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Poi, disse ai discepoli: "Andiamo di nuovo in Giudea!"   Gv 11 Vs 7


Titolo: Ritorno in Giudea.


Argomenti:  La realtà scandalizza l'uomo.  Tutto è voluto da Dio.  Il messaggio dell'assenza di Dio. Dedizione del pensiero a Dio.   L'uomo è portatore del Pensiero di Dio.  Giudea e Gerusalemme.  Cos'è un luogo? Il luogo è intermediario.  Molteplicità di pensieri.  


 

28/marzo/1993 Casa di preghiera Fossano


Esposizione di Luigi Bracco:

 

Siamo giunti al versetto 7 del capitolo XI di s. Giovani dove si dice: "Dopo queste cose Gesù disse ai discepoli: andiamo nuovamente in Giudea".

Ricordiamo sempre che tutto ciò che c'è nel Vangelo è parola di Dio, e, in quanto è Parola di Dio, è parola universale, quindi non è parola relativa a certi tempi e a certi luoghi o a certi popoli. È parola universale, quindi parola per ogni uomo. Dio parla personalmente ad ogni uomo; e quello che è avvenuto nel Vangelo, quello che Gesù ha detto nel Vangelo è una grammatica per imparare il linguaggio di Dio.

Qui, nel Vangelo, noi ci troviamo di fronte a delle lezioni che Dio dà a noi per insegnare a noi a leggere I fatti nella nostra vita. Tutti i fatti della nostra vita sono opera di Dio, perché Dio non è stato il Creatore in principio: Dio è il Creatore. Lui è fuori del tempo, per cui dobbiamo dire che la creazione di Dio non è stata, ma è, ed è continua. Dio crea tutti i giorni, e tutta la creazione di Dio, essendo opera di Dio, è parola di Dio per noi e, in quanto è parola, ha un messaggio. Dio attraverso tutto quello che fa ci comunica un messaggio. Tutto quello che accade è opera sua: beni e mali, tutto è opera sua e tutto è lezione di Dio per la nostra vita, poiché “DIO vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità".  Dio opera in tutto, tutti i giorni, con noi, per dare a noi la possibilità, e per formare in noi la capacità dì giungere a vedere la Verità: la Verità è Lui, e la Verità la si trova soltanto conoscendola. Conoscere la Verità è vita eterna.

Ora, fatta questa premessa, anche qui dobbiamo chiederti di fronte a questa scena che il Vangelo ci presenta ("dopo queste cose Gesù disse ai discepoli: «andiamo nuovamente in Giudea»"), che cosa Dio vuole dire a noi attraverso queste parole, attraverso questo avvenimento, attraverso questo fatto, che cosa vuole comunicare di Sé a noi, che cosa vuole comunicare per la nostra vita essenziale, affinché noi non abbiamo a sprecare la nostra vita in cose che valgono niente, perché noi corriamo questo rischio. Gesù ce l'ha detto: "senza di Me fate niente!" (Gv 15,5). Noi corriamo il rischio di passare tutta la nostra vita in cose che valgono nulla, mente la nostra vita Dio l'ha data per conoscere Lui e ogni giorno della nostra vita vale, conta, in quanto noi facciamo un progresso nella conoscenza di Dio. Tutto il resto cade nel nulla. Noi possiamo anche guadagnare dei miliardi al giorno: cadono tutti nel nulla! e per noi al termine della nostra vita, anche dopo aver faticato, sudato, conquistato creature, mondi o case o fatto carriere, tutto ricadrà nel nulla se noi non avremo conosciuto Dio.

Dico, noi dobbiamo chiederci che cosa Dio ci vuole significare di Sé attraverso questo suo invito a ritornare in Giudea.

Ora qui dobbiamo ricostruire un pochino la scena, i fatti per cui siamo venuti a trovarci in questo punto. Con la fine del capitolo X noi abbiamo visto che ad un certo momento in Giudea, cioè in Gerusalemme (Gerusalemme è la capitale della Giudea) coloro ai quali Gesù stava parlando hanno fatto il tentativo di lapidarlo: hanno preso delle pietre per lapidarLo! E perché? Perché le sue affermazioni erano impossibili! Non erano digeribili! Lui aveva affermato delle cose che non potevano essere capite. Aveva detto concludendo un lungo discorso: "lo e il Padre siamo Uno" (Gv 10,30).  E aveva aggiunto: "Il Padre è in Me ed Io sono nel Padre" (Gv 10,38): cose che all'uomo è molto difficile capire e digerire.  Ed è per questo che Lo vogliono lapidare. Quando l'uomo si trova di fronte a cose che non può capire, queste gli diventano insopportabili, ed è per questo, dico, che ad un certo momento si prendono delle pietre.

