E noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria che un tale Figlio Unigenito riceve dal Padre Gv 1 Vs 14 Ottavo tema.
Titolo: Natale: e
abità tra noi.
Argomenti: SENTIERI DI BETLEMME.
25/Dicembre/1975
Tutto quello che accade è
per comunicarci una parola di Dio, un suo Pensiero. Anche, e soprattutto, il
Natale, che è per noi rivelazione, manifestazione. Ma di che cosa? Che cosa c'è da vedere? La
luce delle candeline e delle lampadine ci può illudere, ma per poco, e farci
credere di aver visto tutto. Non bastano le candeline e le lampadine per farci
vedere ciò che c'è da vedere a Natale.
Tutto esiste per
comunicarci una Parola di Dio. Guardare le cose senza vedere la Parola di Dio è
come guardare il Natale senza vedere la Parola di Dio, senza vedere ciò
che Dio vuole dirci.
Natale è un annuncio, un messaggio, è una parola di
Dio. Che cosa dice? «Vi annuncio una
grande gioia: oggi nella città di David vi è nato un Salvatore, che è il Cristo
Signore» dice l'Angelo ai pastori nella notte del Natale (Lc
2,10-11). La Parola di Dio è annuncio di una Presenza nel nostro mondo: un
segno in contrasto con la nostra notte. La nostra notte è assenza; la luce è
annuncio di presenza.
Se tale è l'annuncio, Natale
è il segno decisivo degli avvenimenti di tutti i giorni, quindi anche dei
nostri giorni. È luce, è rivelazione. Di che cosa? Qual è questa Luce venuta
nel mondo nella grotta di Betlemme? «Questo vi serva di segno: troverete un
Bambino avvolto in fasce giacente in una mangiatoia» (Lc 2,12). È Dio che si presenta come un Bambino tra noi
per dirci ch'Egli «è» tra noi e «come» Egli è tra noi.
Scopriamo la gioia di
accorgerci ciò che il Natale ci dice: è la rivelazione della presenza di
Dio nel nostro mondo, nella nostra storia, nella nostra vita, nella nostra
notte. L'assenza è opera nostra; la presenza è opera di Dio.
Natale è un discorso divino: ci presenta Dio tra
noi. Questa è la luce eterna venuta nel mondo nella grotta di Betlemme. È uno
squarcio aperto sul mistero della Presenza di Dio nel mondo, nei fatti, in ogni
uomo: presenza di Dio sulla nostra terra. Non si può assegnare a Dio il cielo e
agli uomini la terra, poiché Dio è il Creatore di tutto. Dio è Dio in cielo e
in terra, nulla esiste e nulla accade senza di Lui, non vi è nessuna finitezza
che riposi in se stessa; non vi è nessuna vera autonomia nelle cause seconde;
non vi è nulla di vero nell'autonomia delle cose. Ogni cosa finita si riposa nell'infinito di Dio.
In tutto c'è lo Spirito di
Dio che parla e dialoga con gli uomini. Anche e proprio il campo del finito non
è il campo del nostro dominio. Dio interferisce con i nostri pensieri e le
nostre parole: contraddice le nostre astrazioni con cui consideriamo autonomo
ciò che è dipendente; innalza muri alle nostre pretese assolute e totalitarie;
abbatte le nostre sicurezze e ci fa passare dalla salvezza nel denaro, nel
benessere, nella cultura, nelle scienze, nella politica in cui crediamo, alla
sua salvezza in Cristo.
Tutto è opera di Dio;
tutto appartiene alla creazione di Dio.
Perché Dio opera? Nella sua opera Dio parla di Sé a noi. È Parola di
Dio.
Una parola ci annuncia,
ci rivela un pensiero. Nel suo parlare Dio conduce, noi finiti, a vedere il suo
Pensiero infinito. La rivelazione del suo Pensiero è la conclusione di tutto il
suo parlare, di tutta la sua opera.
Il suo Pensiero è la
Parola unigenita di Dio. Natale allora non è «una parola» ma è «la
Parola» di Dio data agli uomini.
La Parola di Dio è il suo
Verbo. Nel suo parlare Dio ci conduce al suo Pensiero, al suo Verbo. La
rivelazione della presenza del suo Verbo è la conclusione di tutto il suo
parlare.
Tutta la creazione di Dio
è fatta nel Pensiero di Dio, nel suo Verbo, per il suo Verbo. Natale, rivelazione della Presenza di
Dio tra noi, rappresenta, e quindi ci rivela, la conclusione di tutta l'opera
di Dio per l'uomo, senza l'uomo.
Natale è un compimento. Ma Dio opera non solo per
rivelarci la sua Presenza e donarci Se stesso; opera anche per formare in noi
la capacità di portare la sua Presenza, di restare con Lui. In questo ci rivela
in modo particolare il suo Amore.
Due allora sono le vie
attraverso le quali Dio opera con noi: Egli forma in noi l'orecchio e poi fa
giungere a noi la sua Parola; forma in noi la capacità di intenderlo e di
accoglierlo e poi si presenta e parla. Da Dio viene la preparazione e da Dio
viene la realizzazione.
Nel compimento della sua
opera dobbiamo trovare la sua Presenza, ma anche la creatura capace di
portarla; dobbiamo trovare la sua Parola, ma anche la creatura capace di
intenderla. E tutto questo è per noi,
per insegnare a noi ad intendere ciò che Dio ci annuncia, poiché se la sua
presenza ci è annunciata senza di noi (senza intervento di uomo), non può essere
intelletta senza di noi. Allora a Natale, compimento di tutta l'opera di
Dio, dobbiamo trovare il Pensiero di Dio tra noi, ma anche la condizione per
portarlo e intenderlo. Tale condizione è
Maria, sua Madre.
In Lei abbiamo
l'intelligenza del mistero di Natale, che è intelligenza della Presenza
di Dio. Maria è Colei che riceve la
Parola di Dio e la dà al mondo. A Natale, pienezza dei tempi, troviamo
Cristo, il Verbo che parla, e Maria, l'orecchio che ascolta: è rivelazione del
mistero della nostra vita.
(22.12.1982)
«Il Verbo si è fatto carne e abitò tra noi». Colui
che era presente ha rivelato la sua Presenza. Il Verbo che parlava in tutte le
cose con gli uomini già fin dal primo giorno, e per mezzo del quale tutte le
cose furono fatte, si è reso presente, si è manifestato.
Agli uomini che non
credevano ha detto: “Eccomi!”. È venuto tra noi. “Ha posto la sua tenda tra le
nostre tende”, dicevano i nomadi ebrei pastori.
La storia della sua
venuta si inserisce nella storia umana: tragedia di un mondo che si trascina
come chi ancora vive e non sa più perché, né per che cosa; che è poi la storia
di ogni uomo. Dio ha posto la sua salvezza in faccia a tutti i popoli, “Luce
per tutte le genti” (Lc 2,32).
Ad uomini che si
interrogano: che ci stiamo a fare? Dio risponde con questo suo Verbo incarnato
in Maria, nato nella Grotta di Betlemme. Ha incarnato il nostro mistero; ci ha
presentato come Dio è tra noi. Natale ci getta nella realtà della
presenza di Dio tra noi. Presenza reale.
«Fa’ quel che vuoi, Io sarò sempre là», disse Dio ad un convertito di questi
nostri anni.
Gli uomini discutono su
Dio e costruiscono teorie complicate come labirinti in cui non sanno più
trovare la via di uscita; avanzano dubbi e affogano la loro anima e la loro
fede nel fiume di parole che essi stessi generano. Dio dice: “Eppure Io
sono!”. E noi dopo averlo negato con
tutti i nostri ragionamenti ce Lo troviamo lì sempre presente. L'annuncio di Natale non è l'annuncio
di un giorno; è l'annuncio a noi di ogni giorno. È la Realtà.
È il punto di partenza;
la base su cui edificare. È il luogo in
cui vivere tutta la nostra vita. La ricostruzione dell'uomo è possibile solo se
inserita in questo preciso quadro di Dio tra noi. La sua presenza non dipende
da noi. Si vive con Dio anche se non Lo si sa, anche se Lo si nega, poiché non
sono le nostre affermazioni e non sono le nostre negazioni che Lo fanno essere
o non essere presente: non siamo noi che viviamo con Dio, ma è Dio che vive con
noi.
Una presenza
incancellabile. «Fa’ quel che vuoi, Io sarò sempre là». Dio è lì e tace: ecco
il mistero del Natale. Dio
resta lì e tace: ecco il mistero della nostra vita. La natura dell'uomo è
così piena di mistero perché è piena di Dio. Il mistero della libertà di Dio e
della libertà dell'uomo è tutto racchiuso in questa Presenza ed in questo
silenzio.
Basta questa sua Presenza
per confutare tutti i nostri errori, tutte le nostre obiezioni, rimproverare
tutti i nostri dubbi, farci prendere coscienza di tutti i nostri
tradimenti. Basta questo suo silenzio
per rispettare la nostra libertà.
Ma che significa per noi
sapere che Dio è presente? Che fa per noi questa Presenza?
Ci mantiene in
raccoglimento. Ed è già una grande cosa per noi che dobbiamo sempre correre e
non siamo più capaci di sostare nemmeno quando riposiamo.
Inoltre, alla sua Presenza, un sacco di cose
non hanno più alcuna importanza. Ed è un'altra grande cosa.
Conseguenza di ciò: una grande libertà.
Libertà dai calcoli, dai pregiudizi, dal conformismo, dalla figura, dalla moda.
Finalmente! Guardando
l'uomo di oggi bendato mani e piedi in una camicia di forza, la Presenza di Dio
dice: “Scioglietelo e lasciatelo andare!” Ecco il regalo che Dio fa agli uomini annunciando la sua Presenza!
La Luce ch'Egli reca con la sola sua Presenza
è tale che nessuna notte dell'uomo la può offuscare.
La pace ch'Egli dona a chi sosta ad adorarlo è
tanta che nessuna pena del mondo la può soffocare.
Il suo amore è tanto che
tutto il mare di odio del mondo non lo può affogare.
