: “Vai in Giudea……”, Lui dice: “No, non
vado perché non è ancora giunta la mia ora, andate voi” e poi dopo và. Qui
dice alla Madre: “Cosa importa a me e a te?” cinque minuti dopo
supplisce a quella mancanza di vino che si sta verificando.
Però
in tutto quello che, direi, preoccupa Gesù è quello di evidenziare
l’essenziale; una volta che lo ha
evidenziato poi non importa, ma Lui vuol sempre mettere in evidenza: “Cercate
prima di tutto il Regno di Dio”, poi non importa perché tutto il
resto vi sarà dato in sovrappiù, quello che importa è questo.
Lui
non interviene per evitare agli sposi lo smacco durante la festa, questo non lo
interessa, quello che interessa è altro, è la sua ora infatti non appena Lui
dice: “L’ora mia non è ancora venuta” e la Madre capisce, è un lamento,
come dire: “Non c’è nessuno che abbia orecchi attenti per ascoltare il
messaggio che io sono venuto a recare: io sono venuto per predicare il Regno di
Dio”, questo è il suo messaggio, è la sua missione, però questo richiede
l’apertura da parte degli uomini, l’orecchio attento, l’orecchio per ascoltare,
per intendere.
Se
questi orecchi non sono attenti, non è l’ora per parlare, non è arrivata la sua
ora.
Ecco
che la Madonna dice: “Fate tutto quello che vi dirà”,
lo dice ai servi.
Anche
qui ci fa capire qualcosa di profondo, mentre prima i protagonisti erano gli
sposi qui passano in primo piano i servi che ammoniti dalla Madre, prestano
attenzione, aprono l’orecchio al Maestro Gesù.
I
servi, non gli sposi, non tutti gli altri e saranno costoro che constatano
il miracolo, non gli sposi, non tutti gli altri, gli altri non ne capiranno
niente, non ne sapranno niente.
Infatti,
all’ultimo Giovanni dirà che Gesù manifestò la sua gloria ai discepoli e dice
che i servi sapevano quello che avevano attinto.
Quindi
la Madre apre l’orecchio, rivolge l’attenzione e rivolgendo l’attenzione, l’ora
di Gesù scocca.
Ora,
in quanto c’è stata l’apertura, l’attenzione a Gesù, adesso, a questo punto i
valori sono a posto; quindi
ritorniamo nel: “Cercate prima di tutto il Regno di Dio e tutto il resto vi
sarà dato in sovrappiù”, ora qui Gesù non ha più difficoltà al soprappiù,
ha messo le cose a posto.
È
come nella moltiplicazione dei pani, prima Lui aspetta che la folla vada dietro
di Lui per tre giorni a sentire gli argomenti del Regno di Dio, quando hanno
dimostrato la fede, quello che veramente interessava loro, tanto che rischiano
di morire di fame per strada, per cui intervengono addirittura gli apostoli a
dire: “Licenziali affinché abbiano da procurarsi di che mangiare”, ecco
che a questo punto in cui le cose erano a posto, provvede Lui il cibo per
tutti.
Quindi
conferma il: “Cercate prima di tutto il Regno di Dio e tutto il resto vi
sarà dato in soprappiù”.
Pensieri tratti dalla conversazione:
Eligio: Come
mai si mette in evidenza che i discepoli credettero in conseguenza di questo
miracolo, mentre abbiamo sempre parlato della non necessità dei segni esteriori
per credere in Cristo?
Luigi: Non
è che la fede sia conseguente al miracolo, perché i discepoli suoi avevano già
creduto. Avevano creduto in quanto, abbiamo visto nel capitolo precedente,
sulla segnalazione del Battista, erano discepoli del Battista, poi sono
diventati discepoli di Gesù, andarono dietro a Gesù, quindi credettero in Lui,
erano preparati. Gli stessi hanno detto prima: “Abbiamo trovato il Messia!”.
Se
dicono questo vuol dire che il loro cuore era con Lui e la loro fede era in
Lui, solo che abbiamo una fede che cresce di gloria in gloria, che cresce di
conoscenza in conoscenza. Ad ogni segno di Gesù, l’anima viene confermata nella
fede, per cui ha creduto bene, viene confermata. Infatti Gesù confermerà, fino
a Pentecoste Gesù non farà altro che confermare, confermando però amplia la panoramica
della sua verità, della sua gloria.
Qui
dice: “Manifestò la sua gloria”, ma noi abbiamo visto che la gloria è
qualche cosa di ben diverso che si scoprirà soltanto nel Padre.
Quindi
qui abbiamo questa conoscenza che sta crescendo, quindi abbiamo già un segno di
gloria, come avremo un segno di gloria sul Tabor, nella Resurrezione, ma è
una gloria crescente che si integrerà e si rivelerà, si evidenzierà, per cui si
va di conoscenza in conoscenza.
Ed
è così anche nella fede, la fede è crescente, che ad ogni segno viene
confermata. Per cui qui si conferma come il Giovanni Battista che scopre
l’Agnello di Dio e poi il giorno seguente è ancora sempre fermo lì a segnalare:
“Ecco l’Agnello di Dio” e il terzo giorno è ancora lì fermo a segnalare “Ecco
l’Agnello di Dio”.
Con
Dio non abbiamo passaggi da una conoscenza ad un’altra conoscenza ma abbiamo un
approfondimento nella stessa conoscenza ed è approfondendo questa conoscenza
che si arriva al centro da cui poi tutto si irradia.
Quindi
non abbiamo passaggi, non abbiamo dei salti, non è come apparentemente sembra,
soprattutto nelle parabole, si salta da un argomento all’altro, la parabola del
seminatore, la parabola della zizzania, invece direi che si integrano, si
approfondiscono, ma è sempre la stessa.