Prendere le pietre per lapidare Gesù, cioè per lapidare le affermazioni di Gesù, le dichiarazioni, le parole stesse, è simbolo dell'opposizione che noi generalmente facciamo a Dio.  Dicevamo ieri sera che il mondo ha molta difficoltà a credere, e, dico, perché ha molta difficoltà a credere? perché l'uomo è scandalizzato. L'uomo è scandalizzato dagli avvenimenti, dai fatti, dalla realtà in cui si trova. L'uomo sogna Dio! Tutti credono in Dio: nessuno può ignorare Dio perché non siamo noi a fare i fili d'erba, non siamo noi a fare la creazione: tutto è opera di Dio! per cui nessuno, nemmeno il demonio, può ignorare Dio; però l'uomo ha una terribile difficoltà a credere in Dio, perché, dico, resta scandalizzato da una realtà diversa da Dio. Sempre si dice: "se Dio ci fosse... se Dio ci fosse.." E perché?  Ecco, è scandalizzato dalla materia, è scandalizzato dalla storia, dagli avvenimenti... ; è scandalizzato da quello che avviene giorno per giorno, per cui dice: "se Dio ci fosse!". È questo che impedisce di credere, che mette difficoltà a credere!

L'uomo ad un certo momento oppone le pietre, la materia, la sua realtà. Ogni uomo si trova in una sua realtà e questa realtà non è Dio. E l'uomo ha una terribile difficoltà a credere che questa realtà sia opera di Dio. Tutta la realtà, anche se ci scandalizza, è opera di DIO: è come l'opera dì un chirurgo in una camera chirurgica in cui si taglia un braccio ad un malato; ci si può scandalizzare li per lì: si taglia un braccio ad una creatura!  Eppure quando si capisce il significato, quando si capisce il perché, quando il chirurgo dice: "se non gli tagliavo il braccio costui moriva!", allora si giustifica!  Ecco è l'intenzione che ci capovolge le cose e ci fa capire le cose, il significato di esse. Là dove c'è un perché, la cosa si può sopportare. Là dove non si vede un perché, la cosa diventa insopportabile, e allora noi dobbiamo opporre a Dio la nostra realtà, il nostro mondo reale, materiale: le pietre!

Dico, il capitolo X si era concluso con questa scena di creature che oppongono a Dio la materia, cioè tentano di lapidare Dio: oppongono a Dio le pietre. Gesù era sfuggito e se ne era andato lontano al di là del Giordano. Dove?  Là dove all'inizio Giovanni Battista aveva battezzato.

Se ne era andato lontano!  E in questa lontananza succedono dei fatti che si concludono poi con la scena di questo versetto, ed abbiamo in essi la chiave di volta per capire perché ad un certo momento Gesù dice: "ritorniamo nuovamente in Giudea". (Tema di stasera è appunto: "Ritorno in Giudea").

Il primo dei fatti che succedono in questa lontananza, abbiamo visto è la malattia di Lazzaro di Betania: Lazzaro, amico di Gesù, Lazzaro fratello di Maria e di Marta, famiglia questa amata da Gesù e abbiamo anche visto perché era amata, cosa era successo. Lazzaro si ammala e si ammala tanto gravemente che le sue sorelle Marta e Maria mandano in fretta un messaggio a Gesù che era nel deserto al di là del Giordano (Betania era vicino a Gerusalemme); Gli mandano a dire: “colui che Tu ami è ammalatole”. Ed abbiamo visto che quando i messaggeri arrivano da Gesù, Lazzaro era già morto.

Però Gesù di fronte a questo messaggio dice: “questa malattia non è per la morte, ma è per la vita, per la gloria di Dio, affinché il Figlio ne sia glorificato”. Ecco, con queste parole Gesù ci apre ad un'altra luce: fa capire che tutto quello che per noi è male: malattia, morte, disgrazie, ecc non è per la nostra morte, come non è castigo di Dio, come non è colpa degli uomini o colpa dell'uomo, ma tutto è per la gloria di Dio. Tutto rientra in questo disegno di Dio, tutto appartiene ad un significato ed un significato trascendente: tutto ha una positività.

E poi si dichiara che nonostante che Gesù amasse Marta, Maria e Lazzaro, se ne sta ancora due giorni lontano.  Cioè, di fronte a questo richiamo, che era un messaggio di amore. un invito, un sollecito a Gesù a tornare perché "colui che tu ami sta morendo!", Gesù se ne sta ancora lì due giorni. E abbiamo anche visto il significato di questi due giorni, di questa sosta, il perché se ne sta lontano.

Adesso il Vangelo dice: “dopo queste cose...”. Il Dopo queste cose! cioè, dopo queste lezioni, perché la vera realtà non è quella che noi possiamo interpretare dicendo: "Gesù se ne stava lontano perché aveva paura, poiché cercavano di ucciderlo, ecc.": il problema è ben altro!  La realtà che viene comunicata a noi giorno per giorno e che determina “queste cose...”, sono lezioni di Dio, sono parole di Dio, lezioni e parole che Lui ci fa arrivare.