Annunciandoci la sua Presenza ha posto il
principio della nostra vita, della nostra liberazione, della nostra salvezza.
A questo Verbo divino presente: «tu gli
darai nome Gesù» (Lc 1,31), il che significa: dirai a Dio: «Tu sei la mia
salvezza». Tu e non altri. Cioè non cercherai la tua salvezza in altro. La Presenza
di Dio tra noi significa la nostra
salvezza.
La
sua Presenza è
l'essenziale per trasformare l'uomo e il mondo. Lo spirito umano si
forma qui, davanti a questo Bambino nella Grotta di Betlemme, di fronte a
questo mistero divino che si è manifestato e che resiste a tutte le parole, a
tutti i dubbi, a tutte le ironie, a tutte le azioni degli uomini. Non parla,
non discute. Rimane. Presenza pura. Siamo alle soglie dell'adorazione.
(27.12.1972)
(“Mistero di Natale” e
“Abitò tra noi”: articoli pubblicati su “La Fedeltà” scritti da Luigi Bracco)
L’incarnazione e l’abitazione del Verbo tra
noi Incontro di giovedì 25.12.1975
Luigi: Ci soffermiamo ancora, oggi che è Natale,
sulle prime due parti del v. 14: “Il Verbo si è fatto carne e abitò tra noi”.
Teniamo sempre presente che quello che è avvenuto è annuncio, quindi
rivelazione di quello che deve avvenire personalmente nella vita di ognuno di
noi: quindi anche il Natale.
Il Natale è un
avvenimento, quindi una Parola personale, perché Dio parla sempre
personalmente. In quanto è parola, ci invita a scoprire una Realtà che ancora
non vediamo. Infatti tutto ciò che è avvenuto è annuncio di quello che è, della
Realtà che ancora non vediamo, ma che siamo chiamati a vedere; è annuncio di un fatto futuro per noi: la
Realtà.
Dio attraverso la sua
parola ci chiama sempre da una situazione, da una posizione, per farci passare
ad un’altra posizione, di modo che di passaggio in passaggio, di luce in luce,
ci porta alla realizzazione della sua Intenzione: “affinché dove sono Io siano anch’essi e
vedano” (Gv 17,24).
Attualmente non vediamo; nella situazione in
cui noi non vediamo, Dio fa arrivare la sua parola di annuncio. Oggi ci fa
giungere questa: “Il Verbo si è fatto carne e abitò tra noi”: è un
annuncio per noi e ci viene annunciato perché il fatto che è avvenuto deve
realizzarsi per noi.
Se noi aderiamo
all’annuncio e cerchiamo quello che sta oltre il segno, allora giungeremo a
vedere quello che ci è stato annunciato: cioè si realizzerà per noi l’evento
annunciato e che per noi è ancora un futuro. Se invece noi non aderiamo, se non
seguiamo l’annuncio, la parola,
saremo giudicati dalla parola che
è giunta a noi, perché la parola è un’offerta; qui l’evento futuro non si
verificherà per noi, cioè noi non incontreremo il Verbo fatto carne, non
realizzeremo il Natale, ma saremo giudicati dalla parola che ce l’ha
annunciato.
Dunque l’annuncio che
oggi, Natale, ci giunge è questo: Il Verbo che era fin da principio e di
cui tutte le cose parlano si è fatto carne. È apparso tra noi come uno di noi,
per dare a tutti la possibilità di incontrarlo. Dovevamo aspettarcelo, poiché
il tempo della vita altro non è che rivelazione di Colui che parla con noi. Dio
creando parla con noi, e in questa sua conversazione con noi tende a
manifestare il suo Pensiero, tende a portare ogni uomo a vivere il proprio Natale,
a vedere il Suo Verbo fatto carne. Anche noi Lo vedremo, se restiamo in
ascolto di Dio, perché tutto converge su di Lui, poiché Egli è la conclusione
dei tempi. Il Natale è questa conclusione.
La manifestazione del
Verbo, Natale, è quindi la sintesi di tutti gli eventi e affiora dai sei
giorni dell’opera creatrice di Dio (come d’altronde ogni fatto, ogni
avvenimento e ogni persona), per cui l’incontro con il Bambino Gesù è la
conclusione di tutti gli avvenimenti della nostra vita: è Lui il senso di essi,
poiché tutto converge in Lui, si incentra in Lui.
Angelo B.: Hai detto che il Natale affiora dai
sei giorni della creazione.
Luigi: Sì, come ogni fatto, ogni persona, ogni cosa
e anche noi stessi, perché tutto è stato fatto senza di noi.
Quando noi ci affacciamo
all’esistenza siamo preceduti dai sei giorni della creazione. Anche oggi, anche
adesso, ogni nostro atto, ogni avvenimento, o anche il fatto di incontrarci
qui, è sempre preceduto da questi sei giorni della creazione. Noi non ci
rendiamo conto, ma ogni cosa è un affiorare, come una sorgente di acqua, dopo
una lunga trafila sottoterra di sei giorni.
Questi sei giorni sono
stati fatti, combinati, organizzati da un Altro, non da noi. Noi arriviamo
soltanto al termine, per poi affacciarci alla finestra e godere dell’opera già
fatta. C’è tutto un universo già fatto prima di noi che è stato necessario
per fare noi, ciascuno di noi. Non solo, ma anche per ogni atto che succede
nel mondo, per ogni cosa c’è tutta un’opera di sei giorni di creazione che la
precede. Anche solo per muovere un dito sono necessarie le stelle che fanno
parte dei sei giorni della creazione. Non cade un capello senza l’aiuto di
altre forze (la forza di gravità, ecc.) che non dipendono da noi, ma da un
Altro.
Quindi come ogni
esistente, anche il Natale, conclusione dei tempi, affiora dai sei
lunghi giorni dell’opera creatrice di Dio; e questa è opera fatta nel Verbo e
per mezzo del Verbo, per ognuno di noi.
Nino: Noi non ce ne rendiamo conto, perché non
riflettiamo.
Luigi: Non riflettiamo con Dio, tenendo presente
Dio, perché se noi tenessimo sempre presente che è un Altro che sta parlando
con noi e pensando a noi da sempre, dai sei lunghissimi giorni della creazione,
rimarremmo umilmente in ascolto e nel rispetto di tutto, cercando di capire il
Pensiero di Colui che ci parla; invece, non tenendo conto del Creatore, noi ci
inorgogliamo e ci crediamo i creatori di ciò che un Altro ha fatto, senza
capire (per mancanza di riflessione, di preghiera) che scoprire le leggi
dell’universo non vuol dire crearle (noi, perché le scopriamo, ci illudiamo di
averle create o inventate). Siamo bambini illusi che credono di fare chissà che
cosa e sanno solo fare del rumore, vanificando così tutta l’opera creatrice di
Dio, proprio perché non stiamo in ascolto di Dio Creatore.
Angelo B.: L’argomento dei sei giorni della creazione mi
richiama il problema di Adamo. Alla conclusione dei sei giorni della creazione
Dio presentò Eva ad Adamo; che significato ha per la nostra vita dello Spirito
il fatto che non la creò direttamente, ma la trasse dal costato di Adamo?
Luigi: Trarla dal costato di Adamo vuol dire
trarla dal suo sogno; il significato sta nel fatto che è necessario che si
formi in noi il bisogno di una cosa per poterla individuare fuori; infatti
Dio prima di presentare Eva ad Adamo
gliela fece sognare; formò in Lui il bisogno di lei; e questo è tutto segno per
la nostra vita spirituale, per farci capire la condizione necessaria per
accogliere il Cristo. Infatti noi, per poter individuare “fuori” il Cristo e
poterlo accogliere, dobbiamo aver prima maturato “dentro” di noi il bisogno di
Lui.
Ecco, ad un certo momento
Dio ha fatto pensare, sognare la donna dall’uomo e l’ha tratta da quel sogno;
infatti Adamo dice: “Questa è carne della mia carne, questo è ossa delle mie
ossa” (Gen 2,23). E come è maturato questo sogno?
Dio, dopo aver creato
Adamo, l’ha condotto a vedere tutti gli animali e Adamo non ha trovato un
compagno adatto alle sue esigenze (si può essere compagni soltanto quando si
è indirizzati verso la stessa meta); non avendo trovato nessuno è nata in
lui l’esigenza di un aiuto simile a sé. È l’uomo che deve sentire il bisogno,
perché soltanto sentendo il bisogno può scoprire ciò di cui ha bisogno quando
Dio glielo presenta. La stessa cosa avviene con il Cristo.
Abbiamo detto molte volte
che quello che dà a noi la possibilità di individuare una cosa è la fame, il
desiderio. Ecco perché noi possiamo vivere cento Natali o passare davanti a
tutti i presepi del mondo e non capire niente e non individuare “il Verbo”
fatto carne. Perché? Perché se non è maturato in noi il bisogno di Dio, noi
vediamo in Gesù solo l’umanità (la “carne”), non il Verbo. Quindi
fintanto che in noi non si forma la fame del Cristo, il bisogno, noi non
possiamo individuarlo. Vediamo soltanto il segno esterno, ne sentiamo parlare,
ma non scopriamo il Verbo fatto carne.
Ma perché si formi in noi
il bisogno del Cristo, è necessario prima che si gustino e finiscano tutti gli
altri vini per poi poter individuare, all’ultimo, il vino buono. Così, prima
Dio ha condotto Adamo a cercare la compagnia di tutte le altre creature, ma
Adamo non l’ha trovata. “Allora il Signore Dio fece scendere un torpore
sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne
al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo,
una donna e la condusse all’uomo”: gliel’ha fatta sognare ed è da questo
sogno che l’ha tratta. Per cui, quando si è svegliato, ha riconosciuto nella
donna la sua compagna: “Questo è…” , cioè ha ritrovato se stesso, ciò
che portava dentro di sé come sogno.
Pinuccia B.: Questo è un segno per noi. Cioè il fatto che l’uomo deve
sognare la donna prima di trovarla è un
segno per dire a noi che prima dobbiamo avere in noi il desiderio di Dio per
poter individuare il Cristo?