È
la stessa che si approfondisce sempre di più fino a portarci ad un nucleo
essenziale. E così è il problema della
fede con Cristo, non è che abbia bisogno dei segni altrimenti ci sarebbe la
contraddizione con quello che dice Gesù. “Anche se un morto risuscitasse,
non basterebbe loro”, non sono i miracoli che possono…
Eligio: Questo
vale per una certa categoria di persone….
Luigi: Per
coloro che credono tutto diventa miracolo, tutto diventa segno.
Eligio: Il miracolo
di per sé non stimola la fede…
Luigi: No, perché è la fede che scopre il miracolo. Infatti qui Lui ha
cambiato l’acqua in vino e quel vino è servito per tutti, però l’hanno visto
solo i servi e i discepoli.
Quindi
hanno visto il miracolo solo coloro per i quali Gesù era il protagonista della
festa, era al centro dei loro interessi;
per coloro che ebbero altri protagonisti, gli sposi ad esempio, la festa di per
sé, non videro niente, non poterono vedere.
Quindi
quello che fa vedere, ed è il rimprovero che Gesù fa a Tommaso, che aveva
posto come condizione per credere di vedere, e quindi aveva capovolto i
termini, non si può mettere come condizione per credere il vedere, perché
il vedere è una conseguenza del credere.
Quindi
prima bisogna credere, aderire e aderendo si giunge a vedere, perché chi ci fa vedere è il Maestro, ma per potersi
abbandonare al Maestro, bisogna aderire al Maestro, bisogna credere al Maestro.
Quindi
quanti credettero al Maestro, giunsero a vedere, quanti non credettero al Maestro,
per quanti segni e quando chiedono un segno affinché noi possiamo credere in
te, Lui si rifiuta di dare un segno.
Perché
si rifiuta di dare il segno? Perché il segno non basta, tutto è segno di Dio, ma per chi non ha la fede non c’è
nessun segno che valga per portarlo alla fede.
Perché
se non si fa, e ricadiamo di nuovo nel problema dell’Antico Testamento, del
Giovanni Battista, questa giustizia essenziale dentro i nostri cuori, dentro di
noi e se non si mette Dio al centro e si toglie il nostro io dal centro dei
nostri interessi, noi siamo in una situazione di cecità assoluta per scoprire
la verità di Dio.
Se
noi non facciamo questa giustizia essenziale, tutti quanti noi sappiamo con
sicurezza che non siamo Dio, questo lo sappiamo con certezza, per cui non
dobbiamo considerare il nostro io come fosse Dio, cioè farne centro di
riferimento della nostra vita, dei nostri pensieri, dei nostri interessi.
Questo
è un primo atto di giustizia che si richiede ad ognuno di noi, se noi non
facciamo questo, e quindi non superiamo il nostro io, mettendolo in periferia
per riportare le cose a Dio, per cui non basta che noi accogliamo tutto da Dio,
perché si può anche accogliere tutto da Dio sul piano di base, ma bisogna anche
riferire tutto a Dio, riportare tutto a Dio.
Perché
noi potremo anche accogliere tutto da Dio e dire: “Dio me l’ha dato ed io me lo
tengo”, no! Dio te l’ha dato, adesso tu portalo a Dio per vedere quello che Dio
vuole che tu faccia di quello che Lui ti ha dato: perché soltanto riportando a
Dio intendi la sua volontà, se non riporti a Dio, noi possiamo anche ricevere
tutto da Dio e dire: “Dio me l’ha dato” e incentrarlo sul mio io.
Invece
è necessario il superamento, il nostro io diventa un posto di blocco, quindi
non vediamo più e ci acceca, ci impedisce di vedere, ci travisa.
Vedete
che i segni rivelano soltanto, per cui Gesù si rifiuta di interessarsi del
vino, non lo fa per fare il miracolo. È sbagliato il fatto dire che Gesù è
intervenuto alle nozze, ha anche rallegrato la festa, ha provveduto, non è
quello!
Anzi
Gesù si rifiuta in pieno perché è altro che deve importare; deve importare
quello che sta veramente a cuore a Lui: la sua ora! Infatti dice: “La mia
ora non è ancora venuta”.
Eligio: Il
fatto che la sua ora non è ancora venuta non dipende tanto da Gesù ma dalla
maturazione spirituale nostra. Cioè siamo noi che impediamo a questa ora di
sopraggiungere.
Luigi: Cioè,
diciamo meglio, l’ora è il Padre che la fa nelle anime. Per cui Lui
dice: “Nessuno può venire a Me se non è attratto dal Padre” e in un
altro punto dice: “Ma io non rifiuto nessuno di quelli che il Padre mi
manda, perché io non sono venuto per fare la mia volontà, ma la volontà di
Colui che mi ha mandato. E la volontà è questa: che io non perda nessuno di
coloro che il Padre mi manda”, perché è il Padre che manda, cioè è la fame
di Dio.
È
la fame di Dio che si forma nelle anime che provoca l’ora del Cristo, per cui
il Cristo dice: “Io non rifiuto nessuno di coloro che il Padre mi manda”:
ecco l’ora.
Qual
è l’ora? È l’ora di annunciare il suo messaggio, perché “Io sono venuto per
questo”. Poi all’ultimo, quando Lui
avrà annunciato il suo messaggio a coloro ai quali doveva annunciarlo, cioè
quando avrà compiuto la sua opera, allora si darà nelle mani dei nemici. Cioè
porta l’ora a compimento, la croce e la morte, perché Lui cerca di salvare: anche
morto Lui salva ancora, perché si fa opera di ogni uomo nelle mani dell’uomo.
Eligio:
Vedendoci però in questi protagonisti delle nozze, c’è una parte di responsabilità
personale, nel non lasciar iniziare l’opera di Gesù in cui Lui può agire
verificandosi quest’ora.
Luigi: Cioè la
responsabilità sta in questo: che noi pensiamo alle nostre nozze.
Eligio: Quindi
ci ritardiamo quest’ora.
