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All'udire questo, Gesù disse: "Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato". Gv 11 Vs 4 Primo tema.


Titolo: La singolarità del parlare di Gesù.


Argomenti: Le contraddizioni del parlare di Gesù.  La Parola di Dio contraddice la realtà dell'uomo. La banalità del parlare degli uomini.   In cosa sta la vita? La parola di Cristo anticipa la Realtà.

 Singolarità di Dio e banalità degli uomini.  La menzogna.


 

14/febbraio/1993 Casa di preghiera Fossano.


Siamo giunti al versetto 4 del capitolo XI di s. Giovanni.  Qui si dice: "Ciò udito, Gesù disse: "Questa malattia non conduce alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché il Figlio dì Dio ne sia glorificato". Qui questa sera dobbiamo soffermarci sopra la prima parte di questo versetto perché presenta molti argomenti, e cioè, su questa parola di Gesù: "Questa malattia non conduce alla morte".

Abbiamo visto che Lazzaro era ammalato ed evidentemente era ammalato grave, per cui le sorelle mandano ad avvisare Gesù. Abbiamo anche visto il significato di queste sorelle che accompagnano questo uomo ammalato: Lazzaro è il segno di ogni uomo, e ogni uomo è un povero ammalato sulla strada della vita eterna, sulla strada del Regno di Dio.

Dico, le sorelle hanno mandato un messaggio a Gesù che era andato lontano, al di là del Giordano. Abbiamo anche notato che questa malattia di Lazzaro, cioè la malattia dell'uomo, è in relazione a questa assenza di Dio, poiché l'uomo vive di presenza; per cui quando nella sua vita si forma Il vuoto, l'assenza (Lazzaro era amato da Gesù, anzi tutta la famiglia di Betania era amata da Gesù), questa assenza è motivo di malattia: l'uomo perde il punto fisso di riferimento.

Abbiamo visto che la malattia inizia sempre nei pensieri. I nostri pensieri sono fatti per riferire tutto a Dio, alla Presenza di Dio. Quando viene meno il punto fisso di riferimento nei nostri pensieri, questi si ammalano, impazziscono, e si crea un grande disordine nella mente. È da questo disordine nella mente che derivano tutti gli altri mali.  Gesù che è venuto per curare l'uomo malato, lo cura ridandogli il punto fisso di riferimento, il Principio Creatore.

Gesù è uno che riporta tutte le cose al Principio, cioè all'unico punto fisso di riferimento: "Io sono Colui che parlo a voi il Principio" (Gv 8,25). Questo ci fa capire che cura i mali nella mente riportando sempre questi pensieri impazziti, disordinati, disorganizzati all'unico punto di riferimento: il Padre, Colui dal quale vengono tutte le cose ed al quale tutte le cose fanno ritorno.

Queste sorelle, Maria e Marta, e abbiamo visto che l'una rappresenta il sogno, la contemplazione e l'altra la realtà, l'azione e, nello Spirito la deduzione, ad un certo momento sotto la pressione di questa malattia del loro fratello, convergono su un punto solo: Cristo.  Questo ci fa capire che i nostri due grandi mondi convergono ad un certo punto sull'unica speranza, l'unica "realtà" che è data all'uomo: il Dio tra noi, il Pensiero di Dio tra noi, Cristo.

Queste sorelle mandano a dire a Gesù: "Colui che Tu ami è ammalato!". È un'invocazione per cercare di sfuggire alla morte che sta invadendo l'uomo. L'uomo sta subendo questa invasione della morte, ed abbiamo anche notato che fintanto che l'uomo lotta contro la morte, la partita è persa. La morte non si vince lottando contro. La morte si vince trovando la vita. È vivendo per conoscere Dio (la nostra vita sta nel conoscere Dio) che si super a e si vince la morte. Quindi non lottare contro la morte, ma vivi per trovare la vita.

Abbiamo visto in questi giorni la lezione di Gesù: "Non lottate contro il male", Egli dice.  Il male non si vince lottando contro.  Il male si vince facendo crescere il bene.  Gesù stesso nella sua parabola della zizzania dice: "Non preoccupatevi di sradicare la zizzania, perché state perdendo il grano"(Mt 13,29-30). Preoccupatevi di far crescere il grano! Anche se c'è la zizzania, non importa, preoccupatevi di far crescere il grano. Il grano è la vita, è la conoscenza di Dio: questo deve crescere In noi! la vita è crescita.  Vivere è crescere: crescere in qualche cosa.

Creati per conoscere Dio, questo seme è dato in ognuno di noi: Dio è dato ad ogni uomo, ed è quello che caratterizza l'uomo e lo fa persona. Vivere vuol dire far crescere questo seme, il seme di Dio, cioè la conoscenza di Dio dentro di noi. Questo è ciò che deve crescere!  Se Lui cresce, cresce la nostra vita e la vita vince la morte.  La vita è superiore alla morte, come la Verità è superiore alla menzogna, all'errore. L'errore non si vince lottando contro l'errore: l'errore si vince facendo crescere la Verità.

La lezione essenziale sta in questo invito della lezione di Gesù, della parola di Dio, a non proiettarci nell'azione, ma piuttosto ad impegnarci a capire le azioni che Dio fa.  Tutto è azione di Dio, tutto è creazione di Dio, tutto è opera di Dio: uno solo è il Signore Dio Creatore di tutte le cose, in tutto, il Signore dell'universo, Colui che governa tutte le cose e quindi anche Colui che determina gli avvenimenti, i fatti della vita di ognuno di noi, piccoli e grandi, ma anche della vita di tutta l'umanità, di tutto l'universo. Lui è il Creatore di tutte le cose. Non è stato Il Creatore. È il Creatore ancora oggi. Dio non invecchia. Dio non è invecchiato da diventare decrepito al punto da cedere il governo ad altri. Lui è Colui che regna, il Signore di tutte le cose.

Ora, se tutto è opera di Dio, la vera preoccupazione nostra non è di cambiare le opere di Dio.  Anche se Dio ci mette nella guerra, il problema non è trovare la pace; il problema non sta nella pace. È inutile invocare la pace! Il problema è capire perché Dio ci manda la guerra, capire perché Dio non ci manda la pace, e capire il significato, la lezione che Dio ci vuole dare nelle cose.  Questo è il vero problema, il vero operare (la vera azione),chiesto ad ogni uomo. Dio è Colui che opera, Dio è Colui che agisce, Dio è Colui che ci presenta la realtà in cui noi ci troviamo. Tutto è lezione, perché tutto è Parola di Dio: il vero problema è capire il significato delle lezioni che Dio ci dà.  "Capisci quello che lo ti ho fatto?" (Gv 13,12).

Abbiamo accennato molte volte che tutto il mistero dell'universo, tutto il mistero della vita, della vita nostra, di ognuno di noi, personale, si sintetizza, si raccoglie in un unico punto, ed è l'opera stupenda, meravigliosa di Dio nello scrivere le sue lezioni per noi, per renderle accessibili a tutti noi. Dio ha sintetizzato tutta la sua opera in un'unica scena: la scena di Cristo morto in Croce. Lui in questo suo morire  in Croce per noi, dice ad ognuno di noi: "Capisci quello che Io ti ho fatto?"

Non vuole che noi piangiamo su di Lui, sulla sua morte, non vuole che ci lamentiamo: "se ci fossi stato io in quel tempo, non L'avrei ucciso.... ecc.", no, questo non lo vuole. "Non piangete su di Me, piangete piuttosto su di voi", dice Gesù (Lc 23,28). Il problema è capire, se vogliamo che il suo sangue non sia sparso invano, il significato della sua morte in croce, perché "Io sono Morto per te: capisci perché s'ho fatto?".  È questo che Lui vuole! Quindi l'anima di tutto è non agire per cambiare le lezioni che Dio ci dà o per cambiare la realtà nella quale Lui ci mette. Dio, certo, ci dà anche la possibilità di operare qualche cosa in questa realtà, ma è ben poca cosa quello che possiamo operare: soprattutto dobbiamo capire che tutto il nostro agire nel mondo, per cambiare la nostra realtà, non conclude se noi non arriviamo a capire Il significato, la lezione. Si conclude arrivando all'intelligenza delle cose, e all’intelligenza delle cose dal punto di vista di Dio.

E allora adesso qui ci inoltriamo sull'argomento di oggi, sul la lezione che Dio ci vuol dare oggi, con le parole che Gesù dice. Quando riceve il messaggio di Marta e Maria, ci son volute parecchie ore, sei o sette ore per arrivare da Betania al luogo in cui Gesù si trovava, al di là del Giordano, e quando Gesù riceve quel messaggio, dice: "Questa malattia non conduce alla morte".

Abbiamo detto che l'argomento, il tema di oggi è: "LA SINGOLARITA' DEL PARLARE DI GESU’”, perché il parlare di Gesù ha una singolarità tutta particolare, tant’è vero che anche i pagani, ad un certo momento dicono: "Nessun uomo ha mai parlato come Lui" (Gv 7,46). Ecco, questa singolarità si nota. D'altronde basta aprire il Vangelo per capire che c'è una singolarità che differenzia queste parole da tutte le altre parole del mondo, santi o non santi. Basta aprire qualunque giornale, qualunque libro: noi notiamo che c'è una differenza enorme tra quello che si dice nel Vangelo e quello che si dice in altro. La singolarità del parlare di Gesù.

Anche qui c'è una singolarità. Gesù dice: "Questa malattia non è per la morte, non conduce alla morte".  Ora, notate che ci son dovute parecchie ore per i messaggeri mandati dalle sorelle di Lazzaro per arrivare a Lui. Ora, tenendo presente i fatti, dobbiamo riconoscere che quando Gesù dice: "questa malattia non conduce alla morte", Lazzaro era già morto. Infatti il Vangelo ci fa sapere in seguito, che Gesù si ferma ancora altri due giorni; dopo ritorna a Betania, e quando ritorna a Betania, le sorelle Gli diranno: “è da quattro giorni che è morto” (Gv 11,17). I conti sono presto fatti: quando Gesù dice che questa malattia non conduce alla morte, Lazzaro era morto. Quando le sorelle mandano a dire a Gesù: “il tuo amico, colui che Tu ami è ammalato!", Lazzaro era tanto grave che dopo poche ore muore.

E qui si apre (ecco la singolarità del parlare di Gesù!), un grande problema: Gesù si è sbagliato? Gesù ha detto una menzogna? Infatti dice: “questa malattia non conduce a morte” e Lazzaro era già morto!  Oppure cosa intendeva?

Uno dei primi segni che ci troviamo di fronte alla Parola di Dio è questo: ci fa pensare!  Ci fa pensare perché ci mette di fronte a dei muri, a delle vere contraddizioni. Qui c'è una contraddizione evidente. D'altronde quante volte “apparentemente” Gesù dice delle "menzogne":

Parlando della figlia di Giairo, morta, dice: "questa ragazza non è morta: dorme!" (Mt 9,24) Tutti si mettono a ridere, perché era morta.  Eppure Gesù dice: "No, questa ragazza non è morta, ma dorme!" Si sbaglia? o sbaglìa appositamente?

Quando i suoi fratelli lo invitano ad andare a Gerusalemme alla festa risponde: “No, io vostra festa non vengo” Dopo va, di nascosto (Gv 7,6.10): contraddizione! L'uomo non sopporta le contraddizioni!  Infatti l'uomo vuole la nettezza, perché è nella nettezza che sì trova la luce.

 Quando già a dodici anni Giuseppe e Maria Lo cercano e Lo cercano per tre giorni e Lo rimproverano: "come mai ci hai fatto questo?", risponde: "Ma perché mi cercavate?  Non sapeva te che lo mi debbo occupare delle cose del Padre mio?" Detto questo, Lui docilmente se ne ritorna a Nazareth con suo padre e sua madre (Lc 2,48-51). Eppure aveva apertamente detto, “Io mi debbo trovare nelle cose del Padre mio, quindi trovare nel Tempio a Gerusalemme”. Detto questo, lascia il Tempio, lascia Gerusalemme e se ne va con loro. Contraddizione.

In tutto il parlare di Gesù c’è questa singolarità.

Ora evidentemente ci sarebbe qui un errore, quindi una menzogna, se Gesù non avesse risorto Lazzaro. Invece noi troviamo che Lazzaro, sì, è morto, però l’atto conclusivo è la risurrezione. La morte non scrive l’ultima parola nella vita di ognuno di noi. Nel nostro mondo apparente, nella nostra realtà, si muore. Lazzaro è morto, tutti muoiono. Quindi per noi l’ultimo atto della vita è la morte; anzi noi siamo convinti che la vita si concluda con la morte. Gesù dicendo: "questa malattia non è per la morte". dice a tutte le malattie, a tutti i malati (e tutti gli uomini sono dei malati, perché Gesù non viene per i sani, ma viene per i malati e Lui è venuto per salvare tutti e questo ci fa capire che tutti sono malati, anche se non lo sanno, soprattutto se non lo sanno che questi mali non sono per la morte. Eppure tutti muoiono. Contraddizione?  Errore?  Menzogna? Cosa c'è al fondo di questo?

Ho detto che questa seconda parte del Vangelo di s. Giovanni è fondata su due grandi pilastri:

morte e risurrezione dell'uomo, Lazzaro;

morte e risurrezione di Cristo.

E Lazzaro serve al Cristo, “è per la gloria dei Figlio di Dio”, concluderà questo versetto.

Gesù con queste parole ci rivela che il termine conclusivo non è la morte, ma è la vita, é la risurrezione. Questo da parte di Dio, non da parte dell'uomo, perché l'uomo assiste alla  morte, vede la morte, non vede la risurrezione. L'uomo vede la morte: gli uomini muoiono, realmente muoiono! Eppure c'è questa Parola di Dio che contraddice la realtà in cui noi ci troviamo. E qui già ci apre a questa grande panoramica: ci sembra di vedere Noè che sta preparando l'arca e contraddice tutta la realtà in cui si trovava. Quest’uomo l’arca la costruiva non sulla spiaggia del mare, ma in terra ferma: è quindi una grande contraddizione. Segno di come la Parola di Dio contraddice la realtà in cui noi ci troviamo.