Luigi: Certo, il desiderio, il bisogno di Dio è la condizione
per incontrare il Cristo. Ecco perché “il Verbo di Dio fatto carne” è
preceduto dai sei giorni della creazione; il “Verbo di Dio fatto carne”
è preceduto cioè da tutta una trafila di passaggi che abbiamo considerato negli
incontri precedenti.
Allora:
·prima deve avvenire la scoperta che il Verbo
di Dio è vera Luce che illumina ogni uomo;
·riconoscendo che quello che veramente illumina
ogni uomo è ciò che portiamo dentro di noi, il Verbo, il Pensiero di Dio,
incominciamo a sognare quella che è la vita secondo Dio;
·però noi siamo portati via dalla realtà;
infatti una cosa è il sogno e una cosa è la realtà in cui ci troviamo, il mondo
in cui ci troviamo; vediamo infatti una grande distanza tra ciò che sogniamo e
speriamo e la vita che siamo “obbligati” a condurre. Perché questo? Perché il
lavoro, gli affari, il mondo, ecc. ci condizionano a tal punto da impedirci di
dedicarci a Dio.
·Ecco allora che subiamo una frattura, portiamo
dentro di noi un trauma ed è qui che inizia a formarsi la fame, il bisogno di
un aiuto.
In un primo tempo
crediamo di risolvere noi da soli il problema, cioè cerchiamo di realizzare noi
il sogno, di vivere secondo questo ideale di vita; però ad un certo momento
siamo messi con le spalle al muro e ci accorgiamo di non poter uscire dalla
nostra situazione, dalle nostre schiavitù,
perché la realtà ci domina. La fame di oggi, il bisogno di vestire di
oggi, la figura davanti agli altri di oggi, ci porta talmente via, che il sogno
resta sempre più sogno.
È qui, in questa
impotenza, che si forma il bisogno di Cristo, cioè il bisogno che Dio ci dia
una mano. Poiché soltanto se noi
troviamo una Realtà Divina in quel mondo che ci porta via possiamo essere
salvati.
Infatti è lì la chiave di
volta, perché quel mondo che ci porta via è anche quel mondo che ci può
salvare. Noi possiamo essere salvati soltanto dal mondo che ci porta via.
Quindi dal momento che è la materia
che ci porta via, noi possiamo essere salvati solo dalla materia, ma soltanto
da una materia che sia divina, cioè che incarni il nostro sogno. Ecco perché siamo salvati soltanto trovando il Verbo di Dio fra noi,
soltanto trovando il Verbo di Dio incarnato, cioè trovando il sogno realizzato:
“Ah, ma era quello che io aspettavo!”. Cristo è il nostro sogno incarnato.
È lì che ci possiamo afferrare; e
afferrandoci iniziamo il cammino di liberazione. Ma bisogna afferrarci a Lui in
ogni cosa. La problematica di Cristo è quella di liberarci dal giogo di tutti
gli altri doveri (familiari, sociali, politici, lavorativi…), per incentrarsi
su di Sé. Quando poi ci ha incentrati su di Sé, quindi quando ci ha liberati da
tutte le dispersioni del mondo, ci dice “ciao!”, e se ne va (per consegnarci al
Padre) perché ormai apparteniamo a Lui.
Ecco l’importanza
dell’incontro con Cristo e di seguirlo. Però se non si è formata in noi una
dimensione di bisogno e di attesa, noi non individuiamo il Cristo, cioè non
individuiamo “Il Verbo di Dio fatto carne”. Per cui possiamo sentir parlare di Gesù, del
Cristo Figlio di Dio, possiamo conoscere tutta la sua vita, possiamo
festeggiare tutti i Natali, vedere tutti i presepi del mondo, ma noi non
individuiamo la salvezza, il Salvatore, fintanto che in noi non si forma questo
bisogno della “vita secondo Dio”, perché è il bisogno che ci fa individuare, è la
fame. Abbiamo fatto l’esempio del macellaio: tu incontri il macellaio soltanto
in quanto ti convinci che hai bisogno della cotoletta; in caso contrario puoi
passare davanti al negozio tutti i giorni e neppure lo vedi. Così è lo stesso:
individuiamo il Cristo in quanto in noi si forma il desiderio, il bisogno di
Dio.
Ora, perché si formi
in noi questo desiderio e questo bisogno di Dio è necessario mettere Dio al
centro. Ecco allora tutta la problematica, tutta la trafila di avvenimenti
dell’Antico Testamento! Perché nella storia dell’umanità, e anche questo è scena per la vita di ognuno
di noi, Cristo viene tanto tardi? Perché è preceduto da questa lunga attesa di
millenni? Perché proprio attraverso tutti questi millenni l’umanità, quindi
ogni uomo, prende coscienza del suo bisogno essenziale che è conoscere Dio e
della sua impotenza a realizzare la vita secondo Dio, perché si trova immerso in un mondo in cui c’è già tutta una
frattura.
Questa frattura è opera
di Dio, ma è una conseguenza del fatto che noi siamo staccati da Lui; infatti è
necessario, per farci rinsavire, che Dio rappresenti nella creazione il
distacco interiore che si è creato tra noi e Lui. È come il maestro che con
i suoi alunni deve fare il burbero, deve dare dei brutti voti, deve minacciare,
al punto da essere considerato cattivo; ora, non è che sia cattivo, però deve
fare il burbero, perché questo è l’unico
modo per richiamare all’attenzione gli alunni che sono indisciplinati e
dispersi, affinché possano intendere.
Ora, Dio è severo, magari
manda una guerra, ma questo avviene perché noi non ci rendiamo conto della
lontananza nostra da Lui. Per noi infatti è impossibile fare il salto in Lui,
perché viviamo in un mondo che pesa su di noi, e pesa molto di più di quello
che pesa l’ideale; il bisogno di oggi
pesa molto di più che l’attrazione del Padre. Ed è questa frattura, questo
conflitto che prepara in noi l’attesa del Cristo.
Pinuccia B.: E quindi ci prepara al Natale, a capire, a vivere
il Natale.
Luigi: Certo, perché tutto ciò che è avvenuto è un
annuncio di un fatto futuro per noi: il Natale è avvenuto, ma in quanto è avvenuto, è
annuncio di una Realtà che noi non vediamo ancora, ma che scopriremo se matura
in noi quella dimensione spirituale che è necessaria per riconoscere il Verbo
incarnato. Il Natale è un annuncio, però questo annuncio va accolto,
altrimenti saremo giudicati da questo annuncio.
Nino: C’è chi rifiuta l’annuncio del Natale
senza rendersi conto.
Luigi: Dobbiamo sempre tener presente ciò che dice
Gesù: Egli condanna Gerusalemme (e Gerusalemme rappresenta ogni uomo) perché
non ha conosciuto l’ora in cui è stata visitata. Per cui ad un certo momento
anche il rifiuto inconsapevole diventa colpevole: “Non hai conosciuto l’ora
in cui sei stata visitata” (Lc 19,44). Quindi ad un certo momento l’ignorare è colpa.
Eligio: Però, perché c’è la colpa se ancora non c’è
la conoscenza?
Luigi: La conoscenza è già un atto molto avanti, se
non ultimo, almeno penultimo. La nostra libertà (o responsabilità) è
precedente la conoscenza: se conoscessimo la Verità non La lasceremmo più,
non saremmo più liberi di lasciarla.
La libertà nostra è
precedente perché è frutto di ignoranza e schiavitù; ci crediamo liberi perché
siamo ignoranti. Infatti se noi conoscessimo la Verità, non potremmo non
amarla. Se noi amiamo poco Dio è perché Lo conosciamo poco. Se ci sentiamo
liberi di rifiutare Dio è perché non Lo conosciamo. Quindi la libertà nostra di
accogliere o rifiutare la Verità è precedente la conoscenza.
“Mi hanno rifiutato senza
conoscermi”(cf Gv 15,25): è lì la
colpa: nel rifiuto di interessarci della Verità.
(?): Ci
si può trovare a volte in certe situazioni o di fronte a certi segni che non si
capiscono, ma che vanno accettati, perché Dio li vuole, come ad esempio un lavoro
assurdo.
Luigi: Il problema è impegnarci a conoscere Dio, per
cui nessun lavoro, anche il più santo, può giustificare il nostro disimpegno
dall’essenziale, dalla ricerca di Dio. Non c’è lavoro che di per sé ci distolga
dall’interessarci della Verità. Bisogna però distinguere:
·Ciò che non dipende da te: devi accettarlo e
in quanto lo accetti non ti disturba.
·Ciò che procede da te: è questo che ti
disturba, cioè sono le risposte che tu dai,
le scelte concrete; sono queste
che ti disturbano e ti distolgono, se non partono dallo Spirito di Dio.
(?) : Il lavoro, anche
assurdo, che non dipende da noi, va comunque accettato come Volontà di Dio.
Luigi: Una
situazione (un fatto, un lavoro) in quanto è, è voluta da Dio, ma non potrai
mai dire che Dio vuole quello da te, perché la sua Volontà è totalmente altra:
vuole che tu Lo conosca. Certamente tu non potrai mai vedere Gesù fare certi
lavori (non dimentichiamo che ad un certo momento ha staffilato i mercanti e
venditori perché profanando il Tempio, che è la nostra anima, sostituivano il
loro lavoro alla ricerca di Dio); quindi assolutamente non puoi far coincidere
la Volontà di Dio con ciò che si fa. Non puoi vedere Gesù in quello, perché Lui
non lo farebbe assolutamente; anzi magari vi metterebbe la dinamite sotto.
(?) : Però c’è sempre una ragione perché una
persona si trova in una determinata situazione o in un determinato lavoro.
Luigi: Sì, una ragione senz’altro c’è.
Angelo B.: E ci sarà anche una via di uscita.