Luigi: Ah,
senz’altro. Noi siamo stati creati per le nozze con Dio: “Cerca prima
di tutto il Regno di Dio”, quindi “tu uomo, tu sei stato creato per
conoscere il tuo Signore, troverai il tuo Signore quando lo cercherai con tutto
il tuo cuore”.
Il
primo, massimo comandamento, che è l’anima di tutti i comandamenti e di tutta
la morale è: “Ama il Signore Dio tuo con tutta la tua mente, con tutto il
tuo cuore, con tutte le tue forze, con tutta la tua vita”. Quindi l’uomo è stato creato per occuparsi di Dio.
Questo
è il giorno di nozze. L’uomo è chiamato all’unione con Dio e il Signore dice: “L’uomo
non divida, non separi ciò che Dio ha unito”, Dio creando l’uomo ha unito
la sua anima al suo Spirito, quindi l’uomo non deve separarla, altrimenti
abbiamo il peccato originale.
L’uomo
non deve separarsi da questa unione: l’uomo deve vivere per questa unione, le
nozze sono queste. Se Lui cerca altre unioni,
preferisce la creatura al Creatore, abbiamo altre nozze e allora abbiamo quelle
nozze in cui l’uomo rifiuta il convito al quale è invitato. Per cui lui ha il
lavoro, ha sposato il lavoro, ha i buoi, ha sposato i buoi, ha il denaro, ha il
benessere, ha la figura, la gloria, ha sposato la gloria; ha la moglie, ha
sposato la moglie. Non è che la moglie sia cattiva perché la moglie è creazione
di Dio, e il matrimonio è creazione di Dio, ma pensano a -, vivere per -.
Questo è il fatto, anche il lavoro è tutt’altro che sbagliato, è parola di Dio:
“Ti guadagnerai il pane …”, a parte che spiritualmente ha un altro senso,
ma anche il lavoro, anche i buoi sono creature di Dio, tutto è opera di Dio.
Quando però questo diventa motivo per cui io mi distraggo dal mio fine, dalle
mie nozze, per questo ecco che allora mi separo da questa unione con Dio.
Eligio: infatti
Gesù non accetta nessun affetto umano…
Luigi:
Nessuno, neanche il padre: “Lascia che io prima vada a seppellire mio padre”,
no, neanche il padre. Non c’è nessun dovere umano agli occhi di Dio che
giustifichi questa sottrazione dal nostro destino, da questo impegno
essenziale. Per cui se noi siamo occupati in altra festa, e qui si vede che
sono occupati in un'altra festa perché il protagonista non è il Cristo, perché
se noi siamo occupati nella vera nostra festa per la quale siamo stati creati,
Cristo è il protagonista, Cristo è il centro. Se invece Cristo è in periferia,
come è qui, uno dei tanti, “…c’era anche Gesù con i suoi discepoli”,
nella nostra vita se c’è anche Gesù con i suoi discepoli, Gesù non è il
protagonista. Non è l’anima, il nostro interesse principale non è Lui, “Dov’è
il tuo cuore?”, “Il mio cuore è altrove”. Se invece la nostra vera
preoccupazione è Dio, è la ricerca di Dio, sono queste nozze, Cristo è il
protagonista, è il centro.
Allora,
indubbiamente, vivendo lontano da Dio, cioè non occupandoci di questo, nel
pieno della nostra festa, viene a mancare l’essenziale, viene a mancare la
vita, noi ci accorgiamo che c’è insoddisfazione, per cui guadagniamo di mondo,
ma perdiamo l’anima. La perdita di quest’anima non è che noi la notiamo, per cui
si dice: “dobbiamo aspettare quando saremo dall’altra di vedere che l’anima è
persa”, noi lo notiamo già qui, perché è vita che viene meno, è tristezza
infinita, è non più vivere. Ma questo è logico, è naturale, è Dio che lo fa per
farci toccare con mano che abbiamo sbagliato strada. Ma non è questo!
Non
basta che ci venga a mancare la vita, la gioia, la pace, la felicità, la luce,
non è sufficiente questo per provocare l’ora di Dio. Non basta! Non basta che io tocchi l’abisso, il fondo dell’abisso
per provocare l’ora di Dio, no! Per questo Gesù rimprovera sua madre,
non basta constatare l’infelicità dell’uomo perché questo provochi l’ora di
Dio.
Quello
che provoca l’ora di Dio è l’attenzione. Ecco la lezione essenziale di questo
dialogo. Per cui, direi, questo
dialogo che sembra fatto a sbalzi, che sembra illogico nel suo procedere,
perché uno dice una cosa e l’altro ne risponde un’altra, invece ha una visione
molto unitaria, perché dicendo: “Cosa importa questo a te e a me”, e “L’ora
mia non è ancora venuta”, non parla dell’ora in cui deve intervenire come
vino, la Madonna non chiede a Lui di intervenire circa il vino; ed è sbagliata
questa interpretazione, Lei constata soltanto questa situazione; perché Lei
capisce i segni dei tempi, chi vigila, chi contempla Dio vede la situazione,
però non è quello che deve importare. Quello che deve importare è che gli animi
siano attenti; allora ecco che, dicendo questo, l’iniziativa passa dalle
mani della Madonna, alle mani di Gesù. Qui fa notare che l’iniziativa non è
nelle mani della Madonna, l’iniziativa è di Gesù e anche lì è sbagliato voler
dire che la Madonna è iniziatrice perché è Lei che ha anticipato l’ora di Gesù,
no! È Gesù che ha presentato alla Madonna e l’ha richiamata a quello che veramente
importa e l’ha detto con tristezza perché vede che tutti gli altri sono attenti
ad altre cose, sono tutti occupati in altro.