In ogni uomo c’è questo sogno e c’è la realtà (simboleggiati da Maria e da Marta) e l’uomo corre questo rischio: di perdere il sogno nella realtà, perché la realtà è diversa. Sarebbe bello sognare! Sarebbe bello che tutti gli uomini sognassero e potessero realizzare quel sogno, ma purtroppo la realtà è altra! Ad un certo momento questa realtà assorbe il sogno, e l’uomo non sogna più. E come l’uomo non sogna più, sparisce come vita. Infatti quando l’uomo non sogna più, inaugura nella sua vita la routine, diventa banale.

In questo argomento di questa sera abbiamo contrapposto la singolarità del parlare di Gesù e la banalità del parlare degli uomini. L'uomo, perdendo il sogno perché la realtà è un'altra, diventa routine. Lo deve fare perché la realtà è un'altra. Vive di abitudine e muore nella banalità. È la banalità che fa morire l'uomo.

Quando Gesù dice: "questa malattia non è per la morte". dicendo "questa" ci fa capire che ci sono due malattie: una malattia che non è per la morte, ma c'è una malattia che conduce a morte: è l'uomo che si rassegna alla banalità, è l'uomo che non sogna più. Questa è una malattia che conduce alla morte! Quella morte invece che si subisce per opera di Dio, perché tutto è opera di Dio, non è per la morte; tutte le opere di Dio non sono per la morte.  Dio non opera per farci morire. Dio opera perché vuole che noi viviamo. Dio, Signore della vita, amante della vita, Lui fa tutte le cose perché vuole che noi viviamo, ma vuole soprattutto che noi capiamo (perché la vita sta lì) che la vita non sta nel far crescere il mondo attorno a noi, non sta nel possedere le cose del mondo o le creature del mondo, nell'accumulare le cose del mondo: "Non raccogliete tesori in terra..." (Mt 6,19).Quello non vi serve per la vita!  "La vita non viene dall'abbondanza delle cose che si posseggono" dice Gesù (Lc 12,15).

La vita non viene dalle cose che si posseggono. Gli uomini ritengono che la vita venga dall'abbondanza delle cose che si posseggono: fisicamente, materialmente, culturalmente, intellettualmente! Tutti gli uomini sono lì che si infarciscono di cultura, di nozioni, leggono giornali, libri, si informano su una cosa e sull'altra, perché credono di arricchire così la loro vita.  La vita non sta lì! La vita non sta nel raccogliere cose della terra, cose sulla terra. La vita sta nel far crescere, abbiamo detto prima, la conoscenza di Dio, nel crescere di questo Principio in cui tutte le cose sono giustificate, in questa unità, nel raccogliere tutto in questa unità: "raccogliete tesori in Cielo" (Mt 6,20).  La vita sta lì: nel raccogliere tesori in Cielo; sta nel conoscere Dio.

C'è nelle parole di Gesù, sempre questo punto fisso di riferimento: il Cielo, il Padre, la vita eterna. Lui vede tutte le cose dal punto di vista del Padre, perché Lui è Figlio, e il Figlio si caratterizza in questo: vede tutte le cose dal punto di vista del Padre, nell'intenzione del Padre, e il Padre fa tutte le cose perché l'uomo viva: Dio non ha creato l'uomo per la morte, Dio ha creato l'uomo per la vita.

E vedendo Gesù tutte le cose dal Padre e accogliendo tutte le cose dal Padre (siccome il Padre ama il Figlio, dimostra al Figlio la ragione, il perché, il motivo, l'intenzione che c'è In tutte le cose che fa, perché il Padre è il Creatore), ecco che noi troviamo questo parlare strano di Gesù che sembra quasi una menzogna: noi lo chiamiamo "menzogna" perché sono parole diverse dalla realtà in cui uno si trova. Noi vediamo tutto il mondo in un determinato modo: vediamo ad esempio gli alberi verdi; se qualcuno ci dicesse: "le foglie degli alberi sono nere..?”, noi diremmo: "questo ci sta raccontando delle menzogne", perché per noi la menzogna è la parola che contraddice la realtà che noi vediamo e tocchiamo.

Ora, la parola di Cristo contraddice la realtà che noi vediamo e tocchiamo. Ma possiamo dire che è menzogna? Ho detto che se Lazzaro non fosse risorto, allora Gesù avrebbe detto una menzogna, perché Gesù ha detto: "questa malattia non è per la morte”, mentre Lazzaro o era già morto o nello spazio di qualche ora sarebbe morto, sicurissimamente, perché "era morto da quattro giorni".

Gesù risorge Lazzaro. Allora le sue parole assumono un altro aspetto. Noi non possiamo dire che abbia detto una menzogna; noi non possiamo dire nemmeno: "si è sbagliato!".  Se non lo avesse risorto, sì!  Ma invece Lazzaro Gesù l'ha risorto! E allora qui il suo parlare ci apre ad un significato molto più profondo di quella che è la realtà che noi vediamo e tocchiamo.

Abbiamo detto: Noè per ordine di Dio costruiva la barca e sembrava una stranezza, una singolarità, tant’è vero che tutti lo deridevano.  Stava costruendo una barca in terra ferma! Tutti, lo dice la Bibbia, pensavano a sposarsi, pensavano a commerciare, pensavano a lavorare, a costruire case, ecc.; tutti pensavano alle cose di questo mondo, e lui si costruiva la barca, in terra ferma.

Ecco, dico, la Parola di Dio si differenzia dalla nostra realtà. La parola di Dio si appoggia sul sogno. Poi arriva un momento in cui scoppia il diluvio. A questo punto chi ha ragione? La Parola di Dio o la realtà degli uomini?

La Parola di Dio contraddiceva la realtà degli uomini, però preannunciava i tempi, e tutti i tempi stanno andando verso la Parola di Dio. All'ultimo chi avrà ragione sarà la Parola di Dio!  È Dio che opera in tutto! All'ultimo non hanno ragione gli uomini dicendo: "la realtà è questa! io ho i buoi, i campi, la moglie".  Tu attualmente hai i buoi, i campi, la moglie e ti giustifichi, dicendo: "non posso venire!" (Lc 14,18-20), domani “i buoi, i campi, la moglie”, saranno tutti spariti: la realtà si presenterà ben diversa; cioè la realtà si presenterà secondo la Parola di Dio: quella Parola di Dio che è arrivata in anticipo a noi.

Ecco la singolarità del parlare di Cristo! Cristo con le sue parole anticipa a noi una Realtà che domani sarà la nostra realtà, differente dalla realtà in cui noi ci troviamo oggi. La realtà in cui noi ci troviamo oggi è tutta in movimento, è tutta un cambiamento: sta andando verso... Sta andando verso che cosa?  Sta andando verso la Parola di Dio che si realizza, che diventa nostra Realtà.

E se noi non l'abbiamo capita, saremo travolti dal diluvio di questa Parola di Dio che invade tutto, perché tutto diventa Parola di Dio, tutto diventa opera dello Spirito Santo, tutto diventa Regno di Dio: già adesso, Regno di Dio! E la Parola di Dio ci anticipa questo Regno di Dio, ma noi dobbiamo impegnarci nel conoscere, nel capire questo Regno di Dio, superando quella che è la realtà che noi constatiamo, perché questa realtà ha bisogno di essere intelletta, capita, vista dal punto di vista di Dio.

Ecco, dico, Gesù vede le cose dal punto di vista finale e parla nel fine, ed è per questo che dice: "questa malattia non è per la morte".  Lazzaro muore, Lui lo risorge; e per questo dice: "questa malattia è per la gloria di Dio, affinché il Figlio di Dio sia glorificato".  Questa "gloria di Dio" e “affinché il Figlio sia glorificato” lo vedremo le prossime volte; ma ora dobbiamo fermarci su questo fatto: su questa singolarità della Parola del Cristo che apparentemente ci sembra errore, menzogna e scandalo. Ci scandalizza! tant’è vero che Gesù dice: "Beato colui che non si scandalizza di Me” (Mt 11,6), cioè delle parole che dice, perché le sue parole sono tutte fondate, sostenute su Dio e su Dio Padre (Creatore e Principio di tutte le cose) che noi non vediamo.

Noi vediamo le cose, ma non vediamo Dio, perché Dio essendo Verità si trova solo conoscendoLo. La Verità si trova solo conoscendola. Però la Verità si annuncia. La Verità si annuncia per dare a noi la possibilità di alzare i nostri occhi al di sopra delle realtà che noi vediamo e tocchiamo, al disopra di questa morte, di questa malattia e di questa morte che sta invadendo la nostra vita, perché questa è segno di Dio che sta venendo in noi e che ci sollecita a conoscerLo prima che Lui si imponga, perché il giorno che Lui si imponesse noi resteremmo fuori.

Quindi beati coloro che L'avranno conosciuto prima che si imponga, perché soltanto la conoscenza che si forma in noi di Dio prima che la sua Verità si imponga, ci rende capaci di sopportare la sua Luce, la sua Presenza!  Noi possiamo sopportare la presenza soltanto di coloro che possiamo conoscere e possiamo capire. Ad un  certo momento tutto è determinato dalla conoscenza, e quella  conoscenza che noi non abbiamo formato dentro di noi, non sarà  sopportabile da noi come Presenza.

Per cui dico: l'anima del parlare di Gesù è fondata su questo: ci annuncia  una cosa che, se teniamo presente Dio, ha ragione Lui. E qui i fatti sono molto vicini perché in quattro giorni ci dimostra che ha ragione Lui. I tempi si accorciano, e ad un certo momento Dio diventa molto vicino. Il tempo che passa è Dio che viene.

Lazzaro risorge, quindi Cristo ha ragione: la malattia di Lazzaro non era per la morte! era per testimoniare la presenza di Dio in tutto, anche nella morte dell'uomo.

Ed è necessario che l'uomo muoia per scoprire la risurrezione che c'è in Dio, perché se l'uomo non esperimenta la morte, non può esperimentare nemmeno la Risurrezione. Per risorgere bisogna morire. Ecco, c'è questo passaggio, ed è un passaggio necessario, perché la risurrezione viene solo da Dio, per la gloria di Dio, per la manifestazione della Verità di Dio, della presenza di Dio.

Tutta la nostra realtà è intrisa del divino, è intrisa di eternità, è intrisa dell'Assoluto, già adesso.  Però, dico, tutto quello che è divino, che è assoluto, ha bisogno per essere trovato di essere conosciuto, perché si trova soltanto conoscendolo, mentre invece la realtà in cui noi ci troviamo si impone su di noi, e noi la troviamo prima di conoscere: tutte le creature noi le incontriamo prima di conoscerle.

Abbiamo accennato che Dio per rendersi presente in noi (per dare a noi la possibilità di capire che Lui è presente in tutto, che il suo Spirito, il Divino, intride tutta la realtà in cui ci troviamo), per unirci a Sé, Lui si dona, cioè si fa oggetto del nostro pensiero, perché soltanto in quanto si fa oggetto del nostro pensiero dà a noi la possibilità di restare con Lui. L'unione presuppone questo, per cui ad un certo momento siamo noi a pensare Dio e diciamo: "Io penso Dio": è Dio che si fa oggetto del mio pensare!

Soltanto in quanto Dio si fa oggetto del nostro pensiero dà a noi la possibilità di realizzare l'unione con Lui. Ed è questa unione la condizione necessaria per capire che le parole di Dio non sono menzogne, che le parole di Dio non esulano dalla realtà in cui noi ci troviamo, che, anzi, le parole di Dio dicono una Verità più grande di quella che noi vediamo e tocchiamo, e ci fa capire che quello che noi vediamo e tocchiamo è lezione, è movimento, per condurci a scoprire la grande vera Realtà:

il fatto però che Dio per unirsi a noi (e caratterizzare quindi l'uomo, perché l'uomo per essere persona ha bisogno del Tu di Dio) debba farsi oggetto del nostro pensiero, ci fa correre un grande rischio.

Poiché l'uomo è formato dal Tu di Dio, bisogna che questo Tu si faccia oggetto del pensiero dell'uomo. Perché? Perché il pensiero dell'uomo è finito e Dio è infinito. Ma Dio facendosi oggetto del pensiero dell'uomo, dà all'uomo la possibilità di questo dono stupendo: dal finito all'Infinito. Però Dio fa correre un grande rischio, ed è un rischio necessario. Dico: Dio facendosi oggetto del pensiero dell'uomo si offre alla banalizzazione, alla banalità dell'uomo.  L'uomo può dire: "sono io che penso Dio".

Qui entriamo già nel campo della banalità, fuori della Verità: "sono io che penso Dio".  Qui entriamo nella banalità.  Ho detto che l'uomo muore nella banalità.

Dobbiamo prima di tutto capire cosa vuol dire banalità, questo mare di notte, di tenebre che invade l'uomo, che gli soffoca l'anima e lo fa morire, ché ho detto che gli uomini muoiono di banalità.

Se è la singolarità che fa vivere l'uomo, l'uomo vive in quanto si trova di fronte alla singolarità della parola di Dio. La Parola di Dio si caratterizza in questo: è singolarità! Ed è questa singolarità che apparentemente per noi è urto, è contraddizione, stupore: ci annuncia cose che noi non vediamo, non tocchiamo. La singolarità è tale in quanto riferisce tutte le cose ad un unico Principio. Ho detto che la caratteristica del Figlio è questa: tutte le cose le riferisce al Padre. Il suo parlare è singolarità perché tutto riferisce al Padre.

La banalità a questo punto per noi è facile capire che nasce dal fatto di non riferire a Dio. La banalità entra in noi in quanto non riferiamo tutte le cose ad un Uno, all’Uno, al Principio Creatore di tutte le cose. La banalità entra in noi quando noi riferiamo le cose a tante cause, a tanti principi, per cui noi incominciamo a dire: “oggi fa caldo perché c'è il sole... domani pioverà perché ci sono le nubi... ecc.”, in tal modo entriamo nel mondo delle banalità in cui ogni effetto ha la sua causa e noi ci accontentiamo di questo, per cui non riferiamo più le cose a Dio, all'Uno e noi moriamo in questo. È la dispersione dei pensieri, la pazzia dei pensieri! Noi attribuiamo tutte le cose agli uomini: gli uomini determinano le guerre, gli uomini determinano la politica, delle nazioni, gli uomini determinano la vita degli uomini, ecc.: tutta opera degli uomini! E quando noi veniamo a trovarci in situazioni di difficoltà, noi ci rivolgiamo agli uomini, facciamo conto sugli uomini, perché riteniamo che le cose siano causate dagli uomini, che gli uomini possano risolvere i problemi.

