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“Ma se le faccio e voi non credete a Me, credete in queste opere, affinché  sappiate e conosciate che il Padre è in Me e che Io sono nel Padre” Gv 10 Vs 38 Primo tema.


Titolo: La mezz’ora di silenzio.


Argomenti: L’opera di Cristo: in tutto parla il Principio – I miracoli – L’opera dello Spirito Santo: amen – L’opera di uno avviene in altro da sé – La risposta del Figlio al problema dell’uomo – Credere nell’opera del Figlio: conoscenza del Padre – Cielo e creazione – L’incompiuto nell’uomo – Il silenzio sulla prima parte dell’opera di Dio - 


 

23-24/Agosto/1992 Casa di preghiera Fossano.


Incominciamo un nuovo versetto, il 38, del cap.  X di s. Giovanni. Qui Gesù dice: "Ma se le faccio (cioè, sottinteso: se faccio le opere del Padre mio) e voi non credete a Me, credete in queste opere, affinché sappiate e conosciate che il Padre è in Me e che lo sono nel Padre".

Anche qui ci dobbiamo soffermare sulla prima parte perché è  carica di significato, e cioè: "Ma se le faccio e voi non credete a Me, credete in queste opere".

Abbiamo visto le domeniche precedenti le opere del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

E sono proprio questi argomenti che adesso ci aiutano a capire il senso, il significato di quanto qui Gesù afferma.

Poiché qui c’invita a credere nelle sue opere.

Facendo una separazione tra il credere in Lui e il credere nelle sue opere.

Poiché dice: "se non credete a Me, credete in queste opere”.

E il primo problema che si affaccia è proprio questo: cosa sono queste opere alle quali Lui invita a credere?

E poi soprattutto un problema grosso che vedremo se il Signore vorrà: che relazione ci può essere mai tra il credere in queste opere e quel “affinché...”, poiché Egli dice: “affinché sappiate e conosciate…”.

Cioè, che relazione ci può essere tra il credere nelle sue opere e il sapere, il capire e conoscere che “…il Padre è in Me e che Io sono nel Padre”.

Eppure se Gesù afferma e dichiara queste cose, lo fa per noi, e in quanto lo fa per noi, lo fa per comunicarci qualche cosa: qualche cosa per la nostra vita eterna, e la vita eterna sta nel conoscere Dio, e Lui parla per farci conoscere Dio, per cui in tutte le cose che Lui dice, noi dobbiamo proprio cercare, per restare nella sua intenzione, che cosa Lui ci vuole comunicare di eterno, che cosa Lui ci vuole comunicare del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Abbiamo detto che gli argomenti precedenti circa le opere del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo sono della massima importanza per capire il significato di questo invito a credere nelle sue opere, perché nell'interpretazione ufficiale queste opere sono i miracoli, per cui credere in queste sue opere è credere nei miracoli.

Però qui ci troviamo con uno scoglio, con un conflitto, poiché ci troviamo con la Parola stessa di Gesù che rimprovera coloro che hanno bisogno dei miracoli per credere.

Dico, quest'interpretazione delle opere di Gesù come "miracoli" viene a trovarsi in conflitto con le parole stesse di Gesù, perché Gesù rimprovera: "Voi se non vedete miracoli e prodigi non credete”.

È  un rimprovero.

Ora, se Gesù fa questo  rimprovero a coloro che chiedono dei segni, oppure a coloro che per credere hanno bisogno di vedere dei miracoli, evidentemente non può intendere per miracoli queste opere in cui Lui invita a credere: “credete in queste opere!”.

Dobbiamo chiederci: quali sono queste opere?

Sono le opere del Figlio, e noi l'abbiamo visto le domeniche precedenti quando ci siamo chiesti: quali sono le opere del Figlio di Dio?

Il Padre ha posto il suo sigillo sul Figlio, per cui il Figlio ha una singolarità ed è la singolarità che anche i pagani riconoscono: “Nessuno ha mai parlato come Lui!”.

Ecco le opere del Figlio di Dio!

È  la singolarità del parlare.

Mentre i miracoli possono farli molti (anche i demoni possono fare dei miracoli), nessuno può parlare o potrà parlare come parla il Figlio di Dio: è una singolarità in tutto l'universo ed è una singolarità nel Cielo stesso di Dio.

E qual è questa singolarità?

Abbiamo detto: il sigillo che il Padre ha posto sul Figlio è questo: il Figlio in tutto parla il Principio, parla il Padre, glorifica il Padre: qui siamo nella vita eterna.

Parlare del Padre vuol dire comunicare la vita eterna.

Lui è venuto per darci la vita eterna, quindi è venuto a parlarci del Padre: ecco la singolarità del Cristo! Questa è l'opera del Cristo: la parola che collega ogni cosa con il Principio.

Collega che cosa?

Collega quello che in noi è fratturato, diviso dal Principio.

Abbiamo detto molte volte che l'uomo è una creatura che perde in continuazione il collegamento con il Principio: riceve tutto da Dio, ma non ritorna a Dio, non riporta a Dio; si trova nell'incapacità di riportare a Dio, non perché Dio l'abbia fatto male, ma perché l'uomo si ferma ai sentimenti, alle impressioni e gli è molto difficile riportare a Dio, perché per riportare a Dio deve pensare.

Per l'uomo è difficile pensare.

Cristo si definisce Lui stesso così: “Io sono Colui che parlo a voi il Principio” (Gv 8,25).

E in altro luogo dice: “Io sono venuto per ricuperare quello che sì disperdeva” .

Ecco perché tutto ciò che è separato dal Principio, cioè, separato dal Padre (il Padre è il Principio di tutto), è come un tralcio che è separato dalla vite: è destinato a perdersi.

Così tutto quanto noi riceviamo, raccogliamo durante la nostra vita, capiamo, conosciamo, ma separato dal Principio, separato da Dio, è destinato a finire nel niente: "vanità delle vanità: tutto è vanità" (Qo 1,2) .

Il tempo passa e seppellisce tutto.

Il Figlio di Dio viene a ricuperare quanto si sta perdendo dell'opera di Dio.

Ed è così che Lui salva, perché ci ricollega con il Principio: ci offre la possibilità di ricollegarci con il Principio.

Qui Gesù dice: "credete!".  "Credete in queste opere!!”.

Il problema è credere.

Ma è possibile?

Se ci invita a credere nelle sue opere, vuol dire che lo possiamo.

Qui fa una differenza, in quanto dice: "se non credete In Me, credete nelle opere!”.

Una differenza tra il credere in Lui e il credere nelle sue opere.

"Se non credete in Me". 

Cosa vuol dire credere in uno?

Sono molti che credono in Cristo (che si illudono di credere in Lui): “io credo in Cristo”, dicono.

Quante volte si sente dire: “sono religioso e credo in Cristo”, ma non credono nelle opere che fa Cristo.

Non credono nelle parole di Cristo!

Non credono in questo riferire tutto al Padre!

Non credono che tutto viene da Dio, tutto va accolto da Dio e tutto va riportato a Dio, per cui questa fede in Cristo diventa una fede evanescente, diventa una fede senza sostanza, senza anima.

E poi c'è il problema (ed è una cosa che bisogna chiedercela): è possibile credere (poiché il più delle volte è una fantasia nostra) in Uno che non si incontra, che non si conosce, che non si vede?

Che non si ascolta mai parlare?

Quindi qui fa distinzione tra la Persona e le sue opere, perché dice: “se voi non credete in Me, credete nelle mie opere!”. 

Dobbiamo chiederci: che differenza c'è tra la persona e le opere, che questa persona fa?

Perché le opere di una persona non sono altro che un'espressione, una significazione della persona stessa; e soprattutto che differenza c'è tra credere nelle opere di Uno e credere in Uno?

Gesù ha delle affermazioni nettissime, come quando dice: “Dove Io sono voi non potete ventre” (Gv 7,34), “nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me” (Gv 14,6). 

Non dice: "Nessuno può venire al Padre se non per mezzo delle mie opere", ma dice: “Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me”, quindi parla di “Uno” Lui, questo “Me”, è un passaggio obbligato: Lui, non le sue opere!

Eppure qui dice: “se non credete a Me, credete alle mie opere!”.

Poi dice una cosa enorme: “affinché...” : “affinché sappiate e conosciate che il Padre è in Me e che Io sono nel Padre”, per cui mette l'accento sopra queste opere, sopra il credere in queste opere sue, quale condizione per giungere a conoscere.

Abbiamo visto le volte scorse che credere vuol dire arrivare a dire “amen”.

Dire “amen” vuol dire “è vero!”, quindi vuol dire arrivare a constatare.

E come si arriva?

Abbiamo detto che la Parola di Cristo collega tutto con il Principio.

Come fa - ci siamo chiesti - a collegare una cosa e noi con il Principio?

Abbiamo detto che la parola "convoca a-". 

Colui che parla con noi ci convoca alla presenza del suo Pensiero.

Il Pensiero del Figlio è il Padre.

Cristo, Figlio di Dio, parlando con noi convoca noi al Padre, al Principio di tutto.

E quando diciamo “convoca noi”, che cosa intendiamo?

Convoca quello che noi abbiamo presente: noi che siamo fatti di pensieri del mondo, avvenimenti, cose, creature, ecc., tutte scollegate in noi dal Principio.

Lui raccoglie noi, cioè questi pensieri nostri così molteplici, così dispersi e parlando con noi convoca noi, attraverso questi pensieri al Principio. 

Quindi prende contatto con la realtà con cui noi ci troviamo, con i nostri problemi. Noi siamo sostanzialmente un problema!

Dico: convoca noi alla presenza del suo Pensiero, cioè alla presenza del Padre, alla presenza del Principio.

In quanto ci convoca, per effetto dell'opera sua noi siamo portati in quel luogo in cui possiamo constatare quella Presenza che è presente al Figlio: questa è l'opera sua, questa, è l'opera che fa il Figlio.

Non sono i miracoli.

Questa è la sua opera, e, se proprio vogliamo parlare di miracoli, questo è il grande miracolo che fa il Figlio, perché convocati a quella Presenza, dà a noi la capacità (noi non siamo capaci), di dire “amen”.

Abbiamo detto che dire “amen” non significa dire a parole amen. 

Amen si dice con il pensiero, con la mente. 

Dire “amen” al Principio, vuol dire farlo nostro Principio.

Noi non siamo capaci a dire “amen”; noi da soli non possiamo dire “amen”. Noi diciamo “amen” per opera e grazia dello Spirito Santo: è l'opera dello Spirito Santo! Per dire “amen” noi dobbiamo avere presente una Realtà e avere presente Colui che ci ha condotti a vedere quella Realtà. Abbiamo due termini: la Realtà e chi ci ha condotti a vederla.