Allora
lei si rivolge ai più poveri, a quei che servono, e rivolge la loro attenzione
a Gesù: “Fate tutto quello che vi dirà”. Notiamo questo, che questa è
l’unica parola, secondo il Vangelo, che la Madonna dica al mondo, agli uomini,
è l’unica, non c’è altra parola che la Madonna dica agli uomini. Per cui
noi troviamo nel vangelo qualche parola che Lei dice a Gesù, qualche parola con
Elisabetta, ma è un canto, il Magnificat, ma l’unica parola che dica agli
uomini è questa: “Fate tutto quello che vi dirà”. Direi che il
compito della Madonna verso gli uomini, è quello di rivolgere la loro
attenzione al Figlio, perché è proprio con questa attenzione che scatta l’ora
di Gesù, l’ora di comunicare il messaggio.
Eligio: La
Madonna nei Vangeli rappresenta l’anima pura, totalmente disponibile a Dio.
Luigi: Sì, che
poi in questo giorno di nozze abbiamo:
·
la
nostra natura che fa la festa nel mondo,
·
la
nostra anima che piange, che è la Madonna, perché non hanno più vino,
·
ed
abbiamo Dio che è presente ma è in periferia, che tace, quasi indifferente alla
nostra situazione, silenzio.
Tu
vedi che il Cristo qui è silenzioso, e rimprovera se qualcuno vuol farlo
intervenire, è come se non ci fosse. Perché noi viviamo come se Lui non ci
fosse.
Eligio: Volevo
chiedere che cosa rappresenta per noi la Madonna rivolgendo questa domanda al
Figlio.
Luigi: È la
tristezza della nostra anima. “Che vale” dice Gesù “conquistare,
anche possedere tutto il mondo se la tua anima soffre, patisce”, l’anima è
il desiderio di Dio e quindi portata alle estreme conseguenze di questo
desiderio noi abbiamo la Madonna che è puro ascolto di Dio, perché l’anima
nostra è puro ascolto di Dio.
Eligio: La
Madonna viene sempre presentata come mediatrice, sembra quasi che Gesù abbia
bisogno di essere piegato sentimentalmente…
Luigi: No,
perché vedi che Gesù la rimprovera, però Lui la richiama a quello che veramente
importa. Niente può giungere a noi se non attraverso la nostra anima
contemplativa.
Eligio: La
presenza della Madonna nella nostra ricerca della Verità, per poter incontrare
il Cristo per giungere al Padre, che funzione ha la Madonna.
Luigi: Ha la
funzione esemplare di farci capire qual è la condizione. Perché noi potremo
anche confondere la missione della Madonna con la funzione di Giovanni
Battista.
Eligio: La
formula “Ab Jesum per Mariae” non si capisce tanto.
Luigi: La
Madonna ha il compito dell’esemplarità.
Eligio: Come
tutti santi.
Luigi: No, ma
c’è differenza tra la Madonna e tutti i santi: la Madonna è la creatura che
non conosce uomo, quindi è pura contemplazione di Dio, quindi ci evidenzia
l’esemplarità della nostra anima. Quindi la condizione, ecco l’intermediazione,
per ricevere i doni di Dio, per ricevere il messaggio del Cristo: cioè è questa
apertura, netta a Dio, “Non conosco uomo”. Quello che ha concepito la
Madre, notiamo che qui si parla della Madre di Gesù, non dice Maria, non dice
la Vergine, dice la Madre di Gesù, cioè per dire che la nostra anima, ognuno di
noi è chiamato a diventare la madre di Gesù, spiritualmente nella nostra anima,
ognuno di noi è chiamato a generare Gesù.
Ma
qual è la condizione per generare il Figlio di Dio in noi, e diventare a nostra
volta figli di Dio, per diventare figli delle nostre opere,qual è la
condizione?
È
quella di essere nella condizione della Madre di Gesù “Non conosco uomo”,
non fare più assegnamento su niente di umano, fare assegnamento solo su Dio:
ecco qui la figura esemplare. È quella che dice a noi come si ascolta Dio,
“come”. E fintanto che noi non siamo in quella disponibilità di ascoltare Dio
“come” lo ascolta Lei, “Sia fatto di me secondo la tua parola”, non
chiede niente per sé, non vuole salvare la sua figura ma “Sia fatto di me
secondo la tua parola”. Ecco come si ascolta, per questo dico che è la
creatura tutta concepita da Dio, senza niente di umano in mezzo. È la figura
esemplare per noi e per il pensiero del nostro io affinché capiamo “come”
dobbiamo diventare per poter generare in noi il figlio di Dio e quindi trovare
questa presenza di Dio in noi. L’intermediazione è nel senso di
esemplarità, per cui se tu ascolti come ascolto io intenderai, ma se tu non ascolti
come ascolto io, non puoi intendere. Dio parla ma tu non puoi intendere perché
non hai ascoltato. Ecco l’intermediazione è in questo senso, ci fa capire
“come” dobbiamo ascoltare. Perché noi possiamo anche illuderci, credere magari
di ascoltare Dio, allora abbiamo la possibilità di confrontarci, ma io ascolto
come ha ascoltato la Madre di Gesù? E allora se io non ascolto come ha
ascoltato Lei, non posso generare il Verbo, quindi non trovo, perché non c’è
quella totalità, “Mi troverete quando mi cercherete con tutto il vostro
cuore”, ecco fintanto che noi non cerchiamo con questa totalità qui noi non
possiamo trovare quindi non possiamo generare il Verbo in noi.
Quindi
la funzione della Madonna è questa. Non sta nel fatto che chiede e che Gesù si commuove
e fa il miracolo, non è in questi termini qui! Per questo, in funzione di
questa pietà, anche qui è presentata la Madonna come colei che ottiene il
miracolo da Gesù, ma la cosa è diversa! Allora non si capirebbe nemmeno il
rimprovero di Gesù, quale sia la sua ora. Le parole di Dio sono bellissime per
questo, fintanto che noi non le capiamo nella loro essenzialità, nello spirito,
sono in contraddizione una con l’altra e quindi questa tesi non può essere
sostenuta. Per cui noi sentiamo una cosa e poi due pagine dopo abbiamo la
stessa parola di Gesù che contraddice la nostra interpretazione, per farmi
capire che non ho capito.