Ecco, dico, come si entra nel mondo della banalità: noi giustifichiamo tutte le cose con dei dati, con delle cause seconde da cui apparentemente certe cose dipendono: apparentemente! e non riferiamo più le cose a Dio, non facciamo più conto su Dio. L'uomo entra nel mondo della banalità in quanto trascura Dio. E c'è colpa! C'è colpa perché trascurare Dio vuol dire trascurare Colui che nessuno può ignorare.

L'uomo muore nel mondo di questa banalità che è molteplicità. La molteplicità forma la banalità. Invece la singolarità è formata dall'Uno, in quanto si riferisce tutto ad un solo Principio.

Certo, riferire tutto all'Uno, richiede tanto pensiero! perché è soltanto attraverso il pensiero che si riferisce all'Uno e che si attinge l’Uno. Cristo è il Pensiero di Dio che riferisce tutto a Dio.

Qui c'è un passaggio successivo: nel mondo della banalità in cui l'uomo attribuisce le cose ad altro da Dio, l'uomo viene a trovarsi con la menzogna, quella menzogna che avevamo detto che apparentemente era nelle parole del Cristo, in questa parola che Cristo ha detto: “questa malattia non è per la morte”.  Lazzaro muore, quindi Cristo dice la menzogna?  Invece Lazzaro risorge! Quindi la Verità è nella Parola di Dio, la menzogna è figlia della banalità dell'uomo. "Ogni uomo - dice la Bibbia - è menzognero" (Sal 12,2-3).

L'uomo naturale è menzognero: non può fare a meno di esserlo. Dico: l'uomo naturale.  Ma chi è questo uomo naturale? L'uomo naturale è l'uomo che vive di sentimento. È l'uomo che si lascia guidare da ciò che vede, tocca ed esperimento. Questo è l'uomo naturale! È l'uomo che non si preoccupa di capire il significato delle cose in Dio. Quando l'uomo non si preoccupa di capire Il significato delle cose in Dio, abbiamo l'uomo naturale. L'uomo naturale non può intendere nel modo più assoluto le cose dello Spirito. Ma proprio perché non può intendere le cose dello Spirito, quindi non può intendere le cose nella Verità, l'uomo diventa principio di menzogna. Ogni uomo è menzognero. Ecco perché non glorifica Dio!

E allora abbiamo questa menzogna, figlia della banalità del vivere dell'uomo. Abbiamo questa menzogna che distrugge, che soffoca. La menzogna è operatrice nella vita dell'uomo.  Opera al punto tale da annullare ciò che dipende da essa. La menzogna annulla l'amore. Noi abbiamo messo l'amore al di sopra di tutto: ebbene, la menzogna è tanto operante da annullare l'amore. L'amore non è al disopra di tutto. Al di sopra dell'amore c'è la menzogna, perché la menzogna opera sull'amore. Se voi dite di amare una persona e raccontate però una menzogna, quell'amore è nullo. Vuol dire che la menzogna è efficace per distruggere l'amore.

Provate invece a dire la menzogna di fronte alla Verità: vi accorgete cosa succede!  La menzogna non può fare assolutamente niente contro la Verità. La Verità è superiore alla menzogna. Ma la menzogna è superiore all'amore: la menzogna infatti distrugge l'amore. In un rapporto d'amore, in una famiglia dove due persone si amano, provate a dire una menzogna e vedrete dove l'amore va a finire! Sparisce immediatamente. Il che vuol dire che l'amore è dipendente dalla verità o dalla menzogna. La menzogna lo distrugge: lì è efficace. Provate invece a dire la menzogna di fronte alla Verità: la Verità resta tale e quale. Provate a dire: due più due fa cinque. Voi fate l'errore, ma la verità resta "due più due fa quattro".

La menzogna non fa altro che confermare la Verità, proprio perché non può attaccare la Verità. Sembra che la menzogna annulli la Verità, ma la menzogna non può annullare minimamente la Verità. La Verità è trascendente, non è attaccata dalla menzogna. L'amore è attaccato da essa. La Verità invece non può essere intaccata dalla menzogna: la menzogna ricade su chi la dice e la Verità resta sempre tale e quale. Questo ci conferma che la Verità è trascendente. La menzogna è necessaria perché è una testimonianza che la Verità trascende tutto, è superiore a tutto!

Abbiamo già accennato altre volte al "paradosso del mentitore" per far capire come la menzogna sia insostenibile: la menzogna si distrugge da sé. Il mentitore dice: "io non dico mai la verità".  Ma questa affermazione è tutta una contraddizione: non può sostenerla!  Perché se non dice mai la verità, anche adesso in questo momento in cui dice: “io non dico mai la verità”, non dice la verità; e se non dice la verità, allora dice là verità; dicendo: “io non dico mai la verità”, dice una verità, e se dice la verità, allora non è vero che non dice la verità. In un modo o nell'altro, la menzogna è insostenibile, il che vuol dire che è in contraddizione con se stessa: si contraddice prima di arrivare alla verità!

Tutto questo è per farci capire che presso la Verità non esiste la menzogna. Quindi nessuno di noi si deve preoccupare di combattere la menzogna ma di cercare la Verità.  Presso la Verità la menzogna non esiste. Presso Dio la menzogna non esiste! Esiste al di sotto di Dio. La menzogna è operante al di sotto di Dio, nei sentimenti dell'uomo. Sì, lì può operare. Ho detto la menzogna ha il potere di distruggere l'amore dell'uomo. Certamente! La menzogna lo distrugge. Ma la menzogna non può minimamente avvicinarsi alla Verità, perché la Verità la brucia come una goccia d'acqua in un braciere. Questo ci dice che presso Dio la menzogna sparisce: svanisce! come svanisce il demonio! Dio solo rimane. La Verità sola è quella che regna In tutto.

Ecco dove ci conduce questo parlare di Dio che ci fa superare quella che è apparenza! La menzogna opera nell'apparenza, opera nella banalità. Ho detto, è figlia della banalità e la banalità è figlia dell'apparenza. Ma avvicinatevi alla Verità e vedrete come la menzogna sparisce.

Quindi per noi il problema non è preoccuparci di sfuggire alla menzogna, ecc., ma di cercare la Verità. "Cercate Dio - ci dice la Scrittura- cercate la Verità di Dio!". Nella Verità di Dio la menzogna non sussiste, sparisce immediatamente, non c'è! Si distrugge molto prima, per la contraddizione che porta in sé, poiché è insostenibile, non è giustificabile. Presso Dio ogni cosa è giustificata, ma soltanto in Dio e soltanto da Dio.

Lo Spirito Santo che è lo Spirito dì Dio, opera In tutte le cose sempre riportando tutto a questa unità, all'Unità di Dio, a Dio come Principio, e raccoglie tutta la molteplicità, sempre senza muoversi mai da quest'Uno.

Ecco, dico, qui è la Verità che opera tra noi, la vita che opera tra noi per farci risorgere,  per farci ritrovare quel Principio, trascurando il quale l’uomo precipita nella routine, nell'abitudine, nella banalità, nella morte.



All'udire questo, Gesù disse: "Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato".  Gv 11 Vs 4 Secondo tema.


Titolo: Lumen gloriae


Argomenti: Conoscenza e principio.  Cristo rivela la presenza di Dio in noi.  Come può Dio unirsi alla creatura?     Dio oggetto del nostro pensiero.    Chi è Dio?  Conoscenza vera (Gloria) e per fede (Creatore). 


 

21/febbraio/1993 Casa di preghiera Fossano.


Ci troviamo nel versetto 4 del capitolo XI di s. Giovanni in cui si dice: "Gesù udito ciò disse: «Questa malattia non è per condurre alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché il Figlio di Dio ne sia glorificato»”.

Domenica scorsa abbiamo visto la prima parte: "Questa malattia non conduce alla morte".  Oggi dobbiamo soffermarci sopra la seconda parte: "…ma è per la gloria di Dio".

Abbiamo considerato che la vita è essenzialmente data dalla Parola di Dio: "Ogni uomo vive di ogni Parola che esca dalla bocca di Dio" (Mt 4,4), ed abbiamo considerato che la Parola di Dio è una singolarità. Anzi, abbiamo opposto "singolarità" a "banalità” ed abbiamo detto che è singolare ciò che ha una sorgente sola, un punto fisso di riferimento, ciò che viene da un'unica Sorgente.  Banale invece è ciò che è comune a tanti, che ha tante cause.

Abbiamo anche visto che nella banalità si muore, perché la vita sta essenzialmente nel raccogliere tutto nell'Uno. Dio è Uno e quindi è massima singolarità. Anche le sue Parole sono singolari. Le parole sono espressioni del pensiero. Il Pensiero di Dio è Unigenito, quindi è Uno, e quindi anche le parole di Dio sono une, singolari, solo di Dio: non possono essere attribuite ad altri. È la singolarità del Vangelo, è la singolarità della Scrittura: tutto viene sempre riportato a Dio, tutto viene sempre raccolto in Dio tutto viene accolto da Dio.  Dio è sempre il punto fisso di Riferimento.

Ed abbiamo visto che là dove c'è un unico punto fisso di riferimento, lì abbiamo il Cielo.  La terra è caratterizzata dal fatto che ci sono tanti punti di riferimento. Gli uomini hanno tanti punti di riferimento, ed è per quello che sono nella confusione.  Cristo che è Luce nel mondo, tra noi, è venuto a raccogliere gli uomini da questa dispersione e a riportarli a Sé in ogni cosa, a raccoglierli da ogni loro pensiero e riportarli a quell'unico punto fisso di riferimento. Cioè, Cristo sostanzialmente è venuto a trasfigurare la terra in Cielo, a portare la terra in Cielo.

Il Cielo è il luogo in cui tutto è riferito a Dio: lì Dio è l'unico punto fisso di riferimento.  Gli uomini muoiono perché si perdono dietro troppe cose.  Non è che agli uomini manchi qualche cosa; gli uomini hanno troppe cose, hanno bisogno di semplificare molto la loro vita, e soprattutto hanno bisogno di semplificare molto i loro pensieri. I pensieri si semplificano in quanto si riferiscono ad un punto unico.

Gli uomini hanno difficoltà a riferire le cose a Dio, ed è per questo che esperimentano la malattia. Abbiamo visto che la malattia è questo distacco dei nostri pensieri dal Principio.  È lì la fonte di ogni malattia. Cristo che è venuto per i malati, è venuto a predicare il Principio: "Io sono Colui che parlo a voi il Principio", e parlando il Principio raccoglie i nostri pensieri da quei tanti principi in cui si sono dispersi nell'unico Principio che è il Padre, il suo Principio; il Principio del Figlio che è il Padre. Lì ci cura, lì ci guarisce, perché staccati dal Principio i nostri pensieri incominciano a impazzire. Questo impazzire dei pensieri si somatizza nel nostro corpo e in tutto il mondo attorno a noi e guasta tutto, inquina tutto.

Cristo è venuto a curare la malattia nel suo principio, nella sua causa. Per questo è venuto a predicare il Principio: la vita sta nel Principio. Ed è per questo che Lui anche di fronte al malato, ad un malato tanto grave, dice: "questa malattia non è per la morte, non conduce alla morte".  Abbiamo detto che quando Gesù dice queste parole Lazzaro a quell’ora era già morto: ne abbiamo parlato domenica scorsa. Eppure Gesù dice: "questa malattia" e quindi anche questa morte non è per la morte, ma è per la gloria di Dio. Ecco, la caratteristica del parlare di Dio!

Il parlare di uno è sempre espressione di un pensiero, è sempre espressione di un'intenzione. E il parlare dì Dio è sempre espressione dell'intenzione di Dio. E l'intenzione di Dio Lui non l'ha nascosta, l'ha detta apertamente. Molte volte noi andiamo a cercare: "qual è la volontà di Dio per me? cosa Dio vuole per me?". Lui l'ha detta apertamente, per tutti! In Dio non ci sono cittadini di prim'ordine o di second'ordine. Dio vuole salvare tutti! La sua intenzione, il suo pensiero è questo: "Dio vuole che tutti si salvino (tutti! nessuno escluso!) e giungano a conoscere la Verità" (2 Tm 2,4).

Con ciò dichiara la sua intenzione, quindi la sua volontà; quindi ci dà la chiave per intendere tutte le sue parole. Con questa intenzione di Dio, anche dì fronte a Dio che dicesse a noi: “meglio per te non essere nato!" (Mt 26,24), che dicesse a noi: “meglio per te metterti una macina da asino e buttarti nel mare” (Mt 18,6), che dicesse a noi: "tu sei morto!", queste parole che Dio dicesse a noi, noi capiamo che le direbbe sempre per salvarci, perché l'intenzione è: "Dio vuole che tutti si salvino".

Quindi anche quando Lui dice o dicesse: "meglio per te non essere nato o non essere nato", queste parole Lui le direbbe per salvarci, quindi per condurci a conoscere Lui.  Se le dice vuol dire che c'è questa grande apertura, c'è questa grande speranza. Con Dio non si può mai disperare.  Perché?  Perché tutte le opere che Egli fa, le fa in quella sua intenzione, in quel suo Pensiero.

Ed è per questo che Lui, di fronte a coloro che gli recavano il messaggio di Marta e di Maria (“colui che Tu ami è ammalato...”), dice: "questa malattia non è per la morte, ma è per la gloria di Dio", e ci fa capire una grande cosa: anche la morte è per la gloria di Dio! E la gloria di Dio è la vita: Dio è amante della vita. La gloria di Dio è la comunicazione della Verità di Dio.

Tema di oggi è proprio questo: "La gloria di Dio" e quindi: "Lumen Gloriae". E dobbiamo cercare di capire, perché in quanto Gesù parla e parla della gloria di Dio, dobbiamo cercare di capire cosa ci dice , poiché Lui parla per comunicarci qualche cosa.  Lui non parla per accecarci. Lui parla per aiutarci ad entrare nella Verità e quindi chiede a noi che non ci fermiamo alla lettera delle sue parole.

Così come non dobbiamo fermarci a quelle parole che Lui anche dicesse, e le ha dette: "razza di vipere, ipocriti ... sepolcri imbiancati.., ecc." (Mt 23,33; 13Mt 23,27): sono tutte parole dette sempre in un’intenzione di amore: intenzione di salvare. Quindi noi non dobbiamo fermarci all’apparenza delle parole dure, severe, e quante parole dure, parole severe ha detto! Molti se amano Cristo o se credono di essere seguaci di Cristo, il più delle volte non conoscono Cristo.  Si illudono di conoscerLo! Se conoscessero certe parole di Cristo, forse non si vanterebbero tanto di seguire Cristo, perché ha detto delle parole molto dure, durissime. Eppure tutte queste parole durissime sono espressioni di amore, e Dio non vuole che noi ci fermiamo all'apparenza, alla lettera, a quella lettera che uccide.