Luigi: C’è anche la via di uscita, è logico, ma
sicuramente c’è una ragione se Dio ci fa tribolare. Dio stesso ci mette in
situazioni di difficoltà e schiavitù per evidenziare la frattura tra il nostro
sogno e la realtà. Se il Signore ci
mette nei pasticci, è per dirci: “Tu che avevi quell’ideale, guarda cosa sei
costretto a fare…!”; ma questo lo fa, non per umiliarci o schiacciarci, ma per
farci capire il bisogno che abbiamo di Lui. Il problema esistenziale
dell’infelicità, dell’insoddisfazione dell’uomo sta nella frattura tra il sogno
e la realtà. Dio ci evidenzia questa frattura per prepararci a realizzare il
nostro Natale.
Nino: La psicanalisi affronta il problema
dell’insoddisfazione e dell’infelicità dell’uomo senza rapportarlo a Dio, per
cui non spiega e non conclude nulla.
Luigi: Solo se si parte da Dio si capisce la radice
del problema: la fonte di ogni infelicità sta in una frattura tra un sogno e la
sua realizzazione, cioè la realtà di quel sogno. Quando noi possiamo realizzare
un sogno siamo felici.
Ora, siccome noi non
possiamo annullare il Pensiero di Dio che è in noi (presto o tardi Egli trova
il modo di affacciarsi nella nostra coscienza, e quindi crea un sogno), fintanto
che noi non realizziamo questa unità tra il sogno di Assoluto (che volenti o nolenti portiamo in noi), cioè di questa vita secondo
Dio, e la nostra vita pratica noi siamo infelici e sentiamo una grande
insoddisfazione di fondo. È qui che nasce il bisogno di liberazione e
quindi il bisogno del Cristo, ed è questo che ci conduce al Natale.
Nino: Certo, bisogna accettare l’umiliazione che ci
viene da questa frattura, ma questo non vuol dire che si debba accettare di
continuare a fare quello che si sta facendo e che è in contrasto con il nostro
sogno. Dio non vuole quello per farci stare lì, ma per stimolarci a uscirne.
Luigi: Certo. Se una persona che è in conflitto
vedesse il Cristo fare quello che lui fa, si sentirebbe a posto e continuerebbe
così per tutta la vita. Ma certamente non può vedere il Cristo fare quello,
soprattutto poi se si tratta di cose vane, ambiziose o comunque in contrasto
con il Vangelo. Tante volte mi trovo delle persone che mi dicono: “Io penso che
se Gesù fosse al mio posto farebbe così…e così…”. Ma è assurdo! Perché come
fanno a vedere Gesù fare certe cose? Sarebbe anche una situazione di comodo, e
per di più uno si rassegnerebbe pensando che è Cristo che l'ha messo lì, per
cui dice: “In quanto sono qui è perché Dio mi ha voluto mettere qui; e faccio
questo tutta la vita”. Ma è assurdo! Certo, uno tacita la propria coscienza,
però ad un certo momento si accorge di non poter far calare il Cristo lì, per
cui ad un certo momento non Lo accetta più, ed è logico che non accetti, perché quando apre il Vangelo si
trova in conflitto. Infatti il Cristo non può assolutamente approvare ad
esempio la moda vana, ecc. ecc.
(?) : Però non è anche detto che uno debba recriminare o rimpiangere una via diversa…
Luigi: Abbiamo sempre detto che la realtà in cui
ci troviamo, anche se è colpa nostra, dovuta a scelte nostre (perché le
scelte, motivate magari da una certa ambizione o vanità, possono aver giocato a
creare una certa situazione, per cui uno ad un certo momento è venuto a
trovarsi in una certa bagna…) comunque sia, la realtà di oggi come è, in
quanto è, è voluta da Dio; quindi la
situazione in cui oggi ci troviamo è voluta da Dio. Ecco, è da qui che
bisogna iniziare a ricostruire: non tacitare la coscienza, non rassegnarsi,
ma invocare l’aiuto di Dio, cercare il pensiero di Dio, sospirare il Cristo.
Nino: Se si seguita a dialogare con Dio, ad un
certo momento il nostro io cede e si apre a Lui: lì si vede una via di uscita.
Ma bisogna accettare tutto quanto ci è arrivato.
Luigi: Certamente e va accettata la situazione in
cui ci troviamo, perché dobbiamo essere convinti di questo: “La realtà in cui
oggi io mi trovo, in quanto è realtà, è fatta da Dio”, perché niente è fatto
senza di Lui. Tutto ciò che esiste, tutto ciò che accade, ciò che noi tocchiamo
con mano, ciò che noi vediamo, è voluto da Dio. Ma questo non basta: bisogna
riportare tutto a Dio, per capire da Lui la sua intenzione, la sua Volontà.
Non dimentichiamo che
tutto quello che attualmente constatiamo come esistente affiora da quei “sei
giorni” dell’opera creatrice di Dio; quindi ciò che noi vediamo e
tocchiamo è opera fatta nel Verbo e per il Verbo di Dio che parla personalmente
a noi. Naturalmente Dio, parlando personalmente a noi, tiene presente la
nostra mentalità, il nostro grado di fede, il nostro grado di dedizione, magari
le nostre ribellioni, tiene presente tutto di noi, perché Lui ha presente tutto
di noi. Ed avendo presente tutto di noi, Lui crea in modo che noi ci troviamo
in un certo ambiente, con certe persone attorno, con certe soddisfazioni o insoddisfazioni, con certe ribellioni, ecc.;
ma è tutta opera di Dio che sta dialogando con noi per cercare di portarci al Natale.
Abbiamo detto infatti che il Natale, il
Bambino Gesù nel presepio, è la sintesi di tutti gli eventi, la
conclusione di tutti i tempi. Quindi quella nascita di Gesù nella grotta di
Betlemme è ciò che dà senso ad ogni nostra situazione e ce ne fa intravedere la
via di uscita. Tutti gli avvenimenti si incentrano lì.
(?) : Quindi concretamente….
Luigi: Concretamente per lasciarci fare e condurre
da Dio, noi dobbiamo assumere questi atteggiamenti:
·1° come atto iniziale, sempre aderire,
accettare l’esistente, perché è opera di Dio;
·2° cercare di capire la lezione, cioè quello
che Dio ci vuole significare (ad un certo momento il figliuol prodigo, dopo
esser partito dalla casa del padre, ha capito la lezione).
·3° Ma ciò di cui bisogna stare molto molto
attenti è ciò che parte da noi, affinché non parta di iniziativa nostra.
Cioè nell’ambiente in
cui noi ci troviamo, dobbiamo preoccuparci che tutto quello che parte da noi
(parole, pensieri, azioni) sia secondo lo Spirito di Dio. Quindi mai agire
di iniziativa nostra, mai essere autonomi, cioè
non agire mai secondo il mondo o ciò che piace al mondo, ecc. Ogni
pensiero, ogni parola va detta solo dopo
aver interrogato lo Spirito di Dio. Chiederci: “Sto parlando per
ambizione od orgoglio o sto rispettando
lo Spirito di Dio?”. Allora, se ci preoccupiamo di rispettare lo Spirito di
Dio, anche solo nel parlare, evitiamo di dire tante parole vane, magari a costo
di fare la figura degli orsi (puoi star tranquillo che in tal caso Dio ti
libera molto in fretta...).
Invece se, trovandoci in
un ambiente “guasto”, non agiamo secondo Dio e quindi facciamo partire delle
parole, dei fatti da noi, dal nostro io autonomo, aggraviamo la situazione,
perché Dio opera per correggerci e quindi non ci conferma. Quindi più noi facciamo cose nel
pensiero del nostro io, più naturalmente ci allontaniamo da Dio, perché
diventiamo figli delle nostre opere che non sono secondo lo Spirito di Dio. “Chi
fa il peccato resta schiavo di esso” (Gv 8,34); e più ci allontaniamo da
Dio, più naturalmente l’ambiente diventa più pesante, malsanamente pesante. E
noi non possiamo liberarci da un ambiente malsano, perché è Dio che lo crea.
Una guerra, ad esempio, è Dio che ce la manda, tenendo presente la nostra
lontananza da Lui.
(?) : Quindi siamo noi a
creare questa malsanità.
Luigi: E già, perché se noi ci allontaniamo da Dio,
con azioni non secondo Dio, naturalmente aggraviamo il peso di quello che ci
allontana da Dio. Se invece noi, in questa situazione malsana, incominciamo a
fare qualche cosa, anche poco, un piccolo passo, il Signore cambia l’ambiente;
se ad esempio ci interroghiamo sul perché dobbiamo fare certe cose (“Perché
debbo pensare a quello? No, un momento! Debbo pensare prima di tutto
all’essenziale!”), allora cercando di mettere prima di tutto l’essenziale,
cercando di pensare tutto quello che vuole Dio, mettendo prima ciò che ci serve
per la Vita Eterna, in noi avviene un cambiamento. Dobbiamo sempre interrogarci
su questo: “Sto pensando a quella cosa, ma questo mi serve per la vita eterna?”
Solo seminando ciò che non passa, raccogliamo ciò che non passa. Un esempio concreto: se è nostra abitudine
tutte le mattine aprire il giornale o aprire la radio, iniziamo a domandarci:
“ma questo mi serve per la Vita Eterna? No!” Allora chiudiamo e diciamo: “Un
momento! Metto prima quello che vale per la Vita eterna, perché l’essenziale
deve servire per la Vita Eterna”.
L’essenziale non deve
essere quello che passa; se passa, in quanto passa, è transitorio, quindi non è
essenziale. La nostra giornata Dio ce la dà affinché noi mettiamo qualche
cosa che valga e che resti eternamente.
Allora il criterio
dell’essenzialità come eternità già ci libera da tante cose, per cui ci fa
dire: “Prima di tutto metto questo!”; e se dobbiamo dire una parola: “Un
momento, questa parola, perché la dico? la dico per volontà di Dio, per amore
di Dio? O la dico per mettermi in mostra o per altri motivi?”. Se la diciamo per rispettare lo Spirito di
Dio, per amore di Dio, questa ci spezza una catena, ci alleggerisce. Così
facendo, di passo in passo, ad un certo momento ci accorgiamo di avere le ali.
Basta un superamento fatto nel rispetto a Dio per spezzare una catena, ma ogni
cosa o parola, fatta o detta nel pensiero dell’io, costruisce una catena.