La Realtà è il Principio, cioè è il Padre. Abbiamo questa Realtà che nessuno può ignorare, perché noi la portiamo presente in noi, ma dalla quale noi ci disperdiamo in continuazione, perché noi perdiamo il Principio.

Soltanto Colui che ha come suo principio il Padre, quindi soltanto il Figlio di Dio, soltanto Costui ha la possibilità di ricuperare noi in continuazione in questo Principio, quindi di convocare noi in questa Presenza.

Questa Presenza è già in noi. Infatti Gesù dice: “Il Padre vi ama” (Gv 16,27). 

Amare vuol dire rendersi presente: quando uno ama si rende presente; quando uno non si rende presente vuoi dire che non ama. Quindi se Gesù ci dice “il Padre vi ama”, vuoi dire che il Padre è già in noi: noi siamo creature fatte della presenza di Dio. Però è una Presenza in cui noi non sappiamo stare, perché per poter restare alla presenza di Dio si richiederla capacità di generare il Figlio di Dio dal Padre.

E fintanto che noi non impariamo a generare il Figlio di Dio dal Padre, non possiamo restare con il Padre. Quindi noi siamo sostanzialmente una fuga da Dio, proprio per la nostra incapacità a generare il Figlio di Dio dal Padre; per cui soltanto il Figlio di Dio che partecipa alla propria generazione (poiché presso Dio si è fatti partecipi, si è consapevoli, e quindi tutte le cose avvengono con la partecipazione propria; non avvengono quindi per atti magici, indipendentemente dall'Essere o dalla creatura) può restare con il suo Principio.

Noi siamo sostanzialmente in fuga da Dio, in allontanamento da Dio, ed è un allontanamento progressivo fino alla dispersione completa (la morte è dispersione, non è annullamento!) proprio perché non siamo capaci a partecipare alla generazione del Figlio di Dio da Dio.

Soltanto lì, in questa generazione, si resta con Dio, si resta nella casa del Padre, figli di Dio.

Cristo viene per dare a noi la possibilità di diventare figli di Dio: dà a noi la possibilità di dire “amen”.  Per dare a noi la possibilità di dire “amen”, ci deve convocare alla presenza di Colui che è già presente, in noi, perché se Dio Padre non fosse già presente in noi, nessuno potrebbe convocarci a questa Presenza.

Noi non possiamo convocare nessuno ad una presenza se quell'uno non l'abbiamo già presente.

Quindi questo convocare non è altro che un “evocare”, un richiamare: un richiamare alla presenza di un Essere che é già presente. Ed è per questo che noi possiamo Intendere il parlare

di Dio! 

Noi possiamo intendere il parlare di Dio in grazia del Dio che abbiamo già presente in noi, perché se Dio non fosse pre sente in noi, nessuna comunicazione di Dio sarebbe a noi possibile: non entrerebbe!

Quindi le Parole di Dio arrivano a noi e sono recepibili  da noi proprio in grazia della presenza di Dio in noi. Il Figlio parlando convoca noi a questa Presenza.

Convocati a questa Presenza, quindi per opera di questa Presenza e della convocazione che il Figlio ha fatto di noi a questa Presenza, a quel punto lì noi possiamo dire “amen”, “è così!”.

Dicendo “è così”, succede un fatto meraviglioso in noi, perché quel Principio al quale il Figlio ci ha condotti, a quel punto può diventare il nostro Principio. Presso Dio tutto è possibile, quindi “può diventare”. 

“Può”, non è imposto: c'è possibilità. Dico, a quel punto, quel Principio al quale il Figlio ci ha convocati, può diventare il nostro principio.

E cosa vuol dire “diventare il nostro principio”?

Vuol dire che noi incominciato a guardare tutte le cose da- quel punto di vista, dal punto di vista di Dio Creatore, dal punto di vista del Padre.

Proprio       incominciando a guardare dal punto di vista   di-, la prima cosa che si osserva è Colui che ci ha condotti a     quel punto di vista lì, ed è qui che si forma adesso la capacità in noi, quella che non avevamo prima, la capacità di credere nel Figlio!

A questo punto dobbiamo chiederci (e ce lo siamo già chiesti fin dall'inizio): che differenza c'è tra credere nelle parole di Uno o nelle opere di Uno e credere in Uno?  Ecco, qui è necessario che le idee si formino chiare per evitare le confusioni.

L'opera di uno è sempre un qualcosa che quest'uno fa in un altro: l'opera che uno fa, la fa sempre in un altro. L'opera che Dio fa, la fa in noi. L'opera del Figlio di Dio, queste parole che il Figlio di Dio dice e con le quali Lui ci convoca alla presenza del Padre, le opera in noi: queste parole le opera in noi.

E cosa vuol dire che le opera in noi? Vuol dire che le opera in ciò che noi abbiamo presente. Noi non abbiamo presente Dio; noi abbiamo presente quello che ci porta lontano da Dio.

Noi abbiamo presente le creature: sono opere di Dio le creature, ma non sono Dio. 

Le creature servono in quanto sono segni di Dio e quindi in quanto ci riportano a Dio, ma, ho detto, noi non riportiamo mai le creature a Dio: noi ci fermiamo alle impressioni che le creature lasciano in noi, e tutti i nostri comportamenti di vita sono sempre in relazione alle impressioni, ai sentimenti che riceviamo dalle creature.

Ecco, noi siamo fatti  dalla presenza di tutto questo mondo creato da Dio, che forma  noi, per cui siamo una molteplicità di tanti pensieri, di tante  cose, di tante nozioni, di tante conoscenze.

Il Figlio di Dio  viene in questa dispersione, e l'opera che il Figlio di Dio fa, le parole che il Figlio di Dio dice, le fa, le dice in quello che noi abbiamo presente.

Tutto quello che noi portiamo in noi e abbiamo presente in noi, forma in noi problema. 

Tutta l'opera di Dio, e noi siamo fatti dell'opera di Dio (i fatti, gli avvenimenti, la storia, il nascere, il morire, ecc.), entrando in noi forma in noi problema. Noi siamo sostanzialmente un problema.

E l'opera di uno non è altro che la risposta a questo problema che siamo noi: questo è l'operare di Uno. Anche il Figlio di Dio, operando in noi, viene a rispondere al nostro problema.

Perché noi ci interessiamo del Vangelo? Ci interessiamo del Vangelo non per leggere delle buone novelle o dei miracoli, ma sostanzialmente per ascoltare la risposta che il Figlio di Dio dà ai nostri problemi, che sono problemi di vita, che sono tragedie di vita, perché ad un certo momento i problemi diventano angosce, diventano tragedie, diventano suicidi.

Nelle sue parole, in queste opera che il Figlio di Dio fa in noi, Cristo presenta la risposta ai nostri problemi: la risposta dal suo punto di vista, dal punto di vista del Figlio di Dio, cioè dal punto di vista di Dio Creatore. Quindi in Lui noi troviamo la risposta, la soluzione ai nostri problemi: soluzione che è    una proposta (infatti ci invita a credere: sono opere! Dice: “credete”) Quindi dà una risposta ai problemi che ci assillano, problemi esistenziali, che determinano le nostre angosce, le nostre morti. Questa, dico così, è l'opera del Figlio di Dio, quindi l'opera di uno fatta nell'altro.

Però abbiamo detto, dobbiamo distinguere tra l'opera di uno e ciò che quell'uno è, tra il credere all'opera di uno e crede re in Uno.

Noi crediamo nell'opera di uno in quanto crediamo alla risposta che quest'uno dà al nostro problema, e abbiamo detto, la risposta che il Figlio di Dio dà al nostro problema è quella di portarci a vedere le cose dal punto di vista del Padre, dal Principio, cioè dal Padre.

"La chiave di tutto - ci dice – è lì: siete stati creati da Dio e siete stati creati per Dio, quindi tutti i vostri problemi sono determinati da questo destino al quale Dio vi ha destinati creandovi; voi siete stati creati per conoscere Dio, quindi la chiave di volta di tutti i vostri problemi, sta in Dio”.

Cristo risolve i nostri problemi in quanto ci fa capire il “perché” di questi problemi: perché siamo ascollegati dal Principio. Facendoci capire il “perché” ci dà la possibilità di risolverli.

Questa è L'opera che il Figlio di Dio fa con ogni uomo: presenta cioè la risposta ai nostri problemi; ci invita a credere: a credere a questa risposta. E abbiamo la possibilità di credere, perché vediamo la comprensione del nostro problema: la comprensione dal punto di vista del Principio, quindi veritiera. “Il Padre è verace” dice Gesù (Gv 8,26).

Invece il credere in Uno, il credere nel Figlio di Dio, o anche credere in uno qualsiasi, cosa vuol dire? Credere in uno non vuol dire credere alla risposta che quell'uno dà ai nostri problemi, ma vuol dire aderire al suo problema! Crediamo in uno, non in quanto quell'uno soddisfa al nostro problema, ma in quanto quell'uno propone a noi il suo problema e noi vi aderiamo.

Il Figlio di Dio ha il suo problema da proporre a noi.  Invitandoci a credere alle sue opere, ci invita a credere alla risposta che Lui dà ai problemi che noi portiamo in noi. Credendo a questo, ci dà la possibilità di credere in Lui avendo risolto il nostro problema. Prima risolve il nostro problema e poi dà a noi la possibilità di rispondere e di interessarci quindi del suo problema. Possiamo infatti fidarci di Uno che ha risolto il nostro problema anche quando ci parla di cose che non vediamo e non tocchiamo. E' questa fiducia che ci fa capaci di credere in Lui perché è credibile, è veritiero.

E il suo problema qual è? Il suo problema è il Cielo, il suo problema è quel mondo nel quale nessuno entra se non per mezzo di Lui. Non di Lui in quanto risolve il nostro problema, risponde ai nostri problemi, ma di Lui in quanto propone a noi il suo problema, e il suo problema è di conoscere il Padre, di conoscere Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo: vita eterna!

Qui capiamo che ci sono questi due grandi mondi cui ci siamo sempre riferiti, cui abbiamo sempre accennato:

c'è un mondo che forma il nostro problema: mondo che è dato a noi indipendentemente da noi, mondo che ci piomba addosso.

Noi nasciamo: la nostra nascita ci piomba addosso.

Così tutto l'universo, la creazione, i fatti.

Ogni giorno tutto questo ci piomba addosso, arriva a noi indipendentemente da noi.

C'è quindi tutto questo mondo che arriva a noi indipendentemente da noi e che forma il problema e ci forma il problema proprio perché non ci capiamo niente, perché il sigillo della creazione di Dio è il mistero. E non ci capiamo niente perché?