E cosa ci aveva fatto arrivare? Ecco, prima di tutto ci aveva fatto arrivare che: tutto è voluto da Dio e che tutto serve per la gloria di Dio (quindi per la nostra vita),anche i mali, anche la malattia, anche la morte. La morte non è per la morte. Abbiamo detto che la morte non è l'ultimo atto della vita dell'uomo: l'uomo non vive per morire. L'uomo è stato creato per la vita.

Quindi la nostra vita non si conclude con la morte, nel modo più assoluto!  È quando noi ci fermiamo alle pietre, alla materia, ai corpi, che noi diciamo: si conclude con la morte.  In realtà non è così!  La morte è un momento della vita, è un passaggio per giungere a quella vita che sta nel conoscere Dio. Quindi anche la morte appartiene alla vita, è una categoria della vita: è un segno, un passaggio necessario, però l'ultimo atto della nostra vita, dico, è determinato non dalle nostre parole o dai nostri sentimenti o dalla nostre passioni, o dalle nostre sofferenze, dalle nostre tribolazioni o dalla nostra morte. L'ultimo atto della nostra vita è determinato dalla Parola di Dio.

E qual è questa Parola di Dio? La Parola di Dio è una sola: quella in cui ci rivela la sua intenzione, il suo Pensiero, la sua Volontà. La Parola di Dio è questa: "Dio vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità". La vita eterna, quindi vita vera (ciò che è eterno è vero), sta nel conoscere Dio come vero Dio. Ecco l'ultima Parola. Questa è l'ultima Parola di Dio.  Dio dopo aver dato a noi la possibilità di dire tutte le nostre parole, dopo aver dichiarato tutte le nostre ragioni, tutti i nostri argomenti, all'ultimo scrive una sua Parola, e quella rimane eterna. Questa è l'ultima parola ed è una parola di vita, non è una parola di morte. Dio è vita ed è amante della vita e vuole che tutti si salvino e trovino la Verità, giungano a trovare la vita.  Questo è quanto Gesù ha dichiarato dicendo: "questa malattia non è per la morte;..".

Gesù era andato lontano da Gerusalemme, era andato lontano da quelle parole che erano insopportabili, che erano state insopportabili. Aveva portato gli Apostoli lontano dalla Giudea dove Lui aveva detto quelle parole. E ci siamo chiesti: perché questa lontananza? che significato ha questa lontananza?

Ha un significato profondo perché ci dà la possibilità di capire perché noi non vediamo Dio, perché noi sentiamo Dio lontano mentre è vicinissimo. Dio non è uno che si sposti, non Uno che vada e venga. Dio non appartiene allo spazio e al tempo. Noi siamo nello spazio e nel tempo! Dio non appartiene alle categorie dello spazio e del tempo: Dio è eterno, è trascendente. Eppure noi avvertiamo la sua lontananza. Una persona è lontana quando non riusciamo a colloquiare con essa, quando non riusciamo a comunicare. Noi esperimentiamo addirittura la morte di DIO: ad un certo momento Dio per noi diventa un Essere che non parla più, che non risponde più: non avvertiamo più la sua presenza, non Lo sentiamo più vivo.

Ed ha un significato profondo questo, perché tutto, essendo Parola di Dio, anche la lontananza, l'esperienza che facciamo di lontananza, di assenza, è un'esperienza che Dio ci fa fare. Anche l'esperienza della lontananza di Dio è una parola di Dio per noi, ed essendo parola di Dio ha un messaggio. La lontananza è un messaggio per noi. E ci siamo chiesti: "qual è questo messaggio?"

Il messaggio che Dio ci vuol comunicare con la sua lontananza è il messaggio che ogni creatura amante lancia quando fa esperimentare la sua assenza. Perché nell'amore si esperimenta l'assenza? L'assenza, dico, è un messaggio, quindi un richiamo: è un invito, e questa è l'anima centrale di tutta la lezione di questa scena, è un invito ad occuparci di più di Colui che amiamo. Un essere amato si rende assente quando non trova sufficiente corrispondenza al suo amore.

Questa assenza di Gesù è un messaggio nei rapporti nostri con Dio, che invita noi a dedicare di più il nostro pensiero a Dio, ad occuparci più di Dio. È un invito a mettere Lui al di sopra di tutto. In questi ultimi anni abbiamo visto, esperimentato e sofferto, molte volte i sequestri di persone; ed abbiamo visto che quando una persona viene sequestrata, portata via agli affetti familiari, ai propri parenti, ai propri amici, ai propri genitori, ai propri sposi, ecc., abbiamo visto che si sacrifica tutto pur di poter riavere la persona cara. Ecco il messaggio della lontananza!