Dobbiamo stare sempre
molto vigilanti, perché Dio ci osserva nella fedeltà alle piccole cose, perché
noi siamo giocati dalle piccole cose. Magari noi facciamo grandi progetti, grandi salti, però Dio non ci
osserva là, ma Dio ci osserva nelle piccole cose. Ad esempio: hai cinque minuti
di tempo: a che cosa li dedichi quei cinque minuti? È lì, quando possiamo
disporre di noi stessi, che Lui ci osserva e ci conosce. Infatti quando siamo
tribolati, è Lui che ci fa tribolare e quando dobbiamo correre con il fiato in
gola, è Lui che ci fa correre (e se ci fa tribolare e correre ha i suoi validi
motivi), poi però ad un certo momento nell’arco della giornata ci lascia quei
cinque minuti liberi, ed è lì che possiamo pensare o possiamo divertirci o possiamo dire una sciocchezza, ecc. Dio ci
osserva lì, cioè ci osserva quando possiamo disporre di noi, perché è lì che
noi riveliamo ciò che amiamo veramente; cioè se amiamo Dio soltanto a
parole (per cui se in un domani, all’atto pratico, ci trovassimo nella
possibilità di vivere secondo Dio, chissà invece come vivremmo e come
sciuperemmo il tempo!), oppure se veramente Lui ci sta a cuore. Perché se
Dio ci sta veramente a cuore, quando abbiamo cinque minuti a disposizione,
immediatamente scegliamo la sua volontà e quindi scegliamo di pensare a
Lui, di occuparci di Lui. È come quando uno è innamorato di una donna: magari è
occupato tutta la giornata, ma se ha cinque minuti di tempo, corre a trovarla.
Allora, se uno veramente
ha amore per Dio, ha interesse per Dio, nel pasticcio in cui si trova (poiché
Dio non ci toglie mai tutte le ventiquattro ore), avrà comunque quel tempo in
cui potrà scegliere ciò che più gli sta a cuore.
Dio ci osserva nelle
piccole cose; infatti Gesù dice: “Se non siete capaci a essere fedeli nel
poco, a molta maggior ragione non sarete fedeli nel molto” (Lc 16,10). “Per
cui se non sei fedele nel poco, Egli ci
dice, se Io ti dessi grandi cose, tu
saresti tanto infedele. Non sei capace ad essere fedele in un pensiero oppure
nel dire una parola o nel non dirla…, Immaginati se domani avessi tante cose a
disposizione per te!”. Bisogna quindi incominciare a essere fedeli in un
pensiero, nel dire una parola o nel non dirla, per poi avere le grandi cose.
Quindi, soltanto se uno è capace di essere
fedele nelle piccole cose, sarà fedele anche nelle grandi; “…Ma se non siete
capaci di essere fedele nel poco, chi si fiderà a darvi le grandi?” (Lc
16,11). Ecco perché ci troviamo in un ambiente di tanta schiavitù! Dio ci dà
poche cose, poco tempo a disposizione, perché sa che se ce ne desse molto noi
non saremmo capaci a gestirlo.
(?) : E come si impara a gestirlo?
Luigi: Noi dobbiamo vigilare molto, cioè osservarci molto non nel pasticcio in cui ci
troviamo, ma dobbiamo osservarci molto in quello che parte da noi come
pensieri, come parole; vigilare su come occupiamo quei cinque minuti di tempo libero; perché in quanto ci
occupiamo di una cosa è perché c’è un interesse che ci invita verso quella cosa.
Come mai leggi il giornale? Come mai vai a trovare il tale? Come mai fai
questo?
Abbiamo sempre un
interesse, perché noi, in tutto quello che facciamo, siamo sempre motivati.
Se tu sei motivato da Dio, puoi star tranquillo che in quei “cinque
minuti” ti occupi di Dio, perché è nei
“cinque minuti” liberi che tu riveli il tuo amore all’essenziale. Per cui Dio
certamente aumenterà il tuo tempo libero e soprattutto, formerà in te quella
dimensione interiore di attesa e di pianto che è la condizione per giungere al
tuo Natale personale.
(?) : Altre volte hai detto che non c’è
situazione di lontananza da Dio da cui noi non possiamo essere ripresi da Dio e
riportati a Dio.
Luigi: Certo. Anche e soprattutto l’annuncio del Natale
è per riprenderci e richiamarci a Sé.
Eligio: Come mai però c’è questa condanna su
Gerusalemme a cui tu hai accennato prima?
Luigi: Tieni presente che Gesù ciò che dice lo dice
come lezione per ognuno di noi; tutto ciò che dice non lo dice mai per
condannare. Anche quando Gesù dice “Razza di vipere!” (Mt 12,34), non
lo dice per punire, non lo dice per condannare, ma lo dice per salvare.
Quando Egli maledice Gerusalemme (che rappresenta la nostra anima), non la
maledice per condannarla, ma per salvarla.
Eligio: Quindi non è un giudizio di condanna definitivo.
Luigi: Certamente no. Il pensiero centrale è questo:
“Dio vuole che tutti si salvino” (1 Tm 2,4); allora tutto
quello che Gesù dice va sempre visto in funzione di questa volontà. Quindi,
se noi vediamo Dio che maledice, non dobbiamo dire “quello è maledetto”, ma
dobbiamo prima sapere l’intenzione con la quale Dio ha maledetto.
Eligio: Però la maledizione di Dio è eterna.
Luigi: No! L’eternità di Dio è la salvezza
dell’uomo: eternamente Egli vuole salvare l’uomo. Questo suo disegno magari crea l’inferno,
perché ad un certo momento l’anima può ribellarsi e urtarsi con la sua Volontà.
È ancora l’Amore di Dio, anzi è l’urto con il suo Amore che crea l’inferno. L’inferno
è costituito proprio dal fatto che Dio non si allontana mai, non ci abbandona
mai.
Ogni Parola del Cristo,
quindi anche la maledizione su Gerusalemme, dobbiamo sempre interpretarla nella
sua volontà principale. La sua volontà principale è questa: “Dio vuole che
tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità” . Per cui anche se ci
dicesse: “Tu sei maledetto”, questa sua affermazione è per salvarci. Va
inserita nella sua volontà principale.
Nino: Però è una minaccia; intendo dire che anche
se non è un giudizio definitivo, può comunque diventarlo.
Luigi: Certo. Comunque se Gesù dice: “Gerusalemme,
Gerusalemme…ecc.”, è per ammonirci a stare attenti, perché se noi diciamo:
“Io sono scusato, perché non capisco, non conosco, non sono intelligente, non
ho tempo, non sono capace…”, e ci crediamo giustificati, Egli, proprio per
farci mettere a fuoco la nostra attenzione su-, ci dice: “Stai attento che stai
rifiutando un invito, una parola che ti può salvare”. Ecco, la maledizione ha
la funzione di richiamo. Quindi anche se non la capisci (ecco l’importante!),
fai attenzione. Quindi se Gesù ti dice: “Stai attento alla fedeltà nelle
piccole cose”: è Parola di Dio! Stai attento, anche se non la capisci, a non
rifiutarla. Se hai veramente il timore di Dio, fai attenzione.
Ecco, chi ha il timore
di Dio, cioè questa attenzione a Dio, è anche attento alle cose che non capisce.
Se invece ci scusiamo dicendo di non capire e non prestiamo attenzione cadiamo
nella maledizione. Gesù maledice Gerusalemme per farci capire questo, affinché
non avvenga che noi ci scusiamo quando non capiamo, sentendoci autorizzati a
disinteressarcene e divertirci. Infatti Lui maledice Gerusalemme dicendo: “Non
hai capito! Dovevi capire!”
Pinuccia A.: Perché cercare di capire ciò che non si
capisce è attenzione a Dio?
Luigi: Perché tutto è opera di Dio; se tu sei alla
scuola di un professore famoso, che stimi molto, sentirai tante cose che non
capisci, ma per il semplice fatto che hai ammirazione, stima, fai molta
attenzione e cerchi di ricordare, custodire anche le cose che non capisci;
forse le capirai domani, tra cinquant’anni, però siccome sono dette da una
persona che stimi molto, non ti lasci scappare nulla.
Ora, tu pensa che tutto è
opera di Dio, tutto è Parola di Dio, quindi tutto è dialogo di Dio con l’uomo;
allora, se tu tieni presente che Dio ti sta parlando in tutto, che le parole
che ti giungono sono Parole di Dio, cerchi di fare molta attenzione, perché è
Dio che parla, non sono le creature, quindi è doverosa la massima attenzione a
Colui che parla.
Angelo B.: Non è facile però capire.
Luigi: Bisogna privilegiare le parole di Gesù e
fermarci molto in esse, perché man mano che le assimiliamo, saranno queste Sue
parole che ci illumineranno le altre parole, facendocele capire dal punto di
vista di Dio.
Tutto è segno, tutto è
parola di Dio, sia ben chiaro, quindi anche i ladri e le prostitute sono parole
di Dio, ogni ambiente o situazione è parola di Dio, ma le Parole di Gesù sono uniche. Le Parole che dice Gesù nessuno può dirtele,
perché certe parole nessuno le può dire. Tutte le altre parole di Dio (le
creature) sono tutti segnali stradali, sono frecce che indicano la città, ma
non ti danno la città, cioè l’unione con Dio. Tutti parlano e a volte possono
anche dire cose vere, possono anche farti riflettere sulla vanità e sul passare
delle cose, perché tutte le creature sono opera di Dio, per cui ad un certo
momento diventano tutte cartelli stradali che ti orientano all’essenziale, a
ciò che non passa. Ma non possono dirti quello che ti dice Cristo: certe sue
Parole nessuno te le può dire. Ecco
perché ad un certo momento uno ha bisogno di incentrarsi solo più lì, in Lui: “Tu
solo hai parole di Vita Eterna!” (Gv 6,68).
Quindi in Cristo c’è una singolarità;
per cui Cristo ci dice delle cose che nessuna cosa al mondo ci può dire.