Perché la chiave di lettura è Dio e fintanto che noi non conosciamo Dio, non abbiamo la chiave di lettura per leggere le opere di Dio. Dico, il Figlio di Dio viene in questo nostro mondo che arriva a noi indipendentemente da noi e forma quindi in noi problema e offre a noi la soluzione (la risposta, quindi la soluzione) dal punto di vista di Dio.

Ma poi c'è l'altro mondo: il mondo di tutte quelle cose che non sono date a noi senza di noi.

Quindi abbiamo tutto un mondo che è dato a noi senza di noi e che forma in noi problema. E abbiamo un mondo che non può essere dato da Dio a noi senza di noi.

E cosa vuol dire questo "non può essere dato a noi senza di noi"?

Vuol dire che non ci può essere dato senza la dedizione del nostro pensiero al problema che ci propone Dio; quindi non al problema che ci propone o ci forma il mondo che arriva a noi senza di noi, ma al problema che ci propone il Figlio di Dio. Per cui il problema che ci propone il Figlio di Dio diventa il passaggio obbligato che richiede la dedizione del nostro pensiero, per entrare in quell'altro mondo, in quel mondo in cui non si entra senza di noi.

E non é opera nostra, sia chiaro! Non é fatica nostra, non è impegno nostro!

Certo, tutta la Parola di Dio dice a noi: "Sforzatevi di entrare nella vita eterna, nel cielo di Dio, nella conoscenza di Dio" (Lc 13,24), si capisce, e richiede questo sforzo; però la conoscenza di Dio, la vita eterna, il cielo di Dio, non è opera nostra, non è fantasia nostra, non è ragionamento nostro, non è pensiero nostro! Richiede il nostro pensiero, ma non è nostro pensiero, non è opera nostra.

Noi con tutto il nostro pensare non possiamo minimamente sfiorare il cielo di Dio; per cui l'entrata in questo cielo, in questo mondo di cose che non possono essere date a noi senza di noi, è data dalla dedizione del nostro pensiero a Dio.

Quindi il nostro pensiero si deve impegnare con Dio per guardare da Dio.

Il che vuol dire che l'opera è di Dio, perché senza Dio (anche se dedico tutto il mio pensiero) non posso fare niente e se soltanto con Dio io posso entrare, vuol dire che la grazia, l'opera, il dono è di Dio.  Richiede la dedizione del nostro pensiero, come richiede, ad esempio, che io vada a pranzo quando sono invitato a pranzo. Però il pranzo è il dono di colui che mi invita a pranzo.

Così noi siamo invitati nel Cielo di Dio. Nel cielo di Dio non si entra senza di noi, però, l’opera non è nostra, il merito non è nostro, il diritto non è nostro.

Tutto è grazia di Dio, perché soltanto con Dio e da Dio noi possiamo entrare in quel Cielo che è la conoscenza di Dio, che è la nostra vita eterna.

Abbiamo questi due grandi mondi che riflettono le due grandi opere che Dio fa.  Abbiamo detto che l'opera di Dio si divide in due grandi parti ("due metà"):

la parte di tutto quello che Dio fa senza di noi,

e la parte di quello che Dio non fa senza di noi, perché richiede la dedizione nostra, e questo, ho detto, è il problema del Figlio.

Mentre il Figlio viene per farci capire il significato dei problemi che portiamo in noi, viene anche ad offrirci il suo problema e quando Lui viene ad offrirci il suo problema, qui richiede il credere in Lui: quindi si passa dal credere alle sue opere al credere in Lui perché senza di Lui, Pensiero del Padre, non possiamo entrare. Non è pensiero nostro, quindi non è per opera nostra che noi entriamo nel Cielo di Dio, ma soltanto per mezzo del Pensiero del Padre, cioè, problema del Figlio, Pensiero del Padre.

È  soltanto per mezzo del Pensiero del Padre che noi possiamo entrare in quel mondo che è poi il vero mondo, il nuovo mondo, il mondo della vita eterna, in quel mondo in cui non si entra senza di noi.

Quando abbiamo parlato del compimento di tutte le opere, abbiamo detto che tutto è compiuto in Dio e da Dio, però questo compimento di tutte le cose può presentare un aspetto di incompiutezza in noi, perché il compimento di tutto richiede da parte nostra la conoscenza che tutto è compiuto da Dio, e fintanto che in noi non si forma questa conoscenza che tutto è compiuto da Dio, il tutto di Dio per noi è incompiuto. E il tutto per noi incompiuto è determinato dal fatto che noi ci troviamo con una realtà che non è Dio, che per noi è mistero, che per noi non ha un fine, non ha un senso, non ha un significato.

Se la chiave di volta, la chiave di lettura, per giungere al tutto compiuto di Dio, come tutto è compiuto da Dio, sta nel vedere tutto unicamente da Dio, quindi nel credere al Figlio, cioè nell'aderire al problema che il Figlio ci pone, questo richiede da noi il superamento di tutte le opere di Dio. E questa è l'opera richiesta all'uomo!

Mentre Dio dà all'uomo tutte le cose, manifesta tutte le sue opere per formare in lui il problema, l'opera che Dio chiede all'uomo è: superare tutte le opere che Dio ha fatto per l'uomo affinché l'uomo veda la novità da Dio. Si richiede questo silenzio di tutta l'opera che Dio ha fatto a noi senza di noi.

Abbiamo detto che il tema di oggi è: "Mezz’ora di silenzio" del settimo sigillo dell'Apocalisse. Nel settimo sigillo, prima della grande rivelazione di Dio, c'è questa mezz'ora di silenzio in tutto il mondo (Ap 8,1). E tutti si chiedono: perché mezz'ora?

Mezz'ora perché è metà.

Perché tutta l'opera di Dio è fatta di due parti:

abbiamo una parte che arriva a noi Indipendentemente da noi;

e abbiamo l'altra parte invece nella quale non si entra senza di noi.

Tutta la prima parte, questa metà dell'opera di Dio, (dico, l'opera di Dio è un'opera unica, compiuta, è fatta di queste due parti) questa prima parte deve essere tutta messa a tacere: ci deve essere questo silenzio di tutto!

Per trovare il tutto compiuto da Dio, unicamente in Dio, perché il tutto compiuto è in Dio e da Dio. E se è da Dio, tutto ciò che non è Dio, quindi tutte le opere di Dio, tutte (tutte! niente escluso), tutte le opere di Dio, quindi tutta la prima parte di tutta l'opera che Dio fa indipendentemente da noi, deve essere superata, deve essere messa a tacere.

Mezz'ora di silenzio di tutto per imparare la novità, per imparare a nascere da Dio. Si entra nel Regno di Dio, si resta nella casa di Dio, soltanto in quanto si partecipa alla generazione del Figlio da Dio, dal Padre.

È  una novità.

Questa capacità si deve formare nella vita di ognuno di noi, perché questa é la condizione per entrare nella vita eterna, per conoscere Dio.


“Ma se le faccio e voi non credete a Me, credete in queste opere, affinché  sappiate e conosciate che il Padre è in Me e che Io sono nel Padre”

Gv 10 Vs 38   Secondo tema.


Titolo: Passaggio dal credere al sapere.


Argomenti: L’incompiuto nell’uomo – Le due parti dell’opera di Dio – Vedere il Principio – L’opera del Figlio – Il duplice parlare del Figlio – Le cose della terra – Mezz’ora di silenzio – La capacità di credere: Comprensione del problema -  Universalizzare il Principio – Il Principio d’intelligenza – Passaggio dall’opera alla Persona – Il problema dell’uomo e il problema del Figlio – Amen – Conoscere come Dio conosce.


 

30-31/Agosto/1992 Casa di preghiera Fossano.


“Affinché sappiate”, quindi il sapere è dipendente dal credere.

Ci fa intuire che se uno non crede, nelle opere che Lui fa, non può arrivare a sapere, non può arrivare a conoscere.

Il Figlio fa le opere del Padre, poiché Lui dice che non fa niente, se non lo vede fare dal Padre.

Queste opere che il Figlio fa, sono le parole, con le quali Lui riporta, convoca tutto al Principio.

Il Figlio non fa altro che glorificare il Padre.

Il Padre è il Principio, Colui dal quale viene ogni cosa, Colui nel quale vi è la ragione di ogni cosa e quindi Colui dal quale viene la Luce di ogni cosa.

Perché se in Lui c’è la ragione di ogni cosa, la Luce su ogni cosa si trova soltanto nel Padre e dal Padre.

Il Figlio essendo Figlio, non fa altro che glorificare il Padre.

E glorificare il Padre, vuol dire riportare tutto in questo Principio.

Tutte quelle cose che in qualche modo, non sono riportate nel Principio, non sono riportate nel Padre.

Ma è possibile che qualcosa resti staccata dal Padre?

Isolata, autonoma dal  dal Padre?

Quando tutto è opera del Padre e tutto è fatto dal Padre nel suo pensiero.

Per cui tutto nella Verità è tenuto unito a Dio.

Eppure questo si verifica nell’animo dell’uomo, nella mente dell’uomo.

L’uomo può non riportare tutte le cose a Dio.

Abbiamo visto che l’opera di Dio si svolge in due tempi, c’è il primo tempo in cui tutto arriva a noi indipendentemente da noi.

La creazione, la nostra esistenza, il tempo arrivano a noi, indipendentemente da noi.

Sia che siamo buoni o cattivi, sia che siamo giusti o ingiusti.

C’è però un secondo tempo dell’opera di Dio, in cui le cose non si compiono senza di noi.

Ed è qui che può avvenire come avviene il distacco dell’opera di Dio da Dio.

Le cose non sono più riportate a Dio.

E dobbiamo chiederci che significato ha, perché c’è questa seconda parte dell’opera di Dio in cui le cose non si compiono senza di noi.

Gesù già ce lo fa capire con l’incontro con Natanaele, quando dice: “Vedrai cose maggiori di queste”.

Ci sono dei doni minori e dei doni maggiori.

Tutto ciò che arriva a noi senza di noi, rappresenta i doni minori di Dio e tutto quello che non arriva a noi senza di noi, rappresenta i doni maggiori di Dio.

Il che vuol dire che i doni maggiori di Dio, che rendono stabile la nostra vita nel cielo di Dio, cioè la vita eterna, la conoscenza di Dio, non possono giungere a noi senza di noi.

E perché non possono arrivare a noi senza di noi?

Perché sono doni che presuppongono la conoscenza.

E per conoscere una cosa bisogna avere presente il principio della cosa.

Il Principio delle cose, non può essere manifestato a noi senza di noi, senza l’offerta del nostro pensiero.