Dio si rende lontano per ricevere da noi la dedizione del nostro pensiero, il sacrificio di tutto, affinché noi abbiamo a sottomettere tutto, tutto, per riavere Lui! Questa è l'anima, il messaggio di Dio che si fa lontano, che ci fa esperimentare la sua lontananza.  Ce la fa esperimentare, perché in realtà Lui non va mai lontano. Abbiamo detto che con l'intelletto noi nel modo più assoluto non possiamo dimostrare che Dio sia lontano. Dio è sempre presente, Dio è vicino. È soltanto col sentimento, col cuore, con i nostri sentimenti che noi facciamo esperienza di questa sua lontananza. Anche l'esperienza di questa sua lontananza o di questa morte di Dio (ché noi possiamo portare dentro di noi Dio morto, e Cristo che muore in croce è rivelatore di questo) sono un messaggio, e il messaggio è questo: invito a dedicare a Lui il nostro pensiero.

Quando dedichiamo il pensiero, noi mettiamo prima di tutto; quando si pensa si fa una preferenza, si privilegia qualcosa, perché si mette qualche cosa prima di tutto: infatti noi possiamo pensare una cosa sola per volta. Pensando mettiamo qualcuno o qualcosa al di sopra di tutto: dedichiamo il nostro pensiero a quello. Dio chiede a noi questo; ma chiede a noi questo dopo aver dato il suo Pensiero a noi.

Abbiamo detto che la caratteristica dell'uomo sta in questo: l'uomo è portatore del Pensiero di Dio. Dio creando l'uomo, dà all'uomo il suo Pensiero, che è Pensiero di Dio, il suo Figlio Unigenito, per cui l'uomo è portatore del Pensiero di Dio. Ed è proprio perché l'uomo porta in sé questo Pensiero di Dio che è Pensiero dell'Assoluto, che l'uomo è passione di assoluto, passione di Verità: l'uomo ha bisogno di capire.

Ho detto che l'uomo non può sopportare ciò di cui non vede un perché: perché l'uomo è fatto per capire, è fatto per trovare un perché alle cose, soprattutto un perché alla vita: che significato ha il vivere? perché la nostra vita quando è vissuta soltanto nel mondo, per il mondo, per questa realtà che noi vediamo e tocchiamo, si conclude sempre con un niente di fatto. si conclude con un nulla: dico, si conclude con la morte? La morte ci annulla tutto, e di fronte al nulla, a questo annullamento di tutte le cose, di tutte le nostre fatiche, dì tutti i nostri sforzi, di tutte le nostre preoccupazioni, di fronte a questo annullamento, l’uomo resta con un punto interrogativo: ma perché? a che serve? a che serve salire su questa giostra che gira attorno al sole, fare un certo numero di giri per poi scendere? a che serve tutto questo?

L'uomo ha bisogno di un significato, e ha bisogno di un significato perché?  Perché porta dentro di sé il Pensiero di Dio. Il Pensiero di Dio è il Pensiero in cui tutto ha una sua ragione, tutto è giustificato. Dio crea (ho detto, Dio è il Creatore di tutte le cose) tutte le cose nel suo Pensiero, e questo Pensiero è dentro di noi. Dio l'ha dato a noi!

È questo il Pensiero in cui noi troviamo la ragione, la giustificazione di tutta la nostra problematica umana (noi stessi, con la nostra vita, con i nostri problemi, esigenze, ecc. testimoniamo la presenza di questo Pensiero di Dio in noi): tutti i problemi che si fanno sull'uomo. problemi esistenziali, problemi che l'uomo subisce, patisce, ecc., tutti questi problemi hanno una risposta sola: l'uomo porta con sé Il Pensiero dell'Assoluto, e porta con sé il Pensiero dell'Assoluto non per opera sua; porta con sé il Pensiero dell'Assoluto per opera di Dio. È Dio che crea l'uomo e lo crea così: portatore del suo Pensiero. Dio abita nell'uomo.

E ci siamo chiesti: ma come fa Dio che è infinito a dare il suo Pensiero a noi che siamo creature finite?  È come se ci chiedessimo come potremmo noi dare il nostro pensiero ad una formica. Abbiamo detto: Dio dà a noi il suo Pensiero perché si fa oggetto del nostro pensiero, figlio del nostro pensare. Per cui in un primo tempo noi constatiamo questo: che siamo noi che pensiamo Dio. Infatti noi possiamo pensare a un fiore, possiamo pensare ad un animale, possiamo pensare ad un avvenimento, ad un fatto di cronaca, ecc., possiamo pensare ad un amico, ecc. e possiamo “anche” pensare Dio.

Ma quando pensiamo Dio, noi pensiamo Dio con il Pensiero di Dio! Ora, dico, Dio dà a noi questo Pensiero suo per dare a noi la possibilità di pensarLo, e questo è il primo momento dell'amore di Dio: nessuno Lo costringe a darci il suo Pensiero. Dico, è il primo momento dell'amore di Dio verso di noi. Dando a noi il suo Pensiero, ha dato a noi la possibilità di pensarLo e ha dato a Lui la possibilità di comunicare con noi e noi con Lui, perché è attraverso il Pensiero di Dio che avviene la comunicazione tra noi e Dio: il Pensiero di Dio è l'elemento comune: è Pensiero “di” Dio, quindi è l'elemento comune tra noi e Dio. Ora, si può comunicare tra due soltanto in quanto c'è qualche cosa in comune. Là dove non c'è qualche cosa in comune non si comunica niente: c'è incomunicabilità.