Eligio: Prima
hai detto che solo coloro che il Padre chiama possono andare al Figlio e poi
hai detto che la giustizia essenziale sta nel mettere Dio prima di tutto, non
capisco allora vuol dire che solo chi Dio chiama può andare al Figlio, allora
c’è una selettività.
Luigi: No, Dio
chiama tutti, propone a tutti. Tutti quanti noi sappiamo di non essere Dio.
Eligio: Allora
perché dice: “Coloro che Dio chiama”? se Dio chiama tutti?
Luigi: Dio
chiama tutti, non tutti mettono Dio al centro, non tutti rispondono a questa
chiamata. Fintanto che noi non mettiamo Dio al centro, al posto che gli spetta,
noi non iniziamo questa attrazione, noi non siamo attratti da Dio. Per cui
la giustizia essenziale sta in questo: tutti quanti gli uomini sanno di non
essere Dio, questa è la dimostrazione che Dio dà di sé ad ogni uomo pagano o
non pagano, credente o non credente. Dio dà questa dimostrazione qui di sé:
ogni uomo sa di non essere il Creatore, sa di non essere Dio, quindi basta la
minima creazione, il filo d’erba per dimostrare all’uomo che non è lui il
creatore.
Eligio: Quando
Gesù dice nella preghiera: “Quelli che tu mi hai affidato”, quali sono?
Luigi: Sono
quelli che sono attratti dal Padre avendo fatto la giustizia essenziale, hanno
sentito il bisogno di Dio, in questo bisogno di Dio hanno scoperto il Messia,
il Salvatore, perché avevano bisogno di questo pane, e loro si sono affidati a
Lui e Lui li portati al Padre.
Cina: È una
scoperta sapere che siamo i protagonisti di queste nozze.
Luigi: No, il
protagonista è il Cristo, noi possiamo essere i protagonisti sbagliati, in
quanto la nostra vita è un giorno di nozze, però noi possiamo avere ben altre
nozze nella testa. Infatti qui ci sono ben altre nozze. Non è che parlare di
nozze significhi parlare sempre di un giorno sacro, perché noi abbiamo Gesù che
ci dice: “Pensavano a sposarsi e sono stati sorpresi dal diluvio. Pensavano
a sposarsi e sono stati sorpresi dalla pioggia di fuoco”. Cioè pensavano a
sposarsi, ricevettero l’invito ma non poterono far seguire all’invito il
convito”. Quindi noi siamo protagonisti di nozze molto sbagliate, perché il
vero protagonista delle nozze è il Cristo, se noi siamo a posto. Qui noi
notiamo che il Cristo non è il protagonista, diventerà il protagonista per i
servi, per i suoi discepoli, dopo, quando l’attenzione si è rivolta a Lui, da
cui è dipesa la festa perché prima la festa dipendeva da altro. Ma la festa incomincia
a dipendere da Lui quando i cuori incominciano ad essere attenti a Lui: ecco
allora le cose cambiano.
Giovanni: Non può
anche significare il passaggio dalla schiavitù, alla liberazione degli Ebrei in
Egitto?
Luigi: Il
passaggio c’è già in quanto c’è l’ubbidienza.
Giovanni: Ci sono
le due nozze, una spirituale e una materiale….
Luigi: Sì, ma
in mezzo alle due nozze, c’è Lui che parla, e perché Lui parli, altrimenti Lui
non parla, bisogna che ci siano degli orecchi attenti a Lui. Lui è venuto per tutti,
ma non ha parlato per tutti. La sua ora Lui l’aspetta dal Padre, dal Padre che
attragga, perché “Io da solo non posso fare niente se non lo vedo fare dal
Padre”, ecco la sua ora. L’ora è il Padre che la determina, la determina
portandogli uomini con fame, fame di Dio. Quindi uomini chiamati a delle nozze
con Dio, coloro che sono chiamati alle nozze con Dio, allora vengono al Cristo.
Pinuccia: Siamo
chiamati tutti però…..
Luigi: Siamo
chiamati tutti.
Giovanni: E
come si può interpretare in noi: “L’ora mia non è ancora venuta”?
Luigi:
Fintanto che noi siamo occupati in altro, cioè abbiamo interesse per altro, non
è l’ora.
Giovanni: L’ora è
quando comprendiamo la parola di Dio, l’accettiamo…
Luigi: Quando
noi incominciamo ad aver fame di Lui, quando abbiamo interesse per Lui,
quando si risveglia in noi l’interesse per Lui, è questa apertura a Lui.
Giovanni: Abbiamo
amore verso le parole di Dio…
Luigi: Quando
noi abbiamo interesse per Dio, quando noi capiamo che tutto il nostro problema
si risolve solo con Lui; che solo Lui può risolvere il nostro problema, che
senza di Lui noi non possiamo risolvere niente, che la cosa dipende da Lui.
Giovanni: Che
attraverso le sue parole Lui ci porta alle nozze spirituali…
Luigi: Ah
quando Lui parlerà ci porterà alle nozze spirituali, ma bisogna che in noi si
formi questa fame, questa attenzione. “Chi ha orecchi per intendere intenda”,
si deve formare l’orecchio perché la Madonna ha concepito con l’orecchio,
attraverso l’orecchio.
Però
l’anima dell’ascolto è l’interesse per -, bisogna che si formi in noi questo
interesse, ma fintanto che noi abbiamo altri interessi, il nostro cuore è
altrove, non c’è la sua ora.
Ma
il fatto che non sia la sua ora, non ci giustifica, perché Gesù viene a cercare
frutti dal fico fuori stagione, per insegnare che per noi è sempre ora, per
noi per rispondere a Dio è sempre ora, la sua ora no! Per cui non possiamo
dire: “Non è la mia stagione!”.
Perché
il piano base è che Dio continuamente parla all’uomo e dice: “Non sei tu il
creatore! Non ti sei fatto sa solo! Un Altro è il tuo Dio!”. Quindi se un Altro
è il tuo Dio, metti Dio nella tua vita al posto che gli spetta, cioè al centro!