Perché il Principio si rivela soltanto nel suo Pensiero.

Tutto quello che noi esperimentiamo (dato a noi senza di noi), non è il principio delle cose e non può essere il principio delle cose.

È l’effetto, la conseguenza dell’opera di Dio su di noi.

Dio ci crea e ci crea indipendentemente da noi ma anche opera su di noi indipendentemente da noi per farci maturare.

Tutta questa opera che Lui fa, è effetto del suo intervento su di noi.

Noi subiamo questo effetto, però il Principio non possiamo vederlo.

Perché il Principio si vede soltanto dal Principio.

Per cui soltanto se noi superiamo tutto quello che è effetto del Principio, tutta la prima parte dell’opera di Dio (mezz’ora di silenzio), per guardare da Dio, soltanto da Dio noi possiamo vedere il Principio.

Dio solo è rivelatore di Sé, il che vuol dire che soltanto se noi abbiamo la possibilità di elevare il nostro pensiero a Dio e di guardare le cose dal punto di vista di Dio, noi soltanto lì abbiamo la capacità si scoprire il Principio.

E scoprendo il Principio accediamo a quel regno della conoscenza che è il regno di Dio.

Il regno di Dio è il regno della Verità.

È il cielo di Dio

Ed è lì che si realizza la vita eterna che è conoscenza di Dio come vero Dio.

Però questa conoscenza si ha soltanto in Dio e da Dio.

Tutti subiscono l’opera di Dio.

Anche nell’inferno si subisce l’opera di Dio.

La conoscenza di Dio, si ha soltanto là, dove la creatura eleva il suo pensiero a Dio per ricevere da Dio la conoscenza del Principio.

Abbiamo capito quindi quale è l’opera del Figlio di Dio.

Per questo Gesù fa questa distinzione fra il credere in Lui e il credere nelle sue opere.

Importante è credere nelle sue opere e importantissimo è credere in Lui.

Perché senza di Lui non si entra.

Però ci fa capire che la condizione prima è quella di credere nelle sue opere.

Opera del Figlio di Dio, è quella di convocarci al Principio.

Per dare a noi la possibilità di giungere alla conoscenza.

Perché soltanto dal Principio si entra nella conoscenza, cioè nel cielo di Dio.

Abbiamo visto che nel Padre ci sono due opere: creazione e generazione del Figlio.

Così anche nel Figlio, noi troviamo questo duplice parlare.

E lo accenna nel discorso che fa a Nicodemo: “Se vi ho parlato delle cose della terra e non credete, come potrete credere quando vi parlerò delle cose del cielo?”.

Fa capire che duplice è il parlare del Figlio di Dio.

C’è un parlare del Figlio di Dio delle cose della terra.

E c’è un parlare del Figlio di Dio delle cose del cielo.

Il suo parlare delle cose della terra, rende noi capaci di credere ma se non crediamo al suo parlare della terra, evidentemente non si forma in noi la capacità di credere, quando Lui ci parlerà delle cose del cielo.

Come qui afferma che c’è un legame tra il credere alle sue opere e il giungere a conoscere, così c’è un legame di dipendenza tra il suo parlare delle cose della terra e il suo parlare delle cose del cielo.

Evidentemente quindi il parlare del Figlio delle cose della terra, è una preparazione per la formazione in noi della capacità di ascoltare il Figlio di Dio quando ci parla delle cose del cielo.

Perché le cose del cielo dipendono dalle cose della terra?

Non che il cielo dipenda dalla terra.

Quando il Figlio di Dio parla a noi di cose della terra, non è che ci confermi nelle conoscenze umane che noi abbiamo, è sempre il Figlio di Dio che parla a noi, sia quando parla di cose della terra, sia quando parla di cose del cielo.

Cosa sono queste cose della terra?

Le cose della terra sono quelle che noi vediamo, esperimentiamo e tocchiamo.

Sono quelle che noi possiamo verificare.

Quando il Figlio ci parla del seminatore, dell’acqua, dei monti, dei gigli, ci parla di cose della terra.

Cose che noi esperimentiamo, di cui possiamo capire il significato.

Mangiare, vestire, sono tutte cose che appartengono alla nostra terra nel senso che noi possiamo vederle, toccarle ed esperimentarle.

Ora il Figlio di Dio, venendo tra noi, incarnandosi, parla a noi di cose della terra.

Ma non parla di cose della terra per confermarci nelle cose della terra.

Parla a noi di cose della terra per farci capire il significato spirituale di queste cose della terra.

Però ci fa anche capire che quando ci parla di cose della terra per farci intuire il significati spirituali, non ci parla ancora delle cose del cielo.

Quindi Lui ci parla delle cose della terra per farci capire che Dio regna, che Dio opera e per farci capire il fine, per farci capire quello che bisogna mettere prima di tutto.

Per cui la conclusione, il fine di tutto l’operare di Dio sulla nostra terra, in quel campo in cui possiamo capire, vedere, esperimentare le cose, è quello di farci capire il senso delle cose, il valore delle cose.

Cioè quello che bisogna mettere prima di tutto.

Quindi possiamo concludere che tutta l’opera di Dio sulla nostra terra (fino alla morte compresa) è per metterci in evidenza quello che dobbiamo mettere prima di tutto, al di sopra di tutto.

Non preoccuparti del mangiare e del vestire, cerca prima di tutto il regno di Dio, questa è la sintesi di tutto il parlare di Dio sulla nostra terra.

Il Figlio non fa altro che fare le opere del Padre, infatti dice: “Se io non faccio le opere del Padre non credetemi, ma le faccio, credete a queste opere”.

Quindi si presuppone che noi ci rendiamo conto che Lui sta facendo tra di noi le opere del Padre.

E quali sono queste opere del Padre?

Il Padre, essendo l’essere assoluto, l’unico essere che opera tutto in tutti, non fa altro che manifestare Se Stesso.

Fa ogni cosa per far conoscere Se Stesso, per rendere le creature partecipi di Sé.

Il Figlio non fa nulla di nuovo, il Figlio fa le opere del Padre.

E facendo le opere del Padre, non fa altro che glorificare il Padre, che far conoscere il Padre.

Il Figlio non fa altro che riportare tutto a quest’unica cosa necessaria.

“Una sola cosa è necessaria”, conoscere Dio, perché?

Perché Dio opera tutto per farsi conoscere e quindi non fa altro che confermare che tutta la creazione ha uno scopo solo, quello di farci capire che dobbiamo mettere al di sopra di tutto, prima di tutto, come unica cosa necessaria la ricerca della conoscenza del Padre.

Ecco le opere che il Figlio fa tra noi e la luce sulle opere che il Figlio fa ci viene dal Padre.

Perché tutto nel Figlio è illuminato dal Padre.

Quindi se la Luce che ci viene dal Padre, ci fa capire che tutto il Padre opera per far conoscere Se stesso, il Figlio non fa altro che confermare questo pensiero del Padre di convogliarci a cercare Dio al di sopra di tutto.

Per cui le opere del Figlio ci convocano (e quindi sono parole) al Principio.

Ci riportano al Principio.

E riportandoci al Principio cosa danno a noi?

Danno a noi la possibilità di credere.

Riportandoci al Principio, il Figlio di Dio forma in noi la capacità di dire: “È vero”.

Il Cristo, operando tra noi, opera comprendendo i nostri problemi, prende contatto con i nostri problemi.

Tutto ciò che arriva a noi senza di noi (opera di Dio), arrivando a noi, forma in noi il problema.

Tutta l’opera del Figlio è parola e Cristo parlando tra noi, operando tra noi, ci convoca al Principio.

Al principio dei nostri problemi.

Quindi ci fa capire il significato, il senso dei nostri problemi, da cosa hanno origine i nostri problemi.

Noi sostanzialmente portiamo i problemi dentro di noi perché non capiamo il significato delle cose.

La vita stessa arriva a noi e noi non sappiamo quale sia il significato della vita.

Tutti quanti vivono e si chiedono a cosa serve la vita.

Ecco il problema che tutti quanti sentono.

Cristo parlando ci convoca al Principio.

Al principio di questo problema.

Quindi ci porta alla sorgente, alla fonte di questo problema.

Ecco perché noi superiamo il problema.

Ci fa capire perché noi non capiamo il significato delle cose.

Collegato il nostro problema con la sua fonte, col Principio, lì noi abbiamo la capacità di credere.

Prima non abbiamo la capacità di credere.

La capacità di credere, quindi anche la credibilità, avviene là dove c’è la comprensione del problema.

Là dove il problema è compreso, la creatura ha la capacità di credere.

Là dove invece il problema non è compreso o non è totalmente compreso, la creatura si trova nell’impossibilità di credere.

La creatura non è libera di credere.

Quanti vorrebbero credere e non possono.

Ed è inutile insistere, non possono credere.

Il credere è l’atto conclusivo di un opera di comprensione.

Là dove la creatura trova la comprensione della realtà in cui si trova, quindi la significazione di questo, quello diventa credibile.

La creatura può dire:”Credo, amen, è vero”.

Infatti abbiamo detto che il vero Amen è opera dello Spirito Santo che è Spirito di Verità.

E questo Spirito di Verità è sintesi di due fattori.

Ci deve essere una realtà che noi abbiamo presente e questa realtà deve essere compresa in un principio.

Soltanto quando c’è comprensione di questo noi possiamo dire: “È vero”, altrimenti noi ci troviamo con una realtà sospesa che però è una realtà che per noi è mistero.

Però questa realtà, impedisce a noi di fare l’atto di fede.

Impedisce a noi di credere.

Il Figlio di Dio, operando tra noi, operando tra noi, ci convoca al Principio dei problemi che subiamo della realtà in cui ci troviamo e di fronte a questo Principio, noi lì, abbiamo la capacità di dire: “Amen, è vero”.

Avere la possibilità non vuol dire necessariamente dirlo.

Uno può anche non dirlo.

L’amen vero, l’atto di fede non si dice a parole, non è questione di parole, è questione di pensiero.

E quad’è che noi diciamo amen con il pensiero?

Quando noi assumiamo quel Principio come nostro principio.

Quando lo facciamo nostro principio.

E cosa vuol dire assumere una cosa come nostro principio?

Vuol dire cominciare a guardare tutte le cose da quel punto di vista lì.

Quindi noi in realtà, diciamo “Amen, è vero” quando cominciamo a vedere le cose dal punto di vista al quale ci ha condotti il Figlio di Dio.

Solo il Figlio di Dio ci può condurre al Principio.

Perché solo il Figlio di Dio che viene dal Principio, che conosce il Principio, può condurci al Principio.