Dio vuole che tutte le sue parole siano lette nel suo Pensiero, nella sua intenzione. Il suo Pensiero, la sua intenzione é di comprendere, è di salvare, è di rendere partecipa tutti di quello che Lui è.

In quanto qui accenna alla gloria di Dio, vuol dire che ci offre la possibilità di capire che cosa è questa gloria di Dio, e che cosa è necessario per giungere a vederla, perché noi questa gloria di Dio non la vediamo. Noi sentiamo parlare di Dio e Dio non Lo vediamo. Si sente parlare di gloria di Dio, che tutte le cose sono fatte per la gloria di Dio, ma noi questa gloria di Dio non la vediamo. "Ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa” (Ap 19,1), diciamo nella Messa. E dov'è questa gloria immensa? E dobbiamo chiederci: come mai si parla di gloria di Dio, di Dio che regna in tutto e noi non vediamo questa gloria? Eppure Dio dice che tutte le cose sono fatte per la sua gloria.

Allora dobbiamo cercare di capire perché non vediamo questa gloria e che cosa si richiede per giungere a vedere questa gloria, e come soprattutto la gloria di Dio sia vita, per ognuno di noi.

Ho detto che l'uomo si ammala perché si stacca dal Principio. L'uomo può separarsi dal Principio e il Principio è Dio: “In Principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio... Tutto è stato fatto per mezzo dì Lui..." (Gv 1,1-3). L'uomo si stacca da questo Principio, per cui ad un certo momento incomincia a dire: ''io...", incomincia a dire: "gli uomini...", incomincia a parlare di altro da Dio. Come è possibile che l'uomo con il pensiero, si separi, si stacchi da Dio?  E perché si stacca da Dio?

Tutte le cose vengono da Dio e nessuno può contestare questo. Dio solo è il Creatore.  Nessuno di noi può fare nemmeno il più piccolo filo d'erba, quindi c'è un Altro che lo fa. Tutto è opera dì Dio, tutto!  Si nasce, si muore, sempre per opera di Dio. Tutto è opera di Dio! Come mai noi che ci troviamo in questo regno stupendo, meraviglioso, in questo universo di cui non capiamo assolutamente niente, dico, come mai noi possiamo separarci dall'Autore di questo universo? da questo Essere che parla con noi tutti i giorni in tutto, anche se noi diciamo: "Dio è assente"?

Ho detto molte volte che l'esperienza dell'assenza di Dio o della morte di Dio è ancora una parola di Dio per noi, e se è una parola di Dio per noi è una parola di amore, di comprensione. È Dio che ci fa esperimentare tante cose, e tutte le esperienze che facciamo sono parole sue; ci fa esperimentare tante cose per liberarci dai posti di blocco in cui noi ci chiudiamo e ci arrestiamo sul cammino della vita.

Dico, noi perdiamo contatto con il Principio, perché ci fermiamo all'apparenza delle cose o ci fermiamo alle parole, ai segni e non cerchiamo lo Spirito e non riconduciamo tutte le cose al Principio, perché questa è la pazienza che Dio chiede a noi: la pazienza di ricondurre sempre tutte le cose al loro Principio, e il Principio è Dio, perché riconducendo al Principio, il Principio diventa nostro fine e il nostro fine è Dio.

Ed è lì che nasce la conoscenza! Si conosce in quanto si ha il Principio di una cosa. Dio rivelandoci, donandoci il suo Pensiero, ci ha donato il Principio delle cose, cioè ha dato a noi la possibilità di conoscere le cose. Quando noi abbiamo la possibilità di conoscere il Principio di una cosa, noi abbiamo la conoscenza a disposizione: è data nelle nostre mani! e noi trascurando il Principio, trascuriamo la conoscenza! Ci priviamo della conoscenza! e poi ci lamentiamo: "non capisco… sono nella notte... tutto è mistero...". Hai perso il Principio! ti sei separato dal Principio!

Conoscere vuol dire avere la possibilità di vedere il Principio di tutte le cose. Dio dando a noi il Principio di ogni cosa, quindi donando a noi il suo Pensiero, Pensiero di Dio Pensiero del Creatore, Pensiero dell'Autore, Pensiero di Colui che opera in tutto, che è Signore di tutto, dà a noi la possibilità di avere il Principio di ogni cosa, quindi di conoscere.

E la conoscenza è vita. Già le parole stesse di Dio ci affermano questo: "La vita vera è conoscere Te, Padre" (Gv 17,3).  Gesù dice "vita eterna", ma noi dobbiamo tener presente che ciò che è eterno è ciò che è vero. Noi facciamo l'errore di trasferire il concetto di eterno in quello che noi ci aspettiamo morendo. L'uomo morendo è entrato – diciamo - nella vita eterna.  No!  La vita eterna è la Verità opposta alla menzogna o alla banalità cui noi abbiamo ridotto la vita oggi sulla nostra terra, per cui di fronte a questa vita banale che gli uomini stanno trascorrendo, che noi stiamo trascorrendo sulla nostra terra, una vita piena di noia, una vita senza significato e senza senso, Dio oppone la vita vera, eterna.

Domandate a tutti questi uomini che corrono per il mondo, che si riempiono di feste perché sono terribilmente annoiati, dove vanno! e vedrete se qualcuno sa mai dire dove sta andando e per che cosa vive! È mai possibile che Dio ci abbia creati per mangiare, per vestire, per lavorare, per faticare... per che cosa? Ma per che cosa? Che senso ha tutto questo affannarsi degli uomini? tutta questa politica, tutto questo agitarsi, tutto questo lavorare, tutto questo guadagnare, che senso ha?

Dio ci ha creati per uno scopo ben preciso, ben chiaro: Dio ci ha creati per conoscere Lui! La vita eterna sta nel conosce re Lui. Eterno è ciò che è vero. Ciò che è vero è eterno. La vita vera, quindi contrapposta alla vita fasulla che si fa nel mondo seguendo i nostri sentimenti, le nostre impressioni, dico, la vita vera contrapposta a questa vita è conoscere Dio. L'uomo è stato creato per conoscere Dio, per cui vive in quanto si occupa del suo destino, si occupa per raggiungere il suo destino.

Dio creando ognuno di noi ha segnato ad ognuno di noi una meta ben chiara, ben precisa: “conoscerai il tuo Dio, conoscerai il tuo Signore!”. E ha fatto tutte le cose bene, tutto è fatto molto bene per questo fine. Ecco, lì la gloria di Dio!: “Ti ringrazio, Signore, per la tua gloria immensa", diciamo, perché fa tutte le cose bene.

Quando le cose sono fatte bene, vuol dire che servono per uno scopo preciso.  Lo scopo è: conoscere Dio, e tutte le cose, beni e mali, grazie e disgrazie che accadono nella nostra vita, tutto, tutto ci aiuta e tutto serve per farci camminare verso questa conoscenza di Dio, quindi per farci pensare Dio, per farci raccogliere in Dio, per farci unificare in Dio: tutto ci è dato per aiutarci a pensare Dio, quindi per raggiungere il nostro destino, per trovare la nostra vita, quindi per mantenere sempre questo collegamento con il Principio Creatore di tutte le cose che nessuno può smentire, perché questo è vero.

Dio dando a noi il suo Pensiero, dà a noi la possibilità di avere il Principio di tutte le cose, e avendo il Principio di tutte le cose, dà a noi la possibilità della conoscenza.  Lì sta l'anima della conoscenza! Perdere il Principio vuol dire perdere la conoscenza; e perdere la conoscenza vuol dire morire, perché se la vita vera sta nel conoscere, evidentemente non conoscere vuol dire fare esperienza di morte.

A questo punto noi possiamo ridurre tutto in due grandi termini, posti di fronte ad ogni uomo: vita e morte:

o capire,

o morire

Non c'è altra via! perché se la vita vera è conoscere Dio, non conoscere Dio è morire!  Ecco l'errore che facciamo in quanto non ci impegniamo e non ci impegniamo con tutte le forze, per conoscere Dio! Noi stiamo seminando, o meglio stiamo covando la nostra morte, e poi ci stupiamo che ad un certo momento questa covata dà luogo a dei pulcini, pulcini di morte. Ma certamente!  Siamo noi che li coviamo!  Noi coviamo la morte in quanto non ci preoccupiamo di conoscere Dio.

Ho detto: o capire o perire. Quindi se tu vuoi la vita, impegnati a capire. Dio ha fatto tutte le cose, ha posto anche in te ogni capacità, ogni facoltà perché tu possa giungere a capire.  Dio ha fatto le cose bene!  Non ci ha assegnato un destino e poi ci ha messo nell'impossibilità di raggiungerlo: ci avrebbe preso in giro!

Quindi se in noi ha posto questo desiderio, questo interesse della Luce, della Verità, questo interesse di vedere il Volto di Dio, di colloquiare con Dio, di essere con Dio come Dio è con noi, se ha dato a noi questa possibilità, vuol dire che ha fatto tutte le cose perché noi possiamo raggiungere questo scopo, questa vita. Non ci prende in giro Dio!  Dio è la Verità. È chi è nella menzogna che prende in giro! Colui che è la Verità, e Dio è la Verità, non prende in giro nessuno, anzi, vuole questo e opera in ogni cosa per questo.

Ma ci siamo posti anche un problema, e proprio in questa settimana qualcuno di noi l'ha posto: Dio ha dato a noi il suo Pensiero e il suo Pensiero è un infinito: come fa Dio, questo Infinito, a unirsi a noi che non siamo infiniti? Lui che è Eterno, come fa ad unirsi a noi che siamo soggetti a morte?

Siamo come delle onde del mare: oggi ci siamo, domani non ci siamo più!  La nostra vita è un attimo! Tutta la vita, fosse anche di cent'anni, è un attimo, un soffio! e allora, ci chiediamo, come può questo Essere Eterno unirsi a noi? È come se qualcuno di noi potesse unirsi ad una formica!  Ma - ci chiediamo - è possibile che l'Eterno possa sposare ciò che non è eterno? che l'infinito possa unirsi a ciò che è finito? cioè, che Dio possa unirsi alla creatura? Come fa?  In che cosa consiste questo dare il suo Pensiero a noi?

Ora che Dio abbia dato a noi il suo Pensiero è testimoniato da questa grande, meravigliosa scena che ce la portiamo noi nel mondo, nella nostra stessa carne, nel nostro stesso corpo, nella nostra storia, ed è Cristo.  Cristo è caratterizzato come il Dio con noi! Dio con la creatura. Ecco il mistero del Cristo! È il mistero che ci portiamo addosso tutti noi! ed è il mistero del Pensiero di Dio in noi! Dio è con noi!

Dio è con noi? e noi chi siamo?  Eppure, dico, nel nostro mondo c'è questa scena stupenda: Cristo, che è definito Dio con noi.

Ora tutto quello che avviene nel mondo, essendo scena, specchio, è rivelazione di una Realtà che portiamo in noi. Cristo è rivelatore della realtà della Presenza di Dio in noi: Lui presente nel mondo rivela la presenza sua dentro di noi, tant'è vero che Lui, Verbo di Dio, è confermato ed è riconosciuto in quanto Lui è Verbo interiore di ogni uomo. Quindi la Verità di Cristo fuori di noi rivela, annuncia e rivela la Verità della presenza di Dio in noi.

Questo è annunciato. Annunciato non vuol dire capito. Tutte le cose che arrivano a noi senza di noi sono annunciate a noi, noi non le possiamo ignorare, ma non le possiamo capire.  Se una tegola ti cade sul capo, tu non la puoi ignorare, però una cosa è non ignorare e una cosa è capire, soprattutto arrivare a capirne il significato.

Ora, dico, ci è annunciato, ci è detto che Dio abita in noi, che noi siamo portatori del Pensiero di Dio. Il Cristo stesso è rivelazione di questa grande Realtà che noi portiamo in noi. Ma questo non lo capiamo, ed è per questo che ci chiediamo: come è possibile che il Pensiero dell'Assoluto, dell’Infinito, dell'Eterno, che è Dio, si possa unire a noi?

Guardate che si unisce al punto tale che noi non possiamo separarci da Lui! noi non possiamo separarci da Dio!

Lui si è talmente unito a noi che noi non possiamo separarci da Lui. Noi possiamo anche bestemmiarLo, possiamo offenderLo, possiamo ucciderLo, ma Lui è sempre Ii! È sempre lì. Noi possiamo dire da mattina a sera: "Dio non esiste", ma Lui è sempre lì! Non possiamo cancellarLo dalla nostra lavagna, dalla lavagna della nostra mente.

Noi possiamo dire: “io non sento Dio!”. Benissimo, tu non senti Dio. Possiamo dire: "Il mio corpo non sente Dio...; Dio per me è assente...; io gli parlo, Lui non risponde…; Dio per me è morto…".  Puoi dire tutto quello che tu vuoi, ma è tutto sentimento!  Tu non puoi cancellare Dio dai tuoi pensieri. E quando dici "Dio", tu Lo pensi. Lui si è talmente unito a noi che è diventato “un pensiero del nostro pensiero”.  Ecco, ci siamo chiesti: come può Dio unirsi alla creatura?

Ho detto: Dio si è unito alla creatura in quanto si è fatto oggetto del pensiero della creatura.  Dio si è fatto oggetto del nostro pensiero, si è fatto opera nostra: dico, oggetto del nostro pensiero! Ed essendosi fatto oggetto del nostro pensiero, quindi Figlio nostro, ecco che noi siamo rimasti uniti a Lui! Noi diventiamo figli delle nostre opere, e Dio si è fatto opera nostra.

Dio si fa nostra opera ed è proprio facendosi nostra opera che, Lui (ecco la colla!) ci ha uniti a Sé e ci ha uniti a Sé in modo tale che noi non Lo conosciamo ancora, ma siamo già uniti a Lui, noi siamo talmente uniti a Lui che non possiamo ignorarLo anche se ancora non Lo conosciamo.

Dico, si è fatto oggetto del pensiero nostro, e facendosi oggetto del nostro pensiero, cosa succede? vuol dire che noi Lo possiamo pensare, ma possiamo anche non pensarLo. Lo possiamo trascurare o Lo possiamo pensare, e pensare vuol dire privilegiare. Noi non possiamo pensare contemporaneamente a due cose.