E non mettere il tuo io al centro! Fintanto che noi abbiamo il nostro io al
centro, non è l’ora, l’ora sua, l’ora che Lui parli. Quindi Lui tace, ma tace
perché ha già parlato e noi non abbiamo sentito! E come ha parlato? Ha
parlato dicendo: “Io sono Dio e tu sei la creatura!” e noi non abbiamo sentito
e abbiamo messo al centro della nostra vita come nostro Dio l’io o il mondo, e
quindi abbiamo altre nozze. Qui Dio è sempre in periferia, Dio tace, noi
viviamo come se Dio non ci fosse, noi non sentiamo per cui Dio non parla: non è
la sua ora per parlare. Ma non parla proprio perché ha già parlato, quindi
abbiamo una zona di silenzio.
Quindi
tutte le volte che noi non rispondiamo al Dio che ha già parlato, si forma tra
noi e Dio la zona del silenzio e Dio
tace, non parla più. Ecco abbiamo la lontananza da Dio, ma non è che Dio
sia andato in periferia ma: “…sono le vostre colpe che hanno creato la
distanza tra me e voi!” , è il pensiero diverso, è l’interesse diverso
che provoca la distanza.
Quindi
Dio viene a noi per attrarci ma l’attrazione presuppone questa giustizia: tutti
quanti noi sappiamo “Date a Dio quel che è di Dio”, che la giustizia
essenziale non sta nel pretendere cose per il nostro io, nel pretendere i
nostri diritti, nel riferire la nostra vita al nostro io come centro. Ora se
noi non capiamo questo linguaggio, questa giustizia, questa prima giustizia,
noi ce lo sogniamo lontanamente che Gesù parli, Dio non parla assolutamente.
Parlerà con gli avvenimenti, con i fatti, nel senso che fa mancare il vino,
questa è opera di Dio, no? Cioè rovina la nostra festa, per cui noi crediamo di
aver toccato, grideranno: “Pace, pace!” e sprofonderanno nella guerra. Quando
noi crediamo di aver trovato la nostra sicurezza, si apre l’abisso, ma è Dio
che fa questo, capisci? Ma noi però non capiamo, non possiamo capire, chi capisce
è la Madonna, cioè è l’anima che è in contemplazione di Dio; quell’anima lì
capisce, le altre non capiscono, subisce gli eventi però attribuisce gli eventi
a fatti sociali o a uomini o alla natura o al caso ma non può vedere il disegno
di Dio, perché per vedere il disegno di Dio bisogna essere nella luce. Lontano
dalla luce uno subisce gli eventi, quindi subisce l’opera di Dio ma non può
intendere, quindi travisa tutto. Dio non parla che non è giunta la sua ora,
perché non abbiamo visto l’altra ora, la prima ora.
Emma: Prima
dicevi che il lavoro è stato creato da Dio……
Luigi: Tutto,
però tutto ciò che non è Dio può diventare motivo di rovina per l’uomo, tutto
ciò che non è Dio.
Emma: Come si
fa a fare un lavoro senza pensare a quello che si fa, cioè se uno pensa a Dio
non può eseguire quel tale lavoro…
Luigi: Prima
di tutto perché dice che non si può pensare a Dio mentre si sta lavorando?
Perché guarda che Dio è attività infinita e chi è con Dio non è che faccia
niente, chi è con Dio fa tanto! Dio non è una statua immobile, anzi Dio è il
Creatore, l’Attivatore di tutto l’universo, Dio è un Iniziatore. Siamo noi
che nel pensiero del nostro io, ad un certo momento, moriamo all’amore, nel
Pensiero di Dio, ci allarghiamo all’Amore. Ora, l’amore non è forse un
attivatore di vita? Guarda, ad esempio, quanti interessi suscita l’amore, per
cui uno incomincia ad occuparsi del prossimo, perché è mosso da Dio! E questo
non è un lavorare? Soprattutto il lavoro dell’anima, della mente, del
pensiero, Dio fa lavorare molto la mente, perché fa cercare e tutti i giorni
Lui è il Pane, diciamo, della giornata. Il pane della giornata è proprio
questo, e’ dare un alimento per la nostra mente perché la nostra mente resta
con Dio occupata a pensare qualche cosa di Lui perché più pensa, più Lui si
dona quindi cresce la vita intima con Lui, l’amicizia con Lui, la conoscenza di
Lui, quindi la vita eterna. Quindi Dio non soltanto ci impegna
nell’azione esterna, amore verso i fratelli, ma impegna soprattutto il
lavoro interiore, Dio è un grande attivatore. Mentre invece noi, vivendo
nel nostro io, poco per volta ci afflosciamo, ci sediamo in poltrona, capisci?
In un primo tempo, magari lavoriamo perché abbiamo ricevuto, poi, a poco per
volta, ci sediamo e non muoviamo più. Invece con Dio no! Lui non ci lascia mai
sedere sulla poltrona! Il processo del mondo che sembra apparentemente un
attivatore di vita, invece è un ammortizzatore di vita. Invece con Dio abbiamo
il vero attivatore di vita, perché, come dico, Dio non ti lascerà mai sedere
sulla poltrona.
Pinuccia: Tante
volte si trova questa traduzione: “Che c’è tra me e te, o donna?”.
Luigi:
Effettivamente la frase è quella, è una frase dura. Però a noi interessa cosa
vuol dire questo sostanzialmente, cioè: “Cosa deve importare questo a te e a
me?”.
Pinuccia: “Che
c’è tra me e te…” significa un’altra cosa: “Non voglio dipendere da te”…..