Noi da soli non possiamo andare.

Noi da soli subiamo il problema ma non possiamo rispondere al problema.

Soltanto Colui che ha la chiave, la soluzione, perché ha presente il Principio, Questi può convocare noi al Principio.

E convocati al Principio, può dare a noi la possibilità di credere.

Credere vuol dire incominciare a vedere da quel punto di vista lì.

E cominciare a vedere da quel punto di vista lì, cosa significa?

Significa rendere eterno e universale quel punto di vista lì, cioè renderlo principio di tutto.

Non soltanto principio dei nostri problemi ma anche principio di tutto.

“Quando si accende una lampada, questa va messa in alto, in modo da illuminare tutta la stanza, andate e predicate in tutto il mondo”.

È questo predicare il Principio su tutto, in modo da rendere questo Principio universale.

Da espanderlo su tutto.

In modo che in tutto si veda il Principio.

È tutto un mondo nuovo.

Ieri abbiamo parlato della mezz’ora di silenzio, su tutta la prima metà dell’opera di Dio.

È necessaria, perché è tutto un mondo nuovo che si deve rinnovare.

Un mondo nuovo che deve discendere.

La Gerusalemme celeste, discende dall’alto, discende dal cielo.

E Gesù diceva a Nicodemo che se uno non rinasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio.

Cioè non può vedere il regno della Luce, non può vedere il regno della Verità.

Questo ci fa capire che il punto di passaggio, per entrare nel regno della luce, nel regno della Verità che è il regno di Dio, è proprio questo Principio a cui ci convoca il Figlio di Dio.

E allora questo Principio al quale il Figlio di Dio ci convoca parlando con noi, diventa in noi il principio dell’intelligenza.

È principio per intendere le cose.

E il regno di Dio è il regno dell’intelligenza.

È il regno in cui s’intendono le cose.

S’intendono nel Principio e dal Principio.

Quindi il Figlio, convocandoci al Principio, ci dà la possibilità d’inaugurare questo regno dell’intelligenza, questo regno del capire, del conoscere.

Ecco per cui ammonisce: “Credete in queste opere, affinché sappiate...”.

Si passa dalla fede al capire, all’intendere attraverso questo Principio.

Ma questo Principio va posto in alto, deve diventare il nostro punto di vista.

Deve diventare il nostro principio.

Qui a questo punto, capiamo, intuiamo che questo Principio è il Figlio stesso di Dio, è il Pensiero stesso di Dio.

“In principio era il Verbo”.

E tutto è stato fatto in questo Verbo.

E qui capiamo che c’è il passaggio, a questo punto, dall’opera alla persona.

Qui capiamo che questo Principio, che è principio-Luce che è principio d’intelligenza per entrare nel regno dei cieli è la persona, cioè è il Figlio di Dio, il Pensiero di Dio.

Si passa quindi dal credere alle opere del Figlio al credere nel Figlio.

E c’è una diversità enorme tra il credere nelle opere di uno e il credere in quell’uno.

È necessario credere alle opere di uno per arrivare a credere in quell’uno ma quando ci viene presentata la fede in uno, qui si inaugura un passaggio enorme.

Perché “nessuno viene al Padre, se non per mezzo di Me”.

Gesù non dice: “Nessuno viene al Padre per mezzo delle mie opere”.

Quindi c’è una differenza tra il “Me” e le “sue opere”.

Come c’è una differenza tra Dio e le opere di Dio.

Tutto l’universo è opera di Dio ma l’universo non è Dio.

E l’universo non ci fa conoscere Dio.

L’universo, come opera di Dio, ci sollecita ad alzare gli occhi a Dio, però l’universo non ci dà Dio.

Quindi le opere non coincidono con la persona, sono segni della persona ma non sono la persona.

C’è un momento in cui noi dobbiamo passare alla Persona.

E in cosa sta la differenza.

La differenza sta in questo: le opere di uno sono fatte in un altro, per cui riguardano il problema dell’altro.

Quindi quando il Figlio di Dio parla a noi, parla a noi ma nel nostro problema.

Assume su di Sé i nostri problemi.

E questi problemi sono il valore delle cose, quello che dobbiamo mettere prima di tutto.

E Lui prendendo contatto con il nostro problema ci conduce a contatto del Principio del nostro problema e ci fa capire che il principio di questi problemi è quello che dobbiamo mettere prima di tutto.

Per cui noi subiamo questi problemi, unicamente perché siamo creati per cercare e per conoscere Dio.

Abbiamo quindi le opere di Uno, fatte nel problema dell’altro.

Invece credere in uno, vuol dire assumere noi il problema di quell’Uno.

Quindi non abbiamo più quell’Uno che assume su di Sé i nostri problemi.

Scoperto quell’Uno, adesso siamo noi, se crediamo in quell’Uno, adesso siamo noi che dobbiamo assumere su di noi, il problema di quest’Uno.

Quindi prima è il Figlio di Dio che viene a noi e parla a noi, e parlando a noi, prende su di Sé i nostri problemi per condurci a scoprire il Principio dei nostri stessi problemi.

Scoperto il Principio noi abbiamo la possibilità di metterlo al di sopra di tutto e qui capiamo che questo Principio qui è il Pensiero stesso di Dio, il Figlio di Dio, quindi è Persona.

Adesso quest’opera si trasferisce nella Persona, qui in questo punto abbiamo la possibilità di aderire al problema del Figlio di Dio.

Quindi d’impegnarci nel problema del Figlio di Dio.

Non è più il Figlio di Dio che s’impegna nei nostri problemi.

Qui adesso siamo noi che abbiamo la possibilità di impegnarci e dedicarci al suo problema.

E quale è questo problema del Figlio di Dio?

Il problema del Figlio di Dio è quello di glorificare il Padre.

È un problema che dobbiamo assumere su di noi se crediamo nel Figlio di Dio.

È il credere nella persona che dà a noi la possibilità di prendere su di noi il problema della persona.

Gesù lo ha detto chiaramente: “Nessuno può venire al Padre se non per mezzo di Me”.

Quindi vuol dire che il Padre è un problema per noi, soltanto in quanto noi crediamo nel Figlio, perché ‘ un problema del Figlio.

La capacità di credere si forma, man mano che il Figlio di Dio opera con noi.

Quindi il Figlio di Dio, rivelando a noi che Lui è il Principio dell’intelligenza delle opere di Dio, dà a noi adesso la possibilità di credere in Lui e quindi di assumere su di noi il suo problema.

E il suo problema è quello di glorificare il Padre.

Perché  Lui essendo Figlio di Dio, non fa altro che ricevere tutto dal Padre e riportare tutto al Padre.

E anche la nostra vita deve essere impostata su questi due grandi termini: ricevere tutto da Dio e riportare tutto a Dio.

Noi riceviamo tutto da Dio, volenti o nolenti ma non riportiamo tutto a Dio e qui sta la differenza con il Figlio di Dio.

Il Figlio di Dio riceve tutto da Dio e riporta tutto a Dio.

Se noi crediamo alle sue opere e attraverso le sue opere tendiamo a credere in Lui e a impegnarci nel suo problema, ecco che si conclude l’opera.

Perché con Lui noi riceviamo tutto da Dio e riportiamo tutto a Dio, perché prendiamo su di noi il problema del Figlio e il problema del Figlio è quello di riportare tutto al Padre.

Ed è riportando tutto al Padre che dal Padre si è fatti partecipi, perché è dal Padre che arriva ogni luce.

E si è fatti partecipi del regno della Verità, del regno della Luce.

Cioè si scopre dal Padre, di conoscere come il Padre ci conosce.

Qui scopriamo che il principio della nostra ignoranza, della nostra confusione, il principio delle nostre tenebre e della nostra notte, sta nel fatto che noi ci troviamo con una realtà che non è conosciuta da Dio.

Non che Dio non conosca questa realtà, è Lui che la fa!

Ma è una realtà che noi non capiamo che è conosciuta da Dio.

Tutta quella realtà che noi portiamo con noi, tutto quello che è presente a noi (creazione), non visto, non conosciuto da Dio, non capito come Dio lo conosce, ci fa esperimentare l’ignoranza.

Il non capire, l’ignoranza, la notte, è causata dalla presenza di Dio.

È la presenza di Dio in noi che determina in noi la notte, il non capire.

Ma determina in noi la notte perché noi non vediamo come Dio conosce la realtà in cui noi ci troviamo.

Noi ci troviamo non conosciuti da Dio.

La Luce sta nel conoscere come Dio ci conosce.

Quindi soltanto in quanto il principio della nostra conoscenza viene da Dio, su tutta quella realtà che portiamo con noi, noi siamo nella luce.

Per cui mentre in un primo tempo noi abbiamo dovuto mettere a tacere tutta questa realtà per conoscere Dio, poi giunti a conoscere Dio, adesso tutto si ricompone perché si conoscono tutte le cose come Dio le conosce.

Conosciamo anche noi stessi, come Dio ci conosce.

È lì che si entra nella luce.

Come la notte è determinata dal conoscere le cose non come Dio le conosce, così la Luce è determinata dal fatto che noi da Dio, conosciamo le cose come le conosce Dio e conosciamo noi stessi come Dio ci conosce.

Qui si entra nel regno della luce, in quello che Gesù dice: “Affinché sappiate e conosciate”.



“Ma se le faccio e voi non credete a Me, credete in queste opere, affinché  sappiate e conosciate che il Padre è in Me e che Io sono nel Padre Gv 10 Vs 38 Terzo tema.


Titolo: Le presenze spirituali.


Argomenti: Le opere del Padre – Le opere del Figlio – Mondo visibile e mondo invisibile – Amen, l’opera dell’uomo – Il Principio oggetto del nostro pensiero – Il mondo nuovo – Dio principio del nostro pensare – Dedurre dal Principio – La presenza del Pensiero di Dio -


 

6-7/Settembre/1992 Casa di preghiera Fossano.


Ci troviamo nel versetto 38 del cap.  X di s. Giovanni; Gesù dice: “Ma se le faccio (se faccio cioè le opere del Padre mio) e voi non credete a Me, credete in queste opere, affinché sappiate e conosciate che il Padre è in Me e che Io sono nel Padre”.

Nelle domeniche precedenti abbiamo visto le prime due parti di questo versetto, e cioè:

la prima parte: “Se io faccio le opere del Padre mio e voi non credete a Me, credete in queste opere” (“la mezz'ora di silenzio”).

E poi la seconda parte: “affinché sappiate e conosciate” ("Passaggio dal credere al sapere').

Oggi ci resta la conclusione del versetto. questa terza parte: “(sappiate e conosciate) che il Padre è in Me e che lo sono nel Padre”.