Ho detto che la vita è essenzialmente singolarità, quindi una cosa sola, ed abbiamo anche detto che Dio si trova in quanto è messo prima di tutto. Quando noi pensiamo ad una cosa sola, in quanto pensiamo a quella cosa la privilegiamo su tutte le altre e in quanto la privilegiamo su tutte le altre, vuol dire che la mettiamo prima di tutto.

Ora in quanto dico "Dio si é fatto oggetto del nostro pensiero" vuol dire che si offre ad essere pensato: non è detto che noi Lo pensiamo. Anche se non Lo pensiamo, Lui resta sempre lì, perché non possiamo cancellarLo, però se Lo pensiamo cosa succede? E se non Lo pensiamo cosa succede?

Pensare Dio non è vedere la gloria di Dio; la gloria di Dio è ben altra cosa, però il Pensiero di Dio è essenzialmente necessario. Dio si è fatto oggetto del nostro pensiero, perché questa è la condizione per restare unito a noi: per restare con noi! È soltanto in quanto Lui è unito a noi che dà a noi la possibilità di riferire le cose a Lui.

Se noi non avessimo il Pensiero di Dio, non intenderemmo assolutamente niente di Dio.  Quindi avere in noi il Pensiero di Dio vuol dire avere una possibilità, non una costrizione. Una possibilità! Noi possiamo pensare Dio, ma non è detto che Lo pensiamo. Con Dio è sempre una possibilità, perché presso Dio c'è questa grande libertà; i figli di Dio sono tutti liberi, sono tutti liberi!  Per questo tutto il parlare di Dio è una proposta.

Ma, dico, fare oggetto del nostro pensiero Dio, vuol dire metterlo prima di tutto, perché non possiamo pensare due cose contemporaneamente. È Il che succede la nostra tragedia: perché noi mettiamo prima di tutto altro. Mettiamo prima di tutto, quindi rivolgiamo il nostro pensiero, a noi stessi, agli uomini, ci riempiamo di parole di uomini. Ci riempiamo di parole di uomini! Se c'è una vanità nel mondo è la parola dell'uomo. Le parole degli uomini dicono niente! Gli uomini sono tutti muti.   Parlano, parlano, parlano, ma dicono assolutamente niente!

Non comunicano niente. Eppure noi ci riempiamo di queste parole: "il tale ha fatto questo, il tal altro ha fatto quello…; il tale ha detto questo, il tal altro ha detto quest'altro.." E Dio? dove Lo mettiamo?

Noi abbiamo a disposizione questa Sorgente meravigliosa di parole eterne, di parole di vita eterna. E noi siamo annoiati perché attorno a noi ad un certo momento vediamo che è tutta una routine che si conclude in niente. Eppure abbiamo a disposizione questa Sorgente stupenda di parole di Dio, parole che sono di vita eterna: noi le trascuriamo per riempirci di parole degli uomini!  E poi ci stupiamo ancora se esperimentiamo la morte!

Avere a disposizione questo Pensiero di Dio è avere la possibilità di pensarLo e pensare Dio vuol dire privilegiarlo, cioè vuol dire metterLo prima di tutto, e metterLo prima di tutto vuol dire riferire tutto a Lui: riferire tutto a Lui!

Ecco, Dio dando a noi il suo Pensiero, dà a noi la possibilità dì riferire tutte le cose a lui, di sottomettere tutte le cose a Lui, di ordinare tutte le cose a Lui, e Lui è la Luce!

A questo punto capiamo che con Dio la vita è Luce. Riferire le cose al Principio vuol dire avere la possibilità di entrare nel regno della conoscenza, perché conoscere il Principio vuol dire conoscere, avere la ragione delle cose, e questo diventa luce. Là dove non vediamo il Principio noi siamo nella notte. Quindi è giusto quello che è detto nel Prologo di s. Giovanni che “In principio…la vita era la luce degli uomini” (Gv 1,1.4). Noi abbiamo fatto scopo della nostra vita il possesso delle creature, il correre per il mondo, l'arricchirci culturalmente o magari anche materialmente, e abbiamo fatto consistere la vita in questo possesso. Invece nel principio la vita non era così.  Quello che è detto in principio è detto nella Verità: "In Principio la vita era la luce”.  E la luce vuol dire conoscere Dio.  Quindi in Principio la vita stava nel conoscere Dio.

Ho detto però: come può la creatura finita conoscere Dio Infinito? e ritorniamo al fatto che il Pensiero di Dio é eterno, infinito, assoluto. Eppure si unisce al nostro pensiero che è finito, che è relativo, che é mutevole. Si unisce! perché questa unione è la condizione sostanziale per dare a noi la possibilità di riferire le cose a Dio, e quindi di entrare nella conoscenza.

Ma qui si apre un fatto che ci fa riflettere. Dico: questo Infinito che si offre al pensiero finito, l'Eterno che si offre a noi che non siamo eterni, al nostro pensiero! ad essere pensato, cosa succede? Cos'è questo nostro pensiero? Dio, il Pensiero di Dio si offre ad essere pensato da noi! Cosa vuol dire essere pensato da noi?

Noi, il nostro pensiero, è fatto essenzialmente di creature, di cose del mondo, per questo è finito. E cosa succede in questo Pensiero infinito che si offre ad essere pensato da noi. in questi limiti da noi che diciamo siamo condizionati da quello che vediamo e tocchiamo?

Ecco, noi rivestiamo il Pensiero di Dio della nostra finitezza. Ritorniamo sempre al Cristo per capire quanto avviene in noi: che noi possiamo rivestire del nostro finito questo Pensiero di Dio ci è testimoniato dal Cristo. Cristo dice, Lui, Dio con noi, Dio tra noi: "Faranno di Me tutto quello che vorranno"(cf Mt 17,22; Ma 9,31; Mc 14,41).  È il Pensiero di Dio che dandosi alla creatura dice: "Faranno di Me tutto quello che vorranno".  Si offre!  Ed è necessario che si offra fino a quel punto!  La creatura nel suo pensiero riveste del suo finito il Pensiero di Dio.  Siccome Dio si fa "pensato nostro" si offre ad essere rivestito dai limiti della creatura.

Ecco, Dio, l'infinito, l'Assoluto, l'Eterno, si offre ad essere rivestito dalla creatura.  In che modo?

La creatura conosce Dio non per quello che Dio è in Sé: ecco perché non vede la gloria di Dio! La gloria di uno è ciò che uno é in sé. La creatura conosce Dio per effetto della creazione. Cioè il Pensiero di Dio che è infinito si offre al pensato della creatura. Vuol dire che la creatura conosce Dio come il Creatore di tutta la creazione (la creazione che è finita), come il Creatore di tutte le cose che accadono. Quindi noi partiamo dalle cose che vediamo e tocchiamo, e questo è il nostro pensiero: ciò che vediamo e tocchiamo. Ma quello che noi vediamo e tocchiamo non è Dio e non può essere Dio. È opera di Dio, ma non è Dio.

Dio si offre alla creatura, ad essere pensato dalla creatura, quindi la creatura conosce Dio come il Creatore, come l'Assoluto, come l'infinito di queste cose finite. Il che vuol dire che questo non è vera conoscenza. Conoscere un essere per gli effetti che opera o per i segni che dà, non è conoscere quell'essere.

Quindi questa conoscenza che noi chiamiamo conoscenza per fede e che è conseguenza del fatto che Dio dà a noi il suo Pensiero, non è vera conoscenza. Dio dando a noi, al pensiero nostro, pensiero finito, Se stesso, dà a noi la possibilità di conoscerLo come il Principio di tutte le cose che noi vediamo e tocchiamo. Ma conoscerLo come Principio di tutte le cose che vediamo e tocchiamo, non è conoscere Dio. È conoscerLo come l'Essere che crea tutte le cose, per cui non possiamo ignorarLo, ma non sappiamo chi sia. Chi è Dio?  Noi non possiamo dire chi è Dio.

Conoscere Dio per quello che Egli è in Sé: ecco, dico, lo scopo di tutto! Dio non ci ha creati perché noi Lo conoscessimo come Creatore di tutte le cose, perché questa non è vera conoscenza: conoscerlo come Colui che opera tutto. Noi incontriamo una persona che parla con noi: noi conosciamo quella persona come un essere che sta parlando a noi, ma noi non sappiamo chi sia quell'essere e non possiamo saperlo chi sia quell'essere. E quando potrò conoscere chi è quell'Essere che sta parlando con me?

Certissimamente Dio sta parlando con noi tutti i giorni.  Noi non possiamo ignorarlo.  Infatti Dio noi non possiamo ignorarLo, non possiamo nemmeno cancellarLo.  Però noi Lo conosciamo per i segni che ci fa arrivare e anche per il tormento che ci mette, ma è sempre Luì!  È sempre una parola sua e noi Lo conosciamo per questo, ma questa non è vera conoscenza.

Ho detto che la gloria di Dio, la gloria di Uno, è conoscere ciò che quell'Uno è, non conoscerLo per le opere che fa.  È conoscerLo per quello che Egli è in Sé.

Non vediamo Dio. Come facciamo allora noi a giungere a conoscerLo per quello che Egli è? Eppure Gesù dice qui che questa malattia è per la gloria di Dio, cioè per portarci a vedere la gloria di Dio.

La malattia di Lazzaro è segno della malattia di tutti noi: tutti noi siamo malati. Cristo stesso che è il Dio tra noi, dice: “Io vengo per curare i malati”, ed è tanto più malato colui che si crede sano. E più uno è sano, e più ha bisogno di incontrare il Cristo perché è più grave quella malattia che si ignora di avere. La malattia di Lazzaro e la morte di Lazzaro rappresentano, sono scena, la malattia di ognuno di noi, la morte di ognuno di noi, ché noi esperimentiamo la morte anche prima di morire: rappresentano questa morte che noi ci portiamo addosso.

Eppure Gesù dice che questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio.  Per la gloria di Dio? il che vuol dire, tradotto in termini accessibili a noi, perché il termine gloria per noi è velato: in termini accessibili vuol dire "questa malattia e questa morte è per darti la possibilità di conoscere Dio per quello che Lui è in Sé".

Per conoscere Dio per quello che Egli è in Sé! Non come Creatore. Tu conosci Dio come Creatore in quanto Dio dona a te il suo Pensiero, ma, ho detto, qui non abbiamo la vera conoscenza: Lo conosciamo come Creatore, ma non sappiamo chi sia questo Creatore. Lo possiamo conoscere come Colui che opera nella nostra vita, ma non sappiamo chi sia Colui che opera nella nostra vita. Dio non ci ha creati per fermarci a questa conoscenza, che è conoscenza di fede: la fede è un cammino da farsi, una strada da percorrere, non è un luogo da sedersi sopra. Quindi Dio ci ha creati non per conoscere Lui come Creatore, ma per conoscere Lui per quello che Egli è, quindi per la sua gloria. La gloria è ciò che uno è in sé.

Allora ci chiediamo: è possibile giungere a conoscere Dio per quello che Egli è? e come?

Certamente noi non vediamo Dio, tanto meno conosciamo quello che Dio è in Sé; però Lui ci dice che ci ha creati per conoscerLo per quello che Lui è. E allora ci chiediamo: dov'è il difetto? Perché noi non conosciamo la gloria di Dio? Perché non conosciamo quello che Dio è in Sé? Perché non riusciamo a dire che cosa è Dio in Sé? Che cosa manca?

Ecco, Dio è conoscibile, essendo Infinito, soltanto da ciò che è infinito; essendo Eterno può essere conosciuto da ciò che è eterno; essendo Assoluto può essere conosciuto soltanto dall'Assoluto. Ecco perché il dono a noi del Pensiero di Dio, a noi che non siamo né eterni, né infiniti, né assoluti, ci impedisce di conoscere Dio per quello che Egli è in Sé! (ce lo impedisce perché è oggetto del nostro pensiero). Ci fa conoscere Dio come Creatore di tutte le cose che vediamo e tocchiamo, perché si offre al nostro pensiero e il nostro pensiero è finito (e intanto però si unisce a noi e ci pone il problema), però non ci dà la possibilità di conoscere Dio per quello che Egli è in Sé.

E che cosa è necessario per conoscere Dio per quello che Egli è in Sé?  Ho detto, soltanto l'Infinito può conoscere l'Infinito, soltanto l'Eterno può conoscere l'Eterno, soltanto l'Assoluto può conoscere l'Assoluto. Dio è conosciuto soltanto dal suo Pensiero, soltanto da suo Figlio.

E allora lì vediamo l'apertura a questa gloria alla quale noi siamo stati chiamati e per cui dobbiamo vivere. Ecco, Dio offre a noi il suo Pensiero affinché noi Lo facciamo oggetto del nostro pensiero. FacendoLo oggetto del nostro pensiero, noi mettiamo il Pensiero di Dio al di sopra di tutto. E cosa vuol dire metterlo al di sopra di tutto? Vuol dire sottomettere tutto a quello! E cosa vuol  sottomettere tutto a quello?  Vedere tutto dal punto di vista di Dio.

Ecco, soltanto quando tutto sarà sottomesso al Pensiero di Dio, tutto di noi, tutto, niente escluso! tutto anche i peccati, anche le colpe, tutto! quando tutto sarà sottomesso a Pensiero di Dio, in noi ci sarà uno, unico, singolare, solo il Pensiero di Dio; perché se in noi non c'è soltanto il Pensiero di Dio, ma ci son tanti altri pensieri, tante altre cose, è perché noi non abbiamo sottomesso tutto al Pensiero di Dio.

"Quando - dice la Scrittura - tutto sarà sottomesso al Figlio, il Figlio consegnerà il Regno al Padre" (1 Cor 15,28): e lì ci siamo! Quando tutto sarà sottomesso cosa succede dentro di noi?

Quando sarà tutto sottomesso al Pensiero di Dio, c'è il Pensiero di Dio in noi, e il Pensiero di Dio in noi, adesso, non è fatto oggetto del nostro pensiero, ma è il nostro pensiero che è stato assorbito nel Pensiero stesso di Dio, e il Pensiero di Dio è infinito, è eterno, è assoluto.  E qui nel Pensiero di Dio, e solo nel Pensiero di Dio, è dato a noi conoscere la gloria di Dio, la gloria del Padre, cioè conoscere quello che Dio è in Sé, perché soltanto il Figlio conosce il Padre.