Infatti Gesù chiede al Padre (per noi) quella gloria che Egli ebbe “prima che il mondo fosse”. La sua
gloria è il Padre. Egli vuole farci conoscere il Padre. Ecco perché ad un certo
momento, scoprendo Cristo, sentiamo il bisogno di accantonare tutte le cose che
ci dice il mondo, tutte le letture che ci può dare il mondo! perché non ci
danno più niente, non rispondono più alla nostra esigenza di conoscere il
Padre. Solo più Cristo ad un certo momento risponde a questa esigenza. Cioè, quando
si forma in te il bisogno di conoscere Dio, il bisogno del Padre, il bisogno
della Vita Eterna, di capire qualche cosa di questa essenzialità, scarti tutto ed eleggi Cristo come tuo
Maestro.
Perché fintanto che tu
vai alla ricerca di quello che vale di più, delle cose vane o non vane, allora
il mondo, essendo tutto sotto l’ombra della morte, può dirti qualche cosa;
perché all’ombra della morte le cose sono abbastanza evidenti; con
“facilità” arriviamo a capire che tutto
ci delude. Quindi il mondo ti dà lezioni importanti, ma queste lezioni sono
soltanto dei cartelli indicatori, non ti rivelano Dio, non ti danno la
possibilità dell’amicizia di Dio, della scoperta della Presenza di Dio in te.
Le parole di Dio nel mondo non ti danno la Città, ma sono delle frecce che ti
dicono: “Cammina, vai, questa è la strada”. Se tu cammini, ad un certo momento
arriverai alla Città, ma chi ti dà la Città, chi ti fa entrare in essa
(cioè ti unisce a Dio) è solo il
Cristo.
Cristo ha degli argomenti
che nessuno ha. Avviene
allora in noi un continuo processo di selezione, per cui si passa di creatura
in creatura, fino ad arrivare a bloccarci in Cristo. Ma chi ci conduce a
bloccarci in Cristo e a scegliere Lui è il bisogno di Dio. Quindi fintanto
che in noi non si forma questo bisogno di essenzialità, di Vita Eterna, di
conoscere Dio e quindi di trovare qualcuno che ci parli di Dio, ma che ci parli
secondo il bisogno della nostra anima, e non con chiacchiere vane, noi non
arriviamo al Cristo. Ecco perché per alcuni Cristo è molto difficile:
perché non si è ancora formato in essi questo bisogno dell’essenziale.
Angelo B.: Pur avendo questo bisogno, a volte non si sa
in concreto come impegnarci.
Luigi: Quando abbiamo parlato dell’abitare tra noi
del Verbo, “ed abitò tra noi”, abbiamo
detto che la Sua abitazione tra noi è
mettersi Lui a nostra disposizione,
è indicarci l’indirizzo di casa sua, è indicarci il luogo in cui noi possiamo
andarlo a trovare quando e come vogliamo. Infatti, quando noi chiediamo ad un
amico: “Dove abiti?” e lui ci dice: “Abito lì”, praticamente si mette a
mia disposizione (“Venite e vedrete”), per cui possiamo andarlo a
trovare quando e come vogliamo. Allora, in quanto Cristo ha preso una carne
ed “abitò tra noi”, ha occupato un posto in cui noi possiamo andarlo a
trovare (“Venite e vedrete” – Gv 1,39) e fermarci con Lui tutto il
tempo che vogliamo (infatti quando sappiamo dove un amico abita, abbiamo questa
possibilità). Ma andandolo a trovare, Egli ci propone i suoi problemi. Ad
esempio, se ci fermiamo davanti alla grotta di Betlemme, noi contempliamo un
Bimbo che è nato da una Vergine. Questo è un annuncio che ci capovolge tutto,
perché crea in noi tutta una problematica
che ci impegna col pensiero: “Perché è nato da una Vergine? Perché non è
nato dall’unione tra un uomo e una donna?”.
Certo, noi possiamo dire:
“Sono tutte storie, non è vero”, però, in tal caso, noi faremmo un atto di superbia
in quanto non abbiamo delle ragioni per dire che non è vero. Se facendo i
superbi rifiutiamo le cose che non conosciamo, allora siamo colpevoli. Se
invece siamo attenti a Dio, di fronte a questa cosa che ci è annunciata, anche
se non la capiamo, aderiamo. Ma aderendo, tale annuncio del concepimento
verginale di Gesù ci sconvolge tutto, per cui cerchiamo di capire e ci
interroghiamo: “Perché nasce da una Vergine? Ci deve essere una ragione; e
questa ragione deve essere personale, deve essere una lezione di vita per me”.
Ed è proprio così: se quel Bambino non è nato dall’unione tra un uomo e una
donna, vuol dire che è una lezione per la vita spirituale, personale per ognuno
di noi. Ora dobbiamo chiederci prima di tutto: “Che cosa Dio mi vuole indicare
con questa nascita di Gesù Bambino?”, cioè con il Natale?
Il Natale è
l’annuncio di una scoperta che dobbiamo fare: Dio è tra noi, in noi.
Il Natale cioè ci
rivela “come” Dio è tra noi, in noi. Fintanto che non capiamo questo, non
possiamo fare il Natale. Ma come possiamo noi arrivare a questa
scoperta?
Ecco allora che salta
fuori l’importanza del concepimento verginale di Maria. Infatti la Vergine
ci rivela che soltanto in quanto si forma in noi la verginità di mente, che è
il distacco da tutto ciò che è mondo, che è il non voler più far conto su
nessuna creatura se non su Dio (“non conosco uomo” - Lc 1,34), soltanto
allora concepiamo in noi il Figlio di Dio, perché i figli di Dio nascono da
Dio.
Ecco, soltanto quando
noi capiamo che “i figli di Dio nascono da Dio” (Gv 1,13), siamo
preparati a scoprire il Verbo di Dio che si fa carne.
Qui il concetto di
verginità si rivela molto importante, perché è per insegnare a noi la verginità
di mente, perché fintanto che noi non ci distacchiamo dal mondo e facciamo
conto su altro da Dio, non possiamo arrivare a scoprire il Verbo di Dio fatto
carne: ecco quindi l’importanza della Madre, della Madre che è Vergine!
Quindi il modo con cui
Gesù è venuto tra noi, cioè il fatto che è nato da una Vergine, non è per farci
vedere un miracolo, quasi a dire: “Guardate, sono capace a fare dei miracoli!”.
No! Tutto quello che avviene è lezione pedagogica per condurci dal fatto
passato, che è avvenuto, al fatto futuro, personale che deve avvenire. Per cui
il Natale, fatto avvenuto, deve condurmi al fatto futuro, al Natale
personale: scoperta del Dio che è in me.
Nel Natale noi
scopriamo “come” Dio è in noi; ma poi abbiamo l’altro atto del Cristo che parla
(del Verbo che parla, che afferma) e poi il terzo atto del Cristo crocifisso. Quindi
abbiamo tre modi di essere di Dio tra noi (poi avremo Cristo risorto e il Verbo
conosciuto nel Padre e dal Padre: ma questo sarà solo per coloro che hanno
capito la morte del Cristo e hanno proseguito il cammino fino alla Pentecoste).
Ma il Natale è il
piano base: Dio è tra noi, “come” Dio è tra noi: questa nascita da una Vergine.
Qui tace.
Angelo B.: Ma non tace sempre.
Luigi: Infatti poi abbiamo il Cristo che parla, il
Verbo che afferma. Invece qui a Natale Gesù Bambino non afferma: quindi
rivela “come” Dio è tra noi, in noi. Però la scoperta del Dio tra noi è in
relazione alla verginità di Maria; questa verginità che è distacco. Ecco il
concetto di verginità, che è una verginità di mente, è un non far conto su
nient’altro che su Dio, perché “i figli di Dio nascono solo da Dio”. Ora in
quanto uno fa conto su Dio, abbiamo la verginità: “non conosco uomo”.
Nino: Gesù Bambino non parla, ma è rivelazione di
Dio in noi.
Luigi: E già, il Natale ci rivela “come” Dio
è in noi, in ciascuno di noi: “come Dio è…”: come un
Bambino che non parla, per cui quando ci mettiamo in silenzio diciamo: “Ma io non sento niente”. Ma
l’annuncio del Natale ci dice: “Guarda che Dio è vivo in te”, anche se
non parla; non parla ma è la Verità presente.
Poi avremo Dio che cresce, che parla. Ma attualmente è affidato a noi
come un Bambino tra le nostre braccia. Se poi cresce, allora parlerà. Ma
parlando ci urterà, ci metterà in conflitto, al punto che lo metteremo in
Croce, inevitabilmente. Infatti l’ultimo atto è poi la Croce (non la
Risurrezione, perché questa è solo per coloro che hanno aderito al Cristo e
L’hanno seguito).
Nino: Se
aderiamo e capiamo la sua Morte, Lui risorge e noi risorgiamo. Se invece non
aderiamo …
Luigi: …. Lui rimane morto, ma anche morto Lui è ancora il Salvatore, se
capiamo e moriamo a noi stessi.
Nino: Ma non è detto che uno muoia a se stesso, per
cui la minaccia di cui parlavamo prima
si realizza.
Luigi: Certo, Lui non salva nessuno automaticamente,
perché per salvarci automaticamente dovrebbe annientare la nostra coscienza; ma
annullando la nostra coscienza Lui andrebbe contro Se stesso, perché è Lui stesso
che ha creato noi con il pensiero del nostro io. Quindi Dio opera per salvarci, ma è sempre fedele a Se
stesso, poiché Lui, essendo l’Essere, è fuori del tempo, quindi Lui opera,
lavorando su ciò che ha fatto e su ciò che noi facciamo. Per cui Lui sulle
nostre note stonate costruisce delle sinfonie continuamente nuove, ma tiene
presente le nostre note stonate, perché rispetta tutto, non annulla niente.
Quindi Lui non può annullare la nostra coscienza, anche se è sbagliata; anche
se noi facciamo dei delitti, Lui non li annulla, ma costruisce su-, perché a
costo di lasciarsi uccidere e di restare morto in noi, fa di tutto per
salvarci, per cui anche la sua Morte è per la nostra salvezza . Quindi Lui
muore, si fa figlio dell’uomo, figlio delle opere nostre, per salvarci; se
l’uomo è delitto, Lui si fa figlio del
nostro delitto, quindi si lascia uccidere.