È  la conclusione di tutto il capitolo, di tutto questo lungo discorso, perché sapere, conoscere che il Padre è nel Figlio e che il Figlio è nel Padre, è scoprire la presenza del Padre nel Figlio e del Figlio nel Padre, che è per noi motivo di vita, di sicurezza e di pace.

Gesù aveva iniziato dicendo: “Se non faccio le opere del Padre mio non credetemi; ma se invece le faccio e non credete a Me, credete in queste opere”

“Se faccio le opere del Padre...”: abbiamo dovuto approfondire per cercare di capire quali sono queste opere del Padre, per vedere se Gesù le fa o non le fa, perché dice: "Se non le faccio, non credetemi; ma se le faccio, credete a queste opere”.

Con queste parole ci fa capire che siamo noi stessi che dobbiamo osservare, giudicare, riconoscere se Lui fa le opere del Padre o se non fa le opere del Padre, perché dice: “se non faccio le opere del Padre non credetemi, ma se le faccio credete in queste opere”.

Abbiamo dovuto osservare quindi quali sono queste opere del Padre per capire se Gesù le fa.

E abbiamo visto che il Padre, Dio Creatore di tutte le cose, Colui che opera in tutto, Colui nel quale c'è la ragione di tutto, opera ogni cosa per manifestare Se stesso, poiché Lui solo è, in Lui è la vita, in Lui è l'essere, in Lui è tutto: è la Verità e la Luce.

Se Lui è tutto, in tutto non fa altro che operare per comunicare Se stesso: per annunciare Se stesso, comunicare Se stesso, far conoscere Se stesso.

Questa è l'opera fondamentale e quindi anche l'anima, il Pensiero che c'è in tutto la creazione di Dio, in tutto l'universo, in tutta la nostra vita, nella vita di ognuno di noi, ché tutto di noi è opere di Dio Creatore.

Però a noi manca l'anima delle cose, manca Il significato, manca il Pensiero delle cose. 

Noi osserviamo tutto questo immenso mondo che ci sta attorno, osserviamo questa nostra vita che passa, osserviamo questi tempi, osserviamo questa umanità che va e non sa dove va. 

Dico: queste cose noi le vediamo, le osserviamo e le esperimentiamo, però non vediamo il Principio e non vediamo il Fine: questo non lo vediamo, non lo troviamo sulla nostra strada come troviamo le creature: non troviamo il Pensiero che giustifica queste cose.

Abbiamo detto altre volte che noi abbiamo fame e sete di significato, di capire il senso delle cose, capire il significato degli avvenimenti, belli e brutti, perché tutto è opera di Dio, capire il significato di tante tragedie che avvengono nella vita degli uomini, ché tutto ha un senso, come ha un senso la morte di Cristo in Croce. Noi questo non lo possiamo ignorare, però è molto difficile capirlo, perché, ho detto, il pensiero, il senso, il significato delle cose non è scritto visibilmente nelle cose.

Tutte le cose arrivano a noi senza di noi, ma ci lasciano lì con il problema. Le cose arrivando a noi: sono per noi problema. E chi risponderà a questo problema?

Chi risolverà questo problema? 

La nostra pace sta nel capire, sta nel conoscere, soprattutto nel capire, nel conoscere il significalo della nostra vita, il senso delle cose che nella nostra vita vediamo, tocchiamo ed esperimentiamo.

Tutta l’opera del Padre si concentra in questo: comunicare Se stesso.

Questo è il Pensiero di Dio, questa è l'anima!

Questa è l'anima di tutte le cose: Dio opera tutto per annunciare Se stesso, in modo che nessuno abbia ad ignorarlo, ma tutti l'abbiano a cercare.

San Paolo stesso ha detto che “Dio ha creato tutte le cose affinché gli uomini lo cerchino, lo cerchino  a tentoni pur non essendo Lui lontano da nessuno di noi” (At 17,26-27).

Ecco, Dio ha creato, anzi crea (perché presso Dio non c'è il passato; presso Dio c'è il presente, quindi Dio crea ancora oggi) tutte le cose affinché gli uomini lo cerchino.

Questa è la Volontà di Dio, questo è il Pensiero di Dio, il Pensiero di Dio che è in tutte le cose.

Dico: questa è la Volontà di Dio, la sua Intenzione. 

Ma gli uomini cercano Dio?

Ecco come gli uomini incominciano a mettersi nei pasticci perché non cercano Dio.

Dio vuole essere cercato, perché per essere conosciuto deve essere cercato.

Non lo si trova senza cercarlo.

Dio non lo si trova sulla piazza, non lo si trova sulle strade del mondo, non lo si trova come si incontrano le creature.

Dio è Spirito.

Dio è Verità e la Verità si trova soltanto conoscendola, quindi non la si trova toccandola con i nostri sensi o vedendola con i nostri occhi.

Dio si trova conoscendolo e per conoscerlo bisogna cercarlo.

Dico, questa è la Volontà di Dio: chiarissima e Dio l'ha detta In modo espresso: “Dio vuole che tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità” (1 Tm 2,4): ecco, “giungano a conoscere” questa è la Volontà di Dio: l'ha detta in modo aperto.

Tutto l'universo, tutta la creazione, tutte le opere, tutti i tempi, tutte le vite sono perché gli uomini cerchino Dio. 

Dico: gli uomini cercano Dio?

E per che cosa vivono?

La nostra volontà non coincide con la Volontà di Dio e fintanto che la nostra volontà non coincide con la Volontà di Dio, noi stessi veniamo a trovarci in situazioni di molte difficoltà: siamo noi che rendiamo la nostra vita molto difficile.

Abbiamo detto: dobbiamo cercar di capire quali sono le opere del Padre, perché qui Gesù dice: “Se io faccio le opere del Padre, credete a queste opere; se non le faccio non credete...”.

Abbiamo visto adesso quali sono le opere del Padre: cogliendo lo Spirito, l'Intenzione, il Pensiero del Padre, noi abbiamo la possibilità di capire quali sono le opere del Padre.

Soltanto conoscendo il pensiero, l'intenzione di una persona, noi capiamo quali sono le opere di questa persona e le parole di questa persona.

Abbiamo detto: opera del Padre è questa: Dio fa tutto perché l'uomo lo cerchi e lo conosca.

Gesù che opere fa? 

Gesù qui dichiara apertamente di fare le opere del Padre e offre a noi questa dichiarazione dicendo: “se non faccio le opere del Padre, non credetemi, se le faccio e non volete credere a Me, credete alle opere...”. Chiediamoci: il Figlio, Gesù, fa veramente le opere del Padre?

Siccome la Volontà di Dio, l'intenzione di Dio è quella di farsi conoscere, fa la Volontà di Dio Colui che ci raccoglie nella conoscenza di Dio, che riporta tutte le cose al Padre, che riporta tutta le cose nel Principio. Ora, se c'è in modo evidentissimo una realtà operante in tutta la vita del Cristo, in tutto il Vangelo, è proprio questo continuo richiamare, da parte di Gesù i nostri problemi, i nostri interessi, le nostre cose, la nostra vita, il nostro tempo, alla ricerca di Dio: “Non preoccupatevi del mangiare, del vestire, non preoccuparti del giudizio degli altri, non preoccuparti di quello che dicono gli altri o fanno gli altri, ecc., ma cerca sempre prima di tutto Dio”. 

Ecco, questo l'orientamento che Lui ci dà in tutte le cose, in ogni tempo, in ogni situazione, in ogni luogo.

Lui sempre ti riporta In questa ricerca di Dio prima di tutto, al disopra dei poveri, al disopra dell’amore umano, al di sopra di tutti i rapporti con gli altri, al disopra della carità stessa, perché “una sola cosa è necessaria”: cercare Dio.

Al disopra dei poveri, ho detto, perché “i poveri li avrete sempre con voi - dice Gesù - ma non sempre avrete Me” (Gv 12,8), cioè non sempre avrete questa Parola che tra voi vi riporta al Principio.

Ecco, l'anima del Cristo sta qui, in questo riportarci, in questo convocarci in continuazione al Principio, al Padre.

Perché noi vivendo perdiamo il contatto con il Principio.

Noi partiamo e ad un certo momento non sappiamo più dove andiamo, viviamo e non sappiamo più per che cosa vivere!

Si vive soltanto più di reazioni, di stimoli, di sensazioni, ecc., ma non si sa per che cosa vivere.

Abbiamo perso il senso della vita, abbiamo perso l'orientamento, abbiamo perso il fine!

E Cristo è venuto per riportarci sul cammino del nostro destino, sul cammino della Volontà del Padre.

Ora, se tutta l'opera del Figlio, l'opera di Gesù, è di convocarci al Padre, quindi di riportarci in continuazione di fronte a questo Principio, noi qui capiamo che sostanzialmente le opere del Figlio non stanno né in miracoli, né in quello che ha fatto, ecc., ma soprattutto stanno nelle sue Parole, perché ci convoca al Principio attraverso le Parole.

Noi siamo convocati al Principio dalle Parole: sono le Parole del Cristo che convocano al Principio, perché la Parola ha questa singolarità, questa caratteristica: far da ponte e quando si parla di ponte, si intende ciò che unisce due sponde.

Qui ci troviamo con due sponde, due mondi: ci troviamo con un mondo che noi vediamo, tocchiamo, esperimentiamo e che magari ci fa dannare tutti i giorni: è la vita con le creature, con il mondo, con i problemi nostri nel mondo, ed abbiamo un'altra sponda, un altro mondo: il mondo invisibile. Il mondo che non possiamo ignorare, il mondo di Dio, il mondo della Verità, il mondo verso cui noi tutti, volenti o nolenti, stiamo andando.

Noi siamo fatti per l'eterno, ed abbiamo bisogno di trovare questo eterno, ma abbiamo più bisogno di trovare questo eterno del bisogno che abbiamo di mangiare e di vestire.

Noi possiamo anche vivere di polenta o possiamo anche vivere nudi, non importa niente, ma non possiamo nel modo più assoluto vivere senza cercare l'Eterno.

Noi abbiamo bisogno di un punto di riferimento che sia eterno, altrimenti, siamo disperati.

Abbiamo bisogno di punti di riferimento che siano eterni, perché abbiamo bisogno di agganciarci a qualcosa di eterno, però per agganciarci dobbiamo trovarlo.

Ecco perché il Signore dice che bisogna cercarlo al disopra del mangiare, del vestire, della figura, del guadagno, ecc. al disopra di tutto!