Dio ha dato a noi il suo Pensiero per comunicare con noi e per dare a noi la possibilità di comunicare con Lui. È solo attraverso il Pensiero di Dio che si comunica con Dio ed è solo attraverso il Pensiero di Dio che Dio comunica con noi.

Dio ha dato a noi il suo Pensiero per dare a noi la possibilità di pensarLo, di intendere le sue parole, perché le sue parole sono intese nel suo Pensiero. Se noi non avessimo presente il Pensiero di Dio, tutte le sue parole sarebbero vuote, inintelligibili. È per intendere le parole di Dio che Dio ha dato a noi il suo Pensiero.

Però non basta pensare Dio per conoscere Dio e soprattutto per conoscere la gloria di Dio e di suo Figlio. Tutte le cose sono fatte per la gloria di Dio e perché il Figlio di Dio sia glorificato, perché questo Pensiero di Dio che portiamo in noi sia glorificato. Tutto è fatto per questo! Ma non basta avere in noi il Pensiero di Dio per conoscere Dio.  Basta il Pensiero di Dio per pensare Dio, per intendere le parole di Dio, per comunicare con Dio, ma non basta per conoscere Dio.

E ci siamo chiesto: per conoscere Dio che cosa si richiede? Si richiede la sottomissione di tutto a Dio.  Fintanto che c'è qualcosa in noi non sottomesso al Pensiero di Dio, noi ci troviamo nell'impossibilità di conoscere Dio, di partecipare della gloria di Dio. “Quando tutto sarà sottomesso al Pensiero di Dio, al Figlio di Dio, il Figlio consegnerà il Regno al Padre” (1 Cor 15,28), perché è dal Padre che si riceve la gloria, la conoscenza e quindi la vita eterna: la vita eterna!

A questo punto arriviamo a capire il significato di questa lontananza di Dio: Dio se ne va lodano come nella parabola di quel re che se ne va lontano, ed è parabola di Gesù (Lc 19): è la parabola di quel re che se ne va lontano dopo aver dato i talenti ai suoi sudditi, ai suoi servi, ecc.; se ne va lontano per ricevere l'investitura del Regno. Ecco, Dio se ne va lontano da noi, ci fa esperimentare la lontananza, la sua lontananza da noi, per ricevere da noi l'investitura del regno, per ricevere da noi la dedizione del nostro pensiero, Affinché noi abbiamo a capire che solo mettendolo prima di tutto e quindi sottomettendo tutto di noi a Lui, tutti i nostri pensieri, tutto il nostro mondo, tutta la nostra realtà, soprattutto il pensiero del nostro io, soltanto lì noi saremo in grado, capaci (capaci!) di conoscere Dio.

Questo è il messaggio della lontananza di Dio. Tutto è un messaggio, tutto ha un significato, quindi anche questa esperienza di lontananza di Dio, di silenzio di Dio nella nostra vita (ed è quello che tutti noi esperimentiamo) porta questo messaggio: è Dio che ci sollecita a dare a Lui il nostro pensiero. Dopo che Lui ha dato a noi il suo Pensiero, adesso, ed è il secondo momento dell'amore di Dio, sollecita noi a dare noi a Lui il nostro pensiero, perché questa è la condizione essenziale per entrare nella Verità, perché soltanto sottomettendo il nostro pensiero a Lui, quindi offrendo il nostro pensiero, dedicando il nostro pensiero a Dio, Lui diventa per noi il Soggetto, Lui diventa il Principio, Lui diventa la ragione del nostro pensare, del nostro vivere. E lì siamo a posto, siamo nella Verità, perché in realtà Dio è il Principio di tutto, anche del nostro pensare.

Dico, questa è l'anima della lontananza di DIO: "Colui che ti crea senza di te, non ti può salvare senza di te". diceva Sant'Agostino. Dio se ne va lontano per suscitare, per formare in noi questa dedizione, affinché noi abbiamo a dedicare a Lui il nostro pensiero, quindi a mettere il suo Pensiero prima di tutto, al di sopra di tutto.

Ricevuto questo messaggio, capito questo, adesso Lui dice: "ecco, è cessato lo scopo della lontananza; adesso - dice - adesso ritorniamo in Giudea".

E qui dobbiamo chiederci, e già se ne intuisce il significato, ma cosa vuol dire questa Giudea? E perché si ritorna in Giudea dopo aver ricevuto questo messaggio? Perché dopo aver ricevuto questo messaggio, noi siamo fatti capaci adesso di sopportare quelle parole che prima in Giudea non avevamo potuto sopportare. Prima in Giudea Gesù ci aveva detto certe parole: non si era stati capaci di sopportarle!  Si è dovuto prendere le pietre per cercare di lapidarlo (quella scena esteriore era specchio della situazione della nostra anima, dell'animo degli stessi discepoli di Gesù). Adesso attraverso questa sua lontananza, dopo aver portato i suoi discepoli lontano dalla Giudea, ha formato nell'uomo la capacità di capire le sue parole e quindi di sopportarle. E quando ha formato questa capacità in lontananza dice: "adesso torniamo in Giudea".