Luigi:
Effettivamente Lui non dipende da lei, logico! E tutte le volte che c’è
un’ombra o di rapporto tra figlio e madre, rapporti naturali, Lui non fa mai
dipendere le cose da questo! Quando gli dicono: “C’è tua madre, ci sono i
tuoi parenti fuori che ti cercano!” Lui risponde: “Chi è mia madre…..”;
oppure: “Beata colei che ti ha concepito e il seno che tu hai succhiato….”,
Lui risponde: “Più beato è colui che ascolta la parola di Dio…”. Quindi
vedi che continuamente Lui si difende, perché Lui non può mai essere iniziato
da un altro, chi lo inizia è il Padre, Lui non ubbidisce alla creatura. Infatti
quante volte Lui dice: “Io sono di lassù, voi siete di quaggiù”.
Ad
un certo momento c’è una frase strana, che dev’essere sbagliata quando Gesù
dice: “Chi non è contro di noi è per noi!”, non è vero, Gesù non ha mai
detto “noi”, Gesù non si è mai confuso con i suoi discepoli, non ha mai
detto: “noi”. La frase giusta è: “Chi non è con me è contro di me”,
quando parla di sé, ma non dice mai il “noi”.
Pinuccia: Questa
frase c’è anche in altri vangeli………
Luigi: Sì, ma
dice: “Chi non è contro di voi è per voi!”, perché una caratteristica di
Gesù è questa: Gesù non parla mai di “noi”, non si identifica mai con
noi.
Eligio: Di chi
è quel vangelo?
Luigi: Di
Marco.
Pinuccia: Ma
bisogna vedere da chi è tradotto….
Luigi: No,
perché è tradotto dallo stesso….
Eligio: Se
fosse stato di Luca o di Giovanni……
Luigi: È
proprio una versione in cui in un primo tempo c’è anche il “voi”, ma poi
è una frase che non rientra nello Spirito, Gesù non usa mai il “noi”.
Addirittura arriva a dire: “Vado al Padre mio e Padre vostro….”, non
dice: “vado al Padre nostro…”.
Pinuccia: Però
per pregare ci insegna il “Padre nostro….”
Luigi: Ah, sì!
Quando volete pregare dite: “Padre nostro…”, l’uomo sì, ma Lui non lo
dice. E ci salva proprio per questo, appunto perché noi non abbiamo a
confondere, mica per affermare un suo privilegio! Perché Lui è venuto a
parlare proprio per fare una cosa sola, prega il Padre, ma è il Padre che deve
formare una cosa sola anche con Lui, “…affinché siano tutti una cosa
sola come noi siamo…”, Padre e Figlio: ma è l’opera del Padre!
Pinuccia:
D’altronde noi siamo creature…
Luigi: Ma Lui
non lo fa per tenerci distinti, anche se Lui è venuto tra noi per unirci, la
salvezza sta in questa unione, è un giorno di nozze, quindi un giorno di
unione, non è che Lui vuole dire: “Io sono diverso da voi”, no questo! sia ben
chiaro, ma lo dice affinché noi non abbiamo a confondere e dire: “Ma tanto
siamo una cosa sola”. Siamo una cosa sola se il Padre ci unirà, cioè se
otterrà, dentro di noi questa liberazione dal nostro io, altrimenti no!
Altrimenti Gesù dice: “Non vi conosco!”. Perché anche le vergini stolte
quando bussano e chiamano, Lui dice: “Non vi conosco!”, Lui che è venuto
per favorire questo giorno di nozze. Gesù dice questo appunto perché noi non
ci illudiamo che naturalmente siamo salvati, o che naturalmente facciamo una
cosa sola con Dio. Ecco, allora, per evitare questo “naturalmente”, cioè
questo: “comunque vada io sono a posto, io sono salvo…..”, no! Perché “Chi
vuol venire dietro di me rinneghi se stesso…”.
Cina: Penso a
questa vita intensa che ci dovrebbe essere……….
Pinuccia: Penso
che si dovrebbe approfondire questo concetto: questo giorno di nozze con Dio….
Luigi: Le nozze
con Dio è tutto! È la conclusione della Pentecoste, in tutta l’opera di Gesù
che deve passare attraverso quell’attribuire al Padre, “…affinché siano
una cosa sola come noi siamo”, l’approfondimento avviene seguendo Gesù, ma
avendo tutto questo interesse per Dio. Cioè, tanto più in noi si forma tanto
interesse, tanto amore per Dio, è l’amore che portando a questo tanto bisogno,
a questo tanto desiderio di conoscere Dio, è la tanta conoscenza di Dio che
unisce. Cioè noi siamo tanto uniti a coloro che conosciamo tanto, più
conosciamo e più c’è l’unione; l’unione è data come la separazione è data
dall’ignoranza, ma non ignoranza come possiamo intendere noi! Così anche: è
la tanta conoscenza che unisce. Per questo Gesù non dice di unirci….
Cina: Ecco
questo può essere un modo di unione, questa conoscenza…..
Luigi: Questo
è un modo? È il solo modo, è il solo modo per unirci. Perché Gesù stesso
non dà delle regole per unirci, chi ci unisce è il Padre, in quanto conosciamo
il Padre. Infatti Lui quando va, affida i suoi al Padre, affinché abbiano ad
essere tutti attenti al Padre, ma attenti al Padre in quanto ormai hanno
lasciato il mondo, hanno seguito Lui e poi ancora, “Perché se io non vado
non può venire in voi lo Spirito”, quindi è necessario che Lui se ne vada e
li affida al Padre, ma quell’affidarli al Padre non è come noi possiamo
intendere, ha fatto un atto magico e li ha affidati al Padre, affidandoli al
Padre ha detto: “Adesso che io me ne vado, voi guardate il Padre, perché il
Padre vi ama, il Padre è con voi e mi troverete nel Padre”, quindi li ha
affidati al Padre nel senso che ha rivolto l’attenzione di tutti coloro che
erano con Lui non più a se stesso ma ormai al Padre, perché erano ormai
preparati per fermare il loro sguardo sul Padre.