Addirittura dice: “Non accumulate tesori In terra, non vivete per accumulare tesori in terra” (Mt 6,19), perché non sono questi che danno vita: “La vita non viene dalle cose che si posseggono”, dice Gesù (Lc 12,15). La vita è soprattutto questo tendere verso ciò che è eterno, questo interesse per conoscere ciò che è eterno, ciò che è assoluto, ciò che è infinito: la nostra vita è nascosta nell'Assoluto, nell'Infinito, nell'Eterno: “la nostra vita è nascosta in Dio” (Col 3,3).

Noi abbiamo l'assoluto bisogno di trovare Dio e Dio non si nega a nessuno, perché ci ha creati per questo. Può essere difficile, può non essere difficile, ma Dio non si nega a nessuno, perché Dio vuole che tutti si salvino e giungano a conoscerlo, giungano a conoscere la Verità.

Lui non ci ha presi in giro creandoci per un destino irrangiungibile.

Se ci ha creati per conoscerlo, vuol dire che la conoscenza di Dio è cosa raggiungibile, è cosa possibile per tutti, sapienti o stolti, intelligente o stupidi, gente che è ricca o gente che è povera, bambini, vecchi, malati o sani: a tutti Dio si rende accessibile.

La meraviglia di Dio è questa: Dio si rende accessibile a tutti; chiede soltanto una cosa sola: chiede all'uomo il pensiero.

Lui non chiede a noi né ricchezze, né sacrifici, né voti, né rinunce, né fughe, non chiede questo.

Dio non sa cosa farsene. “Se lo avessi bisogno di qualche cosa, ho tutto l'universo a disposizione", dice Dio a ogni uomo.

Lui è il Creatore di tutte le cose.

Lui chiede a noi una cosa sola: il pensiero!

Se noi gli dessimo tutto, ma non Il pensiero, lo offenderemmo, come noi offendiamo un amore quando diamo tutto, ma non il pensiero. 

Questo ci fa capire che l'anima di tutto sta nel pensiero.

Ora, dico, certissimamente tutta la missione, tutto il parlare di Gesù è incentrato su questo: convocarci al Padre, convocarci al Principio, riportarci al Principio da tutte le strade su cui noi ci veniamo a trovare, richiamarci in continuazione al nostro destino, al senso per cui noi esistiamo: “sei stato creato per cercare e conoscere Dio: vivi per cercare e conoscere Dio, perché la tua vita si risolve lì e soltanto lì e non in altro!”

La vita non sta nel possesso: “A che vale possedere anche tutto il mondo se poi perdi l'anima?” dice Gesù (Mt 16,26).

Questo suo parlare ci fa capire che Gesù fa le opere del Padre.

E noi abbiamo un criterio in noi per riconoscere questo, perché altrimenti Gesù non avrebbe detto: “...se non faccio le opere del Padre non credetemi, ma se le faccio credete in queste opere”.

Vuol dire che noi possiamo riconoscerlo: “voi stessi dite che Io sono”, dice Gesù.

Noi stessi abbiamo questa possibilità di riconoscere che in realtà Gesù fa le opere del Padre: è venuto tra noi per riportarci In continuazione al Principio.

Il suo parlare è tutto un convocarci al Principio.

Ho detto che Colui che parla con noi ci convoca; ma ci convoca a che cosa?

Alla presenza del suo Pensiero, e il Pensiero del Figlio è Il Padre.

Il Pensiero di Gesù è il Padre, e tutto il suo parlare è un convocarci a questa Presenza, richiamarci a questa Presenza.

Il che vuol dire che con Lui noi siamo riportati fronte a fronte, a tu per tu, con questo Principio in cui c’è la ragione di tutto, che è il Padre.

Quando noi siamo portati alla presenza del Principio, a noi si chiede una cosa. Ho detto: “a noi si chiede di dire l'amen”, di dire: “è così”, cioè di riconoscere quello che è vero.

Gesù parla tra noi la Verità; ma di fronte a Lui che parla la Verità, dobbiamo riconoscere che quello che dice è vero.

Lui parla la Verità In quanto collega tutti i nostri problemi, tutte le nostre situazioni con il Principio di questi stessi problemi. E il Principio è il Padre, perché, l’anima di tutti i problemi che noi portiamo nella nostra vita è Dio.

È Dio che forma la notte ed è Dio che forma la luce, è Dio che forma le disgrazie ed è Dio che forma la gioia, è Dio che ci ferisce ed è Dio che ci guarisce, è Dio che ci fa nascere, ma è anche Dio che ci fa morire.

È sempre Dio in tutto!

L'anima di tutto, di tutti i nostri problemi è Dio.

Dico: noi non capiamo niente dei nostri problemi in quanto trascuriamo Dio.

Ora, Cristo è venuto a parlare a noi la Verità, conduce noi al Principio di essi e quindi riporta tutti i nostri problemi verso questo Principio.

Ho detto però, che convocati a questo Principio, a noi si chiede questo: “dì che è vero! Io ti ho condotto di fronte a ciò che è vero, alla ragione dei tuoi problemi; adesso tu, di fronte a questo, dì: è vero! Amen!”.

Questo è ciò che è richiesto a noi, tant’è vero che dopo aver visto le settimane scorse qual era l'opera del Padre, l’opera del Figlio, l'opera dello Spirito Santo, abbiamo visto anche l'opera dell'uomo, quello che è richiesto all'uomo.

All'uomo è chiesto questo “amen”: “riconosci il vero quando il vero ti viene presentato, altrimenti pecchi contro lo Spirito Santo”.  E Gesù dice che se c'è un peccato che non può essere perdonato né in terra né in cielo è il peccato contro lo Spirito Santo: è questo rifiuto di riconoscere quello che è vero quando si presenta il vero a noi.

Dire “amen”, è dire “è vero” al Principio al quale noi siamo convocati dal parlare del Cristo, vuol dire mettere questo Principio, fare di questo Principio l'oggetto del nostro pensiero, perché richiede il pensiero. Cosa vuol dire fare del principio l'oggetto del nostro pensiero?

Non possiamo restare in un principio se non lo facciamo nostro principio. E cosa vuol dire fare nostro principio una cosa?

Vuol dire guardare da quel punto di vista.

In realtà ognuno di noi ha un suo punto di vista.

Ma i nostri punti di vista sono sempre relativi: generalmente i nostri punti di vista sono il nostro interesse, il nostro io, la nostra figura, ecc. 

Cristo ci presenta il suo punto di vista e il suo punto di vista è il Padre, perché fa le opere del Padre e quindi ci conduce al Principio, ci conduce quindi al suo punto di vista.

Condotti al suo punto di vista noi abbiamo la possibilità di credere; altrimenti non ne abbiamo la possibilità. Se Lui non ci conduce non abbiamo la possibilità di credere. Giunti a questo punto di vista noi abbiamo la possibilità di dire “è vero”, di dire “amen”: è vero!

Ma dicendo “vero” questo che Lui ci ha presentato, noi ci impegniamo a guardare tutte le cose da quel punto di vista, altrimenti noi perdiamo il contatto con il Principio, anche se Lui ci ha portati a contatto con il Principio. Lui ci ha portati a contatto con il Principio, ma noi non possiamo restare.

Allora succede che portati di fronte a Dio, noi non possiamo restare di fronte a Dio, perché non lo facciamo nostro Dio, non lo facciamo nostro Principio, nostro punto di vista.

Ho detto che Il compito dell'uomo (l’opera dell'uomo), condotto di fronte alla Verità, di fronte a Dio, Principio di tutte le cose, in cui c'è la ragione di tutte le cose, è di incominciare a guardare ogni cosa da quel punto di vista.

E qui incomincia la grande novità che, abbiamo detto, richiede una mezz'ora di silenzio, una mezz'ora di silenzio di tutta la creazione, di tutto l'universo, che è la mezz’ora di silenzio su tutta quell'opera che Dio ha fatto arrivare a noi senza di noi (cioè sulla prima metà dell'opera di Dio), perché deve incominciare un mondo nuovo, ed è quel mondo che non inizia senza  di noi (la seconda metà dell'opera di Dio). Perché due sono le grandi opere che Dio Creatore fa:

Tutta l'opera che Lui fa Indipendentemente dall'uomo, ed è tutto quello che noi vediamo, tocchiamo, esperimentiamo e viviamo nella nostra vita.

Sono i doni minori: tutto quello che arriva a noi Indipendentemente da noi, senza di noi, senza il nostro pensare, sia che noi siamo buoni, sia che noi siamo cattivi, sia che noi siamo giusti, sia che non siamo giusti; noi nasciamo, viviamo, siamo a contatto con le creature, con il mondo, subiamo tutte le vicende: tutto è opera creatrice di Dio senza di noi, indipendentemente da noi.

Questo mondo lo vediamo, lo tocchiamo, lo esperimentiamo, lo subiamo, ma non lo capiamo.

E c'è un altro mondo ed è il mondo di tutte quelle cose che non ci vengono date senza di noi, e questo è il mondo in cui c'è l'intelligenza, c'è la conoscenza, c'è il capire.

E questo mondo ha un punto fisso di riferimento, un unico punto di vista ed è Dio stesso.

Abbiamo cioè la terra e il cielo.

La terra è tutto ciò che è dato a noi senza di noi; il cielo è ciò che non è dato a noi senza di noi: sempre da Dio, tutto è opera di Dio, però ci sono cose che arrivano a noi senza di noi e ci sono cose che non arrivano a noi senza di noi.

Dico: quando per grazia di Dio noi siamo condotti al Principio, a questo punto di vista da cui si guardano tutte le cose dal Principio, qui abbiamo l'inizio, l'entrata in quel cielo di Dio, in quel mondo che non è dato a noi senza di noi, ed è tutto un mondo nuovo.

Ecco perché, dico, c'è questa mezz'ora di silenzio su tutto il primo mondo: tutto ciò che è dato a noi senza di noi, ad un certo momento deve essere messa a tacere, tutti i nostri problemi devono essere superati, trascurati, dimenticati, perché? perché sei impegnato a vedere le cose dal punto di vista di Dio: è una novità! una vita nuova: la Città di Dio discende dall'Alto, e tu sei chiamato a vedere, a costruire questa Città di Dio che discende dall'Alto, che discende da Dio, perché soltanto discendendo dall'Alto si entra nella Verità, si vede la Verità.

È  tutto un mondo nuovo, dico, che richiede la nostra partecipazione.

Ho detto: un mondo di novità! Questo punto di vista del Figlio di Dio diventa il nostro “Principio di intelligenza” (che è il Figlio stesso: ecco il passaggio dal credere nelle opere del Figlio al credere nel Figlio!) che ci fa scoprire la novità di questo mondo nuovo: “affinché sappiate e conosciate che il Padre è in Me e che io sono nel Padre”.