Che cosa significa Giudea? Giudea è in Palestina, e noi siamo qui in Italia, dove c'è Piemonte, Liguria, Lombardia, ecc.: questo possiamo capirlo materialmente, ma "Giudea", cosa vuoi dire per noi "Giudea"?

Tutto è scena per noi, tutto è messaggio, tutto è lezione per noi. Giudea è una regione della Palestina: una regione che ha come centro, come capitale Gerusalemme e Gerusalemme è la Città di Dio. Ora, siccome noi abbiamo detto, fin dall'inizio che Dio abita nella nostra anima, abita in noi perché ha dato a noi il suo Pensiero, Dio è presente in noi, ecco allora che è facile intuire il significato di questa Gerusalemme: Gerusalemme rappresenta la nostra anima. È la Città di Dio: è la nostra anima la Città di Dio, la nostra mente è la Città di Dio, il Tempio di Dio: Dio abita nella nostra mente, nella nostra anima.

E allora dobbiamo chiederci: e Giudea, questa regione, questo luogo che ha per centro Gerusalemme, questa Giudea cosa rappresenta? Ecco, rappresenta il mondo interiore, l'interiorità, questo luogo che ha per centro questa nostra Città di Dio, questa nostra mente, questo Pensiero di Dio che portiamo in noi, questa nostra anima, questa passione di Verità, questa passione di assoluto che portiamo in noi, in cui c'è Dio, per ché è determinata dalla presenza di Dio.

Dio, se vogliamo trovarLo, dobbiamo cercarLo nella sua Città. Dio non abita fuori di noi, la Verità non abita fuori di noi! Inutilmente gli uomini corrono per il mondo, viaggiano, credendo di trovare la vita, credendo dì trovare la Verità! È tutta un'illusione! Possiamo consumare la nostra vita su tutte le strade del mondo, o dietro tutti gli argomenti degli uomini, politici o filosofici: la Verità non la troviamo! Perché la Verità non si trova fuori di noi.

Tutto il fuori di noi, tutto l'universo, tutta la creazione, tutte le creature, belle, buone, sante, tutto quello che vogliamo, poveri o ricchi, tutte le creature sono creature di Dio, sono opere di Dio, sono parole di Dio, però nessuna creatura per quanto grande sia, per quanto santa sia, nessuna creatura può darci Dio. Tutte le creature ci annunciano Dio, perché dicono: "ci ha fatte Dio! non ci siamo fatte da sole".  Tutte le creature, dal filo d'erba al più grande santo di questo mondo, alla più grande istituzione che noi troviamo nel mondo, tutte quante ci dicono: “noi non siamo fatte da sole.. ci ha fatte un Altro ... noi non siamo Dio”.

Tutte le creature in un modo o nell'altro, ci dicono questo; tutte le creature vengono a noi, ci abbracciano, ci baciano, ci accompagnano per un tratto di strada, fanno tutto quello che volete, eccetera..., ma poi ad un certo momento ci salutano. Perché? Perché “io non sono Dio - ci dicono- debbo morire, me ne debbo andare...”. Tutti se ne vanno, e andandosene cosa dicono? Andandosene dicono: "noi non siamo Dio". E allora cosa ci dicono? "Alza gli occhi!". Ecco, alza gli occhi a Dio, perché è solo lì, nel Pensiero di Dio che troverai Dio, la Verità.

Ho detto: nessuna creatura può darti Dio. Perché?  Perché Dio solo è il rivelatore di Sé.  Dio solo è Colui che comunica a noi quello che Lui è. Lui solo è il rivelatore di Sé! E questo cosa ci vuol dire? Vuol dire che fintanto che noi non ci trasferiamo dalle creature a Dio, a pensare Dio, noi saremo nella impossibilità più assoluta, pur sentendo il bisogno di Dio, pur magari cantando a Dio da mattino a sera, noi ci troviamo nell'impossibilità di conoscere Dio, quindi ci troviamo nell'impossibilità di entrare nell'amicizia con Dio, nella Verità di Dio, nella vita eterna.

Ma nella vita eterna ci dobbiamo sforzare di entrare oggi, perché se non entriamo oggi, non vi entriamo domani. La vita eterna è una proposta, e in quanto è proposta è oggi che noi diamo la risposta.

Ora, dico, soltanto alzando i nostri occhi, quindi elevando il nostro pensiero a Dio, quindi passando dal mondo esterno, dal mondo delle creature a Dio, noi possiamo trovare Dio.  Dove? L'abbiamo detto: nella nostra interiorità. È qui il problema della Giudea: passando dall'esterno all'interno, ecco, in questa regione che rappresenta la nostra interiorità. È dentro l'uomo che c'è la Verità. La Verità non è fuori, la Verità è dentro l'uomo, ed è l'uomo che deve rientrare in se stesso dopo aver assaggiato tutti i vini del mondo (Cfr. le nozze di Cana) se vuole trovare Dio.