Allora il Figlio opera tutto per condurre noi a questa gloria: opera tutto per farci sottomettere tutto a Sé, Pensiero infinito, quindi Pensiero eterno, Pensiero assoluto, Pensiero che conosce: che è nel seno del Padre e quindi conosce quello che il Padre è in Sé, quello che Dio, l'Essere assoluto è in Sé.

Soltanto quando in noi il Figlio di Dio ha formato Se stesso, Pensiero unico (unico, quindi infinito, quindi assoluto, quindi eterno) in questo Pensiero è dato a noi conoscere quello che Dio è in Sé ed entrare nella gloria di Dio.

Abbiamo intitolato l'argomento di questa sera: "Lumen Goriae": questo è il lume della gloria! questa é la Luce! L'occhio nostro da solo non vede. Non basta avere l'occhio. L'occhio nostro ha bisogno di essere illuminato e di avere la luce per vedere. Anche il nostro pensiero (l'occhio dell'anima) da solo non è capace di vedere: il nostro pensiero ha bisogno di un lume.  E per vedere la gloria di Dio noi abbiamo bisogno di una luce e questa luce è data a noi dal Pensiero stesso di Dio, dal Figlio di Dio.  Questo, il Pensiero di Dio, è il "Lumen gloriae"!

Ed è per raggiungere questo che bisogna morire a noi stessi, ecco, e scoprire questa malattia che ci deve far superare tutto di noi per sottomettere tutto al Pensiero di Dio, perché soltanto quando tutto sarà sottomesso al Pensiero di Dio, lì si sarà formato questo "Lumen gloriae", quindi questa capacità di poter conoscere Dio, non come Creatore di tutte le cose, ma di conoscere Dio per quello che Dio è in Sé, e lì sarà la nostra vita eterna.

Alcuni pensieri tratti dalla conversazione:

 

Il punto centrale di tutto è questo: Dio facendosi oggetto del nostro pensiero, si unisce a noi, per formare in noi, se sottomettiamo tutto a Lui, il "Lumen gloríae", cioè Se stesso e quindi la capacità di vedere la gloria di Dio, quello che Dio è in Se stesso.

 

La malattia e la morte sono per farci scoprire il luogo della vita, quindi sono per la gloria di Dio, per portarci a vedere la gloria di Dio.

 

Quando conosciamo Dio per quello che è in Sé, allora vediamo la creazione come effetto di questo Essere, quindi lì ci rendiamo conto delle cose: capiamo perché sono così come sono.

 

Dio non ci impone la sua Unità, ma ce la offre, affinché sottomettendo tutto a Lui, unificando tutto in Lui, abbiamo a dirGli: "Tu per me sei tutto, vali più di tutto!" (infatti pensare a Lui è privilegiarlo metterlo prima di tutto).


 


All'udire questo, Gesù disse: "Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato". Gv 11 Vs 4 Terzo tema.


Titolo: Passaggio obbligato per ricevere le comunicazioni dal Padre.


Argomenti: Glorificare  è conoscere ciò che uno è in sé.   È possibile conoscere Dio?  Immergersi nella Parola di Dio. La comunicazione fra infinito e finito: Pensiero di Dio in noi. Guardare dal Principio. Dio si fa oggetto del nostro pensiero. Le tre comunicazioni di Dio.


 

28/febbraio/1993 Casa di preghiera Fossano


Siamo sempre nel versetto 4 del capitolo XI di s. Giovanni: "Ciò udito, Gesù disse: «Questa malattia non conduce alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché il Figlio di Dio ne sia glorificato»".

Abbiamo già visto le prive due parti di questo versetto. Adesso ci rimane l'ultima, cioè: “affinché il Figlio di Dio ne sia glorificato".

È Parola di Dio per noi. Tutto è Parola di Dio e Dio parlando con noi ci traccia il sentiero per i nostri passi verso la vita eterna, perché quello che conta è la vita eterna, è trovare ciò che è eterno, ed è imparare a vivere di ciò che è eterno: questo è ciò che veramente vale di tutta la nostra vita. Resterà soltanto ciò che noi avremo conosciuto di eterno. "La vita eterna sta nel conoscere Dio come vero Dio e Gesù Cristo come mandato da Dio", dice il Signore (Gv 17,3).  E allora qui dobbiamo chiederci il significato di queste parole che Gesù dice: "affinché il Figlio di Dio ne sia glorificato".

Domenica scorsa abbiamo parlato della gloria di Dio, e parlando della gloria di Dio abbiamo accennato alla condizione per poter conoscere questa gloria di Dio. Infatti il tema di domenica scorsa era “Lumen gloriae”: questa luce di cui il nostro pensiero (l'occhio dell'anima) ha bisogno per vedere la gloria di Dio; altrimenti la gloria di Dio non si vede.

La gloria di Dio splende in tutto; Dio è presente in tutto, dentro e fuori di noi, non ci abbandona mai, non ci lascia mai, però i nostri sentimenti sono diversi: noi non vediamo Dio, né vediamo la sua gloria, e soprattutto noi facciamo esperienza della lontananza di Dio, facciamo esperienza della perdita di Dio, del silenzio di Dio, e facciamo anche esperienza della morte dì Dio, con l'aggravante che siamo noi responsabili e colpevoli di questa morte.  Ma tutto questo appartiene al campo del sentimento, cioè è relativo a noi, soprattutto è relativo al pensiero del nostro io.  In realtà, e quindi nella Verità, Dio non muore: Dio è Spirito, Dio è Verità e la Verità è trascendente noi, il che vuol dire che esiste indipendentemente da noi.

Dio è presente in noi indipendentemente da noi: che noi Lo trattiamo male o che Lo trattiamo bene, Lui è sempre lì! Che noi Lo glorifichiamo o che Lo bestemmiamo o che Lo neghiamo, Lui è sempre lì, perché la sua Verità è trascendente, è assoluta, quindi non subisce da parte nostra nessun mutamento.

Questa presenza di Dio, che non dipende da noi ed esiste in noi, ci fa esperimentare (ma, dico, nel campo del sentimento, quindi nel campo relativo al pensiero dei nostro io) la sua assenza, il suo silenzio, la sua morte, ecc. Ma questo, dico, è relativo al nostro io; nella realtà, quindi nella Verità, Dio è sempre con noi, non muta, non si sposta, e questa Verità immutabile, presente in noi, per noi è una forza immensa se noi facciamo conto su di essa, una forza tanto grande che assorbe, trasfigura, spiritualizza, glorifica tutti i nostri mali e li converte in bene.  Converte addirittura in bene anche il nostro delitto, anche la morte che noi diamo a Lui, lo trasforma in vita e in risurrezione se noi teniamo presente la sua Verità nel campo dell'intelletto, perché è nel campo dell'intelletto che noi constatiamo, verifichiamo che Dio è trascendente, immutabile, eterno e che quindi non dipende da noi.

Ora questa Presenza di cui Dio ci ha fatto dono creandoci è tutto per noi, tutta la nostra forza, tutta la nostra vita, tutta la nostra speranza, ed è lì che questa Presenza segna tutta l’opera di misericordia, di bontà, di amore: Lui è tutto perdono! anzi, direi di più: Luì gioisce nel poterci perdonare. È più felice quando può perdonarci, e quindi quando noi facciamo qualche cosa che non va, di cui magari poi ci sentiamo in colpa, è più felice, perché nella colpa Lui può dimostrare a noi il suo perdono, mentre se noi fossimo perfetti, non ci sarebbe in noi l'occasione per esperimentare la grandezza della misericordia, del perdono, la grandezza dell'amore di Dio verso ognuno di noi, e siamogliene riconoscenti.

In quest'ultima parte di questo versetto noi troviamo: “affinché il Figlio di Dio ne sia glorificato", e già ieri sera abbiamo accennato a questo "affinché", perché è una parola che collega quello che é detto prima con quello che viene dopo. Prima Gesù aveva detto: "questa malattia non conduce alla morte, ma è per la gloria di Dio".  E poi congiunge e dice: "affinché... ": quindi fa capire che c'è una relazione di dipendenza tra la gloria di Dio e la glorificazione del Figlio di Dio.

È Parola di Dio che arriva a noi, e in quanto è Parola di Dio che arriva a noi, Dio parla non per metterci nella notte, ma per illuminarci, per farsi capire, e allora noi dobbiamo chiedere al Signore la luce sulle sue parole perché Dio ci fa giungere le sue parole ed è Dio anche che ci illumina.  Ecco perché la vita con Dio è sempre un dialogo, perché da una parte Lui ci fa arrivare le sue parole e le sue parole sono un'interrogazione; ma poi è anche Lui che ci spiega le sue parole.

E allora ecco qui abbiamo questo lavoro: la creatura è interrogata da Dio, ma, interrogata da Dio, Dio non le spiega le sue parole se la creatura interrogata non interroga a sua volta il suo Signore, perché Lui che parla è anche Lui che fa capire le sue parole. Ci fa arrivare le sue parole e poi dice a noi: "adesso vieni a Me, pensa a Me, affinché Io ti faccia capire le parole che Io ti ho fatto arrivare".

E qui abbiamo il dialogo: Dio che parla e Dio che aspetta che no alziamo a Lui la nostra mente, il nostro pensiero, per capire da Lui, perché è Lui solo che fa capire le sue parole, non altri. Lui solo è Colui che illumina e ci rivela il significato delle sue parole, il suo pensiero, il pensiero che è nelle sue parole. Le sue parole arrivano a noi indipendentemente da noi, ma noi non possiamo intendere il pensiero di Dio che è in esse se non da Dio, solo da Dio!

Quindi noi abbiamo queste parole di Dio che arrivano a noi indipendentemente da noi, ma in queste parole c'è Dio che dice a noi: “Porta a Me le parole che Io ti ho fatto arrivare, affinché Io ti riveli il pensiero che è in esse”.

Il Pensiero viene solo da Dio: è Unigenito. Viene solo da Dio e allora si richiede sempre questo ritorno a Dio, cioè, innanzitutto questo ricevere da Dio le parole che arrivano a noi indipendentemente da noi: in quanto arrivano indipendente mente da noi non sono capite, non possono essere capite, perché non possono essere capite senza di noi, per cui chiedono a noi questo ritorno a Dio per poter da Lui ricevere la rivelazione del Pensiero sulle parole che Lui ci ha fatto arrivare.

Ecco, noi ci troviamo adesso con queste parole: “affinché il Figlio di Dio ne sia glorificato”.  Ho detto, questo “affinché" dichiara apertamente che c'è una dipendenza: soltanto conoscendo la gloria di Dio ci viene rivelata la gloria del Figlio di Dio, e per conoscere la gloria di Dio, l'abbiamo visto domenica scorsa, si richiede la formazione in noi della capacità di vedere la gloria di Dio, perché naturalmente non la si vede (si vede soltanto da Dio: la gloria di Dio viene da Dio), cioè la formazione in noi del "lumen gloriae", che è la luce che viene da Dio. I nostri occhi per vedere hanno bisogno della luce, così anche i nostri pensieri, anche la nostra intelligenza. anche la nostra mente, per vedere ha bisogno della luce: quale luce? La luce che viene da Dio. Questa è la luce che chiamiamo "Lumen gloriae" (la luce della gloria).  Sì richiede quindi la formazione di questa luce che rende noi capaci di vedere.

Ora soltanto vedendo la gloria di Dio, si è fatti capaci di vedere la gloria del Figlio di Dio: non la si vede altrimenti. La gloria del Figlio di Dio deriva dalla gloria di Dio.

Queste sono parole: con la grazia di Dio dobbiamo cercare, desiderare di capire la portata, il significato di esse.

Richiamiamo il concetto di gloria: "gloria" è manifestazione di ciò che uno è, e quindi è conoscenza di ciò che uno è. Glorificare vuol dire conoscere ciò che uno è! L'Essere assoluto è uno solo. Dio è l'Essere assoluto, è Colui che è. Quindi la gloria di ogni esistente viene solo da Dio, perché Dio solo è Colui che è.

C'è allora in noi il problema:

prima, se è possibile, se ci è dato, conoscere Dio,

poi in secondo luogo, come conseguenza, conoscere le creature, la gloria delle creature.

Ora, che sia possibile conoscere la gloria di Dio, questo ci è fatto capire dal fatto che Dio fa tutte le cose unicamente per far conoscere Se stesso, quindi per manifestare la sua gloria, perché Lui solo è. E se Lui solo è, tutto ciò che fa, lo fa unicamente nel Pensiero di Sé, e solo nel Pensiero di Sé, perché Lui solo è.

Ora, se lo fa nel Pensiero di Sé, quindi per comunicare Se stesso, per far conoscere Se stesso, evidentemente da parte di Dio il raggiungere la conoscenza di Dio è possibile, perché Dio opera tutto per questo fine. Lui è onnipotente, quindi se fa tutte le cose per farsi conoscere vuol dire che la conoscenza di Dio è cosa possibile alla creatura: possibile per opera di Dio, perché Dio fa tutto per questo fine: è onnipotente, quindi la cosa è possibile. Noi non dobbiamo escluderci, dicendo:    “è impossibile!”

Noi possiamo escluderci (ma in quanto noi diciamo: "la cosa è impossibile") perché  quando noi diciamo che la cosa è impossibile, perdiamo la speranza, perdiamo tutto, non ci impegniamo: Invece con Dio tutto è possibile, presso Dio tutto è possibile!  È in questa fiducia che noi ci impegniamo nelle parole, molte volte anche difficili, tanto difficili, da parere impossibili per noi.

Noi dobbiamo impegnarci e impegnarci con tutte le forze, don tutta la mente, con tutto il cuore, con tutta la nostra vita, per capire che cosa Dio di vuole comunicare, perché Lui parlando comunica Se stesso a noi.  È parlando che comunica!

Nessuno di noi può conoscere Dio. Noi siamo finiti. Anche con i nostri pensieri noi siamo finiti perché, tolto Dio, tutti i nostri pensieri non sono altro che relativi a ciò che vediamo, tocchiamo, esperimentiamo, e quindi (siccome tutto ciò che noi vediamo, tocchiamo ed esperimentiamo è relativo ai nostri sentimenti o relativo al nostro io che vede, tocca ed esperimenta) sono finiti. Non si può passare dal finito all'Infinito, quindi noi siamo tagliati fuori dalla conoscenza di Dio da parte nostra: noi non possiamo fare il salto dal finito all'Infinito: questo è pacifico. Non si può passare dal finito all'Infinito.