Ines: Si fa figlio del nostro delitto?
Luigi: Sì, perché si fa figlio dell’uomo. Il Natale
ci rivela appunto il Dio che si mette nelle mani dell’uomo: “Faranno di Me
tutto ciò che vorranno”, per cui possiamo analizzarlo secondo le
nostre scienze, strumentalizzarlo, dire di Lui tutto quello che vogliamo,
perché si è fatto figlio dell’uomo. Ma soltanto facendosi figlio dell’uomo, Dio
ci salva; perché siccome noi diventiamo “figli delle nostre opere”
(cf Gv 8,34), Lui si offre, si fa figlio delle nostre opere dicendo: “Io sono
qui, fai di me quello che tu vuoi”.
Nino: È l’unica possibilità di salvezza.
Luigi: Certo. Noi non ci rendiamo conto….ma già la nascita
di Gesù a Betlemme è già un mettersi nelle nostre mani; per cui il Natale
o l’ultimo atto della Croce è sempre la stessa cosa: è Dio che si mette nelle
mani dell’uomo, che si affida all’uomo. All’inizio si affida come Bambino,
dicendoci: “Sono qui nelle tue mani”. Una mamma che ha un bambino nelle
mani spende tutto di sé, si dà tutta al bambino, perché sa che un bambino ha
bisogno di essere guardato a tempo pieno, perché sa che in tutto il bambino
dipende da lei. Ora, se noi ci rendessimo conto che Dio è in noi come un
bambino nella braccia di una mamma, gli daremmo tutto il pensiero, ci
occuperemmo di Lui a tempo pieno, perché
soltanto quando ci occupiamo di Lui a tempo pieno, Lui non muore e
cresce; e crescendo Lui, cresce la nostra vita. Infatti, la mamma vedendo
crescere il bambino vede che cresce la sua vita stessa. Quindi più noi ci
curiamo di questo Bambino che ci è stato affidato e più cresce la nostra vita.
Quindi Dio è affidato a noi! È questo il “mistero nascosto” di cui S.Paolo dice che è nascosto nel mondo, che si
nega al mondo e che il mondo non può vedere: “Il mistero nascosto da secoli
e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi, ai quali Dio volle far
conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo ai pagani, cioè Cristo
in voi, speranza della gloria” (Col 1,26); il mistero nascosto al
mondo è questo Dio che cerchiamo senza accorgerci che L’abbiamo già tra le
mani, che è affidato a noi! Per cui più noi ci dedichiamo a Lui, più Lui
cresce e diventa nostra vita; però, appena noi Lo trascuriamo, Lui muore: “Avete
ucciso l’Autore della vostra vita!” (At 3,5), dice S. Pietro, “avete
ucciso la vostra vita!”. E così scopriamo il “luogo” della nostra vita.
Quindi se iniziamo a sentirci morire, se iniziamo ad essere angosciati è perché
abbiamo ucciso la nostra Vita, perché è Lui la Vita!
Eligio: Uccidendo l’Autore della vita, uccidiamo la
nostra vita.
Luigi: E già, perché Lui dice: “Io sono la Vita”
(Gv 14,6), Lui è la Vita! Quindi fa’ vivere Lui, occupati di Lui, curalo, fallo
crescere e troverai la Vita, perché Lui è la Vita!
Angelo B.: È una grande responsabilità, ma bisogna
capirlo.
Luigi:
L’intelligenza Dio ce la dà per applicarci a Lui, perché è Lui la
sorgente dell’intelligenza. Ciascuno di noi può attingere direttamente alla
sorgente Divina senza intermediari e senza che nessuno ci mandi via. “Non
caccerò chiunque viene a Me”, dice Gesù (Gv 6,37).
Pinuccia B.: Se noi sapessimo soffermarci a lungo a contemplare il
Bambino Gesù, Dio ci farebbe capire come Lui si è messo nelle nostre mani e
come Lui ci salvi proprio così.
Pinuccia A.: Hai detto infatti che partendo dal Natale
siamo condotti man mano a scoprire i tre modi di essere di Dio tra noi…
Luigi: Tre modi che, se capiti, diventano cinque.
Possiamo allora dire che sono cinque i modi di essere di Dio nell’uomo:
·1°
Nascita: Gesù non parla, ed è un bambino posto tra le nostre braccia e
di cui ci dobbiamo occupare, se no muore. Il Natale ci rivela come Dio è
in noi: nel silenzio, nel distacco (è in relazione alla Verginità di
Maria: non far conto su altro) ed è affidato alle nostre cure.
·2° Vita
Pubblica: Dio cresce, parla e urta;
·3°
Morte: assenza di Dio, viene crocifisso in me.
·4°
Resurrezione: ritroviamo Dio con noi, ma non senza essere morti a noi
stessi.
·5°
Pentecoste: è il compimento: inserimento nella Vita Trinitaria: si è una
cosa sola con Dio.
L’esperienza della
resurrezione e quella della venuta dello Spirito Santo sono esperienze del Dio
con noi, ma non per tutti; richiedono la nostra partecipazione personale,
richiedono l’aver aderito al suo messaggio.
Natale, pausa di silenzio sul mondo perché l’uomo
possa sostare davanti al mistero principale della sua vita, che tutte le cose
annunciano, ma che solo il Natale presenta: "Troverete un
Bambino avvolto in fasce, posto in una mangiatoia" (Lc 2,12).
Tutto il nostro problema
è qui, di fronte a questo annuncio ed a questa promessa: “troverete!”. È
la risposta alle nostre domande, ai nostri dubbi, ai nostri problemi, alle
nostre attese, e va ancora al di là di esse.
È il compimento della
promessa di Dio: rivelazione del mistero della sua Presenza nel segno più
umile, più povero, più nascosto. Presenza pura, come la sua nascita eterna nel
seno del Padre. Presenza pura e tanto silenzio: tanto fino a che la luce non si
faccia nella nostra anima. Nel silenzio
di tutto si rivela a noi il Tutto.
Il Natale è
preludio ad un incontro personale di ogni uomo con il Dio presente. E vale per questo. Quello che troveremo è
annunciato: non dalla partecipazione della Madre: Lei tace! Non del padre, non dei parenti e conoscenti:
sono impegnati a tempo pieno dal mistero. Ma dagli Angeli, dagli avvenimenti,
dalla storia, dai profeti, dalla vita, dalla notte stessa dell'uomo. Ascoltate, scrutate le voci della vostra
notte: parlano di Lui.
Nella nostra notte è Lui
che si fa carne, è Lui che viene. Tutto
il problema della nostra vita è qui, di fronte al Verbo di Dio che si fa carne
e si annuncia. Entra nel nostro mondo,
in ciò che è nostro; entra nella nostra autonomia ed in tutti i valori che
abbiamo ritenuto indipendenti da Dio. Il suo Pensiero interferisce nei nostri
pensieri, nella nostra mentalità, nel nostro gregge, nella nostra vita.
Nessuno Lo può ignorare.
Trascurare sì, rifiutare pure, negare anche, ignorare no! L'ateismo non ignora Dio, Lo nega. Negare non è ignorare. L'uomo può rifiutare,
non ignorare. Nessuno può ignorare ciò gli è annunciato.
Ognuno nella sua notte se
ne sta con un suo gregge, e crede che tutta la sua vita stia lì, che la sua
campagna, la sua missione, il suo dovere, stiano lì. Ma nella sua notte si
intromette l'annuncio del Natale e, se l'annuncio non è rifiutato,
ognuno è condotto di fronte a questo Bambino e a sua Madre, promessi dai
profeti, annunciati, segnalati dagli Angeli, serviti dalla storia, da re, da
imperatori, da popoli.
Ognuno crede di scrivere
la sua storia e invece la storia lo fa servire alla nascita di questo Bambino
in un preciso luogo e in un determinato tempo. "Troverete un Bambino
avvolto in fasce...": questo sarà per voi un segno. Il segno è la
debolezza, la povertà, il nulla dello Spirito per noi. La potenza di Dio si
rivela nel nulla: il Verbo si fa carne, per noi e per la nostra salvezza.
Colui che è presente in
tutto si rivela presente in un luogo e in un tempo. Ma per mezzo di quel luogo e di quel tempo lo
Spirito di Dio Lo presenta a tutti, ad ogni uomo di ogni luogo e di ogni tempo.
Le distanze non indeboliscono le parole di Dio, anzi! Le sue Parole non sono condizionate dal mezzo
che Dio adopera per farle giungere a noi. Nel Regno infinito di Dio ciò che è
in un punto è in tutto e ciò che è in un tempo è in ogni tempo, poiché
nell'infinito ogni punto è un centro e in ogni frammento c'è il tutto.
Tutti i sentieri della
nostra notte ci conducono qui, davanti alla grotta di Betlemme, di fronte a
questo mistero che il mondo porta con sé, in sé, nascosto e pur annunciato a
tutti. Qui si ritrova, forse per pochi istanti, la vita semplice e più vera,
quella che la nostra fede smarrita e il progresso materiale hanno cacciato via
dalle nostre case rendendo inabitabile la nostra terra e disumane le nostre
città, poiché là dove si perde il Divino, si perde anche l'umano, per quanto lo
si difenda, se ne parli o lo si esalti.
"Fu posto in una
mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'albergo" (Lc 2,7). Non c'è posto per Dio nella nostra
vita, nelle nostre case, nel nostro tempo, nei nostri pensieri.
Quando non c'è posto per
Dio, non c'è più posto per l'uomo, non c'è più spazio per la vita.