E quando è entrato dentro di sé, in questa regione della Giudea, deve andare a Gerusalemme, la Città di Dio. E qual è questa Gerusalemme, questa capitale di questa interiorità? La capitale di questa interiorità è il Pensiero di Dio. Gerusalemme rappresenta Il Pensiero di Dio presente tra noi, Dio con noi.

Ecco, bisogna passare dall'esterno all'interno e poi bisogna superare il nostro interno per raccoglierci nel Pensiero di Dio, perché è nel Pensiero di Dio che si conosce DIO: "Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me" (Gv 14,6), ha detto Gesù. Ecco, "nessuno viene al Padre... " nessuno viene al Padre se non attraverso questo Pensiero di Dio che portiamo dentro di noi, e se noi ci raccogliamo in questo Pensiero. Quindi è un fatto essenzialmente personale.

Se noi non ci raccogliamo intimamente in questo Pensiero, Pensiero di Dio dentro di noi, noi ce lo possiamo sognare di trovare Dio, di conoscere Dio, di esperimentare Dio, di dialogare con Dio.

La Giudea rappresenta questa interiorità. È un luogo, una regione. La regione è un luogo.  E quando parliamo di "luogo", cosa intendiamo? Il luogo è ciò in cui c'è qualche cosa. Ogni cosa ha un suo luogo. Ho fatto molte volte l’esempio, che può anche diventare stucchevole, delle stelle alpine: se noi vogliamo trovare le stelle alpine, non possiamo cercarle in un campo di grano o in un campo di margherite. Dobbiamo sapere il luogo in cui si trovano le stelle alpine: le stelle alpine hanno un luogo ben preciso, e se vogliamo trovarle dobbiamo andare in quel luogo lì.

Ogni esistente ha un suo luogo. Anche Dio ha un suo luogo! Ora, conoscere il luogo in cui si trova una cosa è la condizione per giungere a trovare quella cosa.

Ma quando uno sa il luogo in cui si trova una cosa, è necessario che vada in quel luogo se vuole trovarla. Se io voglio trovare stelle alpine, debbo prima di tutto sapere dove posso trovare le stelle alpine, perché, ho detto, fintanto che io le cerco in un prato di margherite sto fresco, io le stelle alpine non le trovo.

Ora non è una banalità, perché vi dico che tutti gli uomini cercano le "stelle alpine" nei prati dove ci sono le margherite. Cercano tutti le "stelle alpine" in un campo di margherite! E tutti quanti si lamentano e dubitano, che Dio abbia fatto bene Il mondo, che Dio esista o che non esista, ecc. perché? Perché non trovano le “stelle alpine”. Ma la sciocchezza è nell'uomo che cerca le "stelle alpine" là dove non ci sono.

Le stelle alpine deve saperlo dove sono! le stelle alpine sono in montagna. La montagna è il "luogo" ed è quell'altitudine il luogo in cui si possono trovare le stelle alpine!

Quando uno ha capito dove si trova una cosa, il' luogo di una cosa, deve andare in quel luogo. E per andare in quel luogo deve lasciare gli altri luoghi.

Uno non può recarsi in un luogo senza lasciare gli altri luoghi. Ce lo sogniamo!  Se io voglio andare in montagna restando qui a Fossano, me lo sogno di trovare stelle alpine: non le troverò assolutamente. Potrò anche sapere che le stelle alpine sono in montagna, ma se le voglio trovare io debbo andare in montagna, debbo andare cioè nel luogo in cui ci sono le stelle alpine.  Così è per DIO!

Ho detto, Dio abita un luogo suo ben preciso.  Il luogo di Dio è suo Figlio, il suo Pensiero.  Il suo Pensiero ce l'ha dato ed è dentro di noi, abita dentro di noi. Se noi vogliamo trovare Dio, se a noi sta a cuore Dio dobbiamo recarci, sprofondarci nel luogo in cui Lui è. Dio non è un lusso, non è un soprammobile; Dio non è Uno cui ogni tanto bisogna cantare qualche cosa o fare qualche rito o qualche lode. ecc.  Dio vuole essere conosciuto! Dio è un Essere che vive con noi, che è presente in noi e che determina tutto di noi!

E se noi Lo vogliamo trovare e soprattutto se Lo vogliamo conoscere noi dobbiamo trovarci, andare nel luogo in cui Lui si trova. Il luogo diventa l'intermediario tra noi e ciò che vogliamo trovare. i

Ecco, il luogo è intermediazione.  Qui possiamo capire allora che il Pensiero di Dio in noi,  Figlio di Dio, quindi Cristo è intermediario.