Però per opera di Dio questo salto invece diventa possibile. E allora dobbiamo cercare di capire, perché una cosa è dire delle parole e una cosa è capirle. Dio opera convincendo e quindi noi dobbiamo cercare di capire da Dio, per mezzo di Dio, tenendo presenti le sue parole, in modo da arrivare alla convinzione:

prima di tutto che è possibile fare questo passaggio dal finito all'Infinito, e che è possibile inserirci nell'Infinito, che conta soltanto ciò che è Infinito, conta soltanto ciò che è Eterno;

e soprattutto noi dobbiamo capire che dobbiamo smetterla di passare tutta la vita e di impegnare tutta la nostra vita in cose finite, in cose che passano, poiché la vita non viene dall'accumulare, dal possedere materialmente o possedere culturalmente o sentimentalmente.

La vita non viene dal possedere le cose finite, le cose soggette al tempo, le cose del mondo. La vita viene dall'accedere alla conoscenza di ciò che è eterno, dal trovare ciò che è eterno e dall'imparare a vivere in ciò che è eterno. C'è questo Eterno e noi tutti abbiamo questa consapevolezza dell'Eterno: siamo fatti di eterno, perché in quanto siamo voluti da Dio, siamo voluti già in un disegno eterno. Dio non è soggetto al tempo e quello che vuole, lo vuole in senso eterno, lo vuole per sempre: noi siamo eterni, in quanto c'è un "punto" di noi che già partecipa dell'eternità, ed è la Volontà di Dio in noi.

Ed è per la Volontà di Dio in noi che noi siamo eterni, e se siamo eterni, non dobbiamo noi o per sfiducia o per mancanza di impegno o per sentimento, ecc., non dobbiamo noi perdere il contatto con ciò che è eterno, e consumare, logorare la nostra vita, la mente, i pensieri, il tempo stesso, dietro interessi, dietro cose che mutano, che sono soggette al tempo.  Non dobbiamo soprattutto riempirci la testa di cose che dicono gli uomini. Noi ci riempiamo di parole di uomini e noi abbiamo tanto, immensamente, bisogno di riempirci la mente soprattutto, il cuore e l'anima, di parole di Dio ("Le mie parole sono spirito e vita", dice Gesù {Gv 6,63}).  Ecco perché noi stiamo mordendo la polvere e ci stiamo auto-distruggendo!

Noi stiamo lottando contro la morte che ci sorprende da tutte le parti.  Ma tutto questo avviene unicamente perché non ci riempiamo di parole di Dio. Le parole di Dio sono eterne, hanno validità eterna, ci comunicano la Vita Eterna!  Noi aspiriamo alla Vita Eterna e stiamo morendo in cose che non sono eterne: ecco l'assurdo che è nella vita di ognuno di noi: è questa stretta mortale in cui noi precipitiamo perché trascuriamo la Parola di Dio.

Dobbiamo soprattutto afferrarci a questa Parola di Dio, immergerci in essa, ed essere disposti a morire per la Parola di Dio, perché morendo per la Parola di Dio c'è la sicurezza della risurrezione perché la Parola di Dio è eterna. Se noi invece viviamo per cose che passano, noi certamente esperimentiamo la morte.

Quindi conoscere la gloria di Dio è il primo problema.

E poi, in secondo luogo, c’è la conoscenza della gloria di tutte le opere di Dio; ma questa è sempre dipendente dalla gloria di Dio, da ciò che Dio è; poiché è Dio, l'Essere Assoluto, che comunica l'essere alle creature. Noi tutti siamo in quanto, in qualche modo, anche se non sappiamo come, siamo in relazione a Dio, noi partecipiamo di qualche cosa di Dio. Noi esistiamo in quanto partecipiamo dell'Essere di Dio. Soltanto conoscendo questo rapporto tra noi e Dio noi conosciamo anche la nostra gloria o la gloria delle creature, cioè conosciamo la Verità delle cose.

Ho detto però: il primo grande problema è quello di cui abbiamo parlato domenica scorsa: giungere alla conoscenza della gloria di Dio, di ciò che Dio è. E qui c'è il problema della comunicazione.

Ho detto: non c'è comunicazione tra il finito e l'infinito. Nessuno di noi può passare dalla terra al Cielo. Tutto viene da Dio, quindi anche la comunicazione delle cose di Dio viene da Dio, non viene dalla creatura. Non è che la creatura dica: adesso io mi impegno a conoscere Dio, e che la creatura possa conoscere Dio. La creatura non può passare dal suo finito all'Infinito di Dio.

E allora dobbiamo chiederci: che cosa si richiede? Ed è possibile questa comunicazione?

Ora, che sia possibile la comunicazione di Dio a noi ne troviamo già la giustificazione in Dio, perché se Dio opera ogni cosa per comunicare Se stesso, quindi per comunicare la sua gloria, per rendere partecipi noi della sua gloria, di ciò che Lui è, evidentemente la cosa è possibile; ma vista da Dio è possibile! Vista dalla creatura non è possibile.

La creatura che vede o intende conoscere Dio con i propri sforzi, con le proprie fatiche, con i propri pensieri, certamente conclude nel fallimento; perché tocca con mano, esperimenta la polvere: la polvere! Esperimenta l'impossibilità di fare il passaggio dal finito all'Infinito.

Vista da Dio invece la cosa è possibile.

Questo ci fa capire che ogni comunicazione di Dio discende dall'Alto; non sale dal basso, ma discende dall'Alto. Soltanto discendendo dal Cielo si può comprendere la terra e assorbire la terra in Cielo: ma soltanto discendendo! Soltanto chi discende da Dio può assorbire tutte le creature in Dio, ma se noi facciamo sforzi e tentativi per passare dalla nostra terra al Cielo, noi concluderemo sempre con la costruzione di una torre di Babele.

Questo ci indica che la comunicazione è possibile in una linea sola: la linea discendente.

Ora, che cosa vuol dire comunicare? Il termine stesso lo dice: "cum" vuol dire assieme, mettere - assieme, unire; “are”, vuol dire "fare"; è questo "fare": cioè unire i due termini. È dall'unione di due termini che avviene la comunicazione. La Presenza viene da questa comunione ("com-unio").

Perché sia possibile la comunicazione (e quindi l'unione) bisogna che tra questi due termini ci sia qualcosa di comune.

È quel qualcosa di comune che unisce e quindi rende possibile la comunicazione.

Se tra la creatura e Dio non ci fosse niente di comune non ci sarebbe nessuna possibilità di comunicazione.  Perché avvenga una comunicazione bisogna che ci sia qualcosa di comune.

E noi dobbiamo chiederci: c'è qualcosa di comune tra noi e Dio? tra noi creature che oggi ci siamo e domani non siamo più (la nostra vita anche se fosse di cent'anni o più è un istante, un soffio) e Dio c'è qualcosa in comune? Ci chiediamo: è possibile che ci sia qualcosa di comune tra Colui che è Eterno (Dio è l'Eterno, l'assoluto, l'infinito, trascendente) e noi, creature che ci affacciamo un istante su questo universo terribile, misterioso, profondo e meraviglioso (è come se spalancassimo per un momento una finestra e subito, immediatamente, questa si chiudesse), creature la cui vita è un soffio? Tra queste creature che sono un lampo nella creazione di Dio e Dio che è eterno, c'è qualche cosa di comune? La condizione perché ci sia la comunicazione è che ci sia un termine comune.

Termine comune c'è, e l'abbiamo visto.  Termine comune è il Pensiero stesso di Dio. Noi siamo costituiti dal Pensiero di Dio in noi.

Questo punto di Infinito, di Eterno, di Assoluto, di trascendente, che ogni uomo in quanto esiste come uomo, e come donna, porta in sé, questo è il punto comune tra noi e Dio, punto comune! Ed è attraverso questo punto che avviene la comunicazione! Tolto questo punto non c'è comunicazione: noi restiamo chiusi nel pensiero del nostro io e non possiamo uscire da esso.

Dio per comunicare Se stesso a noi ha posto in noi il suo Pensiero: il suo Pensiero! E che noi siamo portatori del Pensiero di Dio tutti quanti lo testimoniamo, e come lo testimoniamo! Lo testimoniamo perché è una testimonianza bruciante in noi. È per questa presenza del Pensiero di Dio in noi, che è presenza dell'Assoluto, che tutte le creature ci bruciano, e ci bruciano al punto tale che noi non troviamo pace con nessun'altra cosa se non con Dio.  Sant'Agostino lo diceva: "Signore, ci hai fatti per Te e il nostro cuore è inquieto, bruciato fintanto che non si riposa in te, fintanto che non trova Te".  Il problema in ogni creature è questo: trovare Dio!  Soltanto in Dio è la nostra pace.

Ecco, dico, noi portiamo in noi questa presenza del Pensiero di Dio che, essendo Pensiero di Dio, ci rende bruciante tutto ciò che non è Dio, tutte le creature. Brucia tutte le creature! E brucia anche noi: noi siamo bruciati dal Pensiero di Dio se noi non mettiamo Dio prima di tutto.

Ecco l'elemento sostanziale di questa possibilità di comunicazione tra Dio e noi è data da questo punto in comune: Pensiero di Dio. Tolto questo, non c’è comunicazione tra noi e Dio.

Questo Pensiero di Dio, è l'elemento costitutivo della creatura umana. "Costitutivo" vuol dire che senza di esso sparisce l’uomo. Non esiste l’uomo! L’uomo è fatto dal Tu! da un Tu eterno, ed è il Tu di Dio: Pensiero di Dio in noi. L'uomo è costituito di questo, che lo sappia o non lo sappia.

Ora, siccome l'uomo nasce ed esiste non per sua volontà, non per sua scelta, ma per volontà di Dio (Dio è il Creatore!), il Pensiero di Dio è dato a noi indipendentemente da noi.  Noi ce Lo troviamo addosso: Lo subiamo! è questo che caratterizza l'uomo e Lo differenzia da tutte le altre creature. L'uomo è una passione di assoluto per questa presenza del Pensiero di Dio che porta in sé. Però tutto ciò che arriva a noi senza di noi (e anche il Pensiero di Dio arriva a noi senza di noi, indipendentemente da noi: costituisce noi, ma arriva a noi indipendentemente da noi), non può essere capito, conosciuto da noi. Noi Lo portiamo, Lo subiamo, ne subiamo anche le conseguenze (e soltanto tenendo presente che siamo fatti dal Tu di Dio capiamo perché subiamo queste conseguenze) ma non Lo conosciamo. Soltanto tenendo presente che siamo fatti dal Tu di Dio noi capiamo perché siamo passione di assoluto, altrimenti non capiremmo assolutamente perché siamo passione di assoluto di cui subiamo le conseguenze.

Noi Lo portiamo in noi, però non capiamo che cosa sia questo Pensiero di Dio in noi, perché ho detto, tutto ciò che arriva a noi indipendentemente da noi non può essere capito da noi. Le cose per essere capite debbono essere viste nel Principio.

Fintanto che noi non vediamo la cosa dal Principio noi la cosa la subiamo come un rumore che arrivasse a noi: noi subiamo il rumore, però non capiamo. Non capiamo il significato, perché non lo vediamo dal Principio.

E allora capiamo che la condizione per poter capire le cose è vedere se è possibile a noi portarci a guardare le cose dal Principio. Capiamo anche che se noi non cerchiamo di vedere le cose dal Principio noi ne subiamo le conseguenze, cioè noi subiamo effetti di presenze che non capiamo. La cosa è capita soltanto in quanto è vista dal Principio.

Ora, il Principio ci è annunciato: Dio è il Creatore, Dio è il Principio di tutto: Dio è l'Essere in cui c'è la ragione di tutte le cose. Ed è lì che noi dobbiamo trovare la ragione anche del Pensiero di Dio che portiamo in noi, di questa Presenza di Eterno che noi portiamo in noi.

Vale soltanto ciò che è eterno, e noi dobbiamo trovare ciò che è eterno, ciò che di eterno portiamo in noi. C'è un punto in noi di eternità che noi portiamo. Noi dobbiamo trovarLo questo punto di eternità, e dobbiamo imparare a costruire su questo punto se vogliamo costruire la vita eterna, se vogliamo entrare nella vita eterna.

Dico, il Principio ci è annunciato: il Principio è Dio, l'Essere in cui c'è la ragione di tutto.  Soltanto se noi possiamo portarci a guardare le cose dal punto di vista di Dio, dal punto dì vista del Principio, lì possiamo capire le cose, lì possiamo anche capire che cosa è questo Pensiero di Dio che portiamo in noi, che cosa è questo Eterno che portiamo in noi, che cos'è questa passione di assoluto che portiamo in noi. Lo possiamo capire soltanto in quanto lo vediamo dal Principio.

E allora ci chiediamo: è possibile a noi vedere le cose dal Principio? Ecco, la possibilità è data soltanto proprio in quanto abbiamo in noi il Pensiero di Dio: è soltanto col Pensiero di Dio che noi possiamo guardare dal punto di vista di Dio.

Un pensiero che cos'è? Un pensiero è un punto di vista. Pensiero di Dio è il punto di vista di Dio. Soltanto in quanto allora eleviamo il pensiero che Dio ha dato a noi senza di noi a guardare dal punto di vista di Dio, cioè del Pensiero di Dio, soltanto lì noi possiamo capire che cos'è questo Pensiero stesso di Dio.

Ora, capire che cosa è una cosa è la glorificazione della cosa stessa.

Il fatto stesso che abbiamo in noi il Pensiero di Dio è segno che questo pensiero di Dio, dato a noi senza di noi, ci è dato come oggetto del nostro pensare. Cioè, Dio offrendo a noi il suo Pensiero, Lo offre come oggetto del nostro pensiero, lo offre come oggetto al nostro pensiero! Il che vuol dire che se il Pensiero di Dio si fa oggetto del nostro pensiero, noi possiamo pensarLo, possiamo crederLo, possiamo trascurarLo, possiamo non tenerne conto: proprio perché si è fatto oggetto! Possiamo non tenerne conto! cioè, possiamo ucciderLo: non tener conto, spiritualmente vuol dire far fuori. Far fuori dalla nostra vita, dai nostri pensieri, far fuori vuol dire uccidere.