Non si può rompere la
comunione dell'uomo con Dio senza rompere la vita stessa dell'uomo. Non si può togliere all'uomo il diritto alla
vita dello spirito senza distruggere l'uomo stesso. Ma i mostri che nascono
dall'uomo distrutto ripropongono ancora l'esigenza della trascendenza. Così da
tutte le vie siamo ricondotti sempre qui, di fronte alla grotta di Betlemme ad
affondare i nostri occhi nel mare del mistero del Dio incarnato. (I – 28.12.1977)
Con il Natale
inizia una nuova era sulla scena della storia e nella vita di ogni uomo:
davanti ai nostri occhi si apre il sipario sul mistero del Dio presente tra gli
uomini, e ci rivela che l'universo è una realtà imbevuta di Divina Presenza;
luce e rivelazione per le genti: Dio tra noi, Dio con noi, mistero nascosto nel
mondo fin dal principio della creazione, nascosto in ogni uomo dal principio
della sua esistenza.
Natale dice a noi quello che abbiamo con noi, ci
conduce alla scoperta delle ragioni più profonde del nostro essere e del nostro vivere. "Solamente nel mistero
del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo". Natale
non è tanto commemorazione di un fatto avvenuto, quanto annuncio e rivelazione
di un fatto che è.
È Dio che si fa Parola
per noi, s’incarna per noi che capiamo solo il linguaggio della carne, Lui che
è Spirito, per dirci quello che noi non siamo più capaci di vedere e di capire
nel linguaggio dello Spirito: la sua Presenza reale tra noi e il modo come fare
per giungere anche noi a vederla.
È Dio che si abbassa alla
nostra povertà per elevarci alla sua Divinità e non lasciarci mancare la
vita. Senza di Lui infatti siamo senza
vita, senza luce, senza libertà.
Natale è Dio che si offre allo sguardo dell'uomo per
diventare pensiero dell'uomo, e quindi sua vita. Scriveva S. Leone Magno: "Questa Sua
nascita nel tempo nulla ha tolto e nulla ha portato alla nascita Divina ed
Eterna, ma si realizza tutta per la riabilitazione dell'uomo, per vincere la
sua morte. Non diminuì la Divinità, ma
elevò l'umanità". Il Verbo di Dio fatto carne è dunque un mistero di
bontà, di amore, di vita, di luce che si dona a noi, per noi; luce di una
immensa bontà che risplende per l'uomo che si ferma a guardarlo.
Dio ci ha fatti
spettatori del suo dono, affinché comprendessimo il suo dono che portiamo in
noi da sempre. Ciò che Dio ha annunciato, scritto in tutta la sua creazione,
promesso per mezzo dei suoi Profeti, lo rivela nel suo Figlio unigenito.
L'annuncio della sua
Presenza ci mette in movimento e ci purifica in un amore unico, essenziale.
Tutta l'opera di Dio è conversazione con noi per condurre le nostre menti incerte
e confuse, perché troppo cariche di terra, a contemplare la sua Verità eterna.
Dio opera in tutto per
rivelarci il suo Pensiero, il suo Verbo.
Egli parla, conversa con noi, con ognuno di noi. E come in ogni
conversazione si tende a rivelare un pensiero, così nella conclusione
dell'opera di Dio, la pienezza dei tempi, si rivela davanti al nostro sguardo
ciò che Dio parlando voleva presentarci: il suo Pensiero, il suo Verbo, la sua
Presenza.
Se tutta la nostra vita
in terra è parlare di Dio a noi per condurci a vedere il suo Pensiero, Natale,
che è rivelazione della Presenza di Dio tra noi, è la rivelazione del senso
della nostra vita, e quindi è la rivelazione della nostra stessa Vita. La
nostra Vita si è fatta visibile: è lì, nella presenza di Dio. Ed è tutto dono di Dio. È Lui che ha
l'iniziativa di tutto; non noi. La
nostra autonomia, o l’autonomia delle cose, è solo un difetto di ricezione da
parte nostra.
Dio per primo si dona
all'uomo, affinché questi possa accoglierlo e accogliendolo intenderlo. L'uomo
non sarebbe assolutamente capace di conoscere Dio, né di scoprire la sua
presenza, se Dio stesso per primo non gli si donasse.
Dio si annuncia perché è
Dio che si dona e si fa conoscere; non è l'uomo che scopre o si immagina o
pensa. Non siamo noi che facciamo la
realtà, ma siamo noi che siamo chiamati ad accoglierla.
Intendiamo nella misura
con cui accogliamo. È solo accogliendo Dio che si può conoscere Dio. L'uomo può intendere nella misura in cui Dio
gli si dona ed egli accoglie il dono.
È il dono di Dio che
rende l'uomo capace di intendere le cose di Dio. E poiché Dio si dona per
primo, accade che veniamo a trovarci con la rivelazione di Dio-tra-noi prima
che noi Lo intendiamo, senza cioè sapere di che cosa si tratti. Portiamo
infatti il mistero di Dio in un vaso molto fragile. È per questo che i doni di Dio sorpassano
ogni nostro pensiero e desiderio; ma sono essi che trasformano l'uomo e il
mondo.
Non basta l'impegno
morale o rivoluzionario di modificare la società, le strutture, di rieducare
gli uomini; occorre l'irruzione di una Realtà Divina nel nostro mondo che
trasformi la nostra esistenza dalla radice, ci ricrei e ci faccia iniziare una
vita nuova. (II – 04.01.1978)
Natale è una sintesi, un punto d'incontro della vita
e dei problemi dell'uomo con l'opera di Dio: "In Gesù c'è la stretta di
due mani: la mano che Dio tende agli uomini e la mano che gli uomini tendono a
Dio". È la conclusione di un'attesa
e il termine di una discesa, secondo la profezia: "Misericordia e
Verità si incontreranno; giustizia e pace si baceranno: la Verità germoglierà
dalla terra, la giustizia si affaccerà dal Cielo" (Sal 85,11).
Natale è una sintesi di tempo e di eternità, di
immanenza e di trascendenza, di storia e di profezia, di peccato e di grazia, e
rivela la presenza di un Essere Superiore che guida gli avvenimenti e le pagine
della storia verso una meta di salvezza per ogni uomo, perché “Dio vuole che
tutti si salvino e giungano a conoscere la Verità” (1 Tm 2,4).
È il compimento
dell'attesa dell'uomo che cerca e invoca e di Dio che opera perché l'uomo si
apra ad accoglierlo: "Stillate o cieli dall’Alto e scenda il Giusto; si
apra la terra e germini il Salvatore" (cf Is 45,8).
Ricerca di amore da parte
di Dio; ricerca di amore da parte della creatura: e quando Dio e la creatura
vogliono la stessa cosa, Dio si rende presente sulla terra.
Nel mistero di Betlemme è
il punto d'incontro di due strade: quella che sale dalla terra verso il Cielo e
quella che discende dal Cielo verso la povertà della terra: "Troverete
un Bambino avvolto in fasce...": è la povertà, la nullità dello
Spirito per noi. Dio nasce per noi nella povertà; senza questa povertà è
impossibile a Dio trovare l'uomo e all'uomo trovare Dio.
La povertà è innanzitutto
spogliamento dell'io, convinzione profonda che nessuno può prendere nulla se
non gli è dato dal Cielo. L'amore di Dio attende questo nostro silenzio per
rivelarsi: "Quando tutto era immerso nel profondo silenzio e la notte
era a metà del suo corso, l'Onnipotente tuo Verbo, Signore, discese dal Cielo,
dal suo trono regale". (Sap 18,14-15)
Ci si pone in silenzio
per ritrovare le cose essenziali, per accogliere i doni di Dio. Per questo ogni
uomo ha bisogno di sostare a lungo davanti al mistero del Natale fino a
quando la sua anima si è convinta dell'essenziale e si è caricata di forza per
volerlo. È il dono di Dio che rende l'uomo capace di trovare e di intendere il
dono di Dio.
Il dono di Dio a noi è la
condizione per conoscerlo; ma non possiamo giungere a conoscerlo fintanto che
non doniamo a Lui il nostro pensiero, fintanto cioè che non usciamo dal
pensiero del nostro egoismo e dalle passioni del nostro mondo per andare,
liberi di tutto, a Betlemme a sostare davanti a Dio che è tra noi: un viaggio
talvolta molto lungo.
Per questo il vero Natale,
questa scoperta della presenza del Dio-tra-noi, è una sintesi di due doni:
quello di Dio e quello della creatura. Se uno dei due viene a mancare, è
impossibile scoprire la presenza di Dio.
Nella sintesi c'è la
rivelazione. Natale essendo sintesi è rivelazione del mistero di tutta
l'opera di Dio nella nostra vita: "Sono Io che parlo con te". È la rivelazione del mistero della nostra
vita e quindi è la rivelazione della nostra Vita. La nostra Vita è lì, nella
presenza di Dio. Non andare altrove!
Nella rivelazione c'è la
trasformazione dell'uomo, cioè la Vita nuova, poiché la Realtà che si è
manifestata ci impegna a vivere con essa. Dio, nostra Vita, si offre allo
sguardo dell'uomo per diventare pensiero dell'uomo.
Il dono di Dio inizia in
noi una relazione di intimità: nella Sua nascita in terra già si annuncia il
modo della Sua nascita in noi.
I Magi, ci dice il
Vangelo di S. Matteo, al termine del loro cammino, trovarono il Verbo di Dio
fatto carne e sua Madre. Se la nostra salvezza sta nello scoprire la presenza
di Dio, la nostra vita sta nel restare con la presenza di Dio. Trovare il
Bambino Gesù con sua Madre significa trovare la Verità di Dio tra noi e la
condizione per restare in Essa.
Nel mistero di questo
Bambino e di questa Madre è il segreto di tutta la nostra vita: della via,
della verità, della vita di ogni uomo.
È tramite il Bambino Gesù
e sua Madre che l'uomo trova il vero rapporto che unisce il Cielo e la terra,
il mondo dello Spirito e quello della materia, l'interno e l'esterno. È quello che inconsapevolmente ogni uomo
cerca.
Nella nostra notte un
Angelo ripete anche a noi, come a Giuseppe: "Ed ora, prendi il Bambino
e sua Madre e va' nel deserto, perché il mondo cercherà di uccidere Colui che è
nato" (Mt 2,13).
(III – 11.01.1978 - Fine)
(articoli pubblicati su
“La Fedeltà” scritti da Luigi Bracco)