Allora possiamo capire cosa vuol dire il concetto di intermediario.  Intermediario è un luogo!  Se voglio trovare stelle alpine, devo sapere dove è il luogo di esse e quel luogo diventa per me intermediazione per trovare le stelle alpine, altrimenti non arriverò mai a vedere le stelle alpine.  Ecco perché Gesù dice: "Non arriverete mai a vedere il Padre se non per mezzo di Me": quel "Me" è il luogo, luogo del Padre. Il Pensiero di Dio in noi è il luogo del Padre.

Dopo che Gesù ha formato in noi questa capacità di capire le sue parole, di ricevere le sue lezioni, dopo aver formato in noi il concetto che luogo di Dio è dentro di noi ed è rappresentato da questa Gerusalemme capitale della Giudea, dopo averci quindi resi capaci di questo, adesso dice: "andiamo nuovamente in Giudea".  Perché?  Vedremo in seguito i suoi Apostoli dire: "Ma come? l'altro giorno cercavano di lapidarti e adesso Tu ritorni di nuovo là dove vogliono ucciderti?"(Gv 11,8). Il problema era un altro! Essi intendevano la decisione di Gesù di ritornare in Giudea in senso materiale. Ma Gesù parlava in modo spirituale, tutto in un altro modo! Egli, in tutto ciò che dice e fa, si muove sempre in un campo spirituale. Non aveva lasciato la Giudea per paura, ma per preparare nei suoi Apostoli, nella lontananza dalla Giudea, quella capacità di capire le parole che aveva detto. La Giudea rappresenta gli argomenti di Dio, quegli argomenti interiori che portiamo dentro di noi e che siamo incapaci di assimilare. Allora Gesù ci porta lontano... affinché lontano, perdendo Dio, lontano dalla Città di Dio, noi incominciamo a scoprire l'importanza che Dio ha per noi.

Solo quando noi abbiamo capito l'importanza che Dio ha per noi, per cui Dio è Colui che va messo al di sopra di tutto, prima di tutto, lì noi siamo preparati, lì abbiamo la capacità di capire le sue parole!

Perché quello che ci impedisce di capire, quello che ci impedisce di conoscere Dio e di ricevere i messaggi di Dio, le comunicazioni di Dio, è la molteplicità di pensieri, di interessi, di amori che portiamo dentro di noi: perché noi magari crediamo in Dio, noi magari cantiamo a Dio, lodiamo Dio, abbiamo interesse magari per Dio, ma abbiamo anche tanti altri amori, abbiamo tanti altri interessi, abbiamo tanto mondo che portiamo dentro di noi. È necessario che questo Dio sia messo al di sopra di tutto: "purché io veda soltanto il suo Volto e avrò trovato tutto!".  Trovare Lui, conoscere Lui per noi è tutto.

Soltanto quando noi ci saremo convinti di questo (ecco, dico, il problema della lontananza, la necessità dell'esperienza della lontananza), noi avremo in noi la capacità di capire quelle parole che vengono dette in Giudea, cioè nel nostro mondo interiore, perché nel nostro mondo interiore tutte le parole vengono dette sempre rapportate unicamente al Padre.

Nel nostro mondo interiore, nella Città di Dio, chi regna è il Figlio di Dio, è il Pensiero di Dio, e il Pensiero di Dio parla delle cose del Padre. È lì, soltanto lì, noi abbiamo la possibilità di capire cosa vuol dire: "Io e il Padre siamo uno", di capire cosa vuol dire: “Il Padre è in Me ed lo sono nel Padre".

Questa è la lezione che Dio ci vuol dare, ci vuole insegnare, quando, dopo averci portati via dalla Giudea e dopo averci fatto soffermare per qualche giorno In lontananza, ci dice: “Ritorniamo ora In Giudea!”.

Alcuni pensieri tratti dalla conversazione:

 

-         Gesù se ne va lontano da quelle parole che erano state insopportabili (cioè dalla Giudea) per portare i suoi discepoli lontano, e ridiscende agli argomenti della giustizia essenziale, là dove Giovanni aveva battezzato, cioè a quel "prima di tutto" che Giovanni aveva predicato.

 

-         Attraverso questa sua lontananza dalla Giudea, opera in modo diverso, a seconda del livello di ognuno. Ad esempio:

-                     «Marta e Maria che sono rimaste in Giudea opera attraverso la sua assenza fisica in un momento tragico della loro vita.

-                     gli Apostoli invece hanno la sua presenza fisica, ma sono assenti a Lui, sono lontani, assenti dalla Giudea: avevano l'animo chiuso a certi argomenti, quindi Gesù era fisicamente con loro, ma in realtà non era con loro: non potevano capire, quindi non era con loro.

-                     I Giudei rimasti in Giudea nemmeno si accorgono dell'assenza di Gesù: ma questi sono “burattini per la scena”, specchio per noi.



Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro. Quand'ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava. Poi, disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». Gv 11 Vs 5-7


- RIASSUNTI Domenica -


Argomenti: Il legame della Verità. La Verità non è condizionata. La fedeltà nel poco. Dio determina i tempi. La lontananza di Dio.


 

4/aprile/1993   Casa di preghiera Fossano.