Il Pensiero di Dio che si offre a noi come oggetto del nostro pensiero, dà a noi la possibilità di pensarLo, ed è soltanto in quanto si offre a noi come oggetto del nostro pensiero che ci dà questa possibilità.

Pensare il Pensiero di Dio vuol dire guardare le cose dal punto di vista di Dio. È il Pensiero di Dio che dà a noi la possibilità di guardare dal punto di vista di Dio! Senza il Pensiero di Dio noi non possiamo minimamente con tutti i nostri pensieri guardare le cose dal punto di vista di Dio.  È solo col Pensiero di Dio che noi lo possiamo fare.

È qui cosa succede?  Il Pensiero di Dio si è fatto oggetto del nostro pensiero; farsi oggetto vuol dire che è il nostro io che pensa: Lui si é fatto oggetto e c'è il mio io che Lo pensa. Noi qui corriamo un rischio tremendo dicendo: "sono io che penso Dio!": rischio di non renderci conto di cos'è questo Pensiero con cui noi pensiamo a Dio. È vero che noi corriamo questo rischio, però Dio facendo così, cioè facendosi oggetto del nostro pensare crea l'unione con noi.

Noi diventiamo figli delle nostre opere. Dio facendosi oggetto si fa nostra opera: opera del nostro pensiero; ma facendosi opera del nostro pensiero diventa figlio nostro e diventando figlio si unisce a noi e noi diventiamo figli di quello. Diventa nostra opera. È vero che noi possiamo uccidere, soffocare questo pensiero di Dio che portiamo in noi, però, dico, intanto  si è stabilito un legame con Dio: Dio si è unito a noi! Noi restiamo uniti a Dio sia che Lo pensiamo sia che Lo uccidiamo!

Sotto un certo aspetto Dio paga cara questa unione con noi.  La paga cara! perché offrendosi come oggetto, noi diventiamo il soggetto, e diventando noi il soggetto, Dio la paga cara nel senso che si offre ad essere cancellato come Verità.  Si offre ad essere cancellato dalla creatura! Ma è la condizione perché l'unione si stabilisca tra Dio e la creatura e tra la creatura e Dio.

Si offre ad essere cancellato, perché? Perché Lui è il Soggetto di tutto, Lui è il Principio di tutto, però se si offre ad essere oggetto della creatura, la creatura dice: "sono io che penso Dio!", e qui cancella Dio come Soggetto. Cancella Dio come Soggetto! Però questo è il prezzo, lasciatemelo dire, che Dio paga per creare l'uomo, ma proprio pagando questo prezzo, Lui stabilisce un'unione con la creatura: un’unione che è opera di Dio: Dio che si fa oggetto. Lui che è il Soggetto, Lui che è il Principio, Lui si fa effetto della creatura, si fa oggetto della creatura e la creatura diventa "lei che pensa Dio".

A questo punto la creatura è unita a Dio. Se è unita a Dio, proprio perché Dio si è fatto oggetto del pensiero della creatura, Dio può sempre comunicare con la creatura perché c'è un termine comune: c'è il suo Pensiero nella creatura, per cui Dio può comunicare con la creatura. Attraverso il suo Pensiero può comunicare con essa.

La creatura riceve le comunicazioni di Dio, a qualunque livello in cui essa si trovi: sia se dice: "sono io che penso Dio", sia se crede in Dio, Principio Creatore di tutto o sia che metta Dio prima di tutto, sottomettendo tutto al Pensiero di Dio.

Abbiamo il primo livello della presenza del Pensiero di Dio in noi, come oggetto, fatto oggetto del nostro pensare, in cui la creatura riceve comunicazione di Dio, ma a quale livello?  A livello di volontà: Dio comunica la sua Volontà e fa servire la creatura. La creatura riceve la comunicazione della volontà di Dio, dell'intenzione di Dio e serve Dio senza capire.

Notate che questa comunicazione della Volontà di Dio la creatura proprio perché porta in sé il Pensiero di Dio indipendentemente da sé (è opera di Dio: Dio che si è fatto figlio della creatura), ha la possibilità di ricevere la comunicazione della Volontà di Dio, dell'intenzione di Dio, a tutti i livelli: fosse anche nell'inferno. Anche nell'inferno la creatura non può ignorare la Volontà di Dio. Dio può dialogare anche con il demonio, Dio può chiamare a Sé, alla sua Presenza, anche il demonio. Dio è l'Essere assoluto, il Creatore, parla con tutte le creature, amiche o nemiche, comunque sia, Dio parla con tutti! Parla con tutti, perché? perché c'è questo termine comune: in ogni creatura c'è il suo Pensiero, e per la presenza di questo Pensiero, Dio può significare la sua Volontà.

Ma significare la sua Volontà, siamo ben lontani dalla comunicazione di ciò che Dio è in Sé, dalla conoscenza di ciò che Dio è in Sé, cioè dalla gloria di Dio, dalla conoscenza della gloria di Dio.

Dico, la creatura portando in sé il Pensiero di Dio, avendo il Pensiero di Dio come oggetto del suo pensare,,,(Dio che si fa oggetto del suo pensare),dico, la creatura può dire: “sono io che penso Dio”, però il Pensiero di Dio nella creatura, oggetto del pensare della creatura, è sempre Dio.  Che la creatura Lo consideri in un modo o Lo consideri in un altro, che la creatura Lo metta in primo piano o Lo metta in ultimo, Lo metta prima di tutto, al centro di tutto, Lo esalti, oppure non Lo consideri nemmeno, il Pensiero di Dio è sempre Pensiero di Dio, indipendentemente dal modo con cui la creatura tratta il Pensiero di Dio. Il Pensiero di Dio è sempre Pensiero di Dio, quindi sempre eterno, assoluto, infinito, è sempre lì!

Non si muove! È una montagna.

La creatura non può fare assolutamente niente contro di Lui: è sempre Pensiero di Dio.  Che la creatura Lo bestemmi, Lo annulli, Lo disprezzi, Lo pesti sotto i piedi, ecc., Lui ,è sempre lì!  Perché è Pensiero di Dio!  La creatura non può cancellarlo: è Pensiero di Dio!

La risposta della creatura di fronte a questo Pensiero di Dio (che si è fatto oggetto del nostro pensiero) può essere a livelli diversi:

la creatura può (proprio perché si è fatto oggetto del suo pensare) metterlo prima di tutto;

può metterlo in relazione alle creature, e allora crede nel Dio Creatore e crede per mezzo del Pensiero di Dio, perché esiste la creazione; quindi può metterlo “il primo” tra tutte le creature: Colui che crea tutte le creature, e Lo conosce come Creatore;

può anche non tenerne conto e dire: "sono io che penso Dio" però intanto il Pensiero di Dio resta Pensiero di Dio.

E allora qui abbiamo tre grandi comunicazioni di Dio con la creatura, a tre livelli:

Il primo l'abbiamo già visto: là dove la creatura è incentrata nel pensiero del suo io (da arrivare a dubitare di Dio, per cui dice: "sono io che penso Dio"), Dio comunica la sua Volontà: fa servire la creatura. La creatura è serva. Dio comunica la sua volontà e fa servire la creatura.

Abbiamo il secondo livello dove la creatura pensa Dio perché ci sono le creature: un "primo" tra tutte le creature. Qui nasce la fede. Qui la creatura conosce Dio, ma conosce Dio perché c'è la creazione, perché ci sono le creature. Ha qui una conoscenza di Dio, ma una conoscenza per fede. Non è la conoscenza di quello che Dio è in Sé. Non abbiamo qui la conoscenza della gloria di Dio. Qui la creatura conosce Dio perché conosce le creature, perché conosce il mondo, perché conosce l’opera di Dio. QUI abbiamo Dio che si fa conoscere per le opere che fa. Ma conoscere Dio per le opere che fa non è la vera conoscenza di Dio, non è conoscere Dio per quello che Egli è in Sé, non è conoscere la gloria di Dio.  Quindi abbiamo questo secondo livello: Dio comunica Se stesso e fa conoscere Se stesso perché fa conoscere le creature che Lui fa.

Se invece la creatura mette questo Pensiero di Dio al di sopra di tutto (e Lo può mettere perché Dio si è fatto oggetto del suo pensare), allora giunge a conoscere la gloria di Dio, ciò che Dio è in Sé.

Mettere al di sopra di tutto, vuol dire sottomettere tutto a questo Pensiero, E noi abbiamo visto domenica scorsa che sottomettendo tutto al Pensiero di Dio, la creatura acquisisce il "Lumen gloriae", acquisisce cioè la capacità di conoscere quello che Dio è in Sé. E qui abbiano questo terzo grande livello che è il livello della Vita Eterna, della comunione con Dio: il livello in cui Dio comunica Se stesso, quello che Lui è, alla creatura attraverso il suo Pensiero.

Ma questo presuppone che la creatura abbia messo il Pensiero di Dio al di sopra di tutto e quindi abbia sottomesso tutto ad Esso. E quando tutto è sottomesso al Pensiero di Dio, il Pensiero di Dio qui consegna la creatura al Padre, affinché la creatura possa attingere dal Padre la sorgente dell'Essere Assoluto, cioè di quello che Dio è in Sé: non di quello che Dio è in relazione alla creazione, alle sue opere, ma quello che Dio è in Sé, cioè conosca la gloria di Dio.

Ora qui è evidente: se soltanto quando tutto è sottomesso al Pensiero di Dio, soltanto lì si conosce la gloria di Dio, questo ci fa capire una cosa enorme ed è quella che dice qui Gesù: "affinché il Figlio di Dio ne sia glorificato".  Evidentemente se si conosce la gloria di Dio soltanto in quanto si è sottomesso tutto al Pensiero di Dio, perché soltanto lì (nel sottomesso tutto al Figlio) si è acquisita la capacità, il "Lumen gloriae", per conoscere quello che Dio è in Sé, quindi per conoscere la gloria di Dio, questo ci fa capire che questa conoscenza della gloria di Dio glorifica il Figlio: perché soltanto il Figlio è il "Lumen gloriae". Ecco, dico, il Figlio è il "Lumen gloriae" sul Padre, cioè quella luce in cui c'è la possibilità di ricevere la comunicazione del Padre.

 

Alcuni pensieri tratti dalla conversazione (di domenica e lunedì)

 

A questo punto si illumina il titolo dell'argomento di stasera: "Passaggio obbligato per ricevere le comunicazioni dal Padre". Infatti la glorificazione del Figlio, che dipende dalla glorificazione del Padre, sta nel fatto che, giunti a conoscere la gloria del Padre, scopriamo che il Figlio è il "passaggio obbligato", il "lumen gloriae", la luce che ci fa conoscere il Padre.

È il Pensiero di Dio, la Persona del Figlio, che si fa oggetto del nostro pensiero, affinché noi riconosciamo che Lui è il Soggetto del nostro pensiero, sottomettendo tutto al suo punto di vista. È il Figlio, non il Padre, che si fa oggetto pur restando Dio (e questo ci è rivelato dal Cristo che si fa "Figlio dell’uomo"). Ed è attraverso il Figlio, diventato Soggetto del nostro pensiero, quando sottomettiamo tutto a Lui, che giungiamo a scoprire il Padre Soggetto del "suo" Pensiero, cioè di quel Pensiero che il Figlio stesso ha formato in noi perché abbiamo sottomesso tutto a Lui. È su questo suo Pensiero che il Padre dice: "Questo è mio".

Noi prendiamo coscienza che Dio si è fatto oggetto del nostro pensiero e che noi ne siamo il soggetto in quanto possiamo pensare a Lui o a altro (abbiamo l'impressione di essere liberi, ma è impressione dovuta a ignoranza di Dio).

Cristo si ritira quando ha formato in me la capacità di conoscere il Padre (il "lumen gloriae"): Lui si ritira come "Pensiero offerto a me". Lui non se ne va come Dio, ma sparisce nella sua funzione di "Pensiero offerto come oggetto al mio pensiero". Infatti il pensiero dell'io come "soggetto che pensa Dio" deve sparire, perché nella Verità è Lui il Soggetto di me. Non è giusto che Lui sia oggetto del mio pensiero, ma questa è la condizione per arrivare a "Dio Soggetto del mio pensiero"; cioè, c'è questa funzione transitoria perché io possa dire: "No, non sono io il soggetto, ma sei Tu il Soggetto di me!" e questo soltanto io lo posso dire perché Lui si é offerto come oggetto.

Ogni malattia (e quindi ogni fatto negativo ai nostri occhi) non è per la morte, ma per la gloria di Dio, affinché il Figlio di Dio ne sia glorificato", dice Gesù. In tutto è il Pensiero di Dio che si fa oggetto del mio pensiero affinché mi doni io a Lui come oggetto del suo Pensiero. L'intelligenza di tutte le cose è determinata da questo rapporto: Dio si dona per primo per cui Lui è con me anche senza di me: e questo mi crea la tragedia (problemi, conflitti, ecc.) perché porto in me un Infinito di cui non capisco niente, fintanto che anch'io non sarò con Lui come Lui è con me.

La conoscenza del primo "come" (come Dio è con me) mi apre a capire "come" io posso essere con Lui; mi rivela cioè qual è il vincolo dell'unione: farsi oggetto di -.

Non è Dio che si comunica a tre livelli, ma è la situazione in cui si trova la creatura che determina la comunicazione (che Dio fa di Sé) a tre livelli.

Collegamento con l'argomento di ieri sera, sabato 27 febbraio, nel v. 19 del cap. 17 di s. Giovanni: “Io per essi santifico (consacro) Me stesso affinché anch’essi siano santificati (consacrati) nella Verità": anche qui c'è una dipendenza tra i due termini determinata da quell’“affinché”. È capendo il primo termine che si realizza l’"affinché", perché è proprio nel cercare di capire che si forma il pensiero unico, puro, "santo" in cui c'è la trasparenza al Padre: quindi è qui che avviene la comunicazione che il Padre fa dì Sé. (cfr.: "capire è guarire!")


All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gv 11 Vs 4 


- RIASSUNTI Domenica -


Argomenti: L’assoluto si trova solo per mezzo dell’assoluto – Il pensiero unico – Parole e pensiero – La funzione della creazione – Il pensiero di Dio e la comunicazione di Cristo -  La glorificazione del Figlio – La resurrezione – Sottomettere a Dio – Aderire alla Verità è grazia di Dio – La possibilità di pensare Dio – Il tempo per Dio – L’occhio e la luce – Nulla avviene a caso -


 

7/ Marzo /1993 Casa di preghiera Fossano.