La prima grande novità che noi incontriamo, dopo aver detto “amen”, quindi dopo aver assunto come punto di vista quel “Principio”, Dio Creatore, Principio a cui ci ha condotti il Figlio di Dio, cui ci ha convocati, parlando, (ed è perché ascoltando il Figlio di Dio, noi siamo condotti a fare di Dio l'oggetto del nostro pensiero, perché richiede Il nostro pensiero): noi abbiamo di fronte Dio come oggetto del nostro pensiero {perché per giustizia, ascoltando il Figlio (che riporta sempre tutto a Dio, al Padre, al Principio) per giustizia, ad un certo momento, noi incominciamo (dico, ecco il silenzio, la mezz'ora di silenzio) a trasferire il nostro pensiero, il nostro pensare dalle cose del mondo, dalle creature, dal pensiero del nostro io, ecc., a Dio e facciamo di Dio l'oggetto del nostro pensiero} , ripeto: la meraviglia, la prima grande novità che si scopre qui è questa: noi siamo a contatto con Il Principio ed abbiamo assunto il Principio come punto di vista, adesso noi stiamo osservando, scoprendo questo: che quello che per noi è oggetto del nostro pensiero, è in realtà il Soggetto del nostro pensiero perché è il Principio: è il Principio del nostro stesso pensare.

Dico, la prima grande scoperta che si fa, dicendo “amen” a quel Principio al quale il Figlio di Dio ci convoca, è questo: è Lui che mi fa pensare, non sono io che penso Lui, ma è Lui che pensa me, è Lui che fa pensare me, è Lui che "crea", forma in me, il suo Pensiero, o meglio, genera in me il suo Pensiero.

Dico, questa è la prima grande scoperta: la presenza del Padre in me. Se è il Padre che mi fa pensare, nel mio pensiero c’è la presenza del Padre.

La Città di Dio è fondata su questo Pensiero: Dio è il Principio del nostro pensare? per cui lì siamo liberati dal pensiero del nostro io: non sono più io che penso, e quando penso Dio, non sono io che penso Dio, ma è Dio che sta pensando a me (è Dio che mi fa pensare).

Si entra nel regno di Dio in questo modo, si entra nella Città di Dio in questo modo, ed è questo: dico, si entra nella Verità deducendo dal Principio, per deduzione. La vera conoscenza la si ha per deduzione dal Principio.

Cristo ci salva in quanto ci porta a contatto con il Principio e poi ci invita a guardare dal Principio. 

Ed il Principio, cioè il Padre, la presenza del Padre, la presenza del Principio è un parlare, ma non è più un parlare nostro, perché tale Presenza ci mette in movimento e il movimento è Lui stesso.

La prima Parola che ci dice è: “Io sono il Principio del tuo pensare: non sei tu che mi pensi, ma sono Io che mi faccio pensare da te!”.

In questo rapporto c'è soltanto il pensiero: tutto il resto è scomparso! Abbiamo soltanto il pensiero ed è il Pensiero di Dio, cioè Dio come oggetto del nostro pensiero.

E qui, ed è proprio qui, che avviene Il capovolgimento: Dio che diventa Soggetto del nostro pensiero, principio del nostro pensiero (“diventa” nel senso che noi “capiamo” che Dio è il Soggetto, il principio anche del nostro pensiero).

La  seconda grande novità che noi troviamo guardando dal punto di vista di questo Principio, dal punto di vista di Dio, questo: Dio dice (sul nostro pensiero che pensa Lui e di cui Lui stesso è il Principio): “Questo è mio”, cioè “questo è il mio Pensiero”.

Lui fa pensare noi, Lui è il Principio del nostro pensiero, e dice a noi: “questo pensiero con cui io mi faccio pensare da te è il mio Pensiero”. 

Dice: “è il mio Pensiero: questo è mio", quindi è Pensiero "di" Dio, quindi non nostro pensiero, ma Pensiero "di" Dio! Ecco la seconda grande novità: la presenza del Pensiero di Dio, del Figlio in noi.

Dico, il "Pensiero" di Dio con cui noi pensiamo Dio è il Pensiero "di" Dio.

E il Pensiero di Dio è il Figlio di Dio, perché il Pensiero di Dio partecipa della natura di Dio.

E il Pensiero di Dio partecipa della natura di Dio, non partecipa al nostro pensiero.

E qui siamo inseriti nell'eternità, nella certezza.

Quello che riguarda Dio è eterno, è infinito, è assoluto: qui abbiamo la certezza, un mare di certezza perché è Pensiero di Dio!

Quando pensiamo Dio non siamo noi a pensare Dio, ma è Dio che si fa pensare da noi e si fa pensare attraverso il suo stesso Pensiero.

Noi pensiamo Dio con il Pensiero di Dio, proprio perché è Lui che si fa pensare.

E poi abbiamo la terza grande novità come conseguenza logica: proprio perché Dio è Principio del nostro pensierose il nostro pensiero con cui noi pensiamo Dio è il Pensiero di Dio, Ia conseguenza, chiarissima (ed è la terza novità) è la Presenza: il rapporto tra Dio, il Padre e il suo Pensiero.

La terza novità è la Presenza! Dio è presente, Dio è presente nel suo Pensiero e il suo Pensiero è presente in Dio.

E Dio presente nel suo Pensiero e il suo Pensiero presente in Dio sono presenti in noi nel nostro pensiero: ecco la Presenza!

Ecco, dico, la terza grande novità (“affinché sappiate e conosciate che il Padre è in Me ed lo nel Padre”) che ci porta in questa sicurezza, in questa certezza, perché?

Perché viene da Dio, non viene dal nostro pensare. Viene da Dio! da quel Principio al quale Cristo ci ha condotti.

È  vero che noi abbiamo detto “amen”, ma questo “amen” è grazia di Dio, è soltanto grazia di Dio! E' non dire “amen” che la colpa è nostra, perché noi possiamo non dire “amen”, cioè non fare di quel Principio il nostro principio: quello possiamo non farlo, ma la colpa è nostra. 

Ma se noi diciamo “amen”, questa è grazia.

È  la grazia del Principio stesso al quale noi siamo stati condotti da Cristo.

 

Ora abbiamo questi due grandi termini, queste due grandi novità (due Presenze spirituali in noi: tema di oggi è appunto: le presenze spirituali), e la terza grande novità che le conclude.

Le due grandi novità (Presenze):

Dio Principio del nostro pensare, quindi Soggetto del nostro pensare (il Padre presente nel'nostro pensiero).

Pensiero di Dio in noi che non è nostro pensiero, ma che è Pensiero di Dio.

la terza novità che è il rapporto tra i due ed è la Presenza di Dio: quello che Gesù qui dice: “affinché sappiate e conosciate che il Padre è in me e che Io sono nel Padre”.

Certo!

Il Padre è nel Figlio, il Padre è nel suo Pensiero, perché Lui è il Soggetto del suo Pensiero: il suo Pensiero è l'opera sua (da Lui generata), è Lui stesso!

È  Il Pensiero stesso di Sé.

E il Figlio è nel Padre: certo! perché è l'oggetto del Pensiero del Padre.

Quindi abbiamo questa conferma delle parole di Gesù.

Questa è la grande lezione che il Signore ci annuncia.

Ci annuncia perché noi stiamo dicendo delle parole, ma poi ognuno di noi soltanto da Dio e personalmente con Dio può ricevere la luce e può ricevere la convinzione della Verità di quello che si dice: ma questo è compito di ognuno di noi, perché ognuno di noi è chiamato, poiché Dio parla personalmente e parla personalmente con ognuno di noi, ognuno di noi è chiamato a parlare personalmente con Dio e quindi a riferire sempre a Dio tutto quello che ascolta.

Non basta che le cose si ascoltino qui o si leggano: ognuno personalmente nel suo cuore, nella sua mente deve prendere contatto con Dio e deve osservare, deve attingere da Dio stesso la verità delle parole che vengono dette o che si leggono.

Quindi chi convince è Dio, non sono gli uomini: nessuno di noi può convincere! Chi convince è Dio. Noi possiamo soltanto, richiamare a questa meta.

Trovando queste tre grandi novità che determinano tutto di noi, troviamo il fondamento della nostra vita. Qui si incomincia ad avere un punto fisso di riferimento su tutto: punto fisso di riferimento!

Prima si ha la conoscenza, sempre dal Principio, sempre da Dio, perché tutto è opera di Dio:

del Dio che è Soggetto del nostro pensare,

che il Pensiero di Dio in noi è Pensiero “di” Dio, è suo Pensiero (“questo è mio”).

Poi la conclusione è la sua Presenza.

Quindi abbiamo:

1) presenza del Principio nel suo Pensiero,

2) presenza del Pensiero di Dio in Dio,

3) rapporto tra il Principio del Pensiero e il Pensiero: presenza di Dio.

È  da questa Presenza, ed è in questa Presenza, che si determina tutto di noi, perché qui noi possiamo capire quello che dice s.Paolo: "chi pensa Dio forma una cosa sola con Dio".

Ed è  qui che avviene l'assorbimento nello Spirito, e lo Spirito è infinito, eterno, assoluto, ed è qui che avviene la trasfigurazione di tutta la nostra vita, perché qui noi abbiamo la sicurezza, il contatto con la Presenza di Dio.

E in questa presenza di Dio noi abbiamo la possibilità di attingere da lui la Verità, perché la Verità viene soltanto da Dio.

Alcuni pensieri tratti dalla conversazione:

- Se non sei tu che pensi, ma è Il Padre che ti fa pensare, lì nel tuo pensiero, c'è la presenza del Padre (“il Padre è in Me"); e se il pensiero con cui pensi Dio non è tuo, ma “suo”, (è Pensiero di Dio), si capisce come il Padre è nel Figlio, perché il Figlio è il Pensiero che ha in Sé il Principio di Sé.

 

- Cristo questo lo dice per noi: siamo fatti da un "Tu" che pensa in noi (“il Padre è in me”). Abbiamo in noi il principio di noi, e noi siamo nel Padre.



“Ma se le faccio e voi non credete a Me, credete in queste opere, affinché  sappiate e conosciate che il Padre è in Me e che Io sono nel Padre” Gv 10 Vs 38 Riassunti


- RIASSUNTI – Domenica/Lunedì.


Argomenti: La possibilità di dire amen – Credere nelle opere – Credere nelle opere del Figlio – Guardare dal Padre – Le cose delle terra e le cose del cielo – La capacità d’ascolto – Opera e Persona – Il principio dell’intelligenza – La Verità si trova solo conoscendola – La volontà di Dio -

 


 

13-14/ Settembre /1992 Casa di preghiera Fossano.