Cina: Cioè sono
le opere malvagie che ci impediscono di conoscere……
Luigi: Niente,
le opere malvagie impediscono qualsiasi conoscenza. Le opere malvagie non sono
a questo punto qui, le opere malvagie sono all’attacco della strada, all’inizio
della strada. Le opere malvagie sono per il giudizio di separazione. Il
giudizio sta in questo, che la luce è venuta e gli uomini hanno preferito le
tenebre perché le loro opere erano malvagie. Quindi siamo all’inizio….
Pinuccia: Cioè questa
opera malvagia sarebbe a monte nel nostro pensiero, non è tanto un’azione
esterna malvagia…
Luigi: È
tutto quello che parte da noi, quindi è l’io autonomo, l’io che si è staccato
da Dio che ci impedisce di aderire, non di conoscere, perché la conoscenza
è all’ultimo! “Sarete veri miei discepoli se resterete nelle mie parole,
conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”, ma per essere discepoli
suoi, bisogna già aver accolto il battesimo del Battista e per aver accolto il
battesimo del Battista bisogna aver messo Dio al centro e per mettere Dio al
centro “la luce che splende nelle tenebre”, bisogna non aver queste
opere malvagie; perché le opere malvagie impediscono, ma siamo all’inizio, non
abbiamo nemmeno ancora incontrato il Cristo perché “La luce splende nelle
tenebre ma le tenebre non la comprendono”, come mai non comprendono? Le
opere loro sono malvagie. Siamo all’inizio! In questo mondo, con queste opere
malvagie, ecco il Battista che dice: “Fate penitenza, date a Dio quel che è
di Dio, preparate la via al Signore perché….”, perché sta per arrivare il
terremoto, sta per arrivare la fine del mondo. È la minaccia, è il vino che
viene a mancare, è l’ammonimento, la penitenza perché è necessario parlare il
linguaggio all’io, all’io disordinato, all’io che è preso dalle opere malvagie
che non può accogliere la luce, che non vede la luce. Cioè abbiamo l’azione di
recupero da parte di Giovanni Battista, perché altrimenti cadiamo sotto il
giudizio! Il giudizio sta qui: il giudizio è già all’inizio, chi non crede è
già giudicato, non è che sarà giudicato perché c’erano le opere malvagie, è già
giudicato perché non crede nella luce. Il giudizio è già a monte, Gesù dice che
il mondo è già giudicato, non lo dà come sarà giudicato dopo; per cui chi
rifiuta la luce, chi rifiuta l’interesse per Dio è già giudicato. Qui Gesù è
nettissimo, non dà un giudizio futuro, lo dà adesso: “La luce è venuta
nel mondo”, “chi crede in Lui non è giudicato, ma chi non crede è
già giudicato perché non ha creduto nel nome del Figlio di Dio, cioè nella
parola di Dio. E il giudizio è questo: “La luce è venuta nel mondo
ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce perché le loro opere erano
malvagie”. Per cui noi non abbiamo due elementi che concorrono per -, e la
conoscenza e la ….., no, assolutamente no! Le opere sono all’inizio, sono
all’attacco della strada e sono anche quelle che ci fanno capire tutta la
difficoltà per iniziare la strada per cui tu dici: “Come mai la strada è
così difficile?”. Non è che Dio l’abbia fatta difficile, sono i nostri
bauli che la rendono difficile, non è che la porta sia stretta, perché la
porta è una cosa relativa, se io sono magro la porta per me è larghissima, se
io ho un baule larghissimo, anche se la porta è larga ma il mio baule è più largo,
per me la porta è stretta, non c’entro! Quindi la cosa è tutta relativa,
capisci? Quindi siamo noi che facciamo la via difficile e rendiamo la porta
stretta, perché vogliamo entrare con tutte le nostre opere per cui per
renderla più facile dobbiamo diventare sottili, cioè bisogna mettere Dio al
centro della nostra vita. Ora per mettere Dio al centro, quel raggio che è
conseguenza di questa centralità di Dio come nostro interesse, per cui bisogna
capovolgere completamente la nostra vita, non soltanto ma bisogna resistere a
tutta la pressione del mondo attorno “Voi piangerete, gemerete e il mondo
riderà” che tende….. come mai allora Dio ha fatto il mondo malvagio? No, ma
tutta questa pressione del mondo attorno ha lo scopo di purificare questa
centralità su Dio e di accelerare i tempi per renderci accessibile la
conoscenza. Ma come dico, noi troviamo molto difficile perché abbiamo tanto
bagaglio che è costituito dalle nostre abitudini, dal nostro mondo, dalla
nostra mentalità, da tutto quello che portiamo con noi, perché tutto quello che
noi facciamo, diciamo, pensiamo, non è che in quanto l’ho detto ieri, se ne sia
andato! No, l’ho detto ieri e adesso lo porto nel mio sacco e questo sacco si
gonfia al punto che non posso più passare. Noi da soli non possiamo liberarci,
Gesù dice che “Chi fa il male resta schiavo di esso”, non è che dico una
parola e la dimentico, no! Tu hai detto una parola e quella parola ti domina
e ti condiziona domani, non siamo liberi, assolutamente, capisci? E
soltanto se impariamo a pensare, a parlare e ad agire secondo lo spirito di
Dio, questo spirito di Dio ci libererà. Ma bisogna pensare secondo lo
spirito, parlare secondo lo spirito e agire secondo lo spirito, allora lo
spirito di Dio ci libera. Bisogna lasciarci guidare da Lui, non lasciarci
guidare dal mondo, dagli altri, dal pensiero del nostro io, dal pensiero della
figura, bisogna lasciarci guidare da Lui. Allora è Lui il liberatore, non siamo
noi che ci liberiamo, Lui ci libera e ci libera nella misura in cui noi ci
lasciamo guidare. Lasciandoci guidare dallo Spirito si accetta tutto da Lui e
tutte le cose poi si riportano a Lui per vederle secondo Lui e quindi è
necessario questo lavoro di riferire tutto a